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Selezione di notizie, informazioni, documenti, strumenti per la promozione della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita. Diario Prevenzione è online dal 1996. Progetto e realizzazione a cura di Gino Rubini
Connessioni 10
13 giugno 2024
Fatti, eventi, report di ricerca e dati per capire meglio cosa succede nel campo della prevenzione e della salute negli ambienti di vita… e di lavoro.
In questo numero della rubrica Connessioni proponiamo articoli e documenti che prendono in esame le strategie d’intervento per affrontare il cambio climatico con particolare riferimento ai risultati delle elezioni europee che cambieranno alcuni equilibri all’interno del PE e della futura Commissione. La comunità scientifica condivide da tempo , in relazione ai dati di ricerca, la preoccupazione per scenari molto critici derivanti dagli effetti del cambiamento climatica. Rispetto a queste preoccupazioni la Commissione Europea uscente nel 2019 ha varato il progetto Green Deal che contiene una serie di misure anche drastiche per ridurre le emissioni di CO2 atmosfera, per convertire la produzione di energia con fonti fossili, petrolio, carbone, metano con fonti rinnovabili.
Rispetto al Progetto Green Deal si sono opposti da sempre i negazionisti del problema “riscaldamento climatico”, per loro il problema non esiste. Dai settori economici e produttivi interessati furono avanzate critiche in particolare sulle scadenze prefissate per raggiungere gli obiettivi, ad esempio il fine vita del motore endotermico nel settore automotive fissata per il 2035. E’ palese che la “transizione ecologica” è un processo complesso che apre nuovi problemi nella sostituzione delle tecnologie e introduce turbolenze enormi nelle relazioni sociali. In particolare vi è un nodo politico essenziale che risponde al quesito “ chi paga i costi sociali di questo processo ? “.
I costi sociali dei lavori che scompaiono o si trasformano lasciando sul terreno migliaia di lavoratori senza una transizione ad un altro lavoro. Purtroppo il Progetto Green Deal non offre risposte alle domande su chi pagherà gli impatti di queste strategie. Molte preoccupazioni e paure ben presenti nella società sono state usate dalle forze politiche sovraniste e di destra per scagliare un attacco frontale contro le forze politiche al governo nel PE e nella Commissione raccogliendo consensi che sposteranno gli equilibri come abbiamo già detto.
Cosa farà il nuovo PE e la nuova Commissione uscite dalle elezioni di tre giorni fa del Green Deal e delle misure strategiche in esso contenute?
Segnaliamo alcuni articoli dai quali abbiamo tratto indicazioni e riflessioni importanti.
“ La CO₂ ci sta uccidendo lentamente? Va bene, i gradualisti non hanno fretta” di
Aurélien Boutaud , Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica (CNRS)
In questo articolo viene rappresentato da Aurelien Boutaud un vasto repertorio di studi economici di orientamento neo classico o neo liberista che sono orientati al gradualismo.
Le politiche ambientali ispirate al gradualismo dal 1990 in poi sono state catastrofiche, riportiamo dall’articolo : “ ….Dopo quasi trent’anni di politiche climatiche influenzate gradualmente, i risultati di questa strategia sono catastrofici. Gli impegni internazionali assunti nel 1997 nel quadro del Protocollo di Kyoto si basavano sull’anno 1990. Da quella data, le emissioni annuali di CO 2 , che rappresentano la stragrande maggioranza delle emissioni di gas serra di origine umana, sono aumentate di 14 miliardi di tonnellate, un aumento del 62% . Ciò equivale a un aumento medio delle emissioni di quasi 0,5 miliardi di tonnellate di CO 2 ogni anno. In termini di volume annuo, questa crescita è addirittura superiore a quella registrata negli ultimi trent’anni (0,43 miliardi di tonnellate all’anno). Ciò significa che non solo le emissioni non sono diminuite, ma hanno continuato a crescere, e in volumi ancora maggiori….”
Le alleanze delle varie destre che hanno sempre osteggiato i dati dei Report degli scienziati e negato l’emergenza climatica metteranno mano al Green Deal svuotandone le azioni più importanti per ridurre le emissioni .
Quali saranno le forze politiche e sociali che avranno il coraggio di mettere in discussione gli orientamenti gradualistici in materia? Riportiamo ancora dall’articolo di Boutaud : “… Negli anni ’90 gli economisti svilupparono equazioni che tendevano a sostenere le loro stesse certezze. William Nordhaus ha così sviluppato un modello teorico che pretende di dimostrare che costerà meno alle generazioni future adattarsi ai cambiamenti climatici che alle generazioni attuali combatterli. Intitolato “DICE” , questo modello raccomanda una riduzione modesta e graduale delle emissioni, che porterebbe ad un riscaldamento “ottimale” di… 4°C! Ricercatori un po’ dispettosi hanno anche dimostrato che, prendendo di mira un riscaldamento di 12°C, il modello DICE prevedeva comunque un risultato economico positivo ! Siamo quindi rassicurati: la vita sulla Terra può scomparire, poiché la crescita sarà salvata. E le provocazioni degli ambientalisti non avranno impedito che questa manifestazione all’insegna del gradualismo venisse acclamata dalla confraternita degli economisti: nel 2018, mentre l’IPCC pubblicava il suo rapporto più allarmante, la Banca di Svezia assegnava il “Premio Nobel per l’economia” a …William Nordhaus: il papa del gradualismo climatico…..”
Vedremo dalle prossime mosse della Commissione che verrà designata quali saranno gli orientamenti in materia di cambiamento climatico. In ogni caso , in ragione dei nuovi rapporti di forza le nuove generazioni di europei rischiano di vivere i prossimi decenni molto, ma molto caldi….
Sempre per restare in argomento segnaliamo anche questo articolo : “ Quasi la metà dei giornalisti che si occupano di crisi climatica è stata minacciata
dall’articolo : “
L’indagine globale condotta da Internews’ Earth Journalism Network (EJN) e dall’Università di Deakin, che ha coinvolto oltre 740 reporter e redattori di 102 paesi, ha rivelato che il 39% dei giornalisti minacciati “a volte” o “frequentemente” è stato preso di mira da persone coinvolte in attività illegali come disboscamento e estrazione mineraria. Circa il 30% è stato minacciato con azioni legali, riflettendo una tendenza crescente delle aziende e dei governi ad utilizzare il sistema giudiziario per limitare la libertà di espressione.
Per concludere questa puntata di Connessioni segnaliamo anche l’eccellente lavoro :
“ADATTAMENTO AL CALORE SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO E DIALOGO SOCIALE IN EUROPA”, una brochure che contiene indicazioni e metodologie per ridurre l’esposizione dei lavoratori agli effetti del cambio climatico.
Altri riferimenti utili
Per leggere la traduzione in italiano di questo articolo clicca QUI |
Aurélien Boutaud, Centre national de la recherche scientifique (CNRS)
« Si l’on met en place trop vite des politiques environnementales ambitieuses, cela va créer un chaos social… Cela va aussi ruiner l’économie » Cette façon d’appréhender les défis environnementaux vous est peut-être familière. Elle a en fait un nom, il s’agit du gradualisme. Dans son dernier ouvrage Déclarer l’état d’urgence climatique (Éditions Rue de l’Échiquier), le docteur en sciences de la terre, Aurélien Boutaud ausculte cette idéologie venue du monde de l’économie, prend acte de sa popularité et dresse son bilan, avant d’appeler à changer de logiciel. Morceaux choisis.
Dans son dictionnaire du vocabulaire sur le climat, [l’économiste américain] Herb Simmens définit le gradualisme climatique comme « la pensée selon laquelle des actions progressives visant à enrayer le changement climatique sont adaptées, ou sont tout ce qu’il est possible de faire sur le plan politique et économique ». Il s’agit donc d’agir… mais, surtout, sans se presser. Comme l’ont montré Michael Hoexter ou Alyssa Battistoni, le gradualisme est inspiré des théories économiques néoclassiques, d’après lesquelles la dégradation du climat est la conséquence d’un défaut de fonctionnement du marché.
Comme chacun sait, ce dernier ne prend pas en compte les impacts négatifs des activités sur l’environnement, puisque le fait de polluer est généralement gratuit. La solution des économistes est donc simple : il suffit de pallier ce défaut en accordant un prix aux pollutions, par exemple en taxant les émissions de CO2 ou en allouant aux entreprises des droits à polluer qu’elles pourront s’échanger sur un marché de quotas carbone. Dans tous les cas, l’idée sous-jacente est que ce « signal prix » inciterait les acteurs économiques à réduire « progressivement » leurs émissions de gaz à effet de serre. La dimension graduelle de la démarche est explicite : il s’agit bel et bien de diluer les changements sur des décennies pour ne surtout pas brusquer le marché. Et encore moins les entreprises.
Dans les années 1990, les économistes ont élaboré des équations qui tendaient à conforter leurs propres certitudes. William Nordhaus a ainsi développé un modèle théorique qui prétend démontrer qu’il coûtera moins cher aux générations futures de s’adapter au changement climatique qu’aux générations présentes de lutter contre. Intitulé « DICE », ce modèle préconise une réduction modeste et progressive des émissions, qui mènerait à un « optimum » de réchauffement de… 4 °C ! Des chercheurs quelque peu malicieux ont d’ailleurs montré que, en visant un réchauffement de 12 °C, le modèle DICE prévoyait encore un bilan économique positif ! Nous voici donc rassurés : la vie sur Terre peut disparaître, puisque la croissance sera sauvée. Et les railleries des écologistes n’auront pas empêché cette démonstration à la gloire du gradualisme d’être saluée par la confrérie des économistes : en 2018, alors que le GIEC publiait son rapport le plus alarmant, la banque de Suède accordait le « prix Nobel d’économie » à… William Nordhaus : le pape du gradualisme climatique.
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Au milieu des années 1990, dans un contexte international dominé par le libéralisme économique et la mondialisation, les négociations sur le climat ont assez naturellement laissé la porte ouverte à cette approche gradualiste inspirée de l’économie de l’environnement. Ainsi, le groupe 3 du GIEC, chargé de travailler sur les réponses socio-économiques au changement climatique, a été rapidement noyauté par les gradualistes. Conséquence inévitable : les messages d’alerte du groupe 1, essentiellement constitué de climatologues, n’ont eu de cesse d’être relativisés par les préconisations rassurantes du groupe 3, largement composé d’économistes.
C’est dans cet état d’esprit gradualiste que, en 1997, lors de la signature du protocole de Kyoto, les pays émergents sont parvenus à s’extraire de tout engagement, limitant les objectifs de réduction des émissions aux pays les plus industrialisés. Sans surprise, ces derniers ne se sont alors engagés que sur une baisse très modeste d’environ 5 % de leurs émissions en l’espace de quinze ans. Sous la pression des États-Unis, ces objectifs chiffrés ont par ailleurs été conditionnés à la mise en place de procédures d’inspiration libérale, caractérisées par l’attribution de quotas nationaux offerts aux entreprises les plus polluantes, et pouvant faire l’objet d’échanges sur un marché du carbone. Comme le souligne Alyssa Battistoni, les économistes néoclassiques sont ainsi parvenus à imposer dans l’agenda politique l’idée d’un changement incrémental et progressif, tout en atténuant le message alarmant des scientifiques.
Bien entendu, le cadre d’action international n’est pas le seul à être déterminant : à l’échelle nationale ou locale, de nombreux leviers ont été utilisés afin de réduire les émissions au cours des années 2000 et 2010. Que ce soit au nom du développement durable ou de la transition écologique, les stratégies nationales et autres plans climat territoriaux mobilisent aujourd’hui encore une pluralité d’outils qui vont bien au-delà des mesures économiques décrites ci-dessus. Mais bon gré mal gré, comme le remarque Margaret Klein Salamon, la fondatrice de The Climate Mobilization (TCM), même le mouvement environnementaliste et les partis les plus progressistes « se sont laissés engluer dans le gradualisme ».
Avec parfois la meilleure volonté du monde, ils se sont convaincus qu’ils apportaient leur modeste pierre à un édifice dont, en réalité, les fondations continuaient à être sabordées par l’industrie fossile et ses alliés. Durant ces années 2000 et 2010, l’idée la plus largement partagée consistait à penser que le changement était trop important pour être opéré rapidement : il fallait prendre son temps, voir loin (à l’horizon 2050 et au-delà), infléchir progressivement les décisions, modifier pas à pas les comportements, ne surtout pas contraindre ou interdire, être toujours positif, incitatif, et même ludique…
Après presque trente ans de politiques climatiques sous influence gradualiste, le bilan de cette stratégie est catastrophique. Les engagements internationaux pris en 1997 dans le cadre du protocole de Kyoto avaient pour référence l’année 1990. Depuis cette date, les émissions annuelles de CO2, qui représentent la grande majorité des émissions de gaz à effet de serre d’origine humaine, ont augmenté de 14 milliards de tonnes, soit une progression de 62 %. Cela équivaut à un accroissement moyen des émissions de près de 0,5 milliard de tonnes de CO2 chaque année. En volume annuel, cette croissance est même supérieure à celle connue durant les trente années précédentes (0,43 milliard de tonnes par an). Cela revient à dire que, non seulement les émissions n’ont pas baissé, mais elles ont continué de croître, et dans des volumes encore plus soutenus. Comme le montre le graphique ci-après, avec ou sans politique gradualiste, le résultat est à peu près le même !
Face à ce constat effarant, les gradualistes s’accrochent à quelques maigres signaux positifs, supposés annoncer de plus grands changements. Ils aiment également rappeler que, tout compte fait, les politiques qu’ils préconisent n’ont été sérieusement appliquées que dans une poignée de pays parmi les plus riches. Mais le bilan de ces derniers est-il pour autant plus positif ? Les pionniers du protocole de Kyoto et les soi-disant leaders de la transition sont-ils au moins parvenus à baisser leurs émissions de gaz à effet de serre de manière significative ?
L’exemple de la France permet de répondre à cette question. En réduisant ses émissions territoriales, la France fait en effet partie des bons élèves. Mais cette baisse est beaucoup trop modeste : elle atteint à peine les 20 % en trente ans. À un tel rythme, la neutralité carbone n’adviendrait pas avant le XXIIème siècle ! Surtout, ces gains sont très largement factices, puisqu’ils s’expliquent en grande partie par la délocalisation de certaines industries parmi les plus polluantes.
En réintégrant les émissions incorporées dans les importations françaises, on constate que l’empreinte carbone de la France est restée désespérément stable et s’élève aujourd’hui à un niveau identique à celui de la fin des années 1990 : environ 650 millions de tonnes équivalent CO₂, soit près de dix tonnes par habitant et par an. En presque trente ans de politiques gradualistes, nous n’avons même pas commencé à réduire le contenu carbone de ce que nous consommons. Or pour atteindre la neutralité carbone, nous devrions à présent diviser en quelques années cette empreinte par un facteur 5 à 8. Comment comptons-nous le faire ? En conservant les mêmes recettes gradualistes ?
Aurélien Boutaud, Chercheur associé à l’UMR 5600 EVS, Centre national de la recherche scientifique (CNRS)
Cet article est republié à partir de The Conversation sous licence Creative Commons. Lire l’article original.
Lo avevo visto con i miei occhi ma non ci avevo creduto. 1 Tuttavia, dopo un articolo esplosivo sul portale di notizie della Deutsche Welle (DW), un’emittente internazionale di proprietà statale tedesca, ne sono convinto. 2 L’anno scorso, il Brasile ha consolidato la sua posizione di primo fornitore di amianto per l’India, scalzando la Russia al secondo posto. L’inversione di tendenza della Russia è stata osservata per la prima volta nel 2022, quando i dati sulle importazioni indiane hanno registrato 169.134 tonnellate (t) dal Brasile e 145.398 t dalla Russia. 3 Il calo è continuato nel 2023, con spedizioni di 160.720 tonnellate di amianto brasiliano in India. Questa notizia ha ripercussioni che trascendono di gran lunga i semplici real, rupie e rubli: lasciatemi spiegare.
La Russia è stata il fornitore più prolifico di amianto al mondo fin dagli anni ’80, quando depose il Canada. Per anni l’India – il più grande paese importatore e utilizzatore di amianto al mondo – è stato il cliente più importante della Russia. I fattori geografici hanno avvantaggiato gli esportatori russi che erano molto più vicini a questo mercato chiave rispetto ai concorrenti brasiliani. 4 Senza dubbio, le parti interessate russe dell’amianto negheranno la diminuzione della propria base di clienti, ma considerando i rapporti diffusi nel 2023 sullo stato disastroso di Orenburg Minerals – il più grande produttore di amianto della Russia – le prospettive non sembrano promettenti. 5
«Gli Stati Parti – si legge nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – devono garantire che alle persone con disabilità siano forniti accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro». Ma cosa sono esattamente gli “accomodamenti ragionevoli”? Di tale tema si è recentemente occupata la Commissione Europea, con le “Linee guida e buone pratiche per accomodamenti ragionevoli sul lavoro”, documento accolto con favore anche dal Forum Europeo sulla Disabilità, in quanto sviluppato al termine di una stretta interlocuzione con il movimento europeo delle persone con disabilità
«Gli Stati Parti – recita il punto (i) dell’articolo 28 (Lavoro e occupazione) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – devono garantire che alle persone con disabilità siano forniti accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro». Ma cosa si intende esattamente per “accomodamenti ragionevoli”?
Di tale tema si è recentemente occupata la Commissione Europea, pubblicando il documento Guidelines and good practices on reasonable accommodation at work (“Linee guida e buone pratiche per accomodamenti ragionevoli sul lavoro”), disponibile (in inglese) a questo link, nell’àmbito della Strategia per i Diritti delle Persone con Disabilità 2021-2030, che è stato accolto con favore anche dall’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, in quanto sviluppato al termine di una stretta interlocuzione con il movimento europeo delle persone con disabilità.
«Queste Linee Guida – sottolineano dall’EDF – aiutano a chiarire come si possano offrire accomodamenti ragionevoli ai lavoratori e alle lavoratrici con disabilità, ossia adattamenti sul luogo di lavoro, rispetto alle condizioni presenti in essi, o in relazione alle mansioni affidate. In realtà, come consentire a una persona con disabilità di lavorare con meno ostacoli è già presente nel diritto comunitario, grazie alla Direttiva 2000/78/CE sull’uguaglianza in materia di occupazione, ma la comprensione di cosa si intenda esattamente per “accomodamento ragionevole” e come attuarlo è ancora molto carente in tutta l’Unione Europea, comportando troppo spesso alle persone con disabilità questo diritto viene negato».
In quale modo, dunque, queste Linee Guida aggiungono chiarezza al concetto di accomodamento ragionevole sul luogo di lavoro? Lo fanno specificando appunto cosa si intenda esattamente con questi termini, ma anche evidenziando come i dipendenti da una parte, i datori di lavoro dall’altra, possano ottenere sostegni (anche finanziari) per attuare tali pratiche; il tutto sottolineando anche i benefìci che le aziende possono attendersi offrendo accomodamenti ragionevoli ai propri dipendenti con disabilità.
Nell’elencare poi una serie di buone pratiche già presenti in tutta Europa, si evidenzia come esse siano basate sulla fornitura di tecnologie assistive, di assistenza personale sul lavoro, di adeguamento dello spazio di lavoro (telelavoro compreso), di orari flessibili e di accordi anch’essi flessibili sulle mansioni. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Haydn Hammersley (coordinatore per le Politiche Sociali dell’EDF), haydn.hammersley@edf-feph.org.
Secondo una nuova ricerca, quasi 4 giornalisti su 10 che si occupano di crisi climatica e questioni ambientali nel mondo hanno subito minacce a causa del loro lavoro, con l’11% vittima di violenze fisiche.
L’indagine globale condotta da Internews’ Earth Journalism Network (EJN) e dall’Università di Deakin, che ha coinvolto oltre 740 reporter e redattori di 102 paesi, ha rivelato che il 39% dei giornalisti minacciati “a volte” o “frequentemente” è stato preso di mira da persone coinvolte in attività illegali come disboscamento e estrazione mineraria. Circa il 30% è stato minacciato con azioni legali, riflettendo una tendenza crescente delle aziende e dei governi ad utilizzare il sistema giudiziario per limitare la libertà di espressione.
Il rapporto “Covering the Planet” include interviste con 74 giornalisti di 31 paesi su come migliorare la copertura di eventi meteorologici estremi, inquinamento da plastica, scarsità d’acqua e attività minerarie, mentre il riscaldamento globale e l’avidità aziendale mettono a rischio il pianeta. La maggior parte dei giornalisti ha riferito che le storie su clima e ambiente sono diventate più rilevanti rispetto a un decennio fa, ma la copertura della crisi climatica non è ancora proporzionata alla gravità del problema.
Come ricorda il quotidiano inglese The Guardian, che riporta la notizia, le temperature record, le tempeste, le inondazioni, la siccità e gli incendi stanno colpendo con crescente intensità in tutto il mondo, con le comunità a basso reddito, i popoli indigeni e le persone di colore, tra le più vulnerabili agli impatti climatici. Disastri a lento sviluppo come l’innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacciai, l’acidificazione degli oceani e la desertificazione stanno inoltre causando migrazioni forzate, fame e altre crisi sanitarie.
Nonostante l’ampiezza e la gravità dei problemi, il 39% dei giornalisti intervistati ha ammesso di aver praticato l’autocensura, principalmente per paura di ritorsioni da parte di “coloro che svolgono attività illegali” o del governo. Inoltre, il 62% ha riferito di includere dichiarazioni di fonti scettiche sul cambiamento climatico di origine antropica o sulla scienza climatica, nella convinzione errata che ciò fosse necessario per garantire un equilibrio.
L’indagine ha anche evidenziato un bisogno di maggiori risorse per le redazioni che coprono le questioni ambientali e la crisi climatica: il 76% degli intervistati ha indicato che risorse insufficienti limitano la loro copertura, identificando maggiori finanziamenti per il giornalismo approfondito, la formazione in presenza e i workshop, e un accesso più ampio a dati rilevanti ed esperti del settore come tra le loro principali priorità. Molti giornalisti dipendono da finanziamenti di organizzazioni non profit spesso legati a temi specifici, ma preferirebbero avere la libertà di coprire i temi ambientali più rilevanti a livello locale. Non solo i giornalisti ambientali sono sotto minaccia: almeno 1.910 difensori della terra e dell’ambiente sono stati uccisi nel mondo dal 2012.
Lorenzo Misuraca
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Questa brochure è la sintesi del Rapporto di ricerca finanziato dalla Commissione Europea sugli impatti delle ondate di calore sui lavoratori. Il Rapporto di ricerca è il frutto del lavoro di alcuni Enti di ricerca sindacale, Istas, Fondazione Di Vittorio, Primo Maggio e alcune Università.
La frequenza e l’intensità del fenomeno delle temperature calde estreme, comunemente definite ondate di calore, stanno aumentando, raggiungendo globalmente livelli storici senza precedenti a causa dei cambiamenti climatici e delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Il 2023 è stato il secondo anno
più caldo mai registrato in Europa (+ 1,02°C-1,12°C sopra la media) e, di conseguenza, si è verificato un numero record di giorni con “stress da caldo estremo” oltre i 46°C UTCI (vedi Figura 1). I tre anni più caldi mai registrati in Europa si sono tutti verificati a partire dal 2020 [1]. L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha previsto che, allo stato attuale, c’è un elevata probabilità di superamento dell’orizzonte di +1,5°C stabilito negli accordi internazionali prima della fine del decennio.
Per leggere la traduzione in italiano dell’articolo clicca QUI |
Jane Ezirigwe, L’Université d’Ottawa/University of Ottawa
The European Union has banned the use of several pesticides, and heavily restricted others. This is because of their potential health effects or environmental contamination, or because there’s not enough data to be sure that they aren’t harmful. Over 50% of these pesticides are still registered in Nigeria, however.
Nigeria’s use of such pesticides is the reason some markets, including the EU and the US, reject the country’s agricultural products. Yet some countries with strict regulations at home still export the banned pesticides to countries like Nigeria.
As a researcher in the field of food and agricultural law, international trade and natural resource development, I’ve explored the laws and regulations that govern the use of pesticides. My research highlights the gaps that undermine export opportunities.
I identified four major factors that make Nigeria’s pesticide regulations ineffective. They are: outdated laws; overlapping regulatory functions; resource limitations; and the influence of multinationals.
Good pesticide regulation should do three main things: protect people and the planet, support effective pest control, and provide redress when harm occurs.
Better regulation will make Nigeria’s agricultural products safer for local consumption and export.
Il riscaldamento globale impatta molto sulla salute, come emerso anche dall’ultimo rapporto Copernicus sul clima europeo. Ma quanto impatta sulla mortalità il caldo crescente? L’IPCC avverte che le temperature in aumento faranno crescere i morti per ondate di calore; in più, riportiamo i risultati di uno studio che analizza la mortalità per clima estremo in più di 800 città europee.
Ogni anno, almeno in Italia, il picco di decessi avviene in inverno. Però, a causa delle temperature crescenti, stanno aumentando anche i decessi per il troppo caldo durante i mesi estivi. Per esempio, nel più recente rapporto IPCC (nel capitolo dedicato agli impatti climatici e all’adattamento nelle città) si legge che
«nel 2020 più di 430 milioni di persone vulnerabili sono state esposte al caldo estremo durante la pandemia, di cui circa 75,5 milioni durante l’ondata di calore europea di luglio e agosto 2020, con un eccesso di mortalità di oltre 9000 persone dovuto all’esposizione al calore».
Nonostante siano previste ondate di gelo meno frequenti e meno intense, dice il rapporto, in inverno continueranno a esistere le influenze stagionali e altri fattori medici che di fatto renderanno improbabile che la mortalità diminuisca significativamente durante i periodi freddi. E in più, tra le altre cose, esistono prove evidenti di rischi per la salute in aumento negli anziani e nei centri urbani dove è e sarà più marcato l’effetto “isola di calore”, dovuto al troppo cemento e alla poca vegetazione. In poche parole, l’IPCC ci avverte che il riscaldamento globale in atto farà aumentare la mortalità generale della popolazione.
Decessi mensili in Italia da gennaio 2011 a luglio 2023 (fonte dati: Istat). Grafico dell’autore.
L’obiettivo del presente documento è quello di migliorare la conoscenza del fenomeno infortunistico e tecnopatico nel settore dell’industria metalmeccanica e della installazione di impianti, al fine sia di realizzare interventi di informazione di specifico interesse per le imprese metalmeccaniche, sia di individuare soluzioni pratiche di miglioramento continuo delle prestazioni.
A tal fine sono stati elaborati i dati statistici di infortunio e malattia professionale dal 2017 al 2021 per i settori metalmeccanico e di installazione e gestione di impianti, riportando i dati per settore Ateco di riferimento.
Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2024
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it
fonte : Ancora in marcia che ringraziamo
A seguito dell’incidente di Livraga del 6 febbraio 2020 apprendiamo (fonte www.milanotoday.it) che “è emerso che all’epoca dei fatti c’era un baco della sicurezza nel sistema di controllo degli scambi sulla rete Alta Velocità.” Secondo quanto dichiarato dall’accusa, all’origine del tragico incidente ci furono tre errori umani: “l’inversione di due fili nella fabbrica Alstom durante il serraggio di una morsettiera, la mancata rilevazione dell’anomalia ai banchi prova aziendali e il mancato ultimo controllo visivo della posizione dello scambio da parte dei tecnici di Rfi che avevano montato a Livraga l’attuatore difettoso.”
Inoltre “Gli stessi tecnici di Rete Ferroviaria si erano accorti di un’anomalia ma non erano riusciti a comprenderla e si fidavano delle indicazioni dei quadri di controllo.”
Durante l’udienza del 28 maggio a Lodi gli esperti del ministero hanno dichiarato che se tutta la rete ferroviaria nazionale fosse attrezzata con un circuito in più, dedicato appositamente al controllo e con “l’adeguamento della logica di funzionamento dell’apparato centrale computerizzato finalizzato a gestire in maniera opportuna le grandezze di controllo che governano il funzionamento del deviatoio”, si potrebbero evitare future stragi, limitando notevolmente le possibilità di errori umani.
Nel frattempo abbiamo due operai già condannati a tre anni di carcere e altri cinque imputati ora a processo.
All’indomani dell’incidente l’Associazione Castrucci, proprietaria della nostra rivista, presentò un esposto/denuncia puntando il dito contro ANSF (oggi ANSFISA) che, a nostro avviso irresponsabilmente, aveva omologato il protocollo di RFI secondo cui si possono bypassare numerose sicurezze di enti in un tratto anche lungo (come il posto di servizio incriminato), sottraendoli alla “vista” del sistema e così ingannandolo, al fine di ottenere il “gancio” luminoso sul cruscotto che consente di viaggiare a 300 Km/h! Secondo noi questa procedura è inaccettabile e chi l’ha approvata e introdotta ne deve rispondere penalmente! Ci siamo anche offerti di essere ascoltati dal Procuratore, che però non ci ha mai convocato.
Ora, dopo quattro anni, ci si accorge finalmente di questo “baco” nelle procedure, che già avevamo a suo tempo denunciato, e a pagare saranno solamente gli operai?
E le responsabilità delle dirigenza di RFI e di ANSFISA, che con le loro procedure hanno permesso che si verificasse questo disastro?
Per ovviare al “baco” e affinché non produca altre gravi conseguenze non basta scoprirlo ma occorre rivedere in toto l’autorizzazione a RFI di adottare un protocollo inadeguato, che riporta la sicurezza ferroviaria ai tempi del “blocco telefonico”, ma con velocità di 300 Km/h.
La redazione di Ancora In Marcia
Regione Toscana . L’Osservatorio CeRIMP sugli infortuni e le malattie professionali.
Un servizio informativo regionale per il monitoraggio della salute dei lavoratori
18 giugno 2024
Sala Lorenzo il Magnifico
Meyer Health Campus
Locandina Firenze 18 Giugno 2024 (4)
Per scaricare il file della Locandina clicca >>> QUI
Segnalazione
Regione Emilia-Romagna
Il confronto aperto tra medici competenti e Servizi di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro
Il seminario è rivolto a: medici competenti, medici del lavoro anche in formazione specialistica,
assistenti sanitari, infermieri professionali.
14 giugno 2024 – ore: 9.00 – 18.00
BOLOGNA, Viale della Fiera 30, Aula magna
programma_seminario_140624
Per scaricare il programma del Seminario in formato pdf CLICCA QUI
Segnaliamo che si è appena concluso il
XXXVII Convegno Nazionale ANMA
23-25 maggio 2024
Tower Hotel – Viale Ilic Uljanov Lenin, 59 – Bologna (BO)
PROGRAMMA (maggiori dettagli disponibili a breve)
Il programma scientifico del Congresso è elaborato dal Comitato Scientifico dell’Associazione Nazionale Medici d’Azienda e Competenti
GIOVEDI’ 23 MAGGIO 2024 pomeriggio
“L’accomodamento ragionevole. Tutelare la salute, tutelare il lavoro”
VENERDI’ 24 MAGGIO 2024 mattina e pomeriggio
“Patologia da rumore: quello che ci siamo persi”
“Dalla fatica fisica alla fatica mentale”
per maggiori info vai al sito della Consulta Italiana Interassociativa Prevenzione CIIP
Per leggere la traduzione in italiano clicca QUI |
Jo Aubrey, Cardiff Metropolitan University
UK prime minister Rishi Sunak has announced plans to reintroduce national service should the Conservative party retain power in the general election. Under Sunak’s proposed scheme, 18-year-olds would either spend a year in the military or one weekend out of every four volunteering.
The scheme is intended to “foster a culture of service”, which Sunak said would make society “more cohesive”. But this is a way of asking even more from young people who will have already suffered disruption to their education and social development as a result of the pandemic, some of whom have seen increased family hardship from the cost of living crisis and a lack of support due to widespread cuts in youth services.
Sunak’s plan positions young people as a problem. Requiring them to develop an ethos of service suggests that this is lacking in young people. Sunak has commented that national service will keep young people “out of trouble”.
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This view of youth is far from new. Criminologist Stanley Cohen used the term “moral panic” to discuss the widespread and overblown alarm over disturbances between mods and rockers in 1964. These commotions occurred within a year of the end of national service. The press bemoaned the end of the scheme at the time and since its end there have been repeated calls for its reintroduction, particularly when the moral panic is concerned with the behaviour of young men.
Whether through drugs, anti-social behaviour, knife crime, early pregnancy, sexual identity, exploitation and radicalisation, young people are often labelled as thugs, users or victims.
But today’s teenagers have been let down. In the last 14 years, youth services have been cut massively by the current Conservative and preceding coalition governments. Safe places to meet, spend leisure time and have fun, overseen and supported by trained youth workers who are committed to offering them guidance and support, have been targets of austerity and local authority cuts.
Between 2010 and 2019, the UK’s youth service budget has been cut by £400 million. More than 760 centres have closed and 4,500 youth work jobs have been lost.
Lavorare per le piattaforme di lavoro è ancora relativamente raro, ma le condizioni di lavoro generalmente inadeguate e l’impatto sul mondo del lavoro sono oggetto di ampio dibattito. Sebbene i dati siano scarsi, vi è un consenso generale sul fatto che i migranti siano sovrarappresentati in questo tipo di lavoro. Le piattaforme potrebbero fornire ai migranti opportunità di lavoro, soprattutto subito dopo l’arrivo, grazie alle barriere all’ingresso relativamente più basse, compresi i requisiti formali, rispetto all’economia tradizionale. Tuttavia, l’ingresso di questi gruppi più vulnerabili in un segmento di posti di lavoro generalmente di scarsa qualità pone gravi sfide in termini di potenziale sfruttamento e di effetti negativi a lungo termine sull’integrazione e sulle prospettive del mercato del lavoro.
La misura in cui le piattaforme fanno affidamento sui migranti e creano le condizioni per lo sfruttamento rispetto ad altri lavoratori è una questione importante con chiare implicazioni politiche. Tuttavia, la mancanza di dati rappresentativi ha finora limitato la comprensione della portata del coinvolgimento dei migranti nel lavoro tramite piattaforma e delle loro condizioni di lavoro in relazione ai gruppi di non migranti.
Questo documento affronta questa lacuna analizzando la presenza dei migranti e i loro modelli di lavoro nell’economia delle piattaforme europee, utilizzando dati transnazionali rappresentativi per 14 Stati membri dell’Unione europea raccolti nel 2021. L’analisi ha tre obiettivi principali. In primo luogo, rivela in che misura i migranti sono effettivamente sovrarappresentati nel lavoro tramite piattaforma e se ciò vale per diversi tipi di piattaforma. In secondo luogo, si esplora se esistono differenze sostanziali tra i lavoratori delle piattaforme migranti e non migranti nelle loro esperienze con l’economia delle piattaforme in termini di guadagni, ore lavorate e utilizzo di una o più piattaforme (multi-apping). In terzo luogo, concentrandosi sulle variazioni tra migranti con caratteristiche diverse, fa luce, principalmente indiretta, sui meccanismi che guidano i migranti verso il lavoro su piattaforma.
Per scaricare il file pdf clicca QUI
Fonte : ilmanifestoinrete che ringraziamo
Le innovazioni tecnologiche e la terziarizzazione crescente delle economie hanno portato, come è noto, ad una crescente diffusione del lavoro cosiddetto a distanza, nelle sue varie forme, sia per il lavoro dipendente sia per quello autonomo (che già, in larga misura, aveva tali caratteristiche). La Pandemia da COVID ha certamente impresso una accelerazione al processo, ma lo stesso sarebbe avanzato inesorabilmente (e proseguirà); vediamo di conoscerlo meglio.
Eccetto che per quelle attività (produttive manifatturiere o di servizi alla persona, essenzialmente) per le quali la presenza fisica è imprescindibile (almeno per ora, ad esempio in Cina già si stanno sperimentando robot industriali comandati a distanza) nelle economie sviluppate, nelle quali la maggior parte dei lavoratori sono impiegati in attività sostanzialmente di servizio anche quando producono oggetti/contenuti digitali, gli ostacoli ad un allargamento, o addirittura ad una sua generalizzazione, risiedono nel livello di digitalizzazione delle economie (infrastrutture telematiche comprese) e dei lavoratori, anche con riferimento alle competenze, nonché nelle culture organizzative dei datori di lavoro, al loro approccio alla gestione delle persone, e non da ultimo, (è bene non dimenticarlo) dalla natura dell’attività.
dal sito ASVIS che ringraziamo riportiamo questo articolo importante e il link al Rapporto Istat 2024 .
Negli ultimi tre anni, l’economia italiana ha superato la crescita media dell’Ue27, registrando un aumento del Pil dello 0,9% nel 2023. Tuttavia, l’aumento dei prezzi, l’inflazione e il lavoro a basso reddito hanno portato la povertà a “livelli mai toccati in precedenza, per un totale di 2 milioni 235mila famiglie e di 5 milioni 752mila individui in povertà”. È quanto si legge nell’ultimo rapporto Istat, pubblicato lo scorso 15 maggio, dal titolo “Rapporto annuale 2024 – La situazione del Paese”, che traccia un bilancio degli effetti dell’emergenza sanitaria sulla società e sull’economia nel momento del suo superamento.
Il Rapporto, articolato in quattro capitoli, esamina la complessità del presente e i futuri scenari, identificando punti di forza e criticità per guidare le politiche di sviluppo. Analizza le dinamiche economiche e la competitività dell’Italia nel contesto internazionale, oltre all’evoluzione dell’occupazione e delle caratteristiche qualitative degli attori economici. Valuta, inoltre, le condizioni e la qualità della vita, confrontando le generazioni attuali con quelle passate e collegando le dinamiche demografiche e insediative con condizioni sociali, accesso ai servizi, occupazione, povertà educativa e attività economica.
Nel 2023 il Pil reale italiano è tornato ai livelli del 2007 e si prevede per il 2025 un aumento dell’1,2%. Le esportazioni di beni sono rimaste stabili, mentre le importazioni sono diminuite del 10,4%, portando il saldo commerciale italiano a un risultato positivo di 34,5 miliardi di euro.
Tuttavia, l’aumento e poi il calo dei prezzi dell’energia ha accelerato l’inflazione, seguita da una rapida disinflazione. Fino a ottobre 2023, le retribuzioni contrattuali non sono riuscite a tenere il passo, colpendo soprattutto le famiglie a basso reddito e riducendone il potere d’acquisto.
Negli ultimi decenni, poi, l’occupazione in Italia ha subito significativi cambiamenti strutturali. È aumentato il lavoro part-time, l’occupazione femminile e quella delle persone anziane, mentre è diminuita l’occupazione giovanile. La forza lavoro è diventata più istruita e c’è stata una ricomposizione verso le attività terziarie, ma la quota di lavoratori con basse retribuzioni rimane ampia, coinvolgendo soprattutto donne, giovani e stranieri. Nel 2022, si legge nel Rapporto, poco meno del 30% dei dipendenti (4,4 milioni, +466mila rispetto al 2015, ma con una riduzione in termini relativi di un punto percentuale) aveva una bassa retribuzione annuale.
Ancora, il divario economico tra le generazioni in Italia è aumentato, penalizzando maggiormente i giovani. L’inflazione recente ha ridotto le spese delle famiglie e ampliato le disuguaglianze economiche, portando la povertà assoluta al 9,8% nel 2023, colpendo soprattutto i lavoratori e i loro figli. Il reddito da lavoro ha perso efficacia nel proteggere dal disagio economico e gli indicatori di povertà sono peggiorati a livello territoriale. Tuttavia, stili di vita più sani hanno migliorato la qualità della vita, specialmente nelle età avanzate. La diffusione delle tecnologie digitali ha cambiato le abitudini quotidiane, anche se permangono disuguaglianze nell’accesso e nelle competenze.
Dal punto di vista demografico, invece, la popolazione italiana è diminuita di oltre un milione di persone, con il Mezzogiorno che ha subito il calo maggiore. Le previsioni indicano un ulteriore spopolamento delle aree meno attrattive economicamente e un invecchiamento della popolazione, con una riduzione dei giovani e della popolazione attiva, soprattutto al Centro-Nord. Nel Mezzogiorno, la denatalità e i flussi migratori accentuano questo fenomeno. Le città vedono una crescita della popolazione anziana, richiedendo politiche per un buon invecchiamento urbano.
Persistono grandi squilibri economici tra Nord e Sud: il divario si è ampliato negli ultimi 20 anni, nonostante un parziale recupero dal 2019. Il Mezzogiorno mostra fragilità economiche e sociali, ma ci sono anche segnali di innovazione nei settori agricolo e culturale-creativo.
di Sofia Petrarca
Pubblicati da INAIL nella Collana Ricerche i volumi: “Piattaforme di lavoro elevabili” e “Indicazioni operative per la valutazione delle conseguenze correlate a scenari emergenziali standard da medicina nucleare”.
Per leggere la traduzione in italiano clicca QUI |
James Boafo, Murdoch University; Eric Stemn, University of Mines and Technology; Jacob Obodai, Edge Hill University, and Philip Nti Nkrumah, The University of Queensland
Global demand for critical minerals, particularly lithium, is growing rapidly to meet clean energy and de-carbonisation objectives.
Africa hosts substantial resources of critical minerals. As a result, foreign mining companies are rushing to invest in exploration and acquire mining licences.
According to the 2023 Critical Minerals Market Review by the International Energy Agency, demand for lithium, for example, tripled from 2017 to 2022. Similarly, the critical minerals market doubled in five years, reaching US$320 billion in 2022. The demand for these metals is projected to increase sharply, more than doubling by 2030 and quadrupling by 2050. Annual revenues are projected to reach US$400 billion.
In our recent research, we analysed African countries that produce minerals that the rest of the world has deemed “critical”. We focused on lithium projects in Namibia, Zimbabwe, the Democratic Republic of Congo (DRC) and Ghana. We discovered these countries do not yet have robust strategies for the critical minerals sector. Instead they are simply sucked into the global rush for these minerals.
We recommend that the African Union should expedite the development of an African critical minerals strategy that will guide member countries in negotiating mining contracts and agreements. The strategy should draw from leading mining practices around the world. We also recommend that countries should revise their mining policies and regulations to reflect the opportunities and challenges posed by the increasing global demand for critical minerals.
Otherwise, African countries that are rich in critical minerals will not benefit from the current boom in demand.
La contaminazione da PFAS in Italia
Dopo avere ottenuto i dati raccolti tra il 2019 e il 2022 dagli enti pubblici deputati ai controlli sull’inquinamento da PFAS (sostanze poli e perfluoroalchiliche) nei corpi idrici italiani (fiumi, laghi e acque sotterranee), con questa inchiesta Greenpeace Italia svela quanto è diffusa la contaminazione ambientale da queste sostanze nel nostro Paese.
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Report di Greenpeace su dati Ispra: Pfas in tutte le Regioni italiane dove sono stati cercati
Controlli ambientali assenti in alcune aree del Sud. Un’emergenza nazionale diffusa e fuori controllo
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Ci sono Pfas nelle acque di quasi tutte le regioni italiane
Le sostanze chimiche altamente inquinanti interessano anche aria e suolo. Con importanti rischi per la salute di animali e persone. Lo racconta un’analisi di Greenpeace
https://www.wired.it/article/pfas-acque-regioni-italia/
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Mitsubishi dovrà pagare per l’inquinamento da PFAS provocato in Veneto
Mitsubishi dovrà pagare per l’inquinamento da PFAS provocato in Veneto
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Pfas nelle acque potabili, i limiti del ministero della Salute arrivano con 7 anni di ritardo e sono più blandi delle indicazioni Iss | Il documento
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A Parigi stanno ripulendo la Senna dai batteri, ma non dai PFAS
Il fiume di Parigi, in cui si nuoterà alle Olimpiadi, ha un’alta concentrazione di una sostanza derivante dai pesticidi di cui non conosciamo bene gli effetti sulla salute
https://www.ilpost.it/2024/05/27/senna-balneabile-pfas-tfa/
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Mamme NO PFAS, l’appello a Veneto, Lombardia e Piemonte: “Serve una legge che li metta al bando”
https://www.teleambiente.it/mamme-no-pfas-appello-veneto-lombardia-piemonte-serve-divieto/
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Rivista bimestrale open access, in formato digitale, edita da Pacini Giuridica
IN EVIDENZA:
Editoriale
La discriminazione algoritmica
La Naspi dei lavoratori detenuti
Differenziale di genere e discriminazioni indirette nel sistema italiano di sicurezza sociale
Neutralità o disparità? L’insostenibile leggerezza del credere
Digitalizzazione e imparzialità della pubblica amministrazione
Per scaricare il file pdf della Rivista clicca QUI
E’ questa la presentazione di questa campagna che ha come obiettivo la costruzione di un archivio di schede informative . Ogni scheda contiene una descrizione dell’infortunio e delle modalità di accadimento con la individuazione delle cause e concause all’origine dell’evento. Questa iniziativa della ATS Brianza rappresenta un metodo di lavoro importante e utile per migliorare le conoscenze anche ai fini della formazione per la prevenzione. Il metodo di raccolta ed elaborazione delle schede è sottoposto ad una revisione accurata. ATS Brianza prosegue: ” Le schede, prima della loro pubblicazione, sono revisionate e validate da un Gruppo di Lavoro composto da operatori di 3 ATS Lombarde, di Assolombarda ed anche di ESEM-CPT, per i soli infortuni in Edilizia. Nelle schede è riportato lo stato delle nostre conoscenze sulle dinamiche infortunistiche trattate e le opinioni espresse non vanno intese come posizioni ufficiali dell’Ente di appartenenza. (Possono essere mandati a questa ATS eventuali contributi per migliorare le informazioni delle schede già pubblicate e/o segnalazione di eventuali errori. I contributi saranno oggetto di validazione del G.d.L. ed eventualmente oggetto di revisione delle schede).
Le schede di infortunio possono essere distribuite gratuitamente in momenti formativi e ne è possibile la diffusione con qualsiasi mezzo, ma questa è consentita solo con citazione chiara della fonte. Ne è invece vietata la vendita a fini di lucro.”
Per accedere al data base composto dalle schede vai al sito ATS Brianza
Segnaliamo questo articolo pubblicato sul sito ALGORITHMWATCH
Autore : Fabio Chiusi che ringraziamo
Negli ultimi dieci anni 29.000 persone sono morte nel Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere l’UE. Si potrebbe pensare che l’UE volesse che questa tragedia finisse e che gli scienziati di tutta Europa stessero lavorando febbrilmente per far sì che ciò accadesse con le tecnologie più recenti. È vero il contrario: con l’aiuto della cosiddetta Intelligenza Artificiale si stanno innalzando muri digitali, finanziati con i soldi dei contribuenti.
Per leggere l’articolo tradotto in italiano clicca l’icona blu google translate (la quarta da sinistra in fondo all’articolo) . Per un uso professionale e/o di studio raccomandiamo di fare riferimento al testo originale.
Aggiornamento 24 aprile 2024 – I Membri del Parlamento Europeo (MEP) hanno approvato la creazione dello Spazio Europeo dei Dati Sanitari (EHDS) I deputati hanno votato con 445 favorevoli e 142 contrari (39 astenuti) a favore dell’accordo interistituzionale sulla creazione di uno spazio europeo per i dati sanitari. Consentirà ai pazienti di accedere ai propri dati sanitari in formato elettronico, anche da uno Stato membro diverso da quello in cui vivono, e consentirà agli operatori sanitari di consultare le cartelle cliniche dei loro pazienti con il loro consenso (il cosiddetto uso primario), anche da altri paesi dell’UE. Queste cartelle cliniche elettroniche (EHR) includerebbero i resoconti dei pazienti, le prescrizioni elettroniche, le immagini mediche e i risultati di laboratorio. Pubblichiamo questo articolo critico sull’accordo interistituzionale elaborato dalla ONG SOMO che mette in evidenza anche gli aspetti di rischio per la privacy sanitaria e per l’eventuale utilizzo commerciale dei dati . Per leggere la documentazione istituzionale vai al sito della Commissione UE Spazio europeo dei dati sanitari editor |
Fonte : SOMO.NL che ringraziamo
European Parliament should vote against the EHDS in its current form
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The upcoming European Health Data Space (EHDS) opens the door to an unprecedented expansion of Big Tech into the health sector. In its current form, the EHDS exposes EU citizens’ private health data to Big Tech and pharmaceutical companies, allowing these companies to further strengthen their monopolistic market power. In the past years, Amazon, Apple, Google, and Microsoft concluded over 200 partnerships with healthcare and pharmaceutical companies around the world. The total value of investment deals in the health sector involving Big Tech exceeded EUR 35 billion (between 2012 and 2023).
Amazon, Apple, Alphabet (Google) and Microsoft are in a perfect position to extend their reach into the health sector. Their infrastructural, intellectual property, data, financial, and political power, enables them to exercise monopoly power. While new digital health technologies and systems can provide substantial benefits to patients and healthcare professionals, the monopolistic market power of Big Tech companies poses real and severe risks to the well-being of patients, the rights of citizens and the proper functioning of healthcare systems.
The monopoly power of Big Tech will enable tech companies to set rules and standards in the health sector, e.g. related to the digital health infrastructure, such as cloud storage for health data, electronic health record systems, and other technologies. It will also give them the ability to charge excessive prices for the products and services they develop. Ultimately, healthcare users and taxpayers will end up paying the price of Big Tech’s monopoly power, while also being confronted with significant risks of harmful effects on patient well-being and on the democratic governance of healthcare systems.
The EU proposal for setting up the European Health Data Space (EHDS) provides Big Tech companies with a key opportunity to expand their presence and power over the European health sector. This new law will oblige healthcare providers across the EU to collect and process patient health data in digital patient records, including medical information, lab results, and medical images, in a standardised and exchangeable format. These data can then be used by healthcare providers to exchange information for the provision of primary care to patients. The EHDS will also make these data available for secondary purposes, such as scientific research, policy-making, and the development of products and services by companies.
The EHDS will create a strong dependency on Big Tech companies for the provision of critical digital health infrastructure. It will also provide Big Tech companies with unprecedented opportunities to benefit from EU citizens’ health data for the development of their products and services, fuelling their profits and market power. As such, the EHDS stands in stark contrast to the EU’s efforts to contain Big Tech monopoly power through e.g. the Digital Markets Act (DMA) and the Digital Services Act (DSA), as well as recent interventions by market regulators.
Only a week after a provisional political agreement(opens in new window) with the European Parliament negotiators was reached, EU Member States adopted(opens in new window) the EHDS in March 2024. The European Parliament still has a final opportunity to prevent rolling out the red carpet for Big Tech in EU healthcare systems when it votes on the compromise text on 24 April 2024.
Fonte Collettiva che ringraziamo
Assemblea nazionale Fiom Cgil sul Mezzogiorno a Napoli. De Palma: “Al Sud è in atto un processo di dismissione industriale, il governo deve intervenire”
“In questo momento è in discussione la dignità stessa delle persone che per vivere devono lavorare”. Parole nette e decise, quelle del segretario generale Fiom Cgil Michele De Palma, intervenuto ieri (venerdì 24 maggio) all’assemblea nazionale della Fiom Cgil sul Mezzogiorno, dal titolo “Uniti per la dignità. Mezzogiorno bene comune”.
L’incontro si è svolto a Napoli, ai Quartieri Spagnoli, cui hanno partecipato circa 300 metalmeccaniche e metalmeccanici provenienti da tutta Italia. L’appuntamento è stato alla 14.30 presso la Foqus, Fondazione Quartieri Spagnoli (in via Portacarrese a Montecalvario 69).
Dopo i saluti di Nicola Ricci (segretario generale Cgil Napoli e Campania), sono intervenuti delegate e delegati, Michele De Palma (segretario generale Fiom Cgil), Christian Ferrari (segretario nazionale Cgil), Alberto Fontana (Unione degli studenti universitari Napoli), Maria Teresa Imparato (Legambiente Napoli), Daniele Macheda (segretario Unione sindacale giornalisti Rai), Patrizia Palumbo (presidente associazione Dream Team Donne in rete), Riccardo Realfonzo (docente Università del Sannio) Gianfranco Viesti (docente Università di Bari). Ha coordina Madnak Dan (Rsu Immergas, Reggio Emilia).
“Quando le persone sul posto di lavoro muoiono, quando sono ricattate perché hanno contratti in scadenza, quando hanno un salario che non ha il giusto potere d’acquisto per poter fronteggiare l’inflazione che c’è oggi nel Paese, si perde la dignità di donne e uomini”, ha spiegato il leader Fiom: “Noi siamo qui per dire, invece, che ce la vogliamo riprendere. Confindustria e governo devono sapere che siamo determinati, sia dal punto di vista contrattuale sia dal punto di vista sindacale”.
Per Michele De Palma il problema principale del Mezzogiorno è “che il governo pensa di poter affrontare il divario tra Nord e Sud aumentandolo con l’autonomia differenziata, con una legge delega che vuole spezzare la contrattazione. Il governo, invece, deve intervenire a mettere le risorse per gli investimenti e poter fare industria nel Mezzogiorno, che serve per la transizione ecologica e tecnologica, garantendo un futuro all’occupazione”.
De Palma non ha certo nascosto la sua preoccupazione per le grandi vertenze del Mezzogiorno. “Fino a quando non c’è una missione produttiva per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco, questo è un problema sia per i lavoratori di Stellantis sia per i lavoratori dell’indotto”, ha illustrato: “C’è poi la questione dell’ex Ilva di Taranto, la verità è che senza acciaio non c’è’ futuro industriale nel Paese. Per questo noi cominciamo dal Sud per ricostruire un’idea di politica industriale che dia garanzie ai lavoratori”.
Fonte ETUI
Proponiamo questo elaborato dell’Istituto sindacale ETUI sugli effetti del Green Deal Europeo. Riteniamo importante questo Report per l’analisi accurata. editor
Le politiche di mitigazione del cambiamento climatico introdotte dal Green Deal europeo (EGD) e i pacchetti politici di accompagnamento influenzeranno alcuni gruppi sociali più di altri, minacciando di esacerbare le disuguaglianze su vari assi (Galgóczi e Akgüç 2023). Gli effetti occupazionali della trasformazione industriale guidata dalle politiche di transizione verde e gli effetti distributivi legati agli aumenti dei prezzi dell’energia stanno già diventando evidenti e colpiscono più duramente le persone in situazioni vulnerabili (ibid). Sebbene non sia l’unica definizione possibile, la raccomandazione del Consiglio del 16 giugno 2022 su come garantire un’equa transizione verso la neutralità climatica definisce “persone e famiglie in situazioni vulnerabili” come:
“(T)coloro che, indipendentemente dalla transizione verde, si trovano o rischiano di trovarsi in una situazione di accesso limitato a un lavoro di qualità, compreso il lavoro autonomo e/o all’istruzione e alla formazione e/o a un tenore di vita dignitoso e servizi essenziali, il che implica una scarsa capacità di adattamento alle conseguenze della transizione verde.” (paragrafo (3)(d))
dal sito INAIL
Il testo approfondisce gli aspetti di spiccato interesse medico-legale di una recente pubblicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità sulle neoplasie melanocitarie.
L’interesse istituzionale per l’argomento è finalizzato elettivamente a migliorare i livelli di tutela e di indennizzo di questa patologia, quando di origine professionale. Allo stesso pari è volto a promuovere conoscenze che favoriscano l’emersione dei melanomi da radiazioni solari in lavoratori esposti e che assicurino più efficaci azioni di prevenzione delle esposizioni professionali. Il volume è stato revisionato da un collegio di referee composto da autorevoli esponenti delle società scientifiche delle branche di interesse.
Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2024
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Informazioni e richieste: dcpianificazione-comunicazione@inail.it
Fonte IBAS
Autrice :Laurie Kazan-Allen
La scoperta indesiderata di pacciame contaminato da amianto negli spazi pubblici nel Nuovo Galles del Sud, Victoria, Queensland e Canberra, combinata con un’attenzione quasi laser sulle ripercussioni mortali dell’esposizione ai prodotti da costruzione in pietra ingegnerizzata, sembrano aver rinvigorito il dibattito australiano sulla pericoli evitabili sul posto di lavoro, in casa e nell’ambiente. Di conseguenza, nel dicembre 2023 il governo federale australiano ha annunciato che a partire dal 1 luglio 2024 l’uso della pietra ingegnerizzata sarebbe stato vietato a livello nazionale; L’Australia è il primo paese al mondo a mettere fuori legge questo materiale. 1
Il 9 maggio 2024, i sindacati australiani, i gruppi delle vittime dell’amianto, gli istituti di ricerca e gli organismi di campagna hanno rilasciato una dichiarazione congiunta sull’amianto chiedendo al governo di dare priorità alla rimozione di 6,2 milioni di tonnellate di amianto dai luoghi di lavoro, dagli edifici pubblici e dalle case australiani , al fine di salvare oltre 28.000 vite. Ogni anno 4.000 australiani muoiono per malattie legate all’amianto. 2
Una petizione intitolata “Eradicate Asbestos” era categorica riguardo alla minaccia che l’amianto rappresenta ancora per gli australiani nonostante sia stato bandito più di vent’anni fa:
“Semplicemente non esiste un livello sicuro di amianto. I modelli ci mostrano che, se dovessimo procedere allo stesso ritmo di rimozione, nel 2060 avremo ancora più di 1 milione di tonnellate nell’ambiente edificato e che entro la fine del secolo, a 100 anni dal divieto, non saranno ancora riusciti a rimuovere tutti i materiali contenenti amianto. L’amianto nel nostro ambiente edificato può avere fino a sessant’anni ed è in fase di degradazione. Questo è davvero pericoloso. Dobbiamo eliminare l’amianto – adesso”. 3
In contrasto con l’atteggiamento proattivo adottato in Australia c’è l’approccio del Regno Unito, dove la scoperta di un altro pericolo negli edifici contaminati da amianto ha generato una risposta totalmente diversa. Lo scandalo del 2023/24 sulla presenza di cemento armato aerato autoclavato deteriorato (RAAC) nelle scuole del Regno Unito e la “disgrazia nazionale” della contaminazione da amianto delle infrastrutture educative hanno provocato la tradizionale reazione britannica di fronte a ostacoli apparentemente schiaccianti. Dopo molta copertura mediatica e dozzine di promesse politiche, alcuni ingegneri strutturali stanno ora dicendo quello che il governo vuole sentire: “Dovremo imparare a convivere con Raac come abbiamo vissuto con l’amianto…” 4
Questa settimana sono state pubblicate le conclusioni dell’inchiesta pubblica quinquennale sullo scandalo del sangue contaminato nel Regno Unito. Sono state citate molteplici cause per i trattamenti pericolosi somministrati agli emofiliaci e ad altri dagli anni ’70 all’inizio degli anni ’90 e la colpa è stata attribuita al governo successivo e al servizio sanitario nazionale. C’è stata negazione, offuscamento e un massiccio insabbiamento che ha dato priorità a “considerazioni finanziarie e reputazionali”. Di conseguenza, 3.000 persone sono morte e decine di migliaia sono state infettate da trasfusioni di sangue tossico o dall’uso di plasma sanguigno contaminato importato. 5
Ci vorranno altri cinquant’anni prima che il governo britannico possa affrontare la crisi in corso dovuta al deterioramento dell’amianto non solo nelle nostre scuole ma anche in altri edifici pubblici? Quante altre persone moriranno prima che la posizione insensibile e pericolosa dell’esecutivo per la salute e la sicurezza e del governo cambi?
1 Kolovus, B. L’Australia diventerà il primo paese a vietare i piani delle panche in pietra artificiale. Ne seguiranno altri? 14 dicembre 2024.
https://www.theguardian.com/australia-news/2023/dec/14/australia-will-become-the-first-county-to-ban-engineered-stone-bench-tops-will -altri-seguono
2 Dichiarazione congiunta. I principali esperti sanitari, i sindacati e le vittime dell’amianto sostengono la tabella di marcia nazionale per rimuovere 6,2 milioni di tonnellate di amianto dai luoghi di lavoro, dagli edifici pubblici e dalle case australiani, salvando più di 28.000 vite . 9 maggio 2024.
https://www.australianunions.org.au/wp-content/uploads/2024/05/Joint-statement-on-Asbestos-National-Strategic-Plan-9-May-2024.pdf
3 Sradicare l’amianto. Accesso effettuato il 20 maggio 2024.
https://www.australianunions.org.au/campaigns/sign-the-petition-to-eradicate-asbestos/
4 Johnson, T. Dovremo imparare a convivere con Raac come abbiamo vissuto con l’amianto, dicono gli ingegneri strutturali. 14 maggio 2024.
https://www.newcivilengineer.com/latest/we-will-have-to-learn-to-live-with-raac-as-weve-lived-with-asbestos-say-structural-engineers -14-05-2024/
5 Siddique, H., Hall, R. Scandalo di sangue infetto nel Regno Unito aggravato da un insabbiamento “agghiacciante”, rileva l’indagine . 20 maggio 2024.
https://www.theguardian.com/uk-news/article/2024/may/20/infected-blood-scandal-cover-up-inquiry-concludes?CMP=share_btn_url