Italia in crescita ma più povera: lavoro a basso reddito e squilibri regionali

dal sito ASVIS   che ringraziamo riportiamo questo articolo importante e il link al Rapporto Istat 2024 .

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Negli ultimi tre anni, l’economia italiana ha superato la crescita media dell’Ue27, registrando un aumento del Pil dello 0,9% nel 2023. Tuttavia, l’aumento dei prezzi, l’inflazione e il lavoro a basso reddito hanno portato la povertà a “livelli mai toccati in precedenza, per un totale di 2 milioni 235mila famiglie e di 5 milioni 752mila individui in povertà”. È quanto si legge nell’ultimo rapporto Istat, pubblicato lo scorso 15 maggio, dal titolo “Rapporto annuale 2024 – La situazione del Paese”, che traccia un bilancio degli effetti dell’emergenza sanitaria sulla società e sull’economia nel momento del suo superamento.

Il Rapporto, articolato in quattro capitoli, esamina la complessità del presente e i futuri scenari, identificando punti di forza e criticità per guidare le politiche di sviluppo. Analizza le dinamiche economiche e la competitività dell’Italia nel contesto internazionale, oltre all’evoluzione dell’occupazione e delle caratteristiche qualitative degli attori economici. Valuta, inoltre, le condizioni e la qualità della vita, confrontando le generazioni attuali con quelle passate e collegando le dinamiche demografiche e insediative con condizioni sociali, accesso ai servizi, occupazione, povertà educativa e attività economica.

Nel 2023 il Pil reale italiano è tornato ai livelli del 2007 e si prevede per il 2025 un aumento dell’1,2%. Le esportazioni di beni sono rimaste stabili, mentre le importazioni sono diminuite del 10,4%, portando il saldo commerciale italiano a un risultato positivo di 34,5 miliardi di euro.

Tuttavia, l’aumento e poi il calo dei prezzi dell’energia ha accelerato l’inflazione, seguita da una rapida disinflazione. Fino a ottobre 2023, le retribuzioni contrattuali non sono riuscite a tenere il passo, colpendo soprattutto le famiglie a basso reddito e riducendone il potere d’acquisto.

Negli ultimi decenni, poi, l’occupazione in Italia ha subito significativi cambiamenti strutturali. È aumentato il lavoro part-time, l’occupazione femminile e quella delle persone anziane, mentre è diminuita l’occupazione giovanile. La forza lavoro è diventata più istruita e c’è stata una ricomposizione verso le attività terziarie, ma la quota di lavoratori con basse retribuzioni rimane ampia, coinvolgendo soprattutto donne, giovani e stranieri. Nel 2022, si legge nel Rapporto, poco meno del 30% dei dipendenti (4,4 milioni, +466mila rispetto al 2015, ma con una riduzione in termini relativi di un punto percentuale) aveva una bassa retribuzione annuale.

Ancora, il divario economico tra le generazioni in Italia è aumentato, penalizzando maggiormente i giovani. L’inflazione recente ha ridotto le spese delle famiglie e ampliato le disuguaglianze economiche, portando la povertà assoluta al 9,8% nel 2023, colpendo soprattutto i lavoratori e i loro figli. Il reddito da lavoro ha perso efficacia nel proteggere dal disagio economico e gli indicatori di povertà sono peggiorati a livello territoriale. Tuttavia, stili di vita più sani hanno migliorato la qualità della vita, specialmente nelle età avanzate. La diffusione delle tecnologie digitali ha cambiato le abitudini quotidiane, anche se permangono disuguaglianze nell’accesso e nelle competenze.

Dal punto di vista demografico, invece, la popolazione italiana è diminuita di oltre un milione di persone, con il Mezzogiorno che ha subito il calo maggiore. Le previsioni indicano un ulteriore spopolamento delle aree meno attrattive economicamente e un invecchiamento della popolazione, con una riduzione dei giovani e della popolazione attiva, soprattutto al Centro-Nord. Nel Mezzogiorno, la denatalità e i flussi migratori accentuano questo fenomeno. Le città vedono una crescita della popolazione anziana, richiedendo politiche per un buon invecchiamento urbano.

Persistono grandi squilibri economici tra Nord e Sudil divario si è ampliato negli ultimi 20 anni, nonostante un parziale recupero dal 2019. Il Mezzogiorno mostra fragilità economiche e sociali, ma ci sono anche segnali di innovazione nei settori agricolo e culturale-creativo.

Scarica il Rapporto

 

di Sofia Petrarca

Disponibili i materiali del convegno “La trasformazione digitale del mondo del lavoro. Opportunità, rischi e mitigazioni” del 23 aprile 2024

 

 

 

 

Segnaliamo la disponibilità sul sito dell’Associazione Ambiente Lavoro delle presentazioni svolte dai relatori al Convegno “La trasformazione digitale del mondo del lavoro. Opportunità, rischi e mitigazioni” del 23 aprile 2024

La pagina web del sito dell’Associazione Ambiente Lavoro coi link alle slides: clicca QUI 

Il lavoro di domani

di Franco Carnevale che ringraziamo come ringraziamo Saluteinternazionale 

Si stima che nel 2025 il lavoro verrà equamente suddiviso tra esseri umani e macchine e che a livello globale verranno eliminati 85 milioni di posti di lavoro e ciò in contrasto con l’istanza “politica” prevalente secondo la quale l’occupazione rappresenta l’antidoto principale della povertà.

Il Numero 10410 del 14 Ottobre 2023 di The Lancet tratta del “Futuro del lavoro e salute” e lo fa con una sorta di inchiesta ampia, un editoriale e tre contributi originali; l’obiettivo posto è quello di delineare le trasformazioni in corso (in larga parte già avvenute) nel mondo del lavoro al fine di delineare uno scenario più chiaro, porre delle domande e formulare delle raccomandazioni. Tra le righe vien denunciata una guerra decennale contro i lavoratori scandita dal discredito dei sindacati, dal precariato delle occupazioni, dalla scomparsa di posti di lavoro. L’anonimo editorialista per giungere ad una diagnosi del fenomeno patologico in atto ricorre a studi sociologici ed economici accreditati che parlano di “un mondo senza lavoro” (Daniel Susskind) e di “supremazia della ricchezza, della finanza” (Marjorie Kelly); viene invocato l’Obiettivo 8 (“Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti”dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile promulgata dall’ONU.

Alla diagnosi, abbastanza semplice da formulare e da condividere segue, come fanno tutti i medici che si rispettino, una terapia che non vuole essere palliativa e per questo a molti risulterà tanto generosa, eroica, quanto difficile, diseconomica per alcuni, da somministrare per ottenere risultati soddisfacenti ed a breve termine. Terapeutici dovrebbero essere dei messaggi principali inviati a politici, sindacati, lavoratori, medici, opinion leader: la prospettiva di un mondo con molto meno lavoro deve essere assunta con serietà; il lavoro e l’occupazione sono una leva sottoutilizzata per influenzare la salute della popolazione.

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L’instabilité des revenus, une source de mal-être de plus en plus répandue

Uber, une entreprise emblématique de la gig economy.
Wikimedia commons, CC BY-SA

Gordon M. Sayre, EM Lyon Business School

Les entreprises de la gig economy (ou économie à la tâche) mettent régulièrement en avant la liberté dont jouissent leurs employés pour organiser leur emploi du temps comme l’une des principales raisons pour préserver le statut de travailleur indépendant (généralement des autoentrepreneurs en France). Le site Internet d’Uber, par exemple, recrute ses chauffeurs en valorisant la flexibilité que permet son application, le tout appuyé par des statistiques démontrant à quel point leurs chauffeurs tiennent à cette indépendance. D’autres acteurs comme les entreprises américaines de livraison de nourriture DoorDash et Instacart, font appel aux mêmes arguments dans leur communication.

Il existe cependant un désagrément lié à cette flexibilité excessive, et celui-ci est rarement abordé : au lieu de recevoir un salaire horaire, les travailleurs indépendants sont rémunérés pour chaque tâche effectuée, sans garantie de salaire minimum. Sans revenus garantis, ces travailleurs sont victimes d’une « volatilité de rémunération », c’est-à-dire que leurs revenus sont soumis à des fluctuations fréquentes.

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NUOVO SONDAGGIO: I LAVORATORI DI AMAZON IN 8 PAESI AFFERMANO CHE IL MONITORAGGIO INTRUSIVO LI STA RENDENDO MALATI E ANSIOSI

 

 

 

 

Fonte : Uniglobalunion che ringraziamo 

Il testo che postiamo è una traduzione automatica dall’inglese effettuata con google translator. Per un utilizzo professionale di questo articolo raccomandiamo di fare riferimento al testo originale alla fonte . editor

 

Il sistema di monitoraggio delle prestazioni di Amazon fa sentire i suoi lavoratori ” stressati, sotto pressione, ansiosi, come uno schiavo, un robot e inaffidabile “, secondo un nuovo studio internazionale sui dipendenti Amazon nei principali mercati per UNI Global Union, il primo in assoluto nel suo genere. Oltre la metà dei lavoratori di Amazon intervistati afferma che i sistemi di monitoraggio di Amazon hanno avuto un impatto negativo sulla loro salute (51%) e sulla loro salute mentale (57%).

Lo studio, commissionato da UNI Global Union e condotto da Jarrow Insights , ha raccolto 2.000 risposte da magazzinieri, autisti e impiegati autoidentificati di Amazon provenienti da paesi , tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Polonia , Spagna e Australia.

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Salute Sicurezza Lavoro, la Legge 215/21 modifica il D.lgs 81. 12 domande al Governo, ai Ministri del Lavoro, della Salute e alle Regioni

 

 

Il Decreto Legge 146/21 recentemente convertito in Legge 215/21 contiene alcune importanti novità in materia di sicurezza del lavoro che hanno dato e stanno dando vita a numerosi dibattiti e prese di posizione. Novità che non mancheranno di ricadute soprattutto negli assetti istituzionali.

Tra le testimonianza richiamo la lettera aperta che alcuni “preventori”, tra i quali la sottoscritta, hanno indirizzato al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Salute, al Ministro del Lavoro, al Presidente della Conferenza delle Regioni, lettera sottoscritta da più di 1000 firmatari, nella quale sono state espresse  perplessità e critiche. 

In aggiunta, quale “preventore” di lunga data (ho dato il mio contributo alla nascita degli SMAL dove poi ho cominciato a lavorare proseguendo tutta la mia vita professionale nei Servizi di prevenzione delle ASL) desidero porre alcune domande a chi ha dato vita alle modifiche dell’assetto istituzionale, pensate, a mio  avviso, troppo frettolosamente, senza un aperto confronto con tutte le istituzioni coinvolte e con i professionisti che tutti i giorni operano sul campo, come per dare, comunque sia (“a prescindere” direbbe Totò), un segnale di interesse al problema degli infortuni sul lavoro.

  • Se l’intento del Governo era quello di rafforzare la vigilanza sulla salute e sicurezza dei lavoratori perché non sono stati presi provvedimenti per  rafforzare i Servizi PSAL delle ASL, eliminando i blocchi di assunzioni e cominciando a compensare le perdite di personale con un piano di nuove assunzioni dedicate?
  • Perché si è voluto rafforzare, giustamente ma unicamente, l’INL e non anche le strutture del SSN?
  • Che ruolo intende giocare il Ministero della Salute per rafforzare le strutture del SSN deputate alla prevenzione, e in particolare, in questo caso, quelle deputate alla prevenzione nei luoghi di lavoro?

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D.L 146/2021, salute e sicurezza sul lavoro, un decreto da cambiare in profondità…

 

La sequenza tragica di incidenti mortali sul lavoro che si ripete da molti mesi, dalla ripresa delle attività post fasi acute della pandemia, ha alimentato la richiesta da parte delle organizzazioni sindacali di provvedimenti urgenti.

Le tipologie degli incidenti mortali riportati dalle cronache sono quelle di sempre, dagli anni 50 del secolo scorso: schiacciamento da camion in retromarcia, operai asfissiati in ambienti confinati, cadute da ponteggi in cantieri, corpi di operaie straziati da organi in movimento di macchine non protette, schiacciamenti di magazzinieri dal ribaltamento di pallets impilati male, gruista folgorato perchè con la benna ha sfiorato i cavi AT…..

La stragrande maggioranza di questi incidenti erano e sono evitabili con una corretta organizzazione del lavoro, con pratiche concrete di valutazione e gestione dei rischi, con una formazione professionale  mirata ai rischi specifici connessi alla mansione. La vigilanza da parte dello Stato nelle sue articolazioni è importante ma non potrà mai sostituire il compito delle imprese  nella gestione dei rischi , non vi saranno mai abbastanza ispettori per vigilare che vi sia una corretta gestione della sicurezza a livello aziendale nella miriade d’imprese e microimprese.

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Salute e sicurezza nel lavoro al tempo del Recovery Plan e della “riforma” del Codice Appalti (1)

Autore: Gino Rubini

Alcune settimane  fa un’operaia di 22 anni che lavorava in un’azienda  tessile in Provincia di Prato è morta in un tragico infortunio mortale, straziata dagli ingranaggi  di un macchinario, un orditoio,  verosimilmente  a causa di un impigliamento con parti in movimento della macchina. Un altro lavoratore è stato preso da parti in movimento  di una fresatrice in un’azienda meccanica di Busto Arsizio . Ogni settimana si ripetono situazioni drammatiche di “incidenti” su lavoro con morti e feriti gravi. Questo anno e mezzo circa di pandemia da coronavirus ha indebolito l’attenzione sociale rispetto al fenomeno dei morti e feriti  da incidenti sul lavoro. 

Gli ultimi eventi tragici, in un momento di allentamento  della “morsa” della pandemia hanno “risvegliato” l’attenzione dei media su questa tragedia cronicizzata e persistente.

Da dove deriva questa anomalia italiana che ci vede primi in questo triste primato degli incidenti sul lavoro tra i paesi europei industrializzati ?

Dalla Direttiva quadro europea  391.89 molti passi avanti sono stati fatti sia per il miglioramento normativo sia per la crescita di un comparto professionale specialistico della consulenza tecnica che offre alle imprese anche di piccole dimensioni prestazioni di supporto per la valutazione e la gestione dei rischi .  Nel contempo , sempre in ragione di normative tecniche europee ( vedi Direttiva macchine agg.2020 ) e dei sistemi di gestione sicurezza e relative certificazioni  le aziende, anche piccole, hanno a disposizione  macchine e sistemi di gestione che dovrebbero garantire una sicurezza anti infortunistica eccellente.

Nei fatti, dal punto di vista formale, il nostro sistema produttivo è allineato sia per le norme sia per le metodologie gestionali  dei rischi agli altri stati membri dell’Unione Europea. Cerchiamo allora di capire perché abbiamo un fenomeno “infortunistico” grave sia per diffusione sia per gravità degli eventi.

Esaminiamo i   “pilastri” che garantiscono che vi sia una continuativa e corretta valutazione e gestione dei rischi da parte delle imprese.

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Luana e tanti altri

Autore: Claudio Calabresi

Fonte: SNOP.IT 

Come un fiume carsico, riemerge puntualmente in questi giorni la questione dell’insicurezza sul lavoro, portata prepotentemente all’attenzione dei media e delle comunità da una serie di drammatici infortuni sul lavoro che hanno travolto in rapida sequenza vite giovani e meno giovani, in un momento nel quale….molte energie sono concentrate nella “ripresa produttiva” dopo il lungo periodo di crisi legata alla pandemia: per vari aspetti, un brusco risveglio dalla speranza – come si dice – di uscire dal tunnel ma anche, purtroppo, nulla di nuovo. Colpisce la banalità delle dinamiche, che si ripetono sempre uguali oggi come nel passato, segnate dai ritmi di produzione, dagli orari di lavoro, dalla precarietà, dall’organizzazione della produzione e dal timore di perdere il lavoro o la commessa.

Come sempre accade in queste occasioni, la soluzione più invocata è quella dell’aumento dei controlli nei luoghi di lavoro. Chi quotidianamente si occupa di salute e sicurezza sul lavoro sa bene però che il problema non è solo quello dei controlli (e, semmai, della loro efficacia), certamente necessari, ma che non possono da soli portare ad un risultato stabile: un risultato che potrebbe conseguire solo ad un cambiamento che investa il sistema produttivo e l’intera società, che restituisca priorità alla salute come diritto fondamentale sul lavoro, che renda inconcepibile pensare un lavoro disgiunto dalla salute e dalla sicurezza, e la salute sul lavoro come tema separato dalla sicurezza.

E certamente a questo obiettivo deve essere in grado di contribuire un sistema pubblico di prevenzione rafforzato e arricchito di tutte le professionalità necessarie ad assumere un ruolo di supporto nei confronti della miriade di micro e piccole imprese che costituiscono la gran parte del tessuto produttivo del nostro Paese.

Non possiamo che ripetere anche in questa occasione considerazioni che da troppi anni andiamo facendo.

Riportiamo qui una più ampia riflessione in merito di Claudio Calabresi.

Anna Maria Di Giammarco

 

 

Qualche domanda, poche risposte

Ogni volta che ci sono morti un po’ meno anonimi, per vari motivi, l’effetto mediatico è improvvisamente imponente.  È naturale, e in parte va anche bene, che almeno ci sia periodicamente un effetto di risveglio generale dopo episodi così dolorosi.

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GB.Rivelato come le agenzie di collocamento disoneste stanno sfruttando la crisi COVID

Le agenzie di collocamento operano al centro di quasi tutte le professioni chiave dei lavoratori, impiegando circa un milione di lavoratori nel Regno Unito . È stata a lungo un’industria piena di sfruttamento, comprese le truffe di reclutamento, il mancato pagamento e persino la schiavitù moderna.

Ma secondo SAFERjobs, un ente di beneficenza che aiuta i lavoratori dell’economia flessibile, il picco della disoccupazione causato dalla pandemia COVID-19 viene capitalizzato dai criminali. L’ente di beneficenza ha registrato un aumento del 66% dei reclami su truffe e sfruttamento da parte delle agenzie di collocamento da quando il Regno Unito è entrato in blocco.

Rachel Keane, 25 anni, è diventata disoccupata all’inizio del blocco dopo che un’offerta di lavoro è stata ritirata. Ha subito caricato il suo CV online e si è candidata a oltre 50 ruoli, dal portiere di cucina all’addetto alle pulizie e al negozio.

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Nuovo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro: la mancanza di lavoro e l’insufficienza di lavoro adeguatamente retribuito colpisce quasi mezzo miliardo di persone

Fonte ILO.ORG

La mancanza di lavoro dignitoso, unita all’aumento della disoccupazione e alla persistenza delle disuguaglianze, sta rendendo sempre più difficile crearsi una vita migliore attraverso il lavoro, come emerge dall’ultima edizione del rapporto mondiale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sulle tendenze occupazionali e sociali nel mondo.

GINEVRA (Notizie OIL) — Secondo il nuovo rapporto, quasi mezzo miliardo di persone lavora meno ore retribuite di quanto vorrebbe o non ha accesso adeguato al lavoro retribuito.

Il rapporto sulle Prospettive occupazionali e sociali nel mondo: Tendenze 2020 (WESO) (World Employment and Social Outlook: Trends 2020 – WESO ) mostra che nel 2020 la disoccupazione dovrebbe aumentare di circa 2,5 milioni . La disoccupazione a livello globale è stata pressoché stabile negli ultimi nove anni, ma il rallentamento della crescita economica implica che all’aumentare della forza lavoro a livello globale  non corrisponda un incremento tale di posti di lavoro  da  assorbire i nuovi ingressi  nel mercato del lavoro.

L’ARTICOLO PROSEGUE ALLA FONTE  ILO.ORG

Prospettive occupazionali e sociali nel mondo: Tendenze 2020 – Sintesi del rapporto (in italiano)  [pdf 436KB] 

La Cgil porta Deliveroo in tribunale. Il rider Antonio Prisco: “Non può decidere un algoritmo se posso ammalarmi o no”

 

Fonte Fortebraccionews

I Riders fanno sul serio e a Bologna promuovono un’azione legale per condotta discriminatoria contro un gigante mondiale del cibo a domicilio. Alla base della causa l’utilizzo dell’algoritmo ‘Frank’: per il sindacato emargina i lavoratori che, per motivi personali legati a diritti come la malattia e lo sciopero, non si rendono continuativamente disponibili al lavoro. Antonio Prisco è uno dei protagonisti di questa lotta: 36 anni, rider per Deliveroo impegnato da tempo con la Cgil per cercare di mettere ordine in un mondo che sembra strutturato proprio per disaggregare i lavoratori e comprimerne i diritti.

Come nasce la causa di Bologna e quanti sono i lavoratori coinvolti?

La causa vede coinvolti tutti i lavoratori italiani sfruttati da Deliveroo. Alcuni tra noi compariranno anche come testimoni, lo faranno anche per altri colleghi, che specialmente al Sud sono ancora più ricattati dalla scarsità di lavoro e preferiscono non esporsi. Quello che combattiamo è un sistema simile al caporalato delle campagne E’ la prima volta che in Europa si intenta una causa del genere.

Che aspettative avete? Davide riuscirà a battere Golia?

In alcuni lander tedeschi sono state intentate cause simili ma non sono arrivate in giudizio perchè sono state regolate prima dalle nuove leggi sul lavoro. Non sappiamo se riusciremo a vincere ma ce la stiamo mettendo tutta

Possiamo quindi sfatare il luogo comune che vede il sindacato lontano dalle nuove forme del lavoro?

Oggi si, oggi i lavoratori della gig economy si avvicinano e il sindacato deve continuare a parlare con nuove parole. Abbiamo riscontri importanti in tante città, non solo Bologna e Firenze ma anche Napoli, Palermo o Catania.

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Antonio e altri rider incontrano Landini

Come si sta evolvendo questo mondo, cosa dobbiamo aspettarci?

Il sistema di sfruttamento del lavoro della Gig Economy si sta, se possibile, estremizzando. Pensa alle Virtual Kitchen , ristoranti che non esistono nella realtà ma fanno solo consegne, alle agenzie di Cleaning che ti vengono a ripulire casa o ancora peggi oalla commistione di piattaforme tipo Air B&B con piattaforme di Concierge. Tutte persone che vengono pagate poco sfruttate da un padrone digitale che non si fa vedere come ‘Frank’, un algoritmo che decide se domani lavoro oppure no.

Che ne pensi della nuova legge?

E’ confusa e frammentata e viene da vent’anni di leggi sul lavoro che almeno a mio parere non si possono accettare è l’ennesima accezione al ribasso dei diritti. La legge farà esplodere tutte le contraddizioni di un sistema che riguarda 850mila persone, noi i Riders siamo solo il 3% di questa grande platea, ma almeno noi sappiamo chi ci sfrutta, ce lo abbiamo scritto sulle spalle mentre pedaliamo in giro per le città

Ti sei esposto di persona in questa lotta, pentito? 

Io sono figlio di una generazione che vive un malessere generalizzato per mancanza di sicurezza sociale, pochi riescono a percepirlo e ancor meno sanno come aiutarci. Io sono figlio di un epoca in cui ti devi accontentare, specialmente se vieni dal Sud, di vivere per pochi spicci. Non riesco a contestare i miei fratelli, i miei compagni che lavorano 7 ore per 60euro ancora senza diritti, che rischiano la pelle sulle strade e non hanno nessun diritto; ma quanto è bello sentirli a un certo punto capire cosa significa avere diritti e sentirli lottare per quei diritti.

Lorenzo Serio

RIDER: NEL LAZIO LA PRIMA LEGGE A TUTELA DEI LAVORATORI DIGITALI

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FONTE REGIONE LAZIO 

Approvata nel Lazio la prima legge in Italia a tutela dei lavoratori digitali. La legge riguarda non solo i rider, i fattorini che consegnano cibo a domicilio, ma una più vasta platea di lavoratori la cui attività è organizzata da app. Nel Lazio i lavoratori digitali sono migliaia, 7 mila sono impiegati dalle piattaforme di food delivery

20/03/2019 – Approvata nel Lazio la prima legge in Italia a tutela dei lavoratori digitali. La legge riguarda non solo i rider, i fattorini che consegnano cibo a domicilio, ma una più vasta platea di lavoratori la cui attività è organizzata da app. Nel Lazio i lavoratori digitali sono migliaia, 7 mila sono impiegati dalle piattaforme di food delivery.

La legge è composta da tre capitoli e quindici articoli. Il testo:

  • riconosce la tutela dei lavoratori in caso di infortunio sul lavoro e malattie professionali;
  • assicura la formazione in materia di sicurezza;
  • dispone a carico delle piattaforme l’assicurazione per infortuni, danni a terzi e spese di manutenzione per i mezzi di lavoro;
  • Introduce norme sulla maternità e sulla previdenza sociale;
  • ribadisce il rifiuto del compenso a cottimo e introduce un’indennità di prenotazione nel caso in cui il mancato svolgimento dell’attività di servizio non dipenda dalla volontà del lavoratore.

Per la definizione della paga base e premialità si rimanda alla contrattazione collettiva, superando l’attuale situazione in cui sono esclusivamente i datori di lavoro a dettare le condizioni economiche.