Fonte Il Manifesto in rete
di Maurizio Mazzetti che ringraziamo
Chi in qualche modo si è occupato di sicurezza sul lavoro, o ha ricevuto la relativa formazione, si sarà imbattuto, specialmente se diciamo non più giovanissimo, in una elencazione dei possibili rischi lavorativi (diretti, o presenti nell’ambiente di lavoro anche se non toccanti tutti i lavoratori, cosiddetti rischi ambientali) quale quella seguente:
- rischi fisici (es. da contatto con la corrente elettrica, rumori, temperature troppo alte o molto basse)
- chimici (es. contatto con acidi, vapori, gas tossici)
- biologici (virus, batteri, altri agenti morbigeni)
- infortunistici (es. inciampare/scivolare sul pavimento, martellarsi un dito, tagliarsi con la motosega, essere investiti da un muletto)
- da organizzazione del lavoro (ad esempio, turni, orari, modalità di svolgimento della prestazione, tempi di esecuzione e pause, rapporti con il pubblico)
Superata o meno che sia la suddetta elencazione, l’evoluzione tecnologica degli strumenti produttivi, e, parallelamente, quella organizzativa della produzione, hanno condotto ad una domanda di accrescimento qualitativo della prestazione lavorativa, cui sempre più richiede partecipazione, iniziativa, problem solving, esattezza, autodiagnosi e correzione degli errori, relazione con colleghe/i e/o clienti/utenti. Si può ben dire che aziende ed organizzazioni sempre più richiedono a chi lavora una prestazione non tanto fisica, ma sempre più psichica: se un tempo lavoratrici e lavoratori vendevano forza fisica in cambio della retribuzione, oggi sempre più vendono la loro intelligenza e le proprie capacità mentali, e le proprie capacità e competenze. Come conseguenza, l’attenzione al rischio da organizzazione del lavoro è cresciuta; peraltro, sia il D. Lgs. 626/1994, sia il vigente Testo Unico TU 81/2008, (articoli 17, 28 e 29) pongono esplicitamente in capo al datore di lavoro quello di valutare “tutti i rischi”. Continua a leggere “Nuovi rischi lavorativi: stress lavoro correlato e rischi psicosociali”