E’ disponibile online il numero di maggio 2024 della Rivista Lavoro e Salute .
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Selezione di notizie, informazioni, documenti, strumenti per la promozione della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita. Diario Prevenzione è online dal 1996. Progetto e realizzazione a cura di Gino Rubini
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Dal 1978, data della sua fondazione, al 2019 il SSN in Italia ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell’aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i Paesi ad alto reddito. Ma oggi i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali. Questo accade perché i costi dell’evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del PIL (meno di vent’anni fa).
Il pubblico garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il pubblico arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato. Progredire su questa china, oltre che in contrasto con l’Art.32 della Costituzione, ci spinge verso il modello USA, terribilmente più oneroso (spesa complessiva più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni). La spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e l’autonomia differenziata rischia di ampliare il divario tra Nord e Sud d’Italia in termini di diritto alla salute.
È dunque necessario un piano straordinario di finanziamento del SSN e specifiche risorse devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali. La allocazione di risorse deve essere accompagnata da efficienza nel loro utilizzo e appropriatezza nell’uso a livello diagnostico e terapeutico, in quanto fondamentali per la sostenibilità del sistema. Ancora, l’SSN deve recuperare il suo ruolo di luogo di ricerca e innovazione al servizio della salute.
Parte delle nuove risorse deve essere impiegata per intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni, e uno su tre è stato costruito prima del 1940. Ma il grande patrimonio del SSN è il suo personale: una sofisticata apparecchiatura si installa in un paio d’anni, ma molti di più ne occorrono per disporre di professionisti sanitari competenti, che continuano a formarsi e aggiornarsi lungo tutta la vita lavorativa. Nell’attuale scenario di crisi del sistema, e di fronte a cittadini/pazienti sempre più insoddisfatti, è inevitabile che gli operatori siano sottoposti a una pressione insostenibile che si traduce in una fuga dal pubblico, soprattutto dai luoghi di maggior tensione, come l’area dell’urgenza. È evidente che le retribuzioni debbano essere adeguate, ma è indispensabile affrontare temi come la valorizzazione degli operatori, la loro tutela e la garanzia di condizioni di lavoro sostenibili. Particolarmente grave è inoltre la carenza di infermieri (in numero ampiamente inferiore alla media europea).
Da decenni si parla di continuità assistenziale (ospedale-territorio-domicilio e viceversa), ma i progressi in questa direzione sono timidi. Oggi il problema non è più procrastinabile: tra 25 anni quasi due italiani su cinque avranno più di 65 anni (molti di loro affetti da almeno una patologia cronica) e il sistema, già oggi in grave difficoltà, non sarà in grado di assisterli.
La spesa per la prevenzione in Italia è da sempre al di sotto di quanto programmato, il che spiega in parte gli insufficienti tassi di adesione ai programmi di screening oncologico che si registrano in quasi tutta Italia. Ma ancora più evidente è il divario riguardante la prevenzione primaria; basta un dato: abbiamo una delle percentuali più alte in Europa di bambini sovrappeso o addirittura obesi, e questo è legato sia a un cambiamento – preoccupante – delle abitudini alimentari sia alla scarsa propensione degli italiani all’attività fisica. Molto va investito, in modo strategico, nella cultura della prevenzione (individuale e collettiva) e nella consapevolezza delle opportunità ma anche dei limiti della medicina moderna.
Molto, quindi, si può e si deve fare sul piano organizzativo, ma la vera emergenza è adeguare il finanziamento del SSN agli standard dei Paesi europei avanzati (8% del PIL), ed è urgente e indispensabile, perché un SSN che funziona non solo tutela la salute ma contribuisce anche alla coesione sociale.
Firmato:
Ottavio Davini, Enrico Alleva, Luca De Fiore, Paola Di Giulio, Nerina Dirindin, Silvio Garattini, Franco Locatelli, Francesco Longo, Lucio Luzzatto, Alberto Mantovani, Giorgio Parisi, Carlo Patrono, Francesco Perrone, Paolo Vineis
In Italia una delle più grandi conquiste della Repubblica è il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che ha contribuito significativamente a migliorare prospettiva e qualità di vita e a ridurre le disuguaglianze socioeconomiche.
Negli ultimi decenni, in un contesto di marcato miglioramento delle condizioni generali di salute della popolazione mondiale, l’Italia si caratterizza per il maggior incremento – tra i Paesi ad alto reddito – dell’aspettativa di vita, passata da 73,8 a 83,6 anni tra il 1978 (che è l’anno di creazione del SSN) e il 20191. Ma se segnali preoccupanti si percepivano già prima del 2019, dopo la pandemia molti dati dimostrano che il sistema presenta inequivocabili segni di crisi: frenata o arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente – e talora insostenibile – di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali, per citare solo i problemi più importanti.
Quali sono le cause principali? L’inarrestabile evoluzione tecnologica, con il conseguente incremento dei costi, l’invecchiamento della popolazione e il mutamento degli scenari delle malattie, congiuntamente all’inflazione e alle difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato circa il 6,2% del PIL2, meno di quanto (6,5%) accadeva 20 anni fa. Oltre al divario tra costi crescenti e finanziamento decrescente e a un carico di inefficienza e inappropriatezza, manca un vero dibattito sul nesso tra sostenibilità e diritto alla salute.
I Servizi Sanitari universalistici come quello italiano sono stati colpiti duramente dalla crisi economica del 2009, e in alcuni casi (Grecia, Spagna, Portogallo) hanno ridimensionato grandemente il ruolo del pubblico a favore del privato (con una conseguente crescita della spesa sanitaria direttamente a carico dei cittadini)3. Dal sistema pubblico viene ancora garantita a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per un’altra parte dell’assistenza (visite specialistiche, accertamenti diagnostici, piccola chirurgia) la popolazione è costretta a rinviare gli interventi o indotta a ricorrere al privato e alle assicurazioni. Progredire su questa china, oltre a essere contrario al dettato costituzionale (Art. 32)4, potrebbe portarci verso il modello USA, che è chiaramente il più oneroso (spesa media più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni)5,6. Noi crediamo che i cittadini non vogliano scegliere questo scenario. >>>
Dopo il decreto di integrazione sollecitato dalle numerose lettere, CIIP sollecita le istituzioni lamentando la scarsa rappresentanza dei servizi territoriali e la perdurante asimmetria nei confronti di salute e sicurezza sul lavoro.
In allegato il Decreto della ex DG Prevenzione Sanitaria e la lettera della CIIP nel merito delle scelte fatte.
Per scaricare i files allegati vai alla fonte >>> Clicca QUI
Il “volantone” che spiega le richieste di Cgil Uil in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in vista della manifestazione a Roma il 20 aprile .
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Fonte : Disuguaglianze di Salute che ringraziamo
Sono stati recentemente pubblicati due lavori relativi, l’uno, alla mortalità infantile in Italia e, l’altro, alle morti improvvise in Piemonte. Nell’articolo Mortalità infantile in Italia (1) attraverso l’analisi dell’andamento della mortalità neonatale (0-28 giorni), post-neonatale (29-365 giorni) e infantile (0-365 giorni), in Italia, dal 2016 al 2020, si esplorano le disuguaglianze geografiche, si valutano le differenze tra figli di genitori italiani e stranieri, si rilevano le principali cause di morte.
In Italia, nel 2020, il tasso di mortalità neonatale è stato di 1,76 decessi per 1.000 nati vivi. I bambini nati al Sud, indipendentemente dall’essere italiani o stranieri, mostrano un tasso di mortalità infantile superiore di circa il 70% rispetto ai residenti nel Nord (2,34 contro 1,35 per 1.000 mille).
I bambini stranieri, rispetto agli italiani, mostrano un tasso di mortalità infantile superiore del 55% per quasi tutte le cause di morte, in particolare, nelle morti precoci, per condizioni perinatali e nascite pretermine e, per quelle più tardive, per malattie metaboliche e malformazioni congenite. Tali drammatiche disuguaglianze territoriali sarebbero più elevate se il Sud avesse la stessa presenza di stranieri del Nord Italia.
Il nuovo Report Sorveglianza Morti Improvvise (2) è stato pubblicato a 10 anni di distanza dal precedente (3) e analizza i dati derivanti dalla sorveglianza su tali decessi avvenuti in Piemonte negli anni 2004-2020.
Gli elementi utili all’indagine vengono registrati tramite una modalità di raccolta attiva: segnalazione precoce dell’evento, intervento tempestivo del referente sul luogo al fine di effettuare un primo incontro con i genitori e raccogliere dati fondamentali (la storia dell’evento di morte, le condizioni del bambino prima del decesso, eventi significativi nei giorni e nelle ore antecedenti l’evento, anamnesi familiare, caratteristiche del luogo in cui il bambino è stato ritrovato). Vengono eseguiti rilievi fotografici ed esame del cadavere, autopsia, analisi anatomo-patologiche ed eventuali indagini genetiche, tossicologiche.
Dall’anno 2004 all’anno 2020 si sono verificati in Piemonte 1610 decessi di bambini residenti in età 0-2 anni, con un tasso di mortalità totale di 2,72 per 1.000 nati vivi (inferiore a quello europeo di 3,2 per 1000 nati vivi nel 2021): al termine di tutte le analisi 127 decessi sono stati classificati come improvvisi e non spiegati (tasso di mortalità specifica pari a 0,21 per 1000 nati vivi, tra i più bassi a livello europeo ed internazionale).
I decessi per morte improvvisa mostrano un picco fra il primo ed il sesto mese di vita e avvengono soprattutto nei mesi invernali (per tutti i 1610 decessi) verosimilmente per concausa di agenti infettivi.
Tra i fattori di rischio si confermano: il neonato in posizione diversa da supina, la condivisione del letto, l’esposizione a fumo di sigaretta, il fumo in gravidanza e l’ipertermia; tra i fattori socio economici il fatto che la madre sia nubile/divorziata/ non convivente e una condizione socio economica modesta.
Un articolo del Dott. Mauro Valiani che ringraziamo per questo importante contributo
Si potrebbe pensare che quello della prevenzione sia un argomento troppo specifico, a petto della dura condizione che caratterizza il welfare dei paesi occidentali, che ci siano fenomeni e temi più pesanti da trattare. In verità questo orientamento non è adeguato. Siamo nel 45esimo anno della legge 883/78 istitutiva del servizio sanitario nazionale. Una svolta storica che metteva in prima linea proprio il tema della prevenzione, individuale e soprattutto collettiva. In verità, anche oggi, senza rinnovate strategie per la ‘produzione di salute’ e protezione dell’ambiente sarà ben difficile qualsiasi rilancio della sanità pubblica e, più in generale, del nostro paese. Le valutazioni che seguono riflettono la specifica situazione toscana, ma molti elementi possono essere considerati anche in chiave nazionale.
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Come sempre con articoli e inchieste interessanti è scaricabile il numero di novembre 2023 di Lavoro e Salute.
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Pandémie de Covid-19, guerre en Ukraine, guerre entre Israël et le Hamas, attentats terroristes, assassinats d’enseignants, crise climatique, intensification du rythme scolaire et de travail – la santé mentale des jeunes, exposés à ces évènements violents, semble au plus bas et a rarement autant été un objet de débat public.
Que sait-on réellement des difficultés psychologiques des adolescents et jeunes adultes en France ? Quels sont les groupes les plus à risque ? Quelles peuvent être les raisons de cette dégradation ? Que faire pour que les choses s’améliorent ?
Grâce à un appareil statistique robuste, la santé mentale des collégiens et des lycéens en France est documentée depuis plus de 20 ans. Mais la plupart de ces données restent méconnues du grand public.
L’étude Enclass, qui fait partie du dispositif d’enquête européen Health and Behavior in School-Aged Children (HBSC) et qui a interrogé environ 11 000 jeunes a montré qu’en 2018, 32 % des élèves de 4e et 3e étaient à risque de dépression, en particulier les filles (41 % vs. 23 % des garçons). Respectivement 13 % et 5 % des filles et des garçons avaient des symptômes nécessitent des soins.
Matthew Smith, Professor in Health History, University of Strathclyde
This article is republished from The Conversation under a Creative Commons license. Read the original article.
When BBC journalist Rory Carson sought online consultations for a potential mental health issue, three private clinics diagnosed him with attention deficit hyperactivity disorder (ADHD). They charged between £685 and £1,095 for these consultations, which lasted between 45 and 100 minutes, and all prescribed him medication.
ADHD is a highly controversial disorder which emerged in the US in the late 1950s during the cold war, and quickly became associated with stimulant drugs such as Ritalin. Now diagnosed throughout the world, ADHD is central to many debates about neurodiversity.
While Carson’s Panorama investigation into its treatment attracted plenty of criticism, the fact that this disorder could apparently be diagnosed quite casually online is concerning. When he subsequently had a more rigorous (but free) three-hour, in-person consultation with an NHS psychiatrist, he was told that he did not, in fact, have ADHD.
Across the world, we’re seeing unprecedented levels of mental illness at all ages, from children to the very old – with huge costs to families, communities and economies. In this series, we investigate what’s causing this crisis, and report on the latest research to improve people’s mental health at all stages of life.
Society’s increasing awareness of mental health issues and demand for mental health support has been driven, in part, by social media and easier access to information online. While this is no bad thing in many ways, the related increase in self-diagnosis (including among children and adolescents) is clearly open to abuse by some organisations offering costly diagnoses and treatments.
But there is another reason for this rapid growth in private mental healthcare. In England alone, the NHS spends around £2 billion per year on private hospital care for mental health patients – equating to 13.5% of its total mental health spend. Due to the reduction in NHS bed provision, nine out of ten privately-run mental health beds are now filled by NHS patients.
While the UK government says it is committed to spending more money on mental health, private investment companies are reportedly queuing up to “seize the opportunities offered up to them by the NHS crisis”. Private providers say they can do more to help avert a mental health emergency exacerbated by the COVID pandemic, yet a dozen of the 80-odd privately-run mental health hospitals in England were rated as “inadequate” in the Care Quality Commission’s latest report, which has warned of possible closures.
E’ disponibile on line il numero di giugno 2023 Lavoro e Salute . Per scaricare il file pdf della Rivista Clicca QUI
The Medicare wars are back, and almost no one in Washington is surprised.
This time it’s Democrats accusing Republicans of wanting to maim the very popular federal health program that covers 64 million seniors and people with disabilities. In the past, Republicans have successfully pinned Democrats as the threat to Medicare.
Privatocrazia: oltre il mantra della parità pubblico-privato in sanità è l’eloquente titolo di un convegno organizzato dall’Istituto Mario Negri di Milano lo scorso 6 febbraio, e che ha affrontato con nettezza la contraddittorietà di un sistema sanitario nato pubblico nel 1978 e poi scivolato in una problematico condominio con la sanità privata, che in regioni come la Lombardia ha decisamente preso il sopravvento su una controparte pubblica via via più debole e impoverita. La fondamentale legge 833 del 1978 aveva fatto dell’Italia un avamposto dell’applicazione del costituzionale diritto alla salute nel mondo intero, sancendo l’universalità della copertura del Servizio sanitario nazionale.
In questo momento, il nostro sistema sanitario è ancora effettivamente universale. Tuttavia, alcuni principi stanno venendo meno, come quello per il quale tutti i cittadini devono essere curati nello stesso modo. Non è così, in un’Italia dove non solo permangono, ma si acuiscono, disparità di assistenza tra regione e regione così gravi da portare a una differenza di 13 anni di vita in salute tra chi abita in Alto Adige e chi abita in Calabria.
Anche la globalità delle prestazioni erogate è ormai messa in discussione: la gamma delle prestazioni in capo al servizio sanitario è molto ampia nel testo di legge ma, nella realtà, i LEA (livelli essenziali di assistenza) che avrebbero dovuto essere il “pavimento” sotto il quale non bisognava scendere, sono ora una chimera irraggiungibile in molte situazioni nazionali: LEA e LEP (livelli essenziali di prestazioni) sono ormai diritti esigibili per prestazioni non disponibili, in termini di presenza regionale, di tempi d’attesa e di qualità non sufficiente. Infine, i ticket sanitari sono differenziati per regione, pur su LEA identici.
a cura di Gino Rubini
In questa puntata parliamo di :
– Il nostro sistema sanitario è arrivato stremato all’appuntamento con la pandemia. Debilitato da anni di continui tagli, di blocco degli organici e di attacchi al servizio pubblico ….
– Tetto pagamento in contanti: un provvedimento che aumenta i rischi di aggressioni, rapine ad esercenti, taxisti, benzinai…
– INAIL . Analisi dei rischi lavorativi nelle lavanderie industriali
– Come gli stati stanno usando la guerra in Ucraina per guidare una nuova corsa agli armamenti? Rapporto TNI
– Il Consiglio Nazionale Geologi analizza la tragedia di Ischia e propone azioni per il futuro
– Scandalo Qatargate, dal 2018 si sapeva della strage di lavoratori impegnati nella costruzione degli impianti per il Mondiale….
Fonte : Salute Internazionale che ringraziamo
Autore : Marco Geddes da Filicaia
Se i Governi Conte/Draghi avevano di fatto eliminato la sanità pubblica dal tetto delle priorità, con il Governo Meloni la musica non cambia, la tendenza si conferma e, per alcuni aspetti, si accentua. Stanno scippando al popolo italiano una delle più importanti conquiste sociali – l’istituzione di un servizio sanitario pubblico, universale e gratuito – e nessuno protesta.
Il nostro sistema sanitario è arrivato stremato all’appuntamento con la pandemia. Debilitato da anni di continui tagli, di blocco degli organici e di attacchi al servizio pubblico (vedi A mani nude). E di riflesso si era levata una prepotente, unanime, richiesta «Mai più tagli al nostro Servizio sanitario nazionale!». Si era ipotizzato un investimento di 30 miliardi di euro per rimettere in piedi il settore che con la pandemia aveva dimostrato essere il punto di maggiore fragilità del sistema, quello dei servizi territoriali. Ma a questi, alla fine, arriveranno solo briciole dalla torta del PNRR e quasi niente per il personale. A proposito di personale, non è stato rimosso neppure il vincolo che, dal 2011, impediva alle Regioni di spendere più di quanto esse avevano speso nel 2004 (meno 1,4%). I Governi Conte/Draghi hanno di fatto eliminato la sanità pubblica dal tetto delle priorità.
Con il Governo Meloni la musica non cambia, la tendenza si conferma e, per alcuni aspetti, si accentua. Il disegno di legge sul bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e sul bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025 non comporta, come evidenziato da molteplici fonti fra cui l’Ufficio parlamentare di Bilancio, alcun potenziamento del servizio sanitario. Anzi, diciamolo chiaramente, questo provvedimento si colloca in uno scenario complessivo di smantellamento del nostro SSN; la metafora della rana bollita, cioè di un indebolimento lento affinché non emerga consapevolezza e contestazioni, sta oltrepassando velocemente (o lo ha già superato?) il punto di non ritorno[1]. Questo non solo perché il finanziamento nel 2023 in termini assoluti cresce solo di 526 milioni rispetto al 2022 (a fronte di un aumento di spesa, stimato dalla FIASO, di 500 milioni solo per il caro energia) [2], ma, per quanto si delinea per il successivo biennio, prevedendone una riduzione in termini assoluti, che porta il finanziamento al 6.1% rispetto al Pil (Tabella 1).
In questo fascicolo del 12 dicembre molti articoli interessanti in fattispecie sul destino del Servizio Sanitario Nazionale che con l’attuale governo è destinato ad essere ulteriormente definanziato e impoverito con un crescente dirottamento degli utenti alle prestazioni sanitarie offerte dal settore privato … in convenzione e/o a…pagamento. Un percorso che dovrebbe essere contrastato con molta decisione, ma …..
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Nota di Editor
Prendiamo dalla newsletter della Organizzazione Mondiale della Sanità ( WHO ) questo articolo che riporta in sintesi i contenuti del Rapporto ” Italian Health Equity Status Report Initiative (IHESRi)”. Lo studio è stato effettuato prima del cambio di governo. Molte indicazioni contenute nel Rapporto hanno un valore molto importante per il miglioramento delle condizioni di salute della popolazione nel medio periodo. Il superamento delle diseguaglianze sanitarie richiederebbe un superamento delle diseguaglianze sociali che stanno invece accentuandosi.La traduzione in italiano è stata effettuata, per facilitare la lettura con google translator. Per un uso professionale del testo si raccomanda la versione originale in lingua inglese |
Un aumento dei casi di Covid mostra che è urgente un piano invernale per Covid, ha affermato il sindacato dei servizi sanitari UNISON. Commentando i dati ufficiali rilasciati il 7 ottobre, che mostravano che i decessi in Inghilterra sono aumentati di quasi il 10% nella settimana fino al 1 ottobre e i test positivi sono aumentati di oltre il 21%, l’assistente segretario generale dell’UNISON Jon Richards ha dichiarato: “L’inverno sta arrivando e il virus sta mettendo in scena un ritorno. Eppure il governo non sembra avere un piano. A meno che non vengano presi provvedimenti urgenti, i casi aumenteranno e le scuole, gli ospedali, le case di cura e altri servizi pubblici chiave rimarranno privi del personale di cui hanno bisogno per funzionare”. Ha aggiunto: “Riportare i test gratuiti è un must in modo che le persone non portino involontariamente il virus al lavoro, a scuola o al pub. Un sistema di indennità di malattia adeguata in cui tutti, indipendentemente da dove lavorino, ottengono la paga completa quando anche i poveri sono in ritardo da tempo”.
Statistiche sul coronavirus del governo britannico . Comunicato stampa UNISON .
Secondo uno studio del governo del Regno Unito, quasi un britannico su sette prova ansia per la settimana a venire, soprannominata “la paura della domenica”, con lo stress da lavoro il fattore scatenante più comune. La ricerca dell’Office for Health Improvement and Disparities ha anche rilevato che il 53% delle persone si sente ansioso di lavorare di persona, rispetto al 6% delle persone che si sente ansioso di lavorare a casa. Le paure raggiungono il picco subito dopo le 17:00 di domenica, mentre i pensieri si spostano sulla settimana a venire con le ricerche di Google sulla tristezza che aumentano, poiché molte persone cercano aiuto. La nuova ricerca, commissionata dall’OHID, ha rilevato che nel complesso il 67% dei britannici soffre spesso di ansia di domenica.
Comunicato stampa DHSC e campagna Every Mind Matters . L’Osservatore . Notizie del cielo .Posta quotidiana .
Altre notizie seguono alla fonte RISKS TUC 1063
Prot.0303216_2022_P. 5 CSR Atto Rep. n. 142 27lug2022
Per scaricare il file pdf del testo dell’Accordo CLICCA QUI
Riteniamo per davvero importante l’Accordo tra Governo, Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulle indicazioni operative per le attività di controllo e vigilanza.
E’ molto importante perchè:
- è un accordo sancito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri
- stabilisce regole per il coordinamento nella programmazione e nell’attività delle Regioni/ASL e dell’INL
- stabilisce che le circolari con indirizzi operativi e procedurali siano emanati congiuntamente da INL e Regioni
- impegna il Ministero Salute a percorsi di formazione sia per ASL che per INL.
E’ un primo passo in avanti per dare forma organizzativa e coordinata alle attività di controllo in materia di salute e sicurezza nel lavoro. Auspichiamo che le indicazioni contenute in questo accordo siano rispettate e attuate , per quanto di competenza, anche dal prossimo esecutivo.
Accordo, ai sensi degli articoli 2, comma 1, lettera b) e 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulle “Indicazioni operative per le attività di controllo e vigilanza ai sensi dell’art.13 del decreto legislativo 81/2008, come modificato dal decreto legge 21 ottobre 2021, n.146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n.215, recante le Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”.
La Regione Lazio si è dotata di una Legge per la Promozione della Salute e della Sicurezza sul Lavoro. L’esigenza di una norma che stabilisca compiti, ruoli e funzioni della Regione , delle Regioni è più che mai sentita dopo il percorso confuso con il quale si è arrivati all’approvazione della Legge 215/2021.
L.R.-11_2022-Promozione-salute-e-sicurezza-sul-lavoro18327Per scaricare il file clicca QUI
Fonte : Sicurezzainternazionale.info
Autore : Benedetto Saraceno
Abbiamo bisogno di una narrazione che trasformi la visione del finanziamento per la salute da una spesa ad un investimento in una società sana. Il Manifesto del Council on the Economics of Health for All
Il 23 novembre del 2020 il direttore generale della Organizzazione Mondiale della Salute, Tedros Ghebreyesus, ha istituito il Council on the Economics of Health for All. Si tratta di un organismo consultivo che ha come missione principale quella di ripensare al modo in cui il valore della salute e del benessere viene misurato, prodotto e distribuito in tutta l’economia.
Il Council dovrà formulare raccomandazioni sui modi di orientare l’economia verso obbiettivi di costruzione di società sane, giuste, inclusive, eque e sostenibili. Come avrebbe detto il generale De Gaulle: “un vasto programma”. Forse troppo vasto per un piccolo gruppo di economisti ed esperti di salute pubblica, anche se composto da figure eminenti della accademia più impegnata e progressista. Il Council, costituito da sole donne e con una età media piuttosto giovane, è presieduto dalla economista italo americana Mariana Mazzuccato, professore dell’University College London e fondatrice-direttrice dell’Institute for Innovation and Public Purpose. Nel 2020 la Mazzuccato ha fatto parte del gruppo di lavoro istituito dall’allora presidente del consiglio Conte, denominato “Piano Colao” e, in seguito, è stata nominata Consigliere di Amministrazione di ENEL.
Tavola rotonda in diretta web organizzata dall’o.d.v.
“Scienza Medicina Istituzioni Politica Società”,
in collaborazione con LAB – I Dialoghi della Bolognina.
mercoledì 18 maggio h.21
INTERVENTI
La formazione per la prevenzione, com’è e come dovrebbe essere
Giovanni Leonardi, Agenzia nazionale della Sanità pubblica della
Gran Bretagna
La formazione dei medici per far fronte ai rischi sanitari ambientali e climatici
Claudio Lisi, Coordinatore GdL Ambiente e Salute” della Federazione Nazionale di Ordine dei Medici-Chirurghi e Odontoiatri
L”Università e Ambiente e Salute: Ricerca, Formazione e Terza Missione
Maria Pia Fantini, Direttrice della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università di Bologna
Le proposte della Task Force Ambiente e Salute del Ministero della salute
Margherita Ferrante, Docente di Sanità Pubblica, Università di Catania
La formazione dei medici del territorio e la prevenzione primaria ambientale
Roberto Romizi, Presidente di “Medici per l”Ambiente, ISDE”
Prima e dopo il Covid: una prevenzione mancata, quella climatica
Ugo Mazza, Associazione “Meglio così, Solare qualità urbana”, Bologna
COORDINAMENTO
Paolo Lauriola, Coordinatore “Rete Italiana Medici Sentinella per l”Ambiente” (FONMCeO-ISDE).Co-autore del libro “E dopo il Covid…? Proteggere
la salute e l’ambiente per prevenire le pandemie e altri disastri” Edizioni Intra, Pesaro 2022
Sicurezza e salute sul lavoro per gli operatori sanitari
La pubblicazione congiunta incoraggia i paesi a rafforzare la protezione degli operatori sanitari migliorando la gestione della salute e sicurezza sul lavoro a livello nazionale, subnazionale e delle strutture sanitarie.
Fonte: ILO
Intervento della Dott.ssa Susanna Cantoni
Martedì 25 gennaio 2022 ore 18.00
Iniziativa pubblica a cura del Movimento culturale per la difesa e il miglioramento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)
Dove va la sanità lombarda?
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In questo numero molti articoli importanti, ricerche e analisi sui destini della sanità pubblica, sulla salute e sicurezza nel lavoro, sulla scuola
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Gli ampi determinanti sociali della cattiva salute mentale richiedono un approccio olistico a livello europeo.
“Non era depressione, era capitalismo”—un’immagine con queste parole è apparsa di recente su uno striscione durante una manifestazione studentesca a Santiago del Cile, collegando i problemi di salute mentale che ci turbano con le loro radici sistemiche.
La pandemia ha messo in evidenza l’importanza della salute mentale per la qualità della vita e il benessere dei cittadini, nonché i deficit strutturali nell’assistenza tra i sistemi sanitari pubblici in Europa. Da marzo 2020, secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, la prevalenza di ansia e depressione è aumentata e, in alcuni paesi come Belgio e Spagna, è addirittura raddoppiata.
Questi deficit esistevano tuttavia prima della pandemia e non possiamo negare i loro legami con le politiche di austerità che hanno colpito l’Europa dopo il 2008. Il virus si è semplicemente riflesso, come in uno specchio gelido, una realtà che ci ha frenato per anni , in cui non vanno sottovalutati i fattori politici.
di Dagmar Rinnenburger
Fonte : Saluteinternazionale.info che ringraziamo
Il mondo no-vax è variegato. Ci sono i complottisti e ci sono gli impauriti. Ma non ti aspetteresti che a Roma un manipolo di medici no-vax dia l’assalto all’Ordine.
Due clienti in un bar di Sao Paolo guardano il telegiornale, davanti a un bicchiere di birra. Siamo nel novembre del 2021; le notizie parlano di una situazione drammatica in Germania per la diffusione pandemica del coronavirus. Incredulo, uno dice all’altro: “Ma è vero quello che sta succedendo in Germania?“; e l ‘altro: ” Sì, quei matti non si fanno vaccinare!”. L’aneddoto è stato riportato in un articolo del settimanale “Der Spiegel” per raccontare del successo della campagna vaccinale in Brasile (1). Per il Brasile, che ha seppellito più di 600.000 morti con un picco di decessi ad aprile 2021, l’esitazione e il rifiuto di vaccinarsi di un paese ricco come la Germania, che aveva tutto l’arsenale dei vaccini a disposizione, era incomprensibile. I brasiliani si sono vaccinati contro l’opinione del loro leader politico Bolsonaro, che a lungo ha negato il Covid. Come i portoghesi, erano convinti che il vaccino li avrebbe salvati. Gli abitanti di Sao Paolo sono fieri del loro successo vaccinale e nelle strade si vedono bandiere con la scritta “capitale del mondo del vaccino”. Vogliono tornare alla normalità, lavorare, festeggiare il carnevale.
Il Decreto Legge 146/21 recentemente convertito in Legge 215/21 contiene alcune importanti novità in materia di sicurezza del lavoro che hanno dato e stanno dando vita a numerosi dibattiti e prese di posizione. Novità che non mancheranno di ricadute soprattutto negli assetti istituzionali.
Tra le testimonianza richiamo la lettera aperta che alcuni “preventori”, tra i quali la sottoscritta, hanno indirizzato al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Salute, al Ministro del Lavoro, al Presidente della Conferenza delle Regioni, lettera sottoscritta da più di 1000 firmatari, nella quale sono state espresse perplessità e critiche.
In aggiunta, quale “preventore” di lunga data (ho dato il mio contributo alla nascita degli SMAL dove poi ho cominciato a lavorare proseguendo tutta la mia vita professionale nei Servizi di prevenzione delle ASL) desidero porre alcune domande a chi ha dato vita alle modifiche dell’assetto istituzionale, pensate, a mio avviso, troppo frettolosamente, senza un aperto confronto con tutte le istituzioni coinvolte e con i professionisti che tutti i giorni operano sul campo, come per dare, comunque sia (“a prescindere” direbbe Totò), un segnale di interesse al problema degli infortuni sul lavoro.
AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
AL PARLAMENTO ITALIANO
AI GRUPPI PARLAMENTARI
AI PARTITI POLITICI
AI MEZZI DI COMUNICAZIONE
ALLE CITTADINE E AI CITTADINI
Davanti al crescere e propagarsi in Italia e in Europa dei livelli di infezioni e ricoveri ospedalieri da Coronavirus ci sentiamo in dovere di appellarci alle Autorità dello Stato e, nel medesimo tempo, alle Cittadine e ai Cittadini che non intendono accedere alla vaccinazione anti-Covid richiamando alcuni dati di realtà che, vistosamente incalzanti, potrebbero riportare il nostro Paese nel pieno delle tragiche e note conseguenze socio-sanitarie.
Queste le osservazioni:
– le vaccinazioni coprono ormai oltre l’80% della popolazione italiana;
– il vaccino esenta dall’ammalarsi gravemente in misura di circa il 90% e del 98% dal ricovero in Reparti di terapia intensiva, dall’intubazione e dall’exitus;
– ad oggi il vaccino costituisce l’unica misura efficace contro infezione e malattia da Covid, insieme a distanziamenti personali, uso di mascherine certificate e di soluzioni alcoliche per le mani;
– il vaccino non è scevro da rischi, e questo vale per tutti i farmaci e le azioni diagnostico-terapeutiche, i quali sono infinitamente bassi rispetto ai gravi rischi che l’infezione virale comporta;
– il vaccino riduce gradualmente la propria efficacia dopo 6-7 mesi dalla sua completa inoculazione;
– la guarigione dall’infezione conferisce un’immunità, per efficacia e durata, simile a quella raggiunta dalla vaccinazione;
– gli oltre 7 milioni di Cittadini di non vaccinati in Italia favoriscono la diffusione del virus, la crescita di varianti e l’affollamento di Ospedali, rallentando i percorsi diagnostico-terapeutici per urgenze e malattie cronico-degenerative e neoplastiche;
– la mobilità fra Paesi europei favorisce la diffusione virale;
– la nostra Costituzione fonda il suo baricentro sul Bene comune pur prevedendo il dissenso e la libertà personale di rifiutare azioni diagnostico-terapeutiche;
– la vaccinazione rappresenta oggi l’attuazione del Bene comune, in assenza di una legge che la imponga.
Queste le proposte:
– fornire da subito a tutta la cittadinanza informazioni chiare e puntuali su rischi e vantaggi della vaccinazione;
– fornire da subito a tutta la cittadinanza informazioni chiare e puntuali sulla situazione pandemica con dati analitici su tassi d’infezione, ricoveri ospedalieri, mortalità e guarigioni in vaccinati e non vaccinati e per classi d’età;
– semplificare e accelerare a grandi passi su acquisizioni e somministrazioni delle terze dosi di vaccino;
– rilanciare le regole prudenziali di distanziamento personale, uso di mascherine certificate, anche all’aperto in luoghi di transito e affollati, disinfezione delle mani;
– controllare con meticolosità coloro che giungono sul suolo italiano;
– escludere i non vaccinati dall’ingresso in luoghi e mezzi di trasporto pubblici e privati, che costituiscano forme di aggregazione civile, e organizzare efficaci controlli in questo senso.
Grazie per l’attenzione e cordiali saluti
O.d.V.: “SCIENZA MEDICINA ISTITUZIONI POLITICA SOCIETA’ “
sito: www.smips.org e-mail: smips1@libero.it
Le prime firme :
Francesco Domenico Capizzi, presidente SMIPS, Bologna; Adriano Prosperi, Scuola Normale di Pisa; Vincenzo Balzani, Università di Bologna; Francesco Corcione, Università di Napoli; Giancarla Codrignani, docente, politica e giornalista, Bologna; Daniele Menozzi, Scuola Normale di Pisa; Marzia Faietti, già direttrice degli Uffizi, ricercatrice Kunsthistorisches Institut, Firenze; Gabriella Galletti, segretaria SMIPS, Bologna; Giancarlo Gaeta, Università di Firenze; Francesca Isola, vice-presidente SMIPS, Bologna; Giuseppe Giliberti, Università di Urbino; Gianpaolo Bragagni, dirigente medico, Bologna; Marina Marini, Università di Bologna; Bruna Bocchini Camaiani, Università di Firenze; Francesco Di Matteo, giurista, Bologna; Giuseppe Cucchiara, chirurgo, Roma; Elda Guerra, storica, Bologna; Franco Favretti, chirurgo, Vicenza; Claudia Rizzi, dirigente medico, Bologna; Lucia Migliore, Università di Pisa; Adriana Destro, Università di Bologna; Gino Rubini, esperto di sicurezza sul lavoro, Bologna; Ugo Mazza, politico, Bologna; Giovanna Facilla, dirigente scolastica, Bologna; Renzo Tosi, Università di Bologna; Carlo Hanau, presidente del Tribunale della salute OdV, Bologna; Ildo Tumscitz, psicoterapeuta, Bologna; Mauro Pesce, Università di Bologna; Monica Bini, docente, Bologna; Marilia Sabatino, dirigente scolastica, Bologna; Maria Teresa Cacciari, docente, Bologna; Davide Peretti Poggi, pittore, Bologna; Giuseppe Bartolotta, medico, Rimini; Luciano Fogli, dirigente medico, Bologna; Anne Drerup, docente, Bologna; Michele Del Gaudio, magistrato, Torre Annunziata; Graziella Di Cicca, orafa, Rimini; Amedeo Alonzo, chirurgo, Novara; Sergio Boschi, dirigente medico, Bologna; Giorgio Dragoni, Università di Bologna; Alessandra Ferretti, docente, Bologna; Daniele Capizzi, dirigente medico, Bologna; Paolo Rebaudengo, presidente di Olivettiana APS, Bologna; Vincenzo Frusci, dirigente medico, Melfi; Domenico B. Poddie, medico vaccinatore volontario, Ravenna; Enzo Lucisano, Università di Bologna; Margherita Venturi, Università di Bologna; Silvia Lolli, docente, Bologna; Aldo Bacchiocchi, avvocato
Per aderire all’Appello inviate l’adesione a smips1@libero.it
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< foto in licenza CC4 wikimedia >
Fonte DORS.IT che ringraziamo
La pandemia di COVID-19 ha esacerbato i problemi di salute mentale, che hanno già colpito milioni di persone, con un impatto che probabilmente si farà sentire negli anni a venire. In un incontro di vertice organizzato dall’OMS/Europa e dal governo della Grecia, i ministri e i rappresentanti dei paesi della regione europea dell’OMS hanno inviato un messaggio forte sull’importanza di dare priorità alla salute mentale nel processo di recupero.
In una dichiarazione innovativa adottata durante il vertice, i ministri hanno riconosciuto l’impatto sulla salute mentale del COVID-19 e hanno chiesto maggiori investimenti nei servizi di salute mentale e l’inserimento del supporto per la salute mentale al centro dell’agenda di recupero post COVID-19.
Autore : Giuseppe Leocata Fonte : Saluteinternazionale.info
Ringraziamo l’Autore e Saluteinternazionale
Per tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro è necessario ricostruire una cultura collettiva e condivisa, che oggi è decisamente in crisi.
Scrivere delle morti sul lavoro nel nostro Paese non è semplice e non è sufficiente fermarsi al mero elenco dei dati forniti dall’Inail, reperibili sul sito dell’Istituto e che possono risultare di difficile lettura e comprensione, in relazione alle modalità di accadimento dei singoli eventi, ai periodi in cui essi sono avvenuti, alla situazione sociale ed economica nelle diverse regioni. Le logiche di chi ha elaborato le statistiche possono differire da quelle di chi le legge e la comprensione può dipendere anche dall’uso che si vuole fare dei numeri.
Prendiamo dal sito Salute Internazionale questo articolo di Gavino Maciocco : condividiamo appieno l’analisi sullo stato dell’arte e sulle prospettive del SSN. Ringraziamo Gavino Maciocco e Salute Internazionale per l’eccellente lavoro svolto . Editor
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È in atto – aggravato dalla pandemia – un processo di privatizzazione, e insieme di impoverimento, del SSN. Un processo silenzioso e per questo ancora più insidioso perché sottratto al pubblico dibattito, nel disinteresse (apparente) della politica e nel silenzio assordante del Ministro della salute.
“Il Servizio sanitario nazionale è arrivato impreparato all’appuntamento con Covid-19, penalizzato da anni di de-finanziamento, di tagli dei posti letto e del personale e da politiche che hanno inciso negativamente sulla tenuta dei servizi territoriali e di prevenzione. Ha mostrato le sue debolezze e fragilità.
Rapidamente si è sviluppato un generale consenso politico sulla necessità di rafforzare il servizio sanitario nazionale. Ma passata la fase acuta della pandemia, la sanità è ben presto tornata a occupare la parte bassa della classifica delle priorità̀ del paese.
La conferma che non fosse in vista alcun rafforzamento del SSN è arrivata già lo scorso aprile quando il Governo ha reso note le previsioni di andamento della spesa sanitaria pubblica. Se dal 2017 al 2020 questa percentuale era rimasta ferma al 6,6% del PIL (tra le più basse in Europa), impennandosi al 7,3% nel 2021 a causa delle spese Covid, la tendenza programmata negli anni successivi mira decisamente al ribasso: 6,7% nel 2022; 6,6% nel 2023 e addirittura 6,3% nel 2024.
Autore: Cesare Cislaghi
Fonte : Scienza in rete che ringraziamo
L’efficacia del Green Pass non sta nella certezza dell’assenza di contagiosità bensì nella drastica riduzione della sua probabilità. Con alcuni conti semplificati, in questo articolo l’epidemiologo Cesare Cislaghi mostra come il Green Pass possa contribuire a raggiungere qualcosa di simile all’immunità di gruppo. Sarebbe però pericoloso, osserva, se portasse a delle vere e proprie discriminazioni sociali: è importante che ci si limiti a forme sanzionatorie, che non costituiscano una sostanziale discriminazione di alcuni gruppi basata solo sulle loro opinioni e non sui loro comportamenti.
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