Connessioni 10. Green Deal , emergenza climatica e i risultati delle elezioni europee

 

Connessioni 10

13 giugno 2024

Fatti, eventi, report di ricerca e dati per capire meglio cosa succede nel campo della prevenzione e della salute negli ambienti di vita… e di lavoro.  

 

In questo numero della rubrica Connessioni proponiamo articoli e documenti che prendono in esame le strategie d’intervento per affrontare il cambio climatico con particolare riferimento ai risultati delle elezioni europee che cambieranno alcuni equilibri all’interno del PE e della futura Commissione. La comunità scientifica condivide da tempo , in relazione ai dati di ricerca, la preoccupazione per scenari molto critici derivanti dagli effetti del cambiamento climatica. Rispetto a queste preoccupazioni la Commissione Europea uscente nel 2019 ha varato il progetto Green Deal che contiene una serie di misure anche drastiche per ridurre le emissioni di CO2 atmosfera, per convertire la produzione di energia con fonti fossili, petrolio, carbone, metano con fonti rinnovabili.

Rispetto al Progetto Green Deal si  sono opposti da sempre  i negazionisti del problema “riscaldamento climatico”, per loro il problema non esiste. Dai settori economici e produttivi interessati furono avanzate critiche in particolare sulle scadenze prefissate per raggiungere gli obiettivi, ad esempio il fine vita del motore endotermico nel settore automotive fissata per il 2035. E’ palese che la “transizione ecologica” è un processo complesso che apre nuovi problemi nella sostituzione delle tecnologie e introduce turbolenze enormi nelle relazioni sociali. In particolare vi è un nodo politico essenziale che risponde al quesito “ chi paga i costi sociali di questo processo ? “.

I costi sociali dei lavori che scompaiono o si trasformano lasciando sul terreno migliaia di lavoratori senza una transizione ad un altro lavoro. Purtroppo il Progetto Green Deal non offre risposte alle domande su chi pagherà gli impatti di queste strategie. Molte preoccupazioni e paure ben presenti nella società sono state usate dalle forze politiche sovraniste e di destra per scagliare un attacco frontale contro le forze politiche al governo nel PE e nella Commissione raccogliendo consensi che sposteranno gli equilibri come abbiamo già detto.

Cosa farà il nuovo PE e la nuova Commissione uscite dalle elezioni di tre giorni fa del Green Deal e delle misure strategiche in esso contenute?

Segnaliamo alcuni articoli dai quali abbiamo tratto indicazioni e riflessioni importanti.

La CO₂ ci sta uccidendo lentamente? Va bene, i gradualisti non hanno fretta” di

Aurélien Boutaud , Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica (CNRS)

In questo articolo viene rappresentato da Aurelien Boutaud un vasto repertorio di studi economici di orientamento neo classico o neo liberista che sono orientati al gradualismo.

Le politiche ambientali ispirate al gradualismo dal 1990 in poi sono state catastrofiche, riportiamo dall’articolo : “ ….Dopo quasi trent’anni di politiche climatiche influenzate gradualmente, i risultati di questa strategia sono catastrofici. Gli impegni internazionali assunti nel 1997 nel quadro del Protocollo di Kyoto si basavano sull’anno 1990. Da quella data, le emissioni annuali di CO 2 , che rappresentano la stragrande maggioranza delle emissioni di gas serra di origine umana, sono aumentate di 14 miliardi di tonnellate, un aumento del 62% . Ciò equivale a un aumento medio delle emissioni di quasi 0,5 miliardi di tonnellate di CO 2 ogni anno. In termini di volume annuo, questa crescita è addirittura superiore a quella registrata negli ultimi trent’anni (0,43 miliardi di tonnellate all’anno). Ciò significa che non solo le emissioni non sono diminuite, ma hanno continuato a crescere, e in volumi ancora maggiori….”

Le alleanze delle varie destre che hanno sempre osteggiato i dati dei Report degli scienziati e negato l’emergenza climatica metteranno mano al Green Deal svuotandone le azioni più importanti per ridurre le emissioni .

Quali saranno le forze politiche e sociali che avranno il coraggio di mettere in discussione gli orientamenti gradualistici in materia? Riportiamo ancora dall’articolo di Boutaud : “… Negli anni ’90 gli economisti svilupparono equazioni che tendevano a sostenere le loro stesse certezze. William Nordhaus ha così sviluppato un modello teorico che pretende di dimostrare che costerà meno alle generazioni future adattarsi ai cambiamenti climatici che alle generazioni attuali combatterli. Intitolato “DICE” , questo modello raccomanda una riduzione modesta e graduale delle emissioni, che porterebbe ad un riscaldamento “ottimale” di… 4°C! Ricercatori un po’ dispettosi hanno anche dimostrato che, prendendo di mira un riscaldamento di 12°C, il modello DICE prevedeva comunque un risultato economico positivo  ! Siamo quindi rassicurati: la vita sulla Terra può scomparire, poiché la crescita sarà salvata. E le provocazioni degli ambientalisti non avranno impedito che questa manifestazione all’insegna del gradualismo venisse acclamata dalla confraternita degli economisti: nel 2018, mentre l’IPCC pubblicava il suo rapporto più allarmante, la Banca di Svezia assegnava il “Premio Nobel per l’economia” a …William Nordhaus: il papa del gradualismo climatico…..”

Vedremo dalle prossime mosse della Commissione che verrà designata quali saranno gli orientamenti in materia di cambiamento climatico. In ogni caso , in ragione dei nuovi rapporti di forza le nuove generazioni di europei rischiano di vivere i prossimi decenni molto, ma molto caldi….

Sempre per restare in argomento segnaliamo anche questo articolo : “ Quasi la metà dei giornalisti che si occupano di crisi climatica è stata minacciata

dall’articolo : “

L’indagine globale condotta da Internews’ Earth Journalism Network (EJN) e dall’Università di Deakin, che ha coinvolto oltre 740 reporter e redattori di 102 paesi, ha rivelato che il 39% dei giornalisti minacciati “a volte” o “frequentemente” è stato preso di mira da persone coinvolte in attività illegali come disboscamento e estrazione mineraria. Circa il 30% è stato minacciato con azioni legali, riflettendo una tendenza crescente delle aziende e dei governi ad utilizzare il sistema giudiziario per limitare la libertà di espressione.

Per concludere questa puntata di Connessioni segnaliamo anche l’eccellente lavoro :

ADATTAMENTO AL CALORE SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO E DIALOGO SOCIALE IN EUROPA”, una brochure che contiene indicazioni e metodologie per ridurre l’esposizione dei lavoratori agli effetti del cambio climatico.

Altri riferimenti utili

ETUI Il Green Deal europeo non lascia indietro nessuno? Esplorare l’intersezione tra genere, età, disabilità e status di migrante

Il troppo caldo uccide e lo farà sempre di più

L’accordo COP28 salva le chiacchiere diplomatiche, ma non il clima

 

Fonte ETUI  che ringraziamo

Il  controverso vertice COP28 di Dubai si è concluso con il consueto  compromesso diplomatico che alcuni salutano come “storico” e “l’  inizio della fine dell’era dei combustibili fossili”, mentre altri sottolineano le “promesse vuote”, le scappatoie e i “greenwashers” (come cattura e stoccaggio del carbonio) nel testo finale. Niente di nuovo sotto il sole, ecco. 

Naturalmente, si potrebbe sostenere che il tabù di menzionare i combustibili fossili come problema sia stato finalmente superato, ma la frase “transizione” nel testo finale non è certamente così forte come la frase “eliminazione graduale” dell’UE e di altri paesi. i paesi desiderati in primo luogo. 

Anche se il phasing out fosse stato incluso nelle conclusioni, cosa avrebbe significato per il VERO elefante nella stanza – gli stili di vita “eccessivi” della maggior parte delle persone nei paesi sviluppati e, in particolare, l’impatto ecologico del “modo in cui della vita” dell’1% più ricco?

Per un’ampia copertura dei risultati del vertice sul clima di quest’anno, leggi questo lungo articolo  di Carbon Brief .

Quello che pensa veramente il presidente della COP28 Al Jaber riguardo all’accordo ottenuto può essere trovato in questo  articolo del The Guardian .

Per una visione più sfumata sulla complessità di “lasciarsi alle spalle i combustibili fossili”, leggi questa interessante  analisi del giornalista di Byline Times Nafeez Ahmed .

Bilancio della COP28: tredici osservazioni

 

FONTE : CLIMATE & CAPITALISM

La dichiarazione finale della debacle di Dubai menzionava i combustibili fossili, ma non prometteva nulla

La 28a Conferenza delle Parti della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici si è conclusa il 13 dicembre con un accordo dell’ultimo minuto che menziona i combustibili fossili, ma promette poca o nessuna azione. Con oltre 90.000 persone registrate, tra cui oltre 2.400 lobbisti dell’industria dei combustibili fossili, si è trattato, come hanno commentato molti osservatori, di una debacle nel deserto.

In un’intervista con Reuters, Greta Thunberg ha affermato che il testo finale della conferenza “è inefficace e non è nemmeno lontanamente sufficiente a mantenerci entro il limite di 1,5 gradi. È una pugnalata alle spalle per i più vulnerabili.”

Il seguente riassunto è stato preparato da Carbon Brief, un sito web con sede nel Regno Unito che tratta la scienza del clima, ma anche la politica climatica e la politica energetica. Per maggiori dettagli, consulta il loro rapporto approfondito sui risultati chiave della COP28.


Via i fossili: quasi 200 paesi hanno deciso di aiutare il mondo a rinunciare ai  combustibili fossili”, come parte del “bilancio globale” deciso alla COP28, secondo . L’accordo “invita[ndr]” tutti i paesi a contribuire, utilizzando il linguaggio giuridico delle Nazioni Unite più debole possibile per chiedere un’azione. Eppure anche questo obiettivo è stato conquistato a fatica, poiché una precedente bozza di accordo aveva lasciato del tutto facoltativa l’azione sui combustibili fossili.Riepilogo approfondito degli interventi di Carbon Brief

Dove vanno i finanziamenti? Il bilancio richiedeva anche di triplicare le energie rinnovabili, raddoppiare l’efficienza energetica e “ridurre sostanzialmente” le emissioni di metano, il tutto entro il 2030. Questi obiettivi hanno raggiunto quattro dei cinque obiettivi “pilastri” per mantenere l’1,5°C a portata di mano, stabiliti dall’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) in vista della COP28. Il cruciale quinto pilastro – il finanziamento per i paesi in via di sviluppo, che avrebbe potuto sbloccare maggiori ambizioni altrove – era in gran parte mancato.

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Hard-fought COP28 agreement suggests the days of fossil fuels are numbered – but climate catastrophe is not yet averted

Shutterstock

Matt McDonald, The University of Queensland

As negotiators stagger towards their beds in Dubai and another year’s climate talks come to a close, it’s time to take stock. Did COP28 achieve the big breakthrough the world needs on climate change?

Probably not. But the final agreement – met with an ovation – includes a first call for nations to transition away from fossil fuels. It’s a step short of a commitment to phasing the fuels out, as some delegates had pushed for. But the development suggests the days of fossil fuels are numbered.

The overriding question the world now faces is whether the broad commitments nations agreed to are enough as climate change gathers pace. The answer, alarmingly, is no.

UAE: controversial hosts

This year’s talks were controversial from the start.

The role of oil man Sultan Al Jaber as COP28 president fuelled concerns about the hosting role of the United Arab Emirates – a country with significant interests in sustaining a fossil fuel economy. Then came reports Al Jaber had questioned the scientific rationale for phasing out fossil fuels to tackle climate change, amid reports of fossil fuel trade negotiations on the sidelines of negotiations).

On top of this, unprecedented numbers of fossil fuel lobbyists and geoengineering advocates attended the talks. This did not create the ideal conditions for action on climate change.

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Risolvere la crisi climatica significa porre fine alla nostra dipendenza dalla crescita economica

Source: Open Democracy

 

Fonte Znetwork  che ringraziamo 

 

 

Ma la decrescita nel Nord del mondo non funzionerà se non sarà accompagnata da risarcimenti per il Sud del mondo

I leader mondiali arriveranno ora a Dubai per la COP28 , dove discuteranno su come accelerare la spinta globale verso l’energia pulita.

E con il Nord del mondo responsabile del 92% delle emissioni di anidride carbonica in eccesso a livello mondiale o del 74% dell’uso di materiali in eccesso (metà del quale viene estratto nel Sud del mondo), è chiaro che l’attuale crisi ecologica è responsabilità delle economie industrializzate che sedersi attorno al tavolo.

La fonte del problema risiede nello stesso sistema economico che dà priorità alla crescita economica, al profitto e all’accumulo di ricchezza rispetto al benessere delle persone e del pianeta. Il cieco perseguimento di una crescita economica esponenziale ha dato impulso al processo decisionale economico. Ma la crescita economica esponenziale comporta un’estrazione esponenziale e un approfondimento esponenziale delle disuguaglianze.

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Una fuga di notizie mostra che gli Emirati Arabi Uniti hanno pianificato di utilizzare i colloqui sul clima della COP28 per concludere accordi sui combustibili fossili

Fonte Znetwork.org

Gli Emirati Arabi Uniti, che ospitano la conferenza sul clima COP28 delle Nazioni Unite di quest’anno, hanno segretamente cospirato per utilizzare l’incontro globale come luogo per concludere accordi sui combustibili fossili con altri paesi e fare pressioni per petrolio e gas, rileva un’indagine schiacciante.

Secondo quanto riferito  dal Center for Climate Reporting  (CCR) e  dalla BBC , Sultan al-Jaber – che è sia presidente della COP28 che amministratore delegato della compagnia petrolifera statale degli Emirati Arabi Uniti, Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC) – ha cercato di utilizzare la conferenza come un’opportunità per aumentare le esportazioni di petrolio e gas di ADNOC. Al-Jaber ha trascorso gli ultimi mesi incontrandosi con leader globali e aziendali, con almeno un paese che avrebbe dato seguito a una discussione sugli affari legati all’ADNOC.

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Condizioni di lavoro deplorevoli per i lavoratori che lavorano alla ristrutturazione degli edifici COP28

 

Fonte Hesamail  che ringraziamo 

Un sondaggio condotto dalla ONG britannica FairSquare evidenzia le deplorevoli condizioni di lavoro dei lavoratori impegnati nella ristrutturazione degli edifici della COP28 a Dubai.

L’indagine  mostra che i lavoratori migranti hanno lavorato a 42°C e sotto un sole cocente all’inizio di settembre per ristrutturare gli edifici dell’Expo City a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. Sono queste le premesse che accoglieranno capi di Stato, rappresentanti e media durante la COP28, dal 30 novembre al 12 dicembre.

Originari dell’Africa e dell’Asia meridionale, i 20-30 lavoratori coinvolti trasportavano carichi pesanti in condizioni di caldo estremo e umidità elevata in periodi in cui il lavoro non è legale negli Emirati Arabi Uniti. Da una risoluzione ministeriale adottata nel 2022, il lavoro all’aperto è vietato dalle 12:30 alle 15:00 dal 15 giugno al 15 settembre, poiché il caldo è estremo durante l’estate. Le violazioni sono supportate dalle testimonianze raccolte dai ricercatori e da prove visive che potranno essere consultate da Le Monde . I lavoratori affermano che hanno dovuto superare i rischi nonostante il dolore affinché le strutture fossero pronte entro la fine di novembre. “La settimana scorsa pensavo che sarei morto per ogni secondo trascorso fuori, ma devi avere uno stipendio”, dice uno di loro.

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COP28: a year on from climate change funding breakthrough, poor countries eye disappointment at Dubai summit

Lisa Vanhala, UCL

At the COP27 summit in Sharm El-Sheikh, Egypt, an agreement to establish a loss and damage fund was hailed as a major breakthrough on one of the trickiest topics in the UN climate change negotiations. In an otherwise frustrating conference, this decision in November 2022 acknowledged the help that poorer and low-emitting countries in particular need to deal with the consequences of climate change – and, tentatively, who ought to pay.

This following year has seen more extreme weather records broken. Torrential rains created flooding which swept away an entire city in Libya, while wildfires razed swathes of Canada, Greece and the Hawaiian island of Maui.

As these events become routine worldwide, the case grows for an effective fund that can be set up quickly and help those most vulnerable to climate change. But after a year of talks, the fund has, so far, failed to materialise in the way that developing countries had hoped.

I’m writing a book on UN governance of loss and damage, and have been following the negotiations since 2013. Here’s what happened after the negotiators went home and what to watch out for when they return, this time at COP28 in Dubai.

Big questions

Many questions were raised and left unresolved in Sharm El-Sheikh. Among them: who will pay into this new fund? Where will it sit? Who will have power over it? And who will have access to the funding (and who won’t)?

A transitional committee with 14 developing country members and 10 developed country members was appointed by the UN to debate these questions after COP27. The committee has met regularly over the last year, but at its fourth meeting at the end of October – scheduled as the last session – important questions surrounding the fund, such as who should host and administer it, remained. Discussions broke down without an agreement.

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