La Fortezza Europa automatizzata: non c’è posto per i diritti umani

Segnaliamo questo articolo pubblicato sul sito ALGORITHMWATCH

Autore :  Fabio Chiusi che ringraziamo 

 

 

 

Negli ultimi dieci anni 29.000 persone sono morte nel Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere l’UE. Si potrebbe pensare che l’UE volesse che questa tragedia finisse e che gli scienziati di tutta Europa stessero lavorando febbrilmente per far sì che ciò accadesse con le tecnologie più recenti. È vero il contrario: con l’aiuto della cosiddetta Intelligenza Artificiale si stanno innalzando muri digitali, finanziati con i soldi dei contribuenti.

Droni, satelliti e altri sistemi di monitoraggio digitale: da decenni le frontiere esterne dell’UE sono state potenziate con tecnologie di sorveglianza all’avanguardia per creare le cosiddette frontiere intelligenti. Ora, gli algoritmi e l’intelligenza artificiale si stanno sempre più aggiungendo al muro.

Il loro sviluppo è finanziato con milioni di euro da programmi di ricerca dell’UE con nomi come  Horizon 2020  o  Horizon Europe . I progetti finanziati si leggono come un catalogo di tecnologie di sorveglianza. Invece di cercare di salvare le persone dalla perdita della vita, hanno messo tutti noi in pericolo.

Non sorprende che la maggior parte delle iniziative siano tenute segrete. Il pubblico non impara quasi nulla su di loro. Le forze dell’ordine e le autorità di frontiera preferiscono non prendersi la briga di fornire informazioni sul loro lavoro. Cercano di evitare un dibattito democratico sulla  ricerca e lo sviluppo  di questo tipo di tecnologia di sorveglianza basata sull’intelligenza artificiale. 

Quando abbiamo chiesto informazioni sui progetti di ricerca in cui si stanno sviluppando tali sistemi, abbiamo ricevuto molte risposte che non ci davano informazioni sostanziali.

L’Agenzia esecutiva europea per la ricerca (REA) ha il mandato della Commissione europea di finanziare e gestire progetti innovativi praticamente in tutti i settori della ricerca, compreso Orizzonte 2020. Tuttavia, la REA non è particolarmente esplicita riguardo ai propri progetti di ricerca.

Avevamo cercato, ad esempio, di ottenere dettagli sulla  “metodologia applicata per la valutazione delle prestazioni del sistema” del progetto ROBORDER attraverso l’accesso alle richieste di informazioni. Inizialmente ci è stato negato in riferimento alla “tutela dell’interesse pubblico in materia di pubblica sicurezza”. Anche l’identità e l’affiliazione delle persone coinvolte nel processo di revisione etica non verrebbero condivise, per proteggere la loro “privacy e integrità”. La REA ha anche citato gli “interessi commerciali” e la tutela della proprietà intellettuale come motivi legittimi per rifiutare la divulgazione: “rendere queste informazioni di dominio pubblico fornirebbe ai concorrenti del consorzio un vantaggio ingiusto, poiché i concorrenti sarebbero in grado di utilizzare queste informazioni commerciali sensibili a loro favore”. Queste ragioni che ci sono state fornite per evitare la divulgazione sono state reazioni comuni a tutte le richieste che abbiamo inviato. Alla fine, però, la REA ci ha fornito informazioni sulla metodologia.

È urgentemente necessaria maggiore trasparenza. ROBORDER mira a sviluppare veicoli senza pilota per pattugliare i confini dell’UE, in grado di operare in sciami. Tali capacità molto probabilmente interesserebbero anche i militari. Infatti, una ricerca di AlgorithmWatch e ZDF Magazin Royale mostra che in un’analisi di mercato condotta nell’ambito del progetto ROBORDER, le “unità militari” sono state identificate come potenziali utenti del sistema. I documenti che abbiamo ottenuto mostrano che i membri del gruppo di ricerca si sono incontrati con potenziali ufficiali della Marina greca per presentare il sistema ROBORDER.

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Fiom Cgil “In gioco la dignità del lavoro e delle persone”

 

Fonte Collettiva che ringraziamo 

 

Assemblea nazionale Fiom Cgil sul Mezzogiorno a Napoli. De Palma: “Al Sud è in atto un processo di dismissione industriale, il governo deve intervenire”

“In questo momento è in discussione la dignità stessa delle persone che per vivere devono lavorare”. Parole nette e decise, quelle del segretario generale Fiom Cgil Michele De Palma, intervenuto ieri (venerdì 24 maggio) all’assemblea nazionale della Fiom Cgil sul Mezzogiorno, dal titolo “Uniti per la dignità. Mezzogiorno bene comune”.

L’ASSEMBLEA NAZIONALE

L’incontro si è svolto a Napoli, ai Quartieri Spagnoli, cui hanno partecipato circa 300 metalmeccaniche e metalmeccanici provenienti da tutta Italia. L’appuntamento è stato alla 14.30 presso la Foqus, Fondazione Quartieri Spagnoli (in via Portacarrese a Montecalvario 69).

Dopo i saluti di Nicola Ricci (segretario generale Cgil Napoli e Campania), sono intervenuti delegate e delegati, Michele De Palma (segretario generale Fiom Cgil), Christian Ferrari (segretario nazionale Cgil), Alberto Fontana (Unione degli studenti universitari Napoli), Maria Teresa Imparato (Legambiente Napoli), Daniele Macheda (segretario Unione sindacale giornalisti Rai), Patrizia Palumbo (presidente associazione Dream Team Donne in rete), Riccardo Realfonzo (docente Università del Sannio) Gianfranco Viesti (docente Università di Bari). Ha coordina Madnak Dan (Rsu Immergas, Reggio Emilia).

 

DE PALMA: IL GRANDE PROBLEMA È LA DISMISSIONE INDUSTRIALE

“Quando le persone sul posto di lavoro muoiono, quando sono ricattate perché hanno contratti in scadenza, quando hanno un salario che non ha il giusto potere d’acquisto per poter fronteggiare l’inflazione che c’è oggi nel Paese, si perde la dignità di donne e uomini”, ha spiegato il leader Fiom: “Noi siamo qui per dire, invece, che ce la vogliamo riprendere. Confindustria e governo devono sapere che siamo determinati, sia dal punto di vista contrattuale sia dal punto di vista sindacale”.

Per Michele De Palma il problema principale del Mezzogiorno è “che il governo pensa di poter affrontare il divario tra Nord e Sud aumentandolo con l’autonomia differenziata, con una legge delega che vuole spezzare la contrattazione. Il governo, invece, deve intervenire a mettere le risorse per gli investimenti e poter fare industria nel Mezzogiorno, che serve per la transizione ecologica e tecnologica, garantendo un futuro all’occupazione”.

Nel suo intervento, il segretario generale Fiom ha posto sottolineato come “i dati Istat evidenzino che nel Mezzogiorno un grande problema è il processo di dismissione industriale. Ci sono le crisi industriali di Jabil e Softlab, per cui chiediamo che sia garantito un futuro produttivo e occupazionale. Stiamo lottando con le lavoratrici e i lavoratori di Industria italiana autobus per mantenere un’azienda strategica per la mobilità attraverso la produzione di autobus in Italia”.

De Palma non ha certo nascosto la sua preoccupazione per le grandi vertenze del Mezzogiorno. “Fino a quando non c’è una missione produttiva per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco, questo è un problema sia per i lavoratori di Stellantis sia per i lavoratori dell’indotto”, ha illustrato: “C’è poi la questione dell’ex Ilva di Taranto, la verità è che senza acciaio non c’è’ futuro industriale nel Paese. Per questo noi cominciamo dal Sud per ricostruire un’idea di politica industriale che dia garanzie ai lavoratori”.

 

La surveillance numérique est omniprésente en Chine. Voici comment les citoyens y font face

 

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Dans le métro de Pékin, des usagers consultent leur téléphone intelligent, où on s’informe, se divertit, échange des messages, personnels et professionnels. Le gouvernement chinois a accès à toutes les données collectées. Comment les citoyens vivent-ils cette surveillance numérique constante?
(Shutterstock)

Ariane Ollier-Malaterre, Université du Québec à Montréal (UQAM)

Pensez-vous souvent aux traces numériques que vous laissez quand vous parcourez le web, achetez en ligne, commentez sur les réseaux sociaux ou passez devant une caméra à reconnaissance faciale ?

La surveillance des citoyens par les États se développe dans le monde entier, mais c’est une réalité de la vie quotidienne en Chine, où elle a des racines historiques profondes.

En Chine, on ne paie presque plus rien en liquide. Des « super-plateformes » rendent la vie facile : on utilise Alipay ou WeChat Pay pour payer un trajet de métro ou de bus, louer un vélo, héler un taxi, faire des achats en ligne, réserver des billets de train et de spectacle, partager l’addition au restaurant ou régler ses impôts et ses factures d’électricité.

Sur ces mêmes plates-formes, on consulte les nouvelles, on se divertit, on échange d’innombrables messages texte, audio et vidéo, personnels et professionnels. Tout ceci est lié au numéro de téléphone de l’utilisateur, lui-même enregistré sous son identité. Le gouvernement a accès aux données collectées par Baidu, Alibaba, Tencent, Xiaomi et autres opérateurs.

Les listes noires (citoyens indignes de confiance), listes rouges (citoyens méritoires) et les systèmes de « crédit social » privés et publics ont fait couler beaucoup d’encre. Pourtant, les travaux récents ont montré que ces systèmes sont encore fragmentés et dispersés sur le plan de la collecte et de l’analyse des données. Ils sont aussi plus artisanaux qu’algorithmiques, avec des processus parfois manuels d’entrée des données et peu de capacités à construire des profils intégrés de citoyens en compilant l’ensemble des données disponibles.

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L’Appello di Amnesty per un immediato cessate il fuoco a tutte le parti in conflitto per porre fine alla sofferenza della popolazione civile

 

Fonte Amnesty 

APPELLO DI AMNESTY 

L’escalation senza precedenti del conflitto tra Israele da un lato e Hamas e altri gruppi armati palestinesi dall’altro sta distruggendo innumerevoli vite.

Gli incessanti bombardamenti israeliani stanno facendo salire in modo impressionante il numero delle vittime civili a Gaza: al momento della pubblicazione di questo appello (30 ottobre) sono almeno 8000, inclusi moltissimi minori. Questa è stata la risposta agli orribili attacchi compiuti in Israele da Hamas e altri gruppi armati palestinesi, che hanno causato circa 1400 morti. Almeno 200 israeliani presi in ostaggio da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi restano in pericolo. I razzi che continuano a essere lanciati contro Israele pongono a rischio la popolazione civile.

L’assedio rafforzato di Israele nei confronti di Gaza ha bloccato l’ingresso di beni fondamentali come acqua, cibo e carburante, costringendo oltre due milioni di abitanti a lottare per la sopravvivenza. La catastrofe umanitaria provocata da 16 anni di blocco illegale di Israele nei confronti della Striscia di Gaza occupata non potrà che peggiorare se i combattimenti non si fermeranno immediatamente.

Tutte le parti in conflitto continuano a commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, compresi crimini di guerra.

Di fronte a questa devastazione e a questa sofferenza senza fine, deve prevalere l’umanità.

Firma la nostra petizione e sollecita i leader mondiali a chiedere un immediato cessate il fuoco a tutte le parti in conflitto e a porre fine alla catastrofe umanitaria in corso a Gaza.Amn

PER FIRMARE ALL’APPELLO VAI ALLA PAGINA DI AMNESTY 

 

Armi chimiche: proteggere l’integrità del divieto globale

 

Fonte:  Human Rights Watch

Prevenire, sopprimere l’uso di gas lacrimogeni sui campi di battaglia

“I governi dovrebbero utilizzare la Conferenza di revisione per rafforzare il divieto di lunga data contro le armi chimiche condannando qualsiasi uso e chiedendo responsabilità per le violazioni”, ha affermato Mary Wareham , direttrice per la difesa delle armi presso Human Rights Watch. “Questi governi dovrebbero sostenere l’integrità del trattato individuando pubblicamente i trasgressori”.

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La salute come diritto universale. Scaduto?

 

Fonte: Saluteinternazionale.info che ringraziamo 

Gianni Tognoni

Gli ultimi 50 anni coincidono con un processo di trasformazione radicale della società: da orizzonte di promozione della universalità dei diritti individuali e collettivi a sistema che vede gli umani come variabile dipendente dai “diritti proprietari”. Una storia narrata dal Tribunale Permanente dei Popoli.

Cosa può dire, a proposito di una salute-sanità la cui situazione di crisi non ha bisogno di ulteriori sforzi diagnostici, la esperienza del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP), una organizzazione con radici certamente non sanitarie, pensata ed istituita negli stessi anni del sistema sanitario nazionale (1976-1979) e con valori molto simili?  L’ ipotesi che guida la risposta alla domanda è molto semplice:  I quasi cinquanta anni trascorsi coincidono con un processo di trasformazione radicale della società: da orizzonte di promozione della universalità dei diritti individuali e collettivi a sistema che vede gli umani come variabile dipendente dai “diritti proprietari”.

Gli anni ‘70 concludono il “trentennio glorioso” che sembrava aver preso sul serio la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Pur con tanti limiti, si chiudeva  il periodo coloniale; la vittoria del Vietnam sugli Stati Uniti  sembrava confermare il realismo dei sogni del ‘68; l’OMS, titolare della traduzione in realtà quotidiane del bene comune, salute e sanità, estende nel 1977 le sue competenze all’ambito critico dell’economia con il rapporto sui farmaci essenziali; la dichiarazione solenne ad Alma Ata mette le  comunità e non le tecnologie come condizione imprescindibile di una sanità coerente con la definizione della salute come indicatore di una vita nella dignità. L’ Italia era divenuta nel frattempo esemplare anche a livello internazionale con le sue lotte-leggi sui diritti del lavoro, della famiglia, dell’autonomia della donna, e la legge 180 cambiava la storia, non solo italiana, della psichiatria: è in questo contesto che nasce la Legge 833 che nel dicembre 1978 sanciva la istituzione del SSN.

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