Etui. Piattaforme digitali per il lavoro e lavoratori migranti

 

FONTE  ETUI.ORG

 

Lavorare per le piattaforme di lavoro è ancora relativamente raro, ma le condizioni di lavoro generalmente inadeguate e l’impatto sul mondo del lavoro sono oggetto di ampio dibattito. Sebbene i dati siano scarsi, vi è un consenso generale sul fatto che i migranti siano sovrarappresentati in questo tipo di lavoro. Le piattaforme potrebbero fornire ai migranti opportunità di lavoro, soprattutto subito dopo l’arrivo, grazie alle barriere all’ingresso relativamente più basse, compresi i requisiti formali, rispetto all’economia tradizionale. Tuttavia, l’ingresso di questi gruppi più vulnerabili in un segmento di posti di lavoro generalmente di scarsa qualità pone gravi sfide in termini di potenziale sfruttamento e di effetti negativi a lungo termine sull’integrazione e sulle prospettive del mercato del lavoro.

La misura in cui le piattaforme fanno affidamento sui migranti e creano le condizioni per lo sfruttamento rispetto ad altri lavoratori è una questione importante con chiare implicazioni politiche. Tuttavia, la mancanza di dati rappresentativi ha finora limitato la comprensione della portata del coinvolgimento dei migranti nel lavoro tramite piattaforma e delle loro condizioni di lavoro in relazione ai gruppi di non migranti.

Questo documento affronta questa lacuna analizzando la presenza dei migranti e i loro modelli di lavoro nell’economia delle piattaforme europee, utilizzando dati transnazionali rappresentativi per 14 Stati membri dell’Unione europea raccolti nel 2021. L’analisi ha tre obiettivi principali. In primo luogo, rivela in che misura i migranti sono effettivamente sovrarappresentati nel lavoro tramite piattaforma e se ciò vale per diversi tipi di piattaforma. In secondo luogo, si esplora se esistono differenze sostanziali tra i lavoratori delle piattaforme migranti e non migranti nelle loro esperienze con l’economia delle piattaforme in termini di guadagni, ore lavorate e utilizzo di una o più piattaforme (multi-apping). In terzo luogo, concentrandosi sulle variazioni tra migranti con caratteristiche diverse, fa luce, principalmente indiretta, sui meccanismi che guidano i migranti verso il lavoro su piattaforma.

Per scaricare il file pdf clicca QUI 

 

La Fortezza Europa automatizzata: non c’è posto per i diritti umani

Segnaliamo questo articolo pubblicato sul sito ALGORITHMWATCH

Autore :  Fabio Chiusi che ringraziamo 

 

 

 

Negli ultimi dieci anni 29.000 persone sono morte nel Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere l’UE. Si potrebbe pensare che l’UE volesse che questa tragedia finisse e che gli scienziati di tutta Europa stessero lavorando febbrilmente per far sì che ciò accadesse con le tecnologie più recenti. È vero il contrario: con l’aiuto della cosiddetta Intelligenza Artificiale si stanno innalzando muri digitali, finanziati con i soldi dei contribuenti.

Droni, satelliti e altri sistemi di monitoraggio digitale: da decenni le frontiere esterne dell’UE sono state potenziate con tecnologie di sorveglianza all’avanguardia per creare le cosiddette frontiere intelligenti. Ora, gli algoritmi e l’intelligenza artificiale si stanno sempre più aggiungendo al muro.

Il loro sviluppo è finanziato con milioni di euro da programmi di ricerca dell’UE con nomi come  Horizon 2020  o  Horizon Europe . I progetti finanziati si leggono come un catalogo di tecnologie di sorveglianza. Invece di cercare di salvare le persone dalla perdita della vita, hanno messo tutti noi in pericolo.

Non sorprende che la maggior parte delle iniziative siano tenute segrete. Il pubblico non impara quasi nulla su di loro. Le forze dell’ordine e le autorità di frontiera preferiscono non prendersi la briga di fornire informazioni sul loro lavoro. Cercano di evitare un dibattito democratico sulla  ricerca e lo sviluppo  di questo tipo di tecnologia di sorveglianza basata sull’intelligenza artificiale. 

Quando abbiamo chiesto informazioni sui progetti di ricerca in cui si stanno sviluppando tali sistemi, abbiamo ricevuto molte risposte che non ci davano informazioni sostanziali.

L’Agenzia esecutiva europea per la ricerca (REA) ha il mandato della Commissione europea di finanziare e gestire progetti innovativi praticamente in tutti i settori della ricerca, compreso Orizzonte 2020. Tuttavia, la REA non è particolarmente esplicita riguardo ai propri progetti di ricerca.

Avevamo cercato, ad esempio, di ottenere dettagli sulla  “metodologia applicata per la valutazione delle prestazioni del sistema” del progetto ROBORDER attraverso l’accesso alle richieste di informazioni. Inizialmente ci è stato negato in riferimento alla “tutela dell’interesse pubblico in materia di pubblica sicurezza”. Anche l’identità e l’affiliazione delle persone coinvolte nel processo di revisione etica non verrebbero condivise, per proteggere la loro “privacy e integrità”. La REA ha anche citato gli “interessi commerciali” e la tutela della proprietà intellettuale come motivi legittimi per rifiutare la divulgazione: “rendere queste informazioni di dominio pubblico fornirebbe ai concorrenti del consorzio un vantaggio ingiusto, poiché i concorrenti sarebbero in grado di utilizzare queste informazioni commerciali sensibili a loro favore”. Queste ragioni che ci sono state fornite per evitare la divulgazione sono state reazioni comuni a tutte le richieste che abbiamo inviato. Alla fine, però, la REA ci ha fornito informazioni sulla metodologia.

È urgentemente necessaria maggiore trasparenza. ROBORDER mira a sviluppare veicoli senza pilota per pattugliare i confini dell’UE, in grado di operare in sciami. Tali capacità molto probabilmente interesserebbero anche i militari. Infatti, una ricerca di AlgorithmWatch e ZDF Magazin Royale mostra che in un’analisi di mercato condotta nell’ambito del progetto ROBORDER, le “unità militari” sono state identificate come potenziali utenti del sistema. I documenti che abbiamo ottenuto mostrano che i membri del gruppo di ricerca si sono incontrati con potenziali ufficiali della Marina greca per presentare il sistema ROBORDER.

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Il 77% dei migliori climatologi ritiene che il riscaldamento globale sarà di 2,5°C

…. e sono inorriditi

 

 

 

Fonte Znetwwork che ringraziamo

“Mi aspetto un futuro semi-distopico con dolore e sofferenza sostanziali per le popolazioni del Sud del mondo”, ha detto un esperto.

Quasi l’80% degli scienziati climatici di alto livello prevede che le temperature globali aumenteranno di almeno 2,5°C entro il 2100, mentre solo il 6% pensava che il mondo sarebbe riuscito a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, secondo un sondaggio pubblicato mercoledì da  Lo ha rivelato il Guardian  .

Quasi tre quarti hanno attribuito l’insufficiente azione dei leader mondiali alla mancanza di volontà politica, mentre il 60% ha affermato che gli interessi aziendali, come quelli dei combustibili fossili, stanno interferendo con il progresso.

“Mi aspetto un futuro semi-distopico con notevole dolore e sofferenza per le popolazioni del Sud del mondo”, ha detto  al Guardian uno scienziato sudafricano . “La risposta del mondo fino ad oggi è riprovevole: viviamo in un’epoca di sciocchi”.

“Ciò che mi ha sconvolto è stato il livello di angoscia personale tra gli esperti che hanno dedicato la propria vita alla ricerca sul clima”.

L’indagine è stata condotta da  Damian Carrington del Guardian , che ha contattato tutti gli esperti che erano stati autori senior di un rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) dal 2018. Su 843 scienziati di cui erano disponibili le informazioni di contatto, 383 ha risposto.

Ha poi chiesto loro quanto pensavano che le temperature sarebbero aumentate entro il 2100: il 77% prevedeva almeno 2,5°C e quasi la metà prevedeva 3°C o più.

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ILO: Incrementare il lavoro dignitoso per i rifugiati e le comunità ospitanti

Fonte ILO 

Il ruolo chiave dell’occupazione nel rafforzare l’autosufficienza dei rifugiati e nel rafforzare la loro protezione è stato discusso al Global Refugee Forum del 2023.

GINEVRA (Notizie dall’ILO) – Il ruolo chiave dell’occupazione e del lavoro dignitoso nella protezione e nell’autosufficienza dei rifugiati e delle comunità ospitanti è stato evidenziato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) in occasione del Forum Globale sui Rifugiati del 2023 che si terrà dal 13 al 15 dicembre.

Il Forum, che si tiene ogni quattro anni, è il più grande raduno internazionale sui rifugiati al mondo. È progettato per supportare l’attuazione pratica degli obiettivi stabiliti nel Global Compact sui rifugiati .

A metà del 2023 si contavano 110 milioni di sfollati forzati in tutto il mondo , 36,4 milioni dei quali erano rifugiati. I delegati al Forum hanno sottolineato l’importanza di affrontare la crescente crisi globale di sfollati collegando le azioni umanitarie con un approccio di sviluppo e costruzione della pace.

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Le basi psicopatogene della criminalizzazione delle persone migranti e della detenzione amministrativa

 

Il numero di Medicina Democratica in uscita è dedicato al tema della salute mentale, anticipiamo per l’attualità questi temi con un articolo sugli effetti della detenzione nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) dei migranti, articolo che verrà pubblicato sul numero successivo e redatto dalla rete Mai più Lager – No CPR.

Da hospes a captivus: le basi psicopatogene della criminalizzazione delle persone migranti e della detenzione amministrativa di NoCPRSalute (Mai più Lager – No ai CPR)*

Per leggere l’articolo in formato .pdf clicca QUI

Crisi climatica: per i poveri ci sono sempre meno soldi per mettersi in salvo

Fonte ASVIS che ringraziamo

di Ivan Manzo

Da uno studio del Potsdam institute for climate impact research: poiché il cambiamento climatico incide anche sui livelli di reddito, i flussi migratori dai Paesi poveri sono aumentati meno di quanto si pensava.    2/2/23

L’aumento di temperatura, che a causa della crisi climatica innescata dall’attività umana continua a macinare record su record, sta generando una serie di impatti su tutte le economie del Pianeta. Sappiamo che i livelli di reddito influenzano i flussi migratori, e sappiamo che con l’aggravarsi del fattore climatico le persone sono più incentivate a spostarsi, dato che in molte zone rischiano la vita a causa della scarsità di risorse. Sul tema c’è però una novità.

Secondo lo studio “More people too poor to move: divergent effects of climate change on global migration patterns”, pubblicato il 17 gennaio da un team del Potsdam institute for climate impact research, il cambiamento climatico ha di sicuro aumentato il tasso di migrazione in tutto il mondo ma, almeno negli ultimi 30 anni, non al ritmo che ci si aspettava.

Il motivo è spiegato da Jacob Schewe, tra gli autori della ricerca: “Il cambiamento climatico riduce la crescita economica in quasi tutti i Paesi del mondo, ma ha effetti molto diversi se si considerano Paesi più poveri e Paesi più ricchi. In sostanza, la migrazione legata al cambiamento climatico è aumentata, ma lo ha fatto in misura minore di quanto ci si sarebbe potuto aspettare. Il motivo è amaro: nei Paesi poverimolte persone che hanno bisogno di migrare non hanno i mezzi finanziari per farlo. Non hanno altra scelta, dunque, che restare dove sono”.

In pratica le persone non possono sostenere i costi legati a uno spostamento, e questo perché la crisi climatica toglie la possibilità di tirarsi fuori dalla soglia di povertà. Un fatto che è particolarmente accentuato nel Sud del mondo. La mancanza di risorse finanziarie, inoltre, non consente a queste stesse persone di poter attivare dei processi di adattamento; tradotto: chi è costretto a restare non ha neanche come difendersi dagli impatti del cambiamento climatico.

Per rendere l’analisi focalizzata solo sui livelli di reddito, lo studio non prende in considerazione gli spostamenti causati dai disastri naturali e non tiene conto della migrazione interna (quella che avviene restando all’interno dei confini nazionali). Fatta questa fondamentale premessa, i ricercatori sostengono che “il recente cambiamento climatico abbia agito per aumentare la mobilità nelle parti più ricche del mondo – in particolare tra Paesi a reddito medio e quelli a reddito elevato – e per diminuire la mobilità nelle parti più povere”. Sono stati inoltre registrati scarsi effetti sui flussi migratori tra Paesi ricchi e Paesi poveri e, in particolare, non è chiaro se e quanto il cambiamento climatico abbia aumentato la migrazione dall’Africa o dall’Asia meridionale verso l’Europa, il Nord America o l’Australia e la Nuova Zelanda.

Guarda lo studio

 

Giovedì 02 Febbraio 2023

Sacrifice Zones

Fonte: Antropocene.org che ringraziamo 

Un rapporto delle Nazioni Unite individua i luoghi più inquinati del mondo: l’inquinamento uccide più persone di tutte le guerre, gli omicidi e le altre forme di violenza messi insieme.

Il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani e l’ambiente ha individuato i luoghi più inquinati della Terra. Nel suo rapporto annuale al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, David Boyd descrive questi luoghi come Sacrifice Zones, un termine originariamente utilizzato per le aree rese inabitabili dai test sulle armi nucleari.

Scrive: «Oggi, una sacrifice zone può essere intesa come un luogo in cui i residenti subiscono devastanti conseguenze sulla salute fisica e mentale e violazioni dei diritti umani a causa del fatto di vivere in hotspots inquinati e aree fortemente contaminate. La crisi climatica sta creando una nuova categoria di sacrifice zones a causa delle continue emissioni di gas serra, poiché certe aree sono diventate e stanno diventando inabitabili a causa di eventi meteorologici estremi o disastri a lenta insorgenza, tra cui la siccità e l’innalzamento del livello del mare».

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Il piano del Regno Unito di spedire richiedenti asilo in Ruanda è di per sé crudeltà

Evitando i propri obblighi nei confronti delle persone in cerca di asilo sulle sue coste, il governo del Regno Unito ha firmato oggi un accordo con il Ruanda per inviare lì i richiedenti asilo attraverso la Manica.

In base al nuovo accordo di partenariato per l’asilo , le persone che arrivano nel Regno Unito irregolarmente o che sono arrivate irregolarmente dal 1° gennaio 2022 possono essere inviate in Ruanda con un biglietto di sola andata per l’elaborazione della domanda di asilo e, se riconosciute come rifugiate, per ottenere il riconoscimento di rifugiato stato lì.

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La salute dei migranti

Autore: Benedetto Saraceno 

Fonte : Saluteinternazionale.info

 

 

Nel 2020 82 milioni di persone sono state obbligate a lasciare i loro territori per migrazione interna o esterna, nella maggior parte dei casi dovuta a conflitti armati e violenze locali.

Di rifugiati, profughi e più in generale si parla molto ogni giorno con esclusiva enfasi sulla loro capacità invasiva (rischio terrorismo, rischio importazione religione islamica, rischio competizione nell’accesso al lavoro, rischi trasmissione malattie infettive). Non uno di questi rischi è reale o perché è inesistente o perché è quantitativamente risibile. Ma di questo si parla e anche chi combatte questi stereotipi xenofobi e inaccettabili si limita troppo spesso a contestare la consistenza dei rischi che la propaganda enuncia, senza tuttavia riuscire a spostare il dibattito sulle vere questioni e, fra esse, certamente quella della salute. Infatti, non si parla della salute di quella categoria confusa di persone che chiamiamo a volte rifugiati, a volte profughi a volte genericamente migranti. Non se ne parla nei media nazionali e nel dibattito politico, come se la questione della salute fosse un problema che non ci riguarda e che soltanto loro dovrebbero risolvere. Tale disattenzione (a dir poco) fa parte delle crescenti manifestazioni di disumanità, di razzismo, di violenza verbale (e talvolta fisica) che si moltiplicano e lentamente ed inesorabilmente diventano accettabili e accettate.

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Cinq facteurs qui rendent les effets des changements climatiques sur les océans dangereux pour notre santé

Les eaux océaniques se sont réchauffées, acidifiées et appauvries en oxygène. De plus, la surpêche et la pollution les affectent.
La Presse Canadienne/Andrew Vaughan

Tiff-Annie Kenny, Université Laval; Malaya Bishop, L’Université d’Ottawa/University of Ottawa et Mélanie Lemire, Université Laval

Les humains entretiennent une relation profonde et complexe avec la mer. Elle leur fournit de la nourriture et des nutriments essentiels, des médicaments et de l’énergie renouvelable. Les gens nagent, surfent et font de la plongée sous-marine dans ce « gym bleu ». Les océans constituent même un élément important des loisirs thérapeutiques, comme la thérapie par le surf pour les anciens combattants et les enfants autistes.

L’économie est également liée à la mer. La pêche, le tourisme, la navigation et le transport maritime génèrent des emplois, des revenus et de la sécurité alimentaire, tout en soutenant la culture et d’autres déterminants sociaux de la santé.

Pour nos ancêtres comme pour nos enfants, diverses cultures humaines ainsi que de nombreux moyens de subsistance et modes de vie sont liés à la mer. Mais l’augmentation des émissions de gaz à effet de serre modifie l’océan et met notre santé en péril.

Les eaux océaniques se réchauffent, s’acidifient et s’appauvrissent en oxygène. Les écosystèmes océaniques, déjà mis à mal par la surpêche et la pollution, risquent de voir leur état empirer. Avec la fonte de la banquise, l’élévation du niveau des mers et la multiplication des phénomènes météorologiques extrêmes, la santé et le bien-être des humains sont désormais confrontés à de nombreuses menaces, qui visent principalement les populations côtières.

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SDG report 2021: dal Covid effetti catastrofici sugli sforzi verso l’Agenda 2030

Fonte ASVIS che ringraziamo 

Povertà estrema in aumento, crescita delle disuguaglianze, passi indietro su parità di genere e biodiversità. È il quadro preoccupante che emerge dal rapporto annuale dell’Onu sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile.  8/7/21

Il 6 luglio è stato lanciato ufficialmente il Sustainable development Goals report 2021 delle Nazioni unite, che rappresenta la fonte più autorevole per tracciare lo stato di attuazione dell’Agenda 2030 e coincide con l’inizio dell’High level political forum (Hlpf) in programma fino al 15 luglio. Il Rapporto mostra che il Covid-19 ha rallentato i progressi per il raggiungimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, ma già prima della pandemia il mondo non era sulla buona strada indicata dall’Agenda Onu. Come sottolineato da Liu Zhenmin, sottosegretario generale di Un Desa, i prossimi 18 mesi saranno cruciali per capire se “le misure nell’ambito dei piani di ripresa dei Paesi saranno dirette a migliorare l’azione verso gli SDGs”.

In aumento povertà e diseguaglianza tra i Paesi. Nel 2020 tra 119 e 124 milioni di persone sono finite in condizioni di povertà estrema (Goal 1). Il tasso di individui sotto la soglia di povertà estrema è cresciuto, passando dall’8,4% nel 2019 al 9,5% nel 2020: non si registrava un aumento dal 1998. Nel mondo sono andati persi circa 255 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. La crisi sanitaria ha acuito le diseguaglianze tra e all’interno dei Paesi, rallentando i progressi verso il Goal 10. Tra gli ambiti in cui la diseguaglianza si riflette maggiormente, vi è la distribuzione dei vaccini: “al 17 giugno 2021 in Europa e Nord America erano state somministrate 68 dosi di vaccino ogni 100 persone, nell’Africa sub-sahariana meno di due ogni 100”, si legge nel Rapporto. Un primo passo urgente in quella direzione è un piano di vaccinazione globale, ideato e attuato dai Paesi che oggi possono produrre vaccini o che potranno farlo se adeguatamente sostenuti.

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Imparare lezioni dal passato sulle cose che temiamo oggi

Fonte  Equaltimes.org che ringraziamo

di María José Carmona

L’eccesso di informazioni, il numero delle vittime quotidiane, l’impatto devastante di quell’immagine ripetuta di strade deserte aumenta la paura e l’ansia, tanto che le stesse autorità hanno raccomandato di ridurre la dieta delle informazioni.(Roberto Marín)

Gli scaffali furono messi a nudo, saccheggiati per la disperazione. In poche ore, come se fosse un’operazione militare perfettamente coordinata, le scorte di carta igienica si esaurirono in un intero paese. Nessuno poteva crederci. Famiglie di ogni classe sociale avevano iniziato a svuotare i negozi, mosse da una forza irrazionale. Abbandonando ogni senso di decenza, attraversarono le navate come animali affamati.

È successo il 20 dicembre 1973 negli Stati Uniti. Al culmine della crisi petrolifera. La strana coazione degli umani a fare scorta di carta igienica risale a molto tempo fa.

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Pubblichiamo l’indice della Rivista Hesamag  20 dell’Istituto ETUI 

Pubblichiamo l’indice della Rivista Hesamag  20 dell’Istituto ETUI 
27 janvier 2020Mundo B, Rue d’Edimbourg 26, 1050 Brussels – 18h-20h.

L’Institut syndical européen (ETUI) a le plaisir de vous inviter à un débat sur “Le travail des migrants dans la forteresse Europe”, thème de la 20ème édition du HesaMag, la revue de l’ETUI sur la santé et la sécurité au travail. Pour s’inscrire

Hesamag 20

ETUI – Réunion stratégique annuelle sur la santé et la sécurité à Budapest

L’unité Santé, sécurité et conditions de travail de l’Institut syndical européen (ETUI) a organisé la réunion stratégique annuelle du Comité consultatif pour la santé et la sécurité au travail (ACSH WIG) qui s’est tenue à Budapest, en septembre 2019. Les participants ont discuté des questions les plus pertinentes et des priorités du programme de travail pour les années à venir. Lire la suite

 

ETUI – Job vacancies

The European Trade Union Institute (ETUI) is looking for a full-time Education Officer to develop the ETUI’s potential, advise on, and run EWC and SE-works councils training, particularly company-specific training. He/she will organise the ETUI’s training provision and input. Read more

 

Le Luxembourg sera le premier pays de l’UE à interdire le glyphosate fin 2020

Le Luxembourg sera le premier pays de l’Union européenne (UE) à interdire totalement les produits à base de glyphosate. L’interdiction se fera en trois phases : un retrait de l’autorisation de mise sur le marché au 1er février 2020, un délai d’écoulement des stocks jusqu’au 30 juin, la fin totale de toute l’utilisation des herbicides contenant du glyphosate pour le 31 décembre 2020. Cette mesure avait été annoncée dès décembre 2018 dans le cadre de l’accord pour la formation d’un nouveau gouvernement entre socialistes, libéraux et verts. Lire la suite

 

Deux pesticides toxiques pour la reproduction interdits dans l’Union européenne

Suivant l’avis de l’Agence européenne de sécurité des aliments (EFSA), la Commission européenne a décidé d’interdire deux pesticides : le chlorpyrifos et le chlorpyrifos-methyl. Il s’agit de deux organophosphorés qui entrent dans la composition de différents insecticides. La multinationale Corteva (ex-Dow Chemical rebaptisée Corteva depuis sa fusion avec DuPont en juin 2019) est le principal producteur mondial du chlorpyrifos. Elle l’a mise sur le marché en 1966. Il est actuellement utilisée dans environ 80 pays. La décision d’interdiction a été confirmée par un vote à la majorité des Etats membres de l’Union européenne le 6 décembre 2019. Lire la suite

 

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….. il global warming è una cospirazione dei rettiliani …..ecco le prove

 

I rischi  derivanti dal cambiamento climatico sono testimoniati da report di ricerca, dalle previsioni di istituti di ricerca autorevoli, da appelli di scienziati climatologi e di altre discipline che concordano sulla gravità del problema e sulla necessità che i decisori politici assumano con responsabilità il compito di fare fronte ad una sfida drammatica.
Per questo motivo con continuità su Diario Prevenzione segnaleremo report, saggi e articoli su questo tema per offrire ai lettori un materiale selezionato ed affidabile.
Oggi segnaliamo due articoli pubblicati da Nuova Ecologia che ci sono sembrati utili per fare chiarezza sullo stato dell’arte dell’informazione in materia nel nostro paese. Purtroppo scontiamo un dato preoccupante rispetto ad altri paesi. Nel nostro paese non esiste una sufficiente presenza nei media di professionisti dell’informazione preparati a gestire l’informazione scientifica. Troppo spesso l’incompetenza sulla materia agevola lo scivolamento verso la superficialità e la riproduzione meccanica di luoghi comuni. Questo è un aspetto preoccupante ma rimediabile. Quello che non è tollerabile è il fatto che vi siano quotidiani e canali della destra populista che hanno sposato la causa negazionista, l’irrisione dei militanti pro ambiente .  La  pratica della fabbricazione e diffusione di fake news è rilevabile in diversi periodici e quotidiani  di quest’area.

Nessuna indulgenza verso chi alimenta con consapevolezza la diffusione di notizie false: nel mondo dell’informazione è in atto una guerra tra chi sceglie la correttezza e la qualità delle notizie da pubblicare e chi gioca sulla diffusione di fakenews.  E’ compito dei professionisti seri dell’informazione disvelare  le fake news verificando l’attendibilità e l’autorevolezza di tutte le fonti prima di diventare riproduttori  passivi  di false rappresentazioni del fenomeno dei cambiamenti climatici.Diario Prevenzione darà il suo piccolo contributo alla correttezza con la segnalazione di articoli, documenti autorevoli sul tema.

Il primo articolo che segnaliamo ha un titolo affascinante :
” Il global warming è una cospirazione ordita dai rettiliani. Ecco le prove “

Il secondo articolo
” Sos ghiacciai: l’appello firmato da 38 scienziati di tutto il mondo ? “

Buona lettura. Torneremo presto sul tema in particolare per individuare le correlazioni tra cambiamenti climatici e gestione della sicurezza nel lavoro in diversi comparti settori produttivi.

L’appello di ASGI: Illegittimo negare l’attracco in un porto sicuro.

 

Pubblichiamo, per favorirne la massima diffusione, questo appello dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) che condividiamo . Editor di Diario Prevenzione


L’APPELLO DI ASGI 

” Lanciamo un appello di impegno civile a difesa della legalità a fronte di una politica senza più legge”

Il nuovo anno si apre con 32 persone che, ancora una volta, attendono da molti giorni (tredici, alla data di oggi) di poter sbarcare in un porto sicuro. Al caso della Sea Watch 3 si aggiunge quello della Sea Eye, con 17 persone raccolte lo scorso 29 dicembre.

Da giuristi non possiamo quindi che denunciare, ancora una volta, l’illegittimità di quanto sta, nuovamente, accadendo nel Mediterraneo: il diritto di sbarco in un porto sicuro viene posto in discussione in ogni singolo episodio di salvataggio, senza considerazione alcuna per le norme.
Sono solo gli ultimi casi di uno stillicidio ormai costante in spregio del diritto e fuori da ogni inesistente “invasione”, ammontando gli sbarchi nel 2018 a poco più di 20.000.

Come associazione ribadiamo che:

– il diritto internazionale del mare (Convenzione Sar sulla ricerca e il soccorso in mare ratificata dall’Italia nel 1989; Convenzione Solas sulla salvaguardia della vita umana in mare ratificata dall’Italia nel 1980 e la Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, ratificata nel 1994, tra le altre) prevede chegli Stati e, quindi, anche le autorità italiane, abbiano l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a che tutte le persone soccorse possano sbarcare nel più breve tempo possibile in un luogo sicuro;

– il rifiuto di consentire lo sbarco, in particolare a persone vulnerabili (donne e bambini, anche piccolissimi) sfuggite a torture e violenze, che oggi si trovano in permanenza prolungata su una nave in condizioni di sovraffollamento e di promiscuità e con bisogno di accesso a cure mediche e a generi di prima necessità viola inoltre le norme a tutela dei diritti umani fondamentali e sulla protezione dei rifugiati, in particolare l’art.2 (diritto alla vita) e l’art.3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione europea per i diritti dell’Uomo, oltre che il principio di non refoulement e il diritto di accedere alla procedura di asilo sanciti dalla Convenzione di Ginevra, dal diritto comunitario e dall’art.10 c.3 della Costituzione italiana.

Ci riserviamo di supportare e promuovere ogni azione giudiziaria nelle sedi competenti per ingiungere il rispetto del diritto e sanzionare le violazioni in essere e l’indebita strumentalizzazione della situazione di persone vulnerabili al fine di porre in discussione le regole di ripartizione dei richiedenti asilo nell’Unione Europea al di fuori delle sedi proprie.

Pertanto come associazione invitiamo tutti i soggetti istituzionali, al di là della loro competenza, a far sentire la loro voce anche con atti di impegno civile a favore di coloro che sono ostaggio di una politica senza più legge.

 


Per adesioni all’appello, che proponiamo alla sottoscrizione di enti, associazioni e persone interessate, contattare info@asgi.it


 

 

Canada: la rete per i diritti dei migranti mira a unire migranti e lavoratori

FONTE RANKANDFILE.CA

Di Zaid Noorsumar

Trentacinque organizzazioni in tutto il Canada si sono coalizzate per formare la rete per i diritti dei migranti il 18 dicembre, la Giornata internazionale dei migranti. L’alleanza mira a lottare per i diritti dei migranti e combattere l’ondata crescente di razzismo nel paese.

Unifor, Migrant Centre Resource Center Canada e No One is Illegal sono tra i membri della coalizione, che è composta prevalentemente da gruppi per i diritti dei migranti e organizzazioni sindacali.

Una piattaforma antirazzista e “educazione popolare”

Syed Hussan, coordinatore della Migrant Network Alliance for Change, ha detto che la rete lancerà una piattaforma in vista delle elezioni federali del 2019 sui principi dell’anticapitalismo, dell’antirazzismo e della giustizia dei migranti.

“Daremo un messaggio chiaro, coerente, forte ai partiti politici che non permetteremo loro di manipolare ulteriormente e dividerli come un modo per ottenere voti”, ha detto Hussan, citando il tono sempre più nativista del partito conservatore e l’estrema destra

Ha detto che la retorica della destra politica contro i rifugiati ha avuto qualche risonanza all’interno della comunità dei migranti, che sarà affrontata attraverso l’educazione popolare.

Il bisogno di solidarietà tra la classe operaia e i migranti sarà un messaggio cruciale per affrontare la retorica frammentaria sull’immigrazione, che ha messo a confronto diversi tipi di migranti l’uno contro l’altro, ha detto Hussan.

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Le nuove norme su immigrazione e sicurezza: punire i poveri

Fonte : ASGI che ringraziamo

Il dl 113/2018 (cd. decreto Salvini), convertito con l. 132/2018, rivela un disegno unificatore, lucido e crudele: colpire gli emarginati, privandoli di dignità e diritti. Gli avvocati, i pm ed i giudici sono chiamati ad una sfida densa di valori costituzionali, con cui affrontare consapevolmente quella “linea di politica criminale, di politica sociale e di politica tout court”che ne costituisce la cifra dominante.

di Livio Pepino
già consigliere della Corte di cassazione
direttore Edizioni Gruppo Abele

1. Tanto tuonò che piovve. Il decreto legge 4 ottobre 2018 n. 113, in tema di immigrazione e cittadinanza, è stato convertito, con piccole modifiche e integrazioni, nella legge 1 dicembre 2018, n. 132. Il Ministro dell’interno e segretario della Lega Matteo Salvini esulta. Non senza ragione, dal suo punto di vista. La rottura del sistema realizzata con il decreto – pur anticipata da provvedimenti di diversi governi e da tempo nell’aria – è, infatti, di grande portata.

I contenuti sono noti.

Si comincia con l’immigrazione.

Scompare il permesso di soggiorno per motivi umanitari (solo in parte sostituito da permessi parcellizzati per situazioni specifiche e limitate) e, con esso, la protezione che in questi anni ha contribuito in maniera significativa a dare attuazione al diritto di asilo previsto dall’articolo 10, comma 3, Costituzione; viene portato da 90 a 180 giorni il periodo massimo di possibile trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) e viene introdotto il trattenimento per un massimo di 30 giorni in hotspot o in Centri governativi di prima accoglienza dei richiedenti asilo «per la determinazione o la verifica dell’identità e della cittadinanza» (così aumentando a dismisura l’area della detenzione amministrativa, id est del carcere senza reato); viene sostanzialmente smantellato il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati gestito dai Comuni (SPRAR), espressione di un modello di accoglienza inclusivo e diffuso sul territorio da oggi riservato esclusivamente ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati, mentre i richiedenti asilo possono trovare accoglienza solo nei centri governativi di prima accoglienza e nei centri di accoglienza straordinaria (CAS); in caso di diniego dell’asilo è previsto, anche in pendenza di ricorso, l’obbligo di lasciare il territorio dello Stato (salvo gravi motivi di carattere umanitario) per chi è sottoposto a procedimento penale o condannato, anche con sentenza non definitiva, per alcuni reati gravi e di media gravità; viene previsto il rigetto della domanda di asilo per manifesta infondatezza in una pluralità di ipotesi, tra cui quelle, non certo eccezionali per chi fugge da guerre o persecuzioni, di ingresso illegale nel territorio dello Stato e di mancata presentazione tempestiva della domanda; viene affidata ai Ministeri degli esteri, dell’interno e della giustizia la predisposizione e l’aggiornamento di un «elenco dei Paesi d’origine sicuri» per i cui cittadini il diritto di asilo è concedibile solo in presenza di «gravi motivi» di carattere personale; vengono aumentati gli adempimenti a carico delle cooperative sociali che si occupano di migranti (e di esse soltanto) con la previsione dell’obbligo di pubblicare trimestralmente nei propri siti Internet o portali digitali «l’elenco dei soggetti a cui sono versate somme per lo svolgimento di servizi finalizzati ad attività di integrazione, assistenza e protezione sociale».

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Associazioni in piazza “con i migranti, per fermare la barbarie”

FONTE : REPORTER SOCIALE

L’invito a manifestare sabato prossimo, 27 ottobre, arriva da un nutrito gruppo di associazioni. Che affermano: “In Italia e in Europa risuonano forti campanelli di allarme. I princìpi di civiltà e di convivenza democratica sono tornati a essere bersagli di chi vuole dividere, reprimere, escludere, cacciare”

20 ottobre 2018

ROMA – “Con i migranti per fermare la barbarie”. Con questo slogan un nutrito gruppo di associazioni organizza una manifestazione in numerose piazze italiane. L’appuntamento è per sabato prossimo, 27 ottobre, “non in una ma dieci, cento città”, affermano. Già tante, come detto, le adesioni. Tra le organizzazioni aderenti troviamo Arci, Aidos, Actionaid, Antigone, Avvocato di Strada, Centro Astalli, Baobab, Cipsi, Cnca, Cocis, Cospe, Focsiv, Gruppo Abele, Legambiente, Libera, Lunaria, Oxfam, Terre des Hommes, Un Ponte per, ecc…

L’ARTICOLO SEGUE ALLA FONTE REPORTER SOCIALE

L’aria che tira sul pianeta di Mario Agostinelli

Fonte Sbilanciamoci 

Autore : Mario Agostinelli

 

 

Ogni minuto 20 persone nel mondo abbandonano le proprie case. Ormai tutti sanno che la Terra è malata, ma la pretesa irrinunciabilità di certi stili di vita votati al neoliberismo spinge al “si salvi chi può”, all’accettazione delle diseguaglianze, al razzismo, al rifugio in una realtà virtuale e solipsistica.

XXI SECOLO: CHI CI SALVA DAL NEGAZIONISMO?

I dati sulle migrazioni sono impressionanti: il Pianeta è sempre più privo di spazi per abitare e sopravvivere decentemente. Nel 2015 in totale, il numero di persone che ha richiesto l’intervento dell’Unhcr ammontava a almeno 35.833.400. Ma, soprattutto per quanto riguarda le stime degli internally displaced o degli apolidi, si deve tenere in considerazione che non tutti gli Stati mettono a disposizione le proprie statistiche. L’esplosione è in atto: a metà 2018 stiamo assistendo ai più elevati livelli di migrazione mai registrati: 65.6 milioni di persone in tutto il mondo, un numero senza precedenti, sono state costrette a fuggire dal proprio Paese. Di queste, circa 22.5 milioni sono rifugiati, più della metà dei quali di età inferiore ai 18 anni. Ci sono inoltre 10 milioni di persone apolidi cui sono stati negati una nazionalità e l’accesso a diritti fondamentali quali istruzione, salute, lavoro e libertà di movimento. Un mondo in cui circa 20 persone sono costrette ad abbandonare le proprie case ogni minuto a causa di conflitti o persecuzioni e a mutamenti ambientali che rendono progressivamente inospitali i luoghi prima abitati, in cui si attuano respingimenti, vengono permanentemente gestite guerre asimmetriche di totale devastazione, applicata la tortura e attuate omissioni di soccorso, tollera senza scandalo l’esistenza di una complicità criminale.

Una civiltà incapace di risolvere i problemi posti dal suo funzionamento prevede la guerra e la decadenza proprio in quanto considera un problema l’essere umano e quel che lo circonda. Siamo ridotti ad un quadro desolante in cui le emergenze non sono nominate per quel che sono, mentre la grancassa strepita all’insegna della “fine della crisi” con un inattendibile aumento del potere di acquisto, la riduzione del rapporto /feticcio tra debito e PIL e – a conforto – l’immancabile, odioso e – a dire degli insofferenti “padroni a casa mia – inoppugnabile abbandono dei profughi che minaccerebbero le coste, le plaghe e financo la smarrita integrità di quelle civiltà “sovrane”, che nel tempo passato non si sono mai sognate di chieder il permesso di varcare confini altrui.

Nessuno tra i grandi e piccoli mezzi di comunicazione di massa, TV, giornali, siti web, cerca di riprendere in testa i fili di un ragionamento incentrato sul reale, sulla drammaticità della condizione generale: sociale, ambientale ed economica, che declina sempre più in peggio riguardo la giustizia sociale e si preclude un’inversione di tendenza per la rigenerazione del mondo naturale. La paura della paura viene amplificata a bella posta, suscitando tra i cittadini una rimozione più che una vera impressione di protezione rispetto agli spettri evocati, anche perché l’interesse personale immediato, i desideri quotidiani inconfessati, la brama di carriera e potere si manifestano sotto l’aspetto di una mentalità servile che domina i potenti, che si chiude su se stessa, simulando con volgarità un interesse sociale e motivi umanitari a difesa del proprio gruppo. La profondità del presente così artefatto si contrappone all’eterno presente di cui molti parlano e che non è altro che una versione della “falsa infinità” come celiava Hegel. Ossia, la situazione in cui a qualcosa si aggiunge continuamente qualcos’altro di nuovo il quale, sul momento, sembra delineare un mutamento, offrire nuove opportunità, nuove vie da percorrere, ma che in realtà non fa che ricalcare, anzi, scavare più in profondità il solco irreversibile in cui l’umanità si è incanalata e che, così come ci indica oggi innanzitutto la climatologia, potrebbe condurci a disastri immani.

Tutto sta accadendo molto rapidamente e i primi decenni del XXI secolo, inscritti nel nome del neoliberismo, appaiono molto diversi dalle analisi e dalle previsioni compiute verso il termine del millennio scorso. Ovunque si procede alla riduzione dello stato so­ciale, delle tasse e della relativa fornitura di beni pubblici, attraverso la deregolamentazione di molti aspetti della produzione capitalistica e dei mercati. E avanza la resa di fronte ai privati di risorse non commerciabili. La minaccia di un tale ininterrotto successo di un capitalismo in trasformazione, insieme ad una serie di cambiamenti tecnologici e de­mografici, ha frammentato e indebolito il movimento dei lavoratori, rendendolo meno capace di re­sistere e di realizzare una mobilitazione politica all’altezza dell’attacco sferrato.

Forse una delle cause del declino della lotta all’ingiustizia all’interno della democrazia sociale è proprio il decadimento della militanza del lavoro nella resistenza al capitalismo. E questo è particolarmente avvenuto in Europa, anche se non è stata altrettanto arrendevole la reazione negli altri continenti. E questo spiega in parte la novità espressa da un pontefice venuto dalla periferia del globo, ben informato di pratiche alterna­tive an­corate ai movimenti sociali che continuano a sostenere anche dopo i Forum Mondiali oggi in ritirata che “un altro mondo è possibile”: come quelle dell’economia socia­le e solidale, come quelle del movimento contadino dei Sem Terra in Brasile, dell’occupazione di terre non utilizzate (fino al sequestro delle nostre piaghe mafiose), della costruzione di forme alternative di strutture economiche, di conservazione dei beni comuni e, soprattutto, della percezione diffusa della fragilità della natura e della invalicabile e limitatissima finestra energetica in cui si può riprodurre la vita nella biosfera terrestre.

Il fatto è che il neoliberalismo è un’ideologia, sostenuta da potenti forze politiche, da mezzi finanziari, dal lavoro di think tank e università, piuttosto che una analisi scientificamente accurata dei limiti effettivi che affrontiamo per rendere il mondo un posto miglio­re. E si avvale di un formidabile sistema di propaganda, convinzione, attrazione e, contemporaneamente, come vedremo, del più irriducibile negazionismo rispetto al rapporto distorto tra natura e produzione e consumo del genere umano. Al successo di questa azione di pressante proselitismo concorre la torsione evidente in favore della concentrazione di potere nelle sedi occulte dei gruppi multinazionali e delle espressioni dei loro centri di potere, che decidono direttamente ormai la politica a dimensione sovranazionale. L’elezione di Trump, assai più di Parigi 2015, val bene una messa…

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