Ancora una volta il grafico WHO che descrive le curve epidemiche Covid 19 . Un documento che va letto con la massima attenzione ogni settimana…. Vedi il Report settimanale completo:
Categoria: Valutazione del Rischio
Covid-19. La catastrofe
Autore: Gavino Maciocco
Fonte Saluteinternazionale.info che ringraziamo
La risposta globale alla pandemia di Covid-19 si è rivelata uno dei più grandi fallimenti politici e scientifici della nostra storia recente. Il libro di Richard Horton:
- Richard Horton. Covid-19. La catastrofe. Prefazione di Giuseppe Ippolito. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2020.
Richard Horton, direttore di The Lancet, col suo libro scritto durante il lockdown[1], ci consegna un appassionante racconto sulla pandemia: una spaventosa crisi globale, crisi politica e etica, prima ancora che sanitaria.
Il racconto si articola in due parti, come suggerisce il sottotitolo: a) quali le cause della crisi, ovvero “cosa non ha funzionato” e b) quali le soluzioni, ovvero “come evitare che si ripeta”.
Cosa non ha funzionato.
Le prime cose che non hanno funzionato sono avvenute in Cina, dove la pandemia ha preso origine. I ritardi nella comunicazione dei casi all’OMS, la reticenza delle autorità politiche di Wuhan, i provvedimenti disciplinari nei confronti dei medici che all’inizio denunciavano il ritorno della Sars, il ritardo nell’attuazione del lockdown a Wuhan e nella provincia di Hubei (quando ormai 5 milioni di persone si erano mosse per tutta la Cina e all’estero per festeggiare il capodanno). Il governo cinese dovrà dare delle spiegazioni su tutto ciò, tuttavia – scrive l’autore – “i ricercatori e gli operatori sanitari cinesi meritano la nostra gratitudine” per l’enorme mole di lavoro che hanno svolto, per la qualità e la condivisione delle loro importanti ricerche, per essere riusciti a contenere l’epidemia – con un numero limitato di casi e di vittime – in un paese densamente popolato, con oltre un miliardo e 300 milioni di abitanti.
Horton assolve l’operato dell’OMS (una “creatura imperfetta”) e ha parole di sincera simpatia per i suo Direttore generale, l’etiope Tedros Ghebreyesus, a cui rivolge un unico appunto: quando l’OMS il 22 gennaio dichiarò il massimo allarme per la diffusione del nuovo virus (Public Health Emergency International Concern – PHEIC), Tedros avrebbe dovuto immediatamente convocare l’assemblea di tutti gli Stati membri.
L’impreparazione di fronte alla pandemia è stato l’errore fatale e imperdonabile. Imperdonabile perché negli ultimi 20 anni c’erano stati nel mondo forti segnali dell’emergere di gravi malattie infettive a carattere epidemico: Sars (2002-3) aveva dimostrato con quale rapidità un coronavirus riusciva a superare i confini nazionali; Ebola (2013) si era diffuso in Africa occidentale; MERS (2012-15), altro coronavirus diffuso in Medio Oriente; Zika (2015), virus trasmesso dalle punture di zanzara diffuso in diversi paesi dell’America Latina. In più di un’occasione l’OMS aveva invitato i paesi membri a prepararsi di fronte a una probabile, distruttiva pandemia. Appelli caduti nel vuoto, per vari motivi.
- Di fronte a minacce globali sarebbero necessarie risposte globali. Di fronte a virus che non conoscono i confini degli Stati, lo stesso concetto di Stato nei confronti di un’epidemia avrebbe dovuto essere superato a favore di un’entità sovranazionale, l’OMS per l’appunto. Ma così non è stato. La globalizzazione ha ridotto il potere degli Stati (a favore del mercato), ma ha anche fortemente indebolito le organizzazioni multilaterali, come le Nazioni Unite, l’Unesco o l’OMS, quelle cioè che hanno un ruolo fondamentale nella difesa dei beni comuni – la pace, la cultura, la salute.
- I governanti hanno sottovalutato il pericolo e si sono trovati impreparati. Tutti, tranne qualche eccezione: Taiwan, Singapore, Corea del Sud, Nuova Zelanda e per certi versi la Germania. Tutti, in particolare i leader “sovranisti”: Donald Trump in America, Boris Johnson in UK, Jair Bolsonaro in Brasile, Nerendra Modi in India. Horton dedica vari passi del libro al Presidente degli Stati Uniti. Considera del tutto ingiusti i suoi attacchi alla Cina e un crimine contro l’umanità la sua decisione di tagliare i contributi all’OMS. Gli dedica inoltre alcune sferzanti osservazioni del tipo: “Rifiutiamo la dottrina del globalismo e abbracciamo quella del patriottismo”, ha dichiarato il presidente Trump nel suo intervento all’Assemblea generale delle Nazioni unite nel 2018. E ancora nel 2019: “Il futuro non appartiene ai globalisti, il futuro appartiene ai patrioti”. Ma questa restrittiva definizione di patriottismo non tiene
in considerazione una dura realtà: i virus non hanno nazionalità”. - In molti paesi l’incapacità di organizzare una adeguata vigilanza sulle epidemie è stata causata dal decennio di austerità, seguito alla crisi finanziaria del 2007-8. Le politiche di austerità ridussero drasticamente la spesa pubblica e il settore sanitario risultò tra i più colpiti dalla crisi.
Le cose sono andate storte soprattutto a casa dell’Autore, nel Regno Unito, a causa delle scelte ritenute scellerate del governo, con cui Horton entra in diretta polemica, anche attraverso le colonne della sua rivista. “Non eravamo pronti” ammette Ian Boyd, uno dei principali consulenti scientifici del governo, in un articolo del marzo 2020, e aggiunge candidamente:“Abbiamo capito cosa sarebbe stato utile, ma non abbiamo messo in pratica tutte le lezioni imparate”. Boyd allude all’operazione “Cygnus”, la simulazione dello scenario di un’influenza pandemica avvenuta nell’ottobre 2016. La conclusione fu che il livello di preparedness della nazione era del tutto insufficiente ad affrontare le “domande estreme di una grave epidemia”. Ma negli anni seguenti non venne fatto nulla per rimediare.
Horton è spietato nell’elencare tutti gli errori e le omissioni del governo Johnson, la prima e più clamorosa quella di optare inizialmente per la strategia dell’immunità di gregge. Fu Graham Medley, principale advisor scientifico del governo a illustrarla: “Bisogna incoraggiare l’epidemia controllata di un largo numero di popolazione al fine di generare l’immunità di gregge”. L’ordine di grandezza di tale immunità doveva raggiungere il 60% della popolazione. L’Imperial College di Londra fece subito le stime dell’impatto di questa strategia: con una mortalità dell’1% del 60% di una popolazione di 66 milioni di abitanti l’applicazione di quella strategia avrebbe provocato 400 mila morti e travolto con i malati gravi il NHS. Subito dopo, come se nulla fosse, il governo fece retromarcia.
Al pari di molti altri governi, quello inglese è stato sopraffatto la pandemia. Non è stato in grado di mettere in campo le risorse necessarie per eseguire la necessaria quantità di tamponi, per tracciare i contatti e isolare i malati; non è stato in grado di fornire le necessarie protezioni al personale sanitario che lavorava nelle prime linee esponendolo a gravissimi, spesso mortali, rischi; non è riuscito a proteggere le persone più fragili, in particolare quelle che vivevano nelle residenze per anziani. Nonostante la catastrofe in atto, quando il ministro tutti i giorni si presentava in conferenza stampa a fare il conto dei casi e dei morti, aveva al suo fianco consulenti scientifici che tacevano e annuivano. “Ricercatori e politici – afferma Horton – hanno infatti agito in combutta per proteggere il Governo e per illudere
gli altri Paesi che il Regno Unito fosse un ‘esempio internazionale’ da imitare, facendo credere di essere in grado di prendere le decisioni
giuste al momento giusto e su basi scientifiche”. A causa del crollo di credibilità degli scienziati che facevano parte della commissione di esperti nominata dal governo – Scientific Advisory Group for Emergencies (SAGE) – si auto-costituì una commissione alternativa, una SAGE indipendente, presieduta da Sir David King, professore emerito all’Università di Cambridge. Commissione che non ha risparmiato critiche alla gestione della Covid-19, facendo tra l’altro notare come – nell’indifferenza del governo – la pandemia avesse fatto esplodere e dilatare le già profonde diseguaglianze economiche e razziali all’interno del paese.
Come evitare che si ripeta
L’ultimo capitolo del libro di Horton – 130 pagine che si leggono tutte d’un fiato – s’intitola “Verso la prossima pandemia”. “I disastri – scrive l’autore, riportando un’affermazione di Slavoj Žižek, filosofo sloveno – possono diventare catalizzatori di cambiamenti sociali e politici significativi e sorprendenti. Ecco cosa devono fare le società se vogliono prevenire le pericolose conseguenze della prossima pandemia.”
Cambiamenti riassunti in un elenco di cinque punti:
- Covid-19 cambierà le società
- Covid-19 cambierà i governi
- Covid-19 cambierà le persone
- Covid-19 cambierà la medicina
- Covid-19 cambierà la scienza.
Tutti dovranno capire che la pandemia è una crisi politica e non semplicemente una crisi sanitaria. E dovranno capire anche che la salute non è una questione casalinga, ma un fondamentale problema di politica estera, per la sicurezza globale e la sicurezza nazionale. Tutti dovranno collaborare perché tutte le nazioni facciano significativi progressi verso la copertura sanitaria universale, perché la sicurezza della salute individuale è indispensabile per la sicurezza della salute globale. Dovrà essere rafforzato il ruolo dello Stato nell’organizzazione sanitaria, come nell’economia, per garantire la lotta alle diseguaglianze. Nel 2013 Boris Johnson, allora sindaco di Londra, affermò che la diseguaglianza era essenziale per il successo della società e che lo spirito dell’invidia sociale era un ottimo stimolo per l’attività economica. Queste idee – osserva Horton – non sono più accettabili. I governi devono contrastare le diseguaglianze in ogni atto politico.
“Il capitalismo – scrive l’autore – ha molti pregi. Ma la sua forma più estrema venuta a galla negli ultimi quarant’anni ha indebolito qualcosa di essenziale nel tessuto sociale delle nostre società. Queste debolezze hanno contribuito a creare il tragico bilancio di morti. Dopo la Covid-19, non è più accettabile considerare le persone come mezzi piuttosto che come obiettivi. Una volta che ci saremo ripresi da questa pandemia, troveremo un momento per ridefinire insieme i nostri valori e i nostri obiettivi?”.
Bibliografia
- Richard Horton. Covid-19. La catastrofe. Prefazione di Giuseppe Ippolito. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2020.
Il difensore dei diritti digitali Diego Naranjo avverte: “La normalizzazione della sorveglianza di massa” potrebbe rappresentare una minaccia alla mobilitazione sociale.
[ N.B. L’articolo è stato tradotto con l’assistenza di google translator, pertanto qua e là vi possono essere imperfezioni che possono esserci sfuggite ]
Intervista di Marta Checa apparsa sul sito Equaltimes.org il 31 agosto 2020
Fonte: Equaltimes.org, che ringraziamo. Puoi leggere l’articolo originale in lingua inglese
Molto prima dell’arrivo del 2020, l’anno zero del Covid-19, gli sforzi per salvaguardare i diritti digitali e il dibattito pubblico sui diritti fondamentali (spesso ignorati dalle nuove tecnologie) erano ben lungi dall’essere priorità pubbliche.
Dopo otto mesi di pandemia sanitaria senza precedenti nella storia recente, il dibattito sull’uso delle tecnologie di sorveglianza (al fine di prevenire e ridurre la diffusione del coronavirus) e sui nostri diritti digitali in generale (il diritto alla privacy e la protezione dei dati personali , tra le altre questioni) continua ad essere meno diffuso e completo di quanto si possa sperare. Mentre l’accettazione di uno stato del “ Grande Fratello ” è diffusa in molti paesi dell’Asia orientale , sia democratici che non, la resistenza in Europa è stata recentemente scossa, spesso a causa della paura per la sicurezza personale (prima terrorismo , ora salute), o piuttosto per ignoranza ed esaurimento. della consapevolezza effettiva.
In un’intervista con Equal Times , Diego Naranjo, responsabile delle politiche presso European Digital Rights (EDRi), un’organizzazione non governativa che comprende 44 associazioni per i diritti umani e digitali in Europa (oltre ad alcune con sede negli Stati Uniti e altre a livello globale attivo), ha descritto alcune delle misure che ci tutelano e che possiamo adottare per proteggere i nostri diritti fondamentali dalla violazione nella sfera digitale, sulla base del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) implementato due anni fa.
Allo stato attuale, l’organizzazione (che difende i diritti e le libertà nella sfera digitale, dalla protezione dei dati all’accesso alle informazioni e alla libertà di espressione) sta mettendo in dubbio la necessità di molte delle misure proposte o improvvisate da vari governi ( dall’uso dei droni alla garantire il rispetto delle quarantene per i passaporti dell’immunità ), nonché la loro proporzionalità. Le loro preoccupazioni includono anche il modo in cui i dati raccolti sono protetti, per quanto tempo vengono archiviati, come vengono ottenuti ed elaborati, se verranno utilizzati per altri scopi e da chi. Continua a leggere “Il difensore dei diritti digitali Diego Naranjo avverte: “La normalizzazione della sorveglianza di massa” potrebbe rappresentare una minaccia alla mobilitazione sociale.”
App Immuni
Fonte : Saluteinternazionale.info
Autore Giacomo Galletti
Facilitare una diversa percezione dello strumento che si richiede di adottare, potrebbe facilitarne l’utilizzo consapevole.
Tutto quello che facciamo è tracciabile, ormai lo abbiamo capito.
Eppure, se ci chiedono di essere disponibili al tracciamento, diciamo (in gran maggioranza) di no.
Perché? Perché Immuni, e tutte le altre app di tracciamento sono sostanzialmente fallite[1]?
In genere, in tali frangenti, è sempre utile sollevare gli aspetti della “consapevolezza”. In sostanza: quando utilizziamo Facebook, Instagram o Google, quando interroghiamo Siri o Alexa, possiamo affermare di essere (più o meno) consapevoli di lasciare tracce? Possiamo dire che quando utilizziamo gli strumenti web operiamo un consapevole e deliberato atto di disponibilità al tracciamento, finalizzata a “negoziare” un servizio che, in quei momenti specifici, riteniamo utile?
Che cosa cambia, invece, quando ci viene prospettata la possibilità di scaricare un’app per il tracciamento? Potremmo rispondere che, se abbiamo capito bene la questione, l’app ci traccia e basta durante gli spostamenti quotidiani, che lo vogliamo o no, che ne siamo consapevoli o meno. Una volta scaricata, funziona, anche se non sappiamo bene come, anche se non abbiamo capito bene a fondo il perché. Ne consegue che di fronte alla richiesta di scaricare un dispositivo che non riusciamo bene ad identificare e conferirvi un senso compiuto, tendiamo a rispondere come il protagonista del racconto di Melville, Bartleby lo scrivano: “preferirei di no”.
Di fronte a questa situazione che abbiamo vagamente ipotizzato (in effetti si richiederebbero indagini ad hoc per costruire opportunamente la “architettura delle scelte” delle persone in termini di tracciamento, per consolidare le ipotesi sui comportamenti deterrenti ad un’opzione di scelta socialmente desiderabile, e solo allora iniziare a ragionare sulle soluzioni concrete…), ci porremmo la domanda che gli abitanti di Dulcamara nell’omonimo romanzo di Ignazio Silone sollevano di fronte alle situazioni controverse: che fare?
Forse, ci risponderemmo, potrebbe essere utile cambiare approccio, proponendo la possibilità di rendersi disponibili al tracciamento in modo diverso, sia a livello comunicativo che operativo, facendo riferimento a concetti e soluzioni afferenti alle scienze comportamentali. “Una diffusa e capillare campagna di nudging, comunicazione e informazione della cittadinanza, al fine di incoraggiare una partecipazione attiva e consapevole, guidata dalla Presidenza del Consiglio per massima autorevolezza” era un’affermazione che compariva agli inizi di maggio, a pagina 25, sul documento del Servizio studi del Senato: Tracciamento dei contatti. Elementi di documentazione (aggiornato al 4 maggio 2020), al paragrafo Realizzazione e sperimentazione[2]. Dato che l’incoraggiamento menzionato, così come è stato realizzato, non sembra aver portato al raggiungimento degli obiettivi auspicati, sulla base dei ragionamenti precedenti possiamo cercare di andare oltre, proponendo l’adesione al tracciamento non più (non solo) come una partecipazione attiva e consapevole, ma come una vera e propria opportunità di scelta responsabilizzante e autodeterminata, secondo i riferimenti teorici della psicologia del cambiamento[3] e dell’empowerment nella promozione della salute[4].
Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. Lavore ai tempi del Covid-19 . Il rischio contagio tra gli occupati italiani
Riteniamo utile diffondere questo studio della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro che ringraziamo. Editor |
LAVORARE AI TEMPI DEL COVID-19
Il rischio contagio tra gli occupati italiani
Premessa………………………………………………
1. Le professioni a rischio contagio: sanitari e lavoratori a contatto con il pubblico le più esposte..
2. La diffusione del rischio tra i lavoratori.
3. I fattori di rischio
Nota metodologica
Appendice
Fabbrica in fiamme a Porto Marghera, operai feriti
Riprendiamo da COLLETTIVA che ringraziamo
Esplosione in uno stabilimento di prodotti chimici. Due operai feriti. Una colonna di fumo in tutta la zona. La testimonianza della Filctem veneziana: incidente di grandi dimensioni. Distrutto uno dei due impianti della 3v Sigma.
Questa mattina intorno alle 10 è scoppiato un incendio all’interno di un’azienda di prodotti chimici di Porto Marghera, la 3v Sigma. “Ho parlato al telefono con alcuni lavoratori che mi hanno raccontato dell’esplosione”, ci ha detto Davide Camuccio, segretario generale della Filctem Cgil veneziana. “Coinvolta buona parte dell’azienda, che è divisa in due impianti, uno dei quali, che comprendeva anche una parte dei laboratori, completamente distrutto dalle fiamme. Un incidente di grandi dimensioni, anche dalle immagini che avete potuto vedere. I feriti sono due, entrambi ustionati, di cui uno in gravi condizioni”. A prendere fuoco, ci ha detto il dirigente sindacale, “un serbatoio di acetone. Questa ditta produce additivi e composti. Catalizzatori che vende a ditte di cosmetica, in particolare”. Si sa qualcosa sui due uomini coinvolti? “La società ha circa 35 dipendenti diretti, assunti a tempo indeterminato, e 3 o 4 interinali. Il condizionale è veramente d’obbligo ed è una notizia da confermare perché le fonti sono informali, ma sembra che i due feriti siano lavoratori indiretti”. Ora l’allarme ambientale è cessato e si può uscire all’aperto. All’inizio, per il pericolo della nube sviluppata dall’incendio, il Comune aveva invitato la popolazione a rimanere a casa. Ci sono state altre conseguenze? “L’azienda è abbastanza vicina a un altro stabilimento, ma non ci sono stati particolari inconvenienti, se non quelli legati all’evacuazione”, ha dichiarato ancora Davide Camuccio.
Rifiuti e coronavirus, Brusaferro (Iss): doppio sacchetto se vengono da casa di un positivo
FONTE SUPERABILE CHE RINGRAZIAMO.
Il presidente dell’Iss lo ribadisce in audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, la ‘Ecomafiè, sulla gestione dei rifiuti legata all’emergenza Covid-19
15 maggio 2020
Si deve “tutelare la possibilità che rifiuti entrati in contatto con il coronavirus possano trasmettere virus”, dice Brusaferro, con una “grande attenzione proposta negli oggetti e strumenti utilizzati, come mascherine guanti e camici, riferendoci ai rifiuti extrasanitari perché lo smaltimento sanitario è ben codificato con apposita normativa”. Infatti “nell’ambiente sanitario è tutto già previsto in precedenza per altre malattie infettive” affini al coronavirus, mentre “diverso è il discorso in ambito domestico o lavorativo”, precisa il presidente Iss.
Se proviene “da un contesto abitativo di persona positiva”, dice Brusaferro, il rifiuto “se gestito in doppio sacchetto, poi chiuso per bene perché il contenuto non si disperda, è una forma sufficientemente protettiva per esser smaltito conferendolo come rifiuto urbano”, ponendo “un rischio gestibile”. Si dovrà però “sospendere la differenziata”.
Invece, “per altri cittadini”, quelli che vivono in una casa senza nessun positivo, va usato “un sacchetto ad hoc per guanti e mascherine, che poi va gettato nel resto della spazzatura, in modo che l’operatore non vi entri in contatto”, prosegue e in questa categoria “non c’è motivo di sospendere differenziata”, precisa il presidente Iss. Per quel che riguarda gli operatori della raccolta di rifiuti, “a ogni cambio turno si dovranno sanificare mezzi e strumenti”, spiega Silvio Brusaferro, presidente Iss. Per quanto riguarda le tecniche di smaltimento, discarica e incenerimento, va “bene tutto purché si eviti la formazione di aerosol”, a parte ciò il “rischio di contaminazione è minimo o irrilevante”, è un “rischio accettabile, gestibile”. Questo virus “è particolare- ricorda Brusaferro- ha un capside e appartiene a una famiglia di virus particolarmente sensibile alla luce de Sole e dei disinfettanti, per cui una profonda igiene e una disinfezione anche non intensa consentono di poterlo inattivare”, in assenza di queste condizioni “può sopravvivere da pochi minuti a qualche giorno, ma dipende dal contesto”. Invece “in situazioni protette, con materiale biologico e protette dalla luce del Sole vive più a lungo- ribadisce il presidente Iss, “dove la disinfezione è quotidiana, è molto bassa la possibilità di sopravvivenza”.
PIÙ CONTROLLI SUGLI ILLECITI
Potrebbe essere “opportuno rafforzare i controlli sugli smaltimenti illeciti di acque reflue o fanghi non trattati negli impianti di depurazione”, quindi “che potrebbero causare l’esposizione umana a materiali potenzialmente infetti”, e causare un rischio “anche attraverso la contaminazione di falde sotterranee o superficiali”. Se trattati nel modo legale e corretto, i fanghi da depurazione possono poi venire “applicati in linea con le buone pratiche agricole”, spiega. Un trattamento, quello abituale, che fornisce garanzie “anche in considerazione della scarsa plausibilità di un rilascio di aerosol”, che resta la via potenziale di trasmissione del coronavirus più efficace, conclude.
Toccando il vuoto Storia di un infortunio mortale
Il lavoro del Dors ( Centro Regionale Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte ) è per davvero molto importante. Segnaliamo dal loro sito la ricostruzione delle modalità di accadimento dell’infortunio mortale in cui ha perso la vita Christian. La narrazione di queste tragedie si prefigge lo scopo di fare conoscere meglio come, purtroppo, sia possibile perdere la vita in un infortunio sul lavoro a causa di errori o mancanze organizzative evitabili. Il repertorio di 75 storie tragiche che possono servire a quanti operano nel campo della prevenzione a migliorare il lavoro di gestione dei rischi. editor |
Fonte Dors.it
Toccando il vuoto
Storia di un infortunio mortale
Christian lavorava all’interno di un’importante fondazione culturale, doveva ultimare i lavori di stuccatura delle pareti in cartongesso già installate nei giorni precedenti. A questo scopo aveva allestito un piano di lavoro a circa undici metri da terra, costituito da due assi in legno affiancate lunghe due metri e larghe cinquanta centimetri.
Le assi erano appoggiate sui mancorrenti in ciliegio della scala sorretti mediante ganci metallici dalla struttura in vetro che costituiva la parete di delimitazione del pianerottolo delle scale. Christian era salito in cima ad una scala sistemata sull’esigua superficie di quel piano di lavoro improvvisato. E’ stata sufficiente una piccola pressione esercitata dal lavoratore verso la parete per spostare le assi e farlo precipitare nel vuoto insieme alla scala e alle attrezzature.
Questa è la settantacinquesima storia aggiunta al repertorio delle storie di infortunio, nel quale sono raccolte le storie scritte dagli operatori dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro che partecipano al progetto “Dall’inchiesta alla storia: costruzione di un repertorio di storie di infortunio sul lavoro”.
Il progetto è descritto nel seguente articolo: La narrazione degli infortuni sul lavoro come base per il miglioramento delle attività preventive. Med Lav. 2016 May 26;107(3):178-90.
Lidia Fubini, O. Pasqualini*, Luisella Gilardi, Elisa Ferro, M. Marino*, S. Santoro, Eleonora Tosco, Antonella Bena*, M. Elena Coffano.
DoRS – Centro di Documentazione per la Promozione della Salute, ASL TO3 – Regione Piemonte. * SC a DU Servizio di Epidemiologia, ASL TO3 – Regione Piemonte.
Se interessati all’articolo completo, fate richiesta scrivendo a info@dors.it .
Vai al repertorio delle storie di infortunio, leggi direttamente la sintesi della storia o la storia completa “Toccando il vuoto”
Uso della mobilità per stimare l’intensità di trasmissione di COVID-19 in Italia: analisi a livello regionale e scenari futuri (Imperial College COVID-19 Response Team – 4 maggio 2020
Martedì 05 Maggio 2020
Fonte Snop.it |
I risultati di proiezioni che gli Autori considerano pessimistiche indicano la necessità di un attento monitoraggio della trasmissione di SARS-CoV-2 e della mobilità a partire dal 4 maggio. Il rispetto delle misure di distanziamento raccomandate, l’intensificazione della sorveglianza della trasmissione nella comunità attraverso tamponi, il tracciamento dei contatti e l’isolamento tempestivo degli infetti sono e saranno fondamentali aI fini della riduzione del rischio di ripresa della trasmissione. |
Rivedere la valutazione dei rischi se i processi lavorativi sono cambiati?
Fonte : PuntoSicuro.it
Autore: Tiziano Menduto
Categoria: Coronavirus-Covid19
30/04/2020: L’EU-Osha pubblica l’orientamento della UE su come adeguare i luoghi di lavoro e proteggere i lavoratori, in vista della ripresa delle attività lavorative. Le indicazioni per la valutazione dei rischi e le misure collettive di sicurezza.\
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Bilbao, 30 Apr – Nei paesi europei che, superata la prima fase di evoluzione epidemiologica COVID-19, si stanno approssimando alla “Fase 2”, come garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori che tornano nelle aziende?
A questa domanda prova a rispondere l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ( EU-OSHA) che – malgrado le differenze nella portata delle restrizioni e delle sospensioni delle attività tra i membri dell’Unione Europea – cerca di fornire indicazioni per la ripresa graduale delle attività lavorative. Ripresa che “si sta attuando per fasi: per primo viene autorizzato il lavoro considerato essenziale alla protezione della salute e all’economia, per ultimo quello che può essere svolto in modo efficiente anche da casa”.
Senza dimenticare che è altamente probabile che alcune disposizioni, ad esempio relative alla riorganizzazione e rimodulazione delle attività, “resteranno attive per un po’ di tempo al fine di evitare un forte aumento dei tassi di infezione”. E non è escluso che “un aumento delle infezioni in futuro richieda in alcuni casi la reintroduzione di misure restrittive”.
A fornire queste indicazioni sull’applicazione, in questa fase, di misure preventive adeguate è il documento dell’EU-OSHA “COVID-19: fare ritorno al luogo di lavoro. Adeguare i luoghi di lavoro e proteggere i lavoratori” (COVID-19: back to the workplace – Adapting workplaces and protecting workers). Un documento che, come indicato anche nella presentazione sul sito del Ministero del lavoro, offre risposte pratiche – non vincolanti – per aiutare i datori di lavoro e le imprese a gestire il ritorno al lavoro, valutare rischi, individuare le misure appropriate, coinvolgere i lavoratori e pianificare un futuro sicuro nei luoghi di lavoro.
L’ARTICOLO PROSEGUE ALLA FONTE : PUNTOSICURO.IT
Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione
Documento tecnico sulla possibile rimodulazione
delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione.
A cura del
Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, INAIL
Autori: Sergio Iavicoli, Fabio Boccuni, Giuliana Buresti, Diana Gagliardi, Benedetta Persechino, Bruna Maria Rondinone, Antonio Valenti
Aprile 2020
LA VALUTAZIONE DEI RISCHI NON BASTA PIU’ di Giuseppe Patti
[ Nota di Editor ] Riteniamo importante questo articolo di Giuseppe Patti che affronta con decisione i limiti dell’adempimento burocratico rispetto alle fasi più qualificanti dell’intervento di prevenzione in azienda: la valutazione dei rischi .Senza il coinvolgimento dei lavoratori, della loro soggettività è molto improbabile che la valutazione dei rischi possa rappresentare uno strumento efficace per la gestione degli stessi…
Non si può non condividere questa seria riflessione che rappresenta il perno dell’articolo di Giuseppe Patti:
” Le aziende che hanno abbandonato il concetto di stabilità lavorativa devono trovare strumenti di implementazione alla valutazione dei rischi che ad oggi non risulta più sufficiente. Per rendere il lavoro più sicuro è necessario innovare l’organizzazione del lavoro, ridisegnarne i processi e puntare al pieno coinvolgimento dei lavoratori. Se davvero vogliamo cambiare marcia è necessario che l’attuale modello di leadership, ancorato prevalentemente ad un sistema burocratico e direttivo, passi ad un modello partecipativo che valorizzi il patrimonio di esperienze di ogni lavoratore a partire da quelli più anziani. I quadri direttivi aziendali devono creare le condizioni per un supporto autorevole sia nel settore tecnologico che in quello delle risorse umane mettendo in atto procedure concordate con i lavoratori e mai calate dall’alto….”
———————- L’ARTICOLO ——————–
LA VALUTAZIONE DEI RISCHI NON BASTA PIU’ di Giuseppe Patti
Gli attuali strumenti di valutazione e l’importanza della soggettività: limiti e opportunità
“Pensavamo di rimanere sempre sani in un mondo malato”. Papa Francesco, preghiera speciale per l’emergenza del coronavirus.
Fernand Leger, Builders, 1951. (Mosca, Pushkin Museum)
In tutte le aziende la valutazione dei rischi è l’elemento cardine del sistema di prevenzione e consiste in un procedimento di analisi finalizzato all’individuazione di tutti i potenziali fattori di rischio presenti. Questa valutazione è oggi lo strumento che permette al datore di lavoro di individuare le misure di prevenzione e protezione e pianificarne l’attuazione, il miglioramento ed il controllo. Per far questo è necessario partire dall’individuare le mansioni che sottopongono alcuni gruppi di lavoratori a rischi specifici e che richiedono misure specifiche e particolari. Una corretta metodologia adottata nel processo di valutazione non può però prescindere dalla stima dei rischi legati al fattore umano. Ai corsi di formazione sulla sicurezza abbiamo imparato che il rischio (R) è dato dal prodotto tra probabilità (P) e danno (D). Abbiamo inoltre imparato che la prevenzione ha priorità sulla protezione e che con essa andiamo, o cerchiamo, di portare il rischio a livelli accettabili. La protezione la attuiamo invece per limitare i danni dai rischi residui che non siamo riusciti ad eliminare. Visto che dalla formula risulta assente il comportamento (la soggettività) del lavoratore sarà necessario valutarlo in separata sede in quanto esso non dipende dalla realtà oggettiva, ma dall’interpretazione soggettiva di una determinata situazione. Il rischio è strettamente connesso alla soggettività e pertanto i concetti legati alla percezione soggettiva del rischio, devono essere il punto di partenza di ogni intervento di prevenzione. Resta inteso che esistono una serie di fattori favorenti di tipo strutturale e organizzativo: aspetti che la valutazione dei rischi deve necessariamente considerare. Esistono diverse tecniche che trattano il tema dell’analisi dell’affidabilità umana (HRA) e queste sono state sviluppate per fornire valori di probabilità di errore, connessi ai compiti degli operatori, da inserire nel più ampio contesto di valutazione di rischio del sistema. Da queste analisi i lavoratori sono stati spesso esclusi se non per una formale consultazione. La sfida da cogliere sta nel loro pieno coinvolgimento per ridisegnare nuovi processi decisionali.
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Come vincere la sfida del nuovo coronavirus di Eva Benelli, Donato Greco
FONTE SCIENZAINRETE
Segnaliamo l’intervista al Prof. Donato Greco, esperto in malattie trasmissibili, igiene e sanità pubblica, epidemiologia e biostatistica medica, e una delle figure di riferimento dell’epidemiologia e della prevenzione italiane, sull’attuale epidemia di coronavirus. Cosa sappiamo su SARS-CoV-2? Quanto interessa i più giovani? E cosa possiamo dire delle misure di contenimento adottate finora?
L’INTERVISTA ALLA FONTE SU SCIENZAINRETE
Guida Per L’integrazione Della Sicurezza E Salute Sul Lavoro (SSL) Nei Programmi Di Formazione Professionale. Settore Forestale E Della Produzione Del Legno – Di ILO
L’inclusione della formazione sulla SSL nei programmi di formazione sulla VT è all’ordine del giorno. Tutti gli attori coinvolti nella formazione e nel lavoro concordano sul fatto che è nei processi di formazione che dovremmo acquisire conoscenze, sviluppare competenze e interiorizzare l’identificazione dei rischi e i comportamenti di prevenzione sul lavoro.
Per consentire ai partecipanti ai processi di formazione, in particolare ai giovani, di adottare comportamenti lavorativi sani e sicuri, devono comprendere e valorizzare la loro importanza, associarli e applicarli nei diversi processi e momenti della loro pratica lavorativa, conoscere i loro diritti e doveri in questo campo e, soprattutto, identificano e agiscono per prevenire i rischi specifici a cui sono esposti sviluppando competenze in SSL.
L’obiettivo di questo opuscolo è offrire alcune linee guida pratiche agli insegnanti per facilitare il loro lavoro nel campo della SSL.
Le linee guida e i suggerimenti qui sistematizzati mirano a integrare la prevenzione dei rischi sul lavoro, la protezione e la promozione della salute nel settore della silvicoltura e della produzione di legno, tenendo conto anche delle peculiarità del pubblico destinatario: i giovani che sono partecipare a processi educativi.
Queste linee guida includono: Identificazione delle competenze che devono essere sviluppate dai partecipanti, Suggerimenti metodologici per l’integrazione, Analisi dei processi di lavoro identificando i rischi, errori comuni e sistematizzando le buone pratiche, Esempi di attività di apprendimento collegate a rischi diversi e un deposito di risorse a supporto dei processi di formazione .
La guida può essere scaricata dal sito web dell’OIL .
COR-RENAM Emilia Romagna: AMIANTO – Casi di Mesotelioma Report aggiornato al 31/12/2019
FONTE AFEVAEMILIAROMAGNA CHE RINGRAZIAMO
Bologna, 3 febbraio 2020
Pubblicato il rapporto del COR-RENAM Emilia-Romagna con i dati del Registro Mesoteliomi aggiornati al 31 dicembre 2019.
Il rapporto pubblicato, è stato completato con i dati relativi ai singoli territori dell’Emilia-Romagna sulla base di una richiesta della CGIL ER nell’ambito della Cabina di Regia del Piano Amianto.
Scarica il Report di aggiornamento semestrale del COR-Renam Emilia-Romagna _2019
L’analisi dei dati, è stata condotta sui 2.878 casi di mesotelioma maligno incidenti in cittadini effettivamente residenti in Emilia-Romagna alla data della diagnosi.
Il tasso di incidenza regionale per 100.000 abitanti (TIS), calcolato per il periodo 2014-2018 e standardizzato con il metodo diretto con la popolazione italiana 2000, è pari a 3,8 negli uomini e 1,1 nelle donne. Il tasso più alto negli uomini è stato registrato a Reggio Emilia (5,8) e nelle donne sempre a Reggio Emilia (2,3). Sono risultati superiori alla media regionale anche i TIS, per uomini e donne, a Piacenza, Parma e Reggio Emilia ; per le sole donne a Ferrara e per i soli uomini a Ravenna. La provincia di Rimini registra il tasso più basso per gli uomini (2,7), e quella di Forlì-Cesena il tasso più basso per le donne (0,4).
l MM conferma le sue caratteristiche di tumore raro con aumento dell’incidenza in entrambi i generi, registrato fino al 2012 e con primi segni di andamento stazionario negli anni successivi. In considerazione della sua pressoché totale letalità, questa malattia assume ancora rilevanza sociale con impatto superiore a quello degli infortuni mortali. I dati INAIL relativi agli infortuni mortali denunciati 2014-2018 (117, 108, 139, 124 e 123) mostrano, in effetti, un’occorrenza alquanto minore, 611 vs 752, rispetto all’incidenza dei MM (133, 151, 160 e 159 e 149), registrata dal ReM nello stesso periodo (cfr. Relazione Annuale 2018, ed. INAIL, Roma 26 giu 2019).
Nota 1: Il Registro Mesoteliomi rileva incidenza/esposizione ad amianto di questa temibile patologia neoplastica ad alta frazione eziologica professionale su tutto il territorio della Regione Emilia-Romagna dal 1996.
Istituito presso l’Ausl di Reggio Emilia, il suo responsabile scientifico è il Dott. Antonio Romanelli
Nota 2: L’incidenza può considerarsi pressoché completa per gli anni 1996-2018, mentre per il periodo successivo è in corso la rilevazione dei casi. Se si confronta questo rapporto con quello precedente del Giugno 2019 si può osservare che il dato 2018 è passato da 144 a 149 casi per effetto del completamento di alcune istruttorie in corso su specifici casi. Mentre il dato relativo del 2019 passa da 44 a 108.
In sostanza si può affermare che il numero di casi registrati si stabilizza dopo circa 1 anno , a causa del tempo necessario a compiere le istruttorie dei singoli casi. Il dato del 2019 lo si potrà valutare come stabilizzato, con piccolo margine di errore nel Report che sarà pubblicato fra un anno.
Australia : il sindacato dei lavoratori della sicurezza Workers Union si mobilita sui problemi della protezione dei lavoratori da Coronavirus
FONTE UNITEDWORKERS.ORG.AU
United Workers Union, il sindacato dei lavoratori della sicurezza, afferma che gli appaltatori al servizio dei principali aeroporti australiani hanno respinto le richieste dei loro lavoratori di adottare misure di protezione contro il coronavirus, scegliendo di mettere i profitti in vantaggio della sicurezza dei lavoratori.
Il personale dell’aeroporto, compresi gli ufficiali di stanza ai punti di controllo di sicurezza e gli addetti alle strutture, potrebbe non avere altra scelta se non quella di interrompere il lavoro, dopo che gli è stato detto che non gli è permesso indossare indumenti protettivi perché ciò farà sentire i clienti a disagio. In alcuni casi, i lavoratori che hanno presentato una richiesta di indossare una maschera sono stati minacciati di azioni disciplinari.
L’accesso all’igiene di base, come il sapone, è stato anche identificato dagli addetti alla sicurezza all’aeroporto di Sydney come una delle principali preoccupazioni. Il sindacato afferma che l’appaltatore Certis Security Australia non ha finora affrontato la questione.
Il portavoce della United Workers Union per i servizi immobiliari, Damien Davie, ha dichiarato: “È spaventoso e pericoloso non dare la priorità alla sicurezza del personale aeroportuale perché i datori di lavoro sono preoccupati di allarmare i clienti. La sicurezza dei nostri membri e del pubblico deve sempre venire al primo posto.
“Il coronavirus è una malattia potenzialmente letale. L’Organizzazione mondiale della sanità l’ha dichiarata un’emergenza sanitaria globale. Minacciare un’azione disciplinare per una richiesta di indossare una maschera non è solo irresponsabile ma immorale.
“Il personale aeroportuale si sta mettendo a rischio per assicurarsi che i nostri aeroporti possano rimanere aperti. È noto al pubblico che un paziente coronavirus ha viaggiato su un volo interno in Australia. I datori di lavoro devono riconoscerlo fornendo a tutto il personale le attrezzature di protezione necessarie per svolgere il proprio lavoro con un rischio minimo per il proprio benessere.
“Se le esigenze di salute e sicurezza di questi lavoratori non vengono soddisfatte, la United Workers Union indirizzerà i membri a cessare il lavoro anche se ciò significa mettere a terra ogni volo nel paese. Non staremo a guardare mentre i nostri membri sono esposti a questo orribile virus a causa del contatto diretto con i passeggeri da parte degli operatori di sicurezza dell’aeroporto. ”
ENDS
In Sindacato Unite denuncia il fatto che il suono del bus elettrico di New London potrebbe comportare pericoli per i pedoni….
foto Wikipedia
Fonte Unite
Unite, il più grande sindacato del Regno Unito e dell’Irlanda, ha avvertito che il nuovo suono scelto per gli autobus elettrici di Londra crea pericoli per gli utenti della strada e per i pedoni poiché non suona come un autobus tradizionale (orario di inizio dopo 15 minuti).
Suono dell’astronave
Il suono che viene seguito a gennaio è stato descritto come “come un’astronave” . Si sostiene che sia necessario un suono artificiale poiché gli autobus elettrici sono molto silenziosi e quindi possono potenzialmente causare pericoli per i pedoni non vedenti e ipovedenti.
Uniti sono stati inizialmente consultati l’anno scorso su alcuni suoni potenziali per gli autobus di Londra, ma hanno fermamente respinto quello suggerito dal momento che non sembravano un autobus.
Mancanza di consultazione
Non sono state effettuate ulteriori consultazioni e Unite, che rappresenta oltre 20.000 autisti di autobus di Londra, non era a conoscenza del fatto che il suono dell’ ‘”astronave” avrebbe iniziato a essere testato questo mese.
Scelta sbagliata
John Murphy, lead officer di Unite per gli autobus di Londra, ha dichiarato: “Unite riconosce che è fondamentale che i nuovi autobus elettrici emettano un suono chiaramente udibile per motivi di sicurezza.
“Tuttavia crediamo che il suono scelto sia potenzialmente pericoloso in quanto non suona come un autobus.
“In un mondo in cui le persone sono sempre più distratte quando si cammina, a causa dell’uso di dispositivi elettronici è essenziale che vi sia un suono chiaro e ovvio di un autobus londinese.
“Se le persone sentono il suono dell’astronave non penseranno ‘bus’ e potrebbero mettersi involontariamente in pericolo.
“Unite teme inoltre che i driver non siano stati ampiamente consultati in merito al nuovo suono e che sussistano potenziali dubbi sul fatto che lo possano distrarre o se ciò influirà sulla loro salute.
“Unite sollecita Transport for London a sospendere il lancio del nuovo suono, avviare una più ampia consultazione con tutte le parti interessate e concordare un suono simile a un autobus”.
Francia: un rapporto sullo stato della salute professionale dei vigili del fuoco
Un articolo apparso su ETUI il 28 ottobre 2019
FONTE ETUI
L’ANSES, l’Agenzia francese per l’alimentazione e la salute e la sicurezza sul lavoro, ambientale e professionale, ha appena pubblicato un rapporto che sintetizza le attuali conoscenze sulla salute professionale dei vigili del fuoco.
Il recente incendio nello stabilimento chimico di Lubrizol a Rouen (23 settembre 2019) ha rivelato in che misura i rischi relativi al lavoro di un vigile del fuoco vengono spesso trascurati. Sebbene elencati come uno stabilimento di livello superiore ai sensi della direttiva Seveso, circa 900 vigili del fuoco hanno affrontato l’incendio con dispositivi di protezione insufficienti. Secondo le informazioni pubblicate da ‘Le Monde’ il 16 ottobre 2019 , alcuni pompieri sono stati sottoposti a controlli biologici a seguito dell’incidente. Per almeno dieci di essi, gli esami del sangue hanno mostrato risultati anormali per il fegato, con livelli di transaminasi tre volte più alti del normale e interruzioni della funzionalità renale.
Il rapporto ANSES rivela che i vigili del fuoco sono esposti a una serie di fattori di rischio ogni giorno: esposizione a sostanze chimiche generalmente rilasciate dai prodotti in fiamme, nonché ad agenti biologici o persino fisici. Si trovano anche di fronte a vincoli organizzativi come il lavoro a turni e con vincoli psicosociali come l’esposizione alla violenza. ANSES sta redigendo un rapporto sui rischi per la salute associati all’estinzione degli incendi, facendo il punto sulle misure di prevenzione.
Al fine di compilare questo rapporto, ANSES ha organizzato una consultazione internazionale che consente di condividere il know-how delle agenzie di SSL in diversi paesi. Nove agenzie di Stati Uniti, Paesi Bassi, Finlandia, Norvegia, Canada e Regno Unito hanno contribuito a questo sondaggio.
Il rapporto non si limita a rivedere la nostra conoscenza dei rischi. Continua a presentare raccomandazioni volte a migliorare la prevenzione, nonché a identificare campi in cui abbiamo urgentemente bisogno di dati più sistematici. La relazione contiene un riassunto delle misure di prevenzione raccomandate in Francia e negli altri paesi partecipanti.
ANSES sottolinea il fatto che le attuali misure di prevenzione relative ai rischi chimici si concentrano principalmente sulla fase attiva della lotta contro l’incendio. Tuttavia, il rischio di esposizione a fumi tossici rimane presente anche quando l’incendio è stato spento, durante le fasi di monitoraggio, indagine e bonifica, nonché dopo che gli equipaggi sono tornati alla caserma dei pompieri, sotto forma di attrezzature e veicoli contaminati , fuliggine e l’acqua usata per combattere il fuoco. È necessario tenere maggiormente conto dei rischi cronici.
Per quanto riguarda i rischi psicosociali, ANSES ha scoperto che alcuni vigili del fuoco entrano nel servizio guidati principalmente dal desiderio di combattere gli incendi, senza essere consapevoli della dura realtà di un lavoro in cui la maggior parte delle chiamate coinvolge fornire assistenza di emergenza alle persone. Questa lacuna nella percezione dell’opera può generare sofferenza.
ANSES raccomanda l’introduzione di un database che centralizza i dati di controllo medico dei vigili del fuoco professionisti, militari e volontari, nonché un monitoraggio delle loro attività, al fine di migliorare le nostre conoscenze sulla salute dei vigili del fuoco francesi e la tracciabilità delle esposizioni e identificare le attività con i maggiori rischi. È importante che un simile database sia in grado di includere tutte le diverse attività dei vigili del fuoco professionisti, anche quando lavorano su base volontaria.
Infine, ANSES raccomanda l’effettiva introduzione di controlli medici per i vigili del fuoco che hanno lasciato i vigili del fuoco, al fine di prevenire meglio i rischi a lungo termine.
(Fonte: comunicato stampa ANSES e relazione)
Inail. Esposizione a micotossine aerodisperse: un rischio occupazionale?
Fonte : Inail.it
Numerosi studi epidemiologici riportano effetti sanitari dovuti a ingestione di alimenti contaminati.
Meno studiato è il rischio di contrarre patologie a seguito di inalazione di spore fungine o particelle di polvere contaminate, rischio che, per alcune attività, può essere consistente. I lavoratori a maggior rischio espositivo risultano quelli addetti alla raccolta di cereali, stoccaggio di materiale agricolo, carico e scarico (es. autotrasportatori), produzione e distribuzione di mangimi.
Il documento intende approfondire le problematiche connesse con l’esposizione a micotossine per via inalatoria e il loro impatto sulla saluto occupazionale.
Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail – 2019
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it
AiFOS: la comunicazione del rischio nelle situazioni di emergenza
Convegno gratuito
PESCARA
venerdì 11 ottobre 2019
ore 14.30 – 17.30
Palazzo di Città, Sala Consiliare
piazza Italia,1
SALUTI ISTITUZIONALI
Carlo Masci, Sindaco della città di Pescara
Marcello Antonelli, Presidente del Consiglio Comunale
APERTURA DEI LAVORI
Rocco Vitale, Presidente AiFOS
Silvana Bresciani, Presidente AiFOS Protezione Civile
1^ SESSIONE: LA COMUNICAZIONE EFFICACE
Carlo Zamponi, Consigliere Nazionale AiFOS, Docente a contratto Università degli Studi di LAquila
Stefano Maria Cianciotta, Docente di comunicazione di crisi, Università degli Studi di Teramo
Massimiliano Longhi, Disaster Manager e Formatore qualificato
2^ SESSIONE: LA COMUNICAZIONE NELLE SITUAZIONI DI EMERGENZA: CASI STUDIO
Donato De Carolis, Comandante CV (CP) Direzione Marittima di Pescara
Luca Verna, Comandante dei Vigili del Fuoco di Ascoli
Franco Pettinelli, Direttore della casa circondariale di Chieti
Anna Suriani, Dirigente Medico, Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ASL Lanciano – Vasto – Chieti
Silvio Liberatore, Dirigente Servizio Emergenza di Protezione Civile Regione Abruzzo
3^ SESSIONE: LA “CULTURA” DELLA COMUNICAZIONE
Leila Fabiani, Professoressa ordinaria di Igiene generale e applicata, Direttore del Corso di Laurea in “Tecniche della Prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro” Università degli Studi di L’Aquila
Stefano Necozione, Professore ordinario di Igiene generale e applicata, Direttore del Corso di laurea in “Scienze delle professioni sanitarie della Prevenzione” Università degli studi di L’Aquila
CONCLUSIONE DEI LAVORI
Lorenzo Fantini, Direttore dei Quaderni della Sicurezza AiFOS
A tutti i partecipanti al convegno verrà consegnato un attestato di presenza valido per il rilascio di 2 crediti per Formatori area tematica n.3 (comunicazione), RSPP/ASPP.
Inail: Illustrazioni delle dinamiche infortunistiche in cava. Dall’analisi alla prevenzione
fonte Inail.it
Dall’esame dei dati contenuti nell’osservatorio degli infortuni del Dipartimento prevenzione della Asl Toscana nord-ovest si è sviluppata l’idea di realizzare una pubblicazione che, partendo dall’analisi dell’accadimento infortunistico, proponesse una riflessione in chiave prevenzionistica.
Il testo vuole essere quindi il nuovo punto di partenza per informare e sensibilizzare tutti gli addetti ai lavori, dando valore alle esperienze passate per orientare buoni comportamenti futuri. All’interno vi sono le illustrazioni di 19 infortuni, avvenuti nel comparto delle cave di Massa Carrara tra gli anni 2006 e 2016. Al termine di ogni scheda è stato previsto uno spazio ‘appunti/riflessioni’ a disposizione del singolo utilizzatore per annotare osservazioni e suggerimenti per migliorare situazioni operative presenti nelle proprie aree di lavoro.
Prodotto: Opuscolo
Edizioni: Inail – 2019
Disponibilità: Si – Consultabile anche in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it
Esposizione solare e radiazioni UV, informazioni dalle Agenzie regionali per la protezione ambientale
da AMBIENTELAVORO
Il SNPA e le Agenzie regionali per la protezione ambientale propongono una serie di informazioni utili relative alle radiazioni ultraviolette (UV). Alcune agenzie forniscono bollettini di previsione dell’indice-UV e diffondono le previsioni delle radiazioni UV anche attraverso APP per smartphone e tablet.
La radiazione ultravioletta (radiazione UV) è quella porzione dello spettro elettromagnetico di lunghezze d’onda comprese tra 100 e 400 nm (nanometri) o, equivalentemente, tra 0,1 e 0,4 micron. Verso le lunghezze d’onda maggiori, la radiazione UV confina con la luce visibile di lunghezza d’onda più corta, percepita dall’uomo come viola, da cui la denominazione “radiazione ultravioletta”.
Gestion des déchets de nanomatériaux, une nouvelle publication de l’INRS
Prévenir les risques liés aux déchets de nanomatériaux manufacturés
L’INRS publie une nouvelle brochure pour aider les entreprises à prévenir les risques liés à la gestion des nanodéchets. Trois questions à Myriam Ricaud, experte en prévention des risques chimiques à l’INRS.
Vai alla pagina INRS dedicata alla Gestione dei rifiuti di nanomateriali
STOP ALLE AGGRESSIONI AL PERSONALE SANITARIO.
Una brochure prodotta da Funzione Pubblica Cgil nazionale.
La Premessa
La violenza nei luoghi di lavoro è ormai riconosciuta sin dal 2002 come un importante problema di salute pubblica nel mondo (World Health Organization, 2002).
Il National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH) definisce la violenza nel posto di lavoro come “ogni aggressione fisica,comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro”. Gli atti di violenza consistono nella maggior parte dei casi in eventi con esito non mortale, ossia aggressione o tentativo diaggressione, fisica o verbale, quale quella realizzata con uso di unlinguaggio offensivo.
Ogni anno in Italia si contano 1200 atti di aggressione ai danni dei lavoratori della sanità, che è come dire che il 30% dei 4mila casi totali di violenza registrati nei luoghi di lavoro riguarda medici infermieri ostetriche, farmacisti… insomma coloro che curano o si prendono cura dei cittadini. E nel 70% dei casi le vittime delle aggressioni sono donne.
La classifica dei luoghi maggiormente colpiti dalla violenza nel 2017: al primo posto troviamo i Pronto soccorso con 456 aggressioni, seguono i reparti di degenza con 400, gli ambulatori con 320, gli Spdc con 72 atti di violenza, le terapie intensive con 62, le aggressioni al 118 sono state 41, 37 invece quelle nell’ambito dell’assistenza domiciliare, 20 nelle case di riposo e, infine, 11 nei penitenziari. >>> segue
LEGGI LA BROCHURE ( 16 pagine . pdf )
Newsletter Medico Legale – Inca Cgil – numero 8 – 2019 – I rischi lavorativi nella saldatura (1)
Numero 8/2019
I rischi lavorativi nella saldatura
Si ricorda che con il termine saldatura (e processi correlati) “si intende l’unione, la separazione o il rivestimento di materiali di base metallici o termoplastici sotto l’azione del calore o della pressione, con o senza apporto di materiale (elettrodi a filo o a bacchetta, metalli o leghe per il riempimento del giunto saldato, ecc.)”. E il calore “è generato da una fiamma ossidrica o una corrente elettrica (arco voltaico)”.
Complessivamente esistono circa 140 processi di saldatura normati.
LEGGI LA NEWSLETTER MEDICO LEGALE INCA N° 8 – 2019
Lavoro e violenza. Riflessioni per la prevenzione. Quale ruolo per RLS-RLST-RLS di Sito (PRP 2015 – 2019)
FONTE C.I.I.P
Lavoro e violenza. Riflessioni per la prevenzione.
Quale ruolo per RLS-RLST-RLS di Sito
(PRP 2015 – 2019)
Hotel Cube – Via Luigi Masotti 2, Ravenna
giovedì 14 marzo 2019 – ore 8:30-12:30
Un altro importante appuntamento degli RLS Emilia Romagna
8:30 Registrazione dei partecipanti
8:45 Presentazione dei lavori
Andrea Marchetti – OO.SS. SIRS Ravenna
9:00 Origine e forme della violenza nel lavoro e indicazioni per la prevenzione
Marco Broccoli – Ausl della Romagna – UOPSAL
9:30 La gestione delle relazioni problematiche e dei comportamenti violenti, nel lavoro di cura
Federico Ricci – Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
10:00 Aspetti organizzativi per la prevenzione della violenza e delle aggressioni in ambito sanitario
Stefano Grandi – Collaboratore SIRS RER
10:30 Il ruolo dell’RLS in percorsi di prevenzione in specifici comparti: assistenza, trasporti, polizia municipale e altri
Carlo Sama – OO.SS. SIRS Ravenna
12:00 Discussione
12:30 Chiusura dei lavori
Franco Garofalo – OO.SS. SIRS Ravenna
Iscrizione al corso obbligatoria tramite il portale www.sirsrer.com .
Bloccare l’autorizzazione concessa alla società Edison Spa: lo chiedono i Gruppi civici della Bassa Romagna
FONTE EUROPAVIVA21
Il portavoce di Partecipazione sociale Gilberto Minguzzi e il portavoce di Alfonsine solidale Angelo Antonellini hanno scritto una Lettera aperta al Ministro dello Sviluppo Economico Luigi di Maio e al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa per bloccare l’autorizzazione concessa alla società Edison Spa ad operare nel sito di San Potito/Cotignola per lo stoccaggio sotterraneo di metano.
“La versione finale del decreto “semplificazioni” rafforza tutti gli interrogativi sorti recentemente in relazione alla richiesta di aumento della pressione dello stoccaggio del gas nel sito ex ENI di San Potito/Cotignola. – scrivono Minguzzi e Antonellini – In realtà il territorio investito si allarga a porzioni dei comuni di Bagnacavallo, Solarolo, Castel Bolognese, Faenza e soprattutto a buona parte del Comune di Lugo.”
“L’iter seguito non ha cambiato le cose per le attività di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo che continuano a rivestire “carattere di interesse strategico” e “di pubblica utilità, urgenti e indifferibili”, come previsto dall’operazione “sblocca Italia” varata dal governo Renzi l’11 novembre del 2014. Ormai è storia vecchia: “Edison Stoccaggio” aveva rilevato dall’ENI il giacimento esaurito per riempirlo di gas nel periodo estivo per poi svuotarlo nel periodo invernale, non nascondendo i risvolti economici dell’investimento che però si sono rivelati più ridotti: la capacità di stoccaggio non era di 400 milioni di metri cubi ma soltanto di 220. Inizia da qui il pressing della concessionaria per recuperare una capacità di stoccaggio in linea con le aspettative iniziali, fino alla richiesta di un aumento della pressione superiore a quella giudicata naturale di 200 bar (da subito del 7% e poi del 20%). Il tutto sulla base di un semplice “studio ambientale” commissionato da Edison Stoccaggio ad un’azienda di sua fiducia.”
Sintesi – Un metodo basato sui dati per valutare l’esposizione a sostanze pericolose nei luoghi di lavoro dell’UE
fonte osha.eu

La relazione di sintesi presenta i fondamenti di una metodologia basata sui dati, istituita per valutare l’esposizione a sostanze pericolose nei luoghi di lavoro dell’UE e per fare da base al monitoraggio delle tendenze e degli sviluppi di tale esposizione e dell’uso delle suddette sostanze.
Riassume la logica dell’approccio utilizzato – che abbina le fonti di dati pubblicamente disponibili con la valutazione e i contributi di esperti – per individuare e classificare in ordine di priorità le sostanze pericolose che destano preoccupazione.
La relazione illustra inoltre gli inconvenienti di questo metodo e suggerisce possibili miglioramenti e prossime fasi.
Legionella: il batterio, i lavoratori a rischio e la prevenzione
Indicazioni su una emergenza nel campo delle malattie infettive: la legionella. Il batterio e la sintomatologia, la contaminazione e la trasmissione, la prevenzione e la disinfezione. A cura di Pasquale Bernardo, Tecnico della Prevenzione.
Leggi l’articolo alla fonte: PUNTOSICURO.IT
Discussion paper on fumigated containers – access various language versions
FONTE OSHA.EU
The multi-language discussion paper explores the health risks that may occur when workers are exposed to fumigants and presents procedures and guidelines for safe practices when handling fumigated containers. It also gives an overview on legislation and relevant fumigants and how to measure them.
Find also a report on the topic
Discover more on how to manage dangerous substances in the current Healthy Workplaces Campaign
Presenza di Salmonella spp. ed Escherichia coli Extended- Spectrum Beta–Lactamases (ESBL) in un macello suino
Abstract
Introduzione: Escherichia coli e Salmonella sono tra i principali agenti di zoonosi, infezioni o malattie che possono essere trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l’uomo. Trattandosi di microrganismi ubiquitari e privi di particolari esigenze di crescita, si trasmettono prevalentemente attraverso la via oro-fecale, ad esempio mediante l’ingestione di alimenti contaminati. Negli ultimi anni, le infezioni causate da batteri antibiotico-resistenti risultano essere un serio problema per la salute pubblica, infatti, ogni anno nell’UE i batteri antibiotico-resistenti causano circa 25000 decessi.. (EFSA, 2016)
A tal proposito, diverse ricerche hanno mostrato che batteri appartenenti alla famiglia delle Enterobacteriaceae, come ad esempio E. coli, sono in grado di trasferire geni codificanti enzimi capaci di indurre resistenza ad alcune classi di antibiotici. (Giuseppe Miragliotta, 2009).
Metodi: Nel periodo tra agosto ed ottobre 2016 sono stati raccolti 60 campioni (30 di feci e 30 da carcassa) da suini allevati e macellati nella provincia di Reggio Emilia ed analizzati presso il laboratorio di Microbiologia degli alimenti dell’U.O. di Ispezione degli alimenti di O.A. (Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie, Parma). L’isolamento di Salmonella spp. è stato eseguito seguendo le indicazioni della norma ISO 6579:2008, mentre per l’isolamento di Escherichia coli ci si è riferiti a quanto previsto dalla norma ISO 16649-2:2001.
Risultati: Da un solo campione fecale è stato possibile isolare Salmonella spp., mentre Escherichia coli è stato riscontrato nella totalità dei campioni analizzati. I ceppi di Escherichia coli isolati sono stati testati mediante tecnica dell’agar-diffusione con dischetto per la ricerca di resistenze alle cefalosporine di III e IV generazione (ovvero produttori di ESBL). Dieci ceppi isolati su 30 hanno mostrato resistenza nei confronti delle molecole antibiotiche cefotaxime e ceftazidime. Dai campioni ottenuti dalle carcasse suine, sono sati isolate quattro Salmonella spp., mentre Escherichia coli ESBL sono risultati presenti in 10 campioni testati.
Discussioni: I risultati evidenziano che la diffusione di ceppi di Escherichia coli resistenti alle cefalosporine di III e IV generazione è un fenomeno importante. La presenza del patogeno Salmonella ssp. sulle carcasse mette in risalto l’importante ruolo dell’adozione di buone pratiche di gestione del sistema di autocontrollo, in sede di macellazione.
Full Text
ESRI: Lo stress legato al lavoro in Irlanda è raddoppiato in cinque anni
FONTE RTE (che ringraziamo)
di Ingrid Miley
Corrispondente dell’industria e del lavoro
Lo stress legato al lavoro tra i dipendenti in Irlanda è raddoppiato tra il 2010 e il 2015, secondo un nuovo studio dell’Istituto di ricerca economica e sociale , finanziato dall’Autorità per la sicurezza e la salute.
I suoi risultati suggeriscono che il 17% della forza lavoro ha subito uno stress nel 2015, dall’8% nel 2010 – uno degli aumenti più ripidi tra i dieci paesi dell’Europa occidentale esaminati.
Tuttavia, la cifra irlandese era ancora al di sotto della media del 19%.
Si riteneva che i dipendenti stessero vivendo stress da lavoro se riferivano di sperimentare lo stress “sempre” o “il più delle volte”, insieme alle reazioni allo stress come stanchezza generale, ansia e disturbi del sonno.
Tra il 2010 e il 2015, il numero di lavoratori irlandesi che hanno subito una o più reazioni di stress è salito dal 21% al 38%.
I lavoratori con maggiori probabilità di segnalare stress erano nel settore sanitario (18%), nella pubblica amministrazione (16%) e manifatturiero (15%) – mentre la vendita al dettaglio e la costruzione mostravano i più bassi livelli di stress.
Il 20% dei professionisti tecnici / associati segnalano stress, il 16% dei professionisti e il 14% dei manager.
È probabile che lo stress si innesca nei dipendenti irlandesi in base a richieste emotive, tra cui occuparsi di clienti o clienti arrabbiati o essere costretti a nascondere i loro sentimenti.
I lavoratori che hanno a che fare con tali richieste emotive hanno 21 volte più probabilità di sperimentare stress lavorativo rispetto a quelli senza tali pressioni.
Quelli sotto la pressione del tempo erano 10 volte più probabilità di sperimentare stress da lavoro rispetto a quelli senza scadenze ravvicinate.
I dipendenti esposti al bullismo, alle molestie e alla violenza avevano otto volte più probabilità di essere stressati rispetto a quelli in posti di lavoro senza tale esposizione.
Anche le ore di lavoro prolungate possono innescare lo stress – con chi lavora oltre 40 ore alla settimana il doppio delle probabilità di sperimentare stress lavorativo rispetto a chi lavora per 36-40 ore. Il limite legale è di 48 ore settimanali.
Quelli che sentivano di essere sottopagati per quello che facevano erano quattro volte più soggetti a essere stressati – mentre quelli impegnati in lavori fisicamente impegnativi avevano il doppio delle probabilità di soffrire di stress.
I lavoratori irlandesi erano anche più inclini a denunciare bullismo, molestie e altre forme di maltrattamento, ma erano meno propensi a subire una pressione del tempo.
L’indagine si è basata sui dati dell’indagine europea sulle condizioni di lavoro svolta nel 2010 e nel 2015.
Tra gli aspetti positivi, i dipendenti irlandesi hanno riportato livelli relativamente alti di supporto da parte di dirigenti e colleghi di lavoro.
L’ESRI afferma che la relazione condotta in collaborazione con l’HSA sottolinea l’importanza delle imprese irlandesi che hanno politiche in atto per affrontare lo stress sul posto di lavoro tra i dipendenti.
Cita le implicazioni per la salute dello stress, che possono includere malattie cardio-vascolari, depressione, oltre a conseguenze tra cui assenteismo, aumento del turnover del lavoro e riduzione del morale.
Tuttavia, solo il 40% dei datori di lavoro dispone di politiche per affrontare lo stress sul posto di lavoro.
L’ESRI afferma che è urgentemente necessario intervenire per affrontare i rischi psicosociali come il bullismo, le molestie e la violenza, nonché gli alti livelli di richieste emotive e la pressione del tempo.
L’autore Helen Russell ha esortato i datori di lavoro a gestire i rischi per prevenire i costi individuali e organizzativi significativi delle malattie legate allo stress.
Sharon McGuinness, CEO di HSA, ha affermato che la ricerca aiuterà a chiarire in che modo lo stress diventa un problema organizzativo e ha indicato gli strumenti online HSA per aiutare i datori di lavoro.
GB: Amazon trascura salute e sicurezza dei lavoratori
FONTE GMB UNION
(traduzione assistita con Google Translator )
Sicuramente non possono essere felici nel vedere i loro dipendenti portati via in ambulanza, quindi perché non fanno qualcosa a riguardo ? chiede il sindacato GMB.
Amazon ha respinto una richiesta congiunta di GMB e del Ministro ombra per una revisione indipendente della salute e della sicurezza per ridurre i 100 di richiami di ambulanze nei magazzini della società.
Ciòn è avvenuto mentre GMB organizza le proteste verso il Black Friday in tutto il Regno Unito per la rabbia contro le “condizioni disumane” per i lavoratori che lavorano nei magazzini.
Una dimostrazione si svolgerà presso Amazon Rugeley dalle 17:00 oggi al Tower Business Park, Power Station Rd, Rugeley, WS15 1LX
Jack Dromey, deputato di Birmingham Erdington e Ministro ombra per Lavoro e Pensioni, ed Emma Reynolds, parlamentare di Wolverhampton North East, la scorsa settimana hanno scritto a Lesley Smith, Director Public Policy di Amazon per il Regno Unito e l’Irlanda.
Le hanno chiesto di prendere in considerazione “un audit congiunto di sicurezza e salute da parte di Amazon e del GMB del deposito di Rugeley per garantire che le condizioni di lavoro siano tali da proteggere la salute, la sicurezza e il benessere dei dipendenti”. Hanno anche suggerito un incontro tra Amazon e il sindacato, ospitato dai parlamentari in Parlamento, per discutere i problemi.
La società non ha risposto.
Indagini GMB hanno rivelato che le ambulanze sono state richiamate nei magazzini di Amazon 600 volte negli ultimi tre anni finanziari [1] e 602 segnalazioni sono state fatte dai magazzini di Amazon all’Health and Safety Executive (HSE). [2]
Nel sito Rugeley di Amazon, le ambulanze sono state chiamate 115 volte negli ultimi tre anni, tra cui choc elettrici, sanguinamento, dolori al petto, traumi importanti e gravidanza / maternità. [2]
In un magazzino di distribuzione di supermercati di dimensioni simili a poche miglia di distanza, c’erano solo otto callout nello stesso periodo.
Mick Rix, funzionario nazionale della GMB, ha dichiarato:
“Sappiamo che Amazon ha uno spaventoso record di salute e sicurezza: le centinaia di chiamate alle ambulanze e le segnalazioni di incidenti ci dicono questo.
“Allora perché Amazon è così ansioso di evitare di rendere le cose più sicure per i loro lavoratori?
“Sicuramente non possono essere felici vedendo i loro impiegati portati via in ambulanza, quindi perché non faranno qualcosa a riguardo?
Jack Dromey, deputato di Birmingham Erdington, ha dichiarato:
“Il record di salute e sicurezza presso il deposito Rugeley di Amazon è davvero scioccante.
“Amazon sta mettendo a rischio la salute dei propri lavoratori.
“Abbiamo sollecitato la società a concordare un audit congiunto di salute e sicurezza con GMB.
“Il sindacato è d’accordo. Ci aspettiamo che Amazon faccia altrettanto, perché nessun datore di lavoro responsabile dovrebbe ignorare le prove di gravi mancanze che mettono a rischio i propri lavoratori.
“Il fatto che non hanno ancora risposto dopo una settimana è inaccettabile
Ufficio stampa GMB allo 07958 156846 o all’indirizzo press.office@gmb.org.uk
La salute ed il lavoro: come la crisi e la precarietà hanno modificato questo rapporto
FONTE C.I.I.P
Polo del 900, via del Carmine 14, Torino
giovedì 29 novembre 2018, ore 9:00-13:00
Convegno CIPES – Salute Piemonte
Coordina Andrea Dotti
Relazioni:
Giovanni Ferrero: Uno sguardo su un percorso
Angelo D’Errico: il ruolo dell’occupazione e delle condizioni di lavoro nella genesi delle disuguaglianze di salute
Roberto Di Monaco: La salute disuguale alla prova della crisi: fattori di vulnerabilità, resilienza e capacitazione.
Fabrizio Ferraris: Lavoro, precarietà: il ruolo degli S.Pre.S.A.L. nella tutela della salute dei lavoratori.
Claudio Calabresi: Cambia il lavoro: cambiano anche i rischi e i danni alla salute?
Fulvio Perini: Salute, occupazione e tempi del lavoro
Intervallo
Dibattito. Coordina Giovanni Ferrero
Partecipano:
Benedetto Terracini
Beppe Baffert
Elena Ferro (CGIL/CISL/UIL)
Roberto Rinaldi (U.I. Torino)
Carlo Torretta (C.N.A. Torino)
Conclusione e saluti: Nerina Dirindin
Lavorare in sicurezza con le sostanze chimiche in un’azienda farmaceutica
Segnaliamo dal sito dell’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro questo studio di caso

Questo studio di caso descrive l’approccio partecipativo adottato da un’azienda farmaceutica in Croazia al fine di gestire i rischi associati allo svolgimento di un’attività lavorativa che implica l’uso di sostanze pericolose.
La strategia per la salute e la sicurezza dell’azienda, che va ben oltre la legislazione nazionale e dell’Unione europea, prevede una valutazione dei rischi più approfondita, l’eliminazione, ove possibile, dell’uso di sostanze chimiche pericolose e l’adozione di misure tecniche per ridurre l’esposizione. Viene posta un’enfasi particolare sulle lavoratrici gestanti o in periodo di allattamento, dato che la maggior parte dei dipendenti sono donne.
La formazione e la sensibilizzazione nonché il coinvolgimento di tutto il personale in ogni fase dello sviluppo e dell’attuazione delle nuove misure per la sicurezza chimica costituiscono i fattori chiave che contribuiscono al successo di questa strategia di riduzione del pericolo.

Esperti, pubblico e media nella comunicazione del rischio: un dialogo senza speranza?
FONTE AMBIENTEINFORMA-SNPA
Articolo di Thomas Valerio Simeoni
Il tema del rischio ha assunto negli ultimi decenni una peculiare rilevanza nel dibattito sociale e scientifico, in particolare, in un contesto contrassegnato dallo spettro della guerra fredda e della catastrofe nucleare prima e dal nascere dei movimenti ambientalisti poi, a partire dagli anni sessanta del secolo scorso. Altrettanto evidente è il fatto che le società attuali, nelle quali si è raggiunto un livello di sicurezza sotto molti punti di vista maggiore che in passato, sono esposte, a differenza delle epoche premoderne, da una parte ai tradizionali pericoli rappresentati dalle catastrofi naturali e, dall’altra, all’inedita prospettiva delle catastrofi provocate dagli esseri umani, o comunque legate alle loro attività, ed all’impatto della tecnologia.
Secondo una formula coniata dal sociologo tedesco Ulrich Beck, la società contemporanea è una “società del rischio” (Beck 1986), nella quale, superata la preoccupazione riguardo la scarsità dei beni e la loro distribuzione, che aveva dominato la scena sociale ed economica del XIX e prima metà del XX secolo, il problema fondamentale è rappresentato dalla necessità di limitare i rischi prodotti dalla società stessa, che sempre più hanno portata globale e portano con sé lo spettro della minaccia alla sopravvivenza della stessa umanità.
Nel passaggio alla modernità, dunque, sempre più situazioni e stati di fatto vengono attribuiti alle scelte dell’uomo: «In contrasto con tutte le epoche precedenti (inclusa la società industriale) la società del rischio è caratterizzata essenzialmente da una mancanza: l’impossibilità dell’imputabilità esterna delle situazioni di pericolo» (Beck 1986).
Anche secondo il sociologo Niklas Luhmann l’evento dannoso viene percepito sempre più come esito delle decisioni umane e sempre meno come fatalità. Per Luhmann il tema del rischio è dunque rilevante perché pone «la questione di quale idea di razionalità, di decisione, di tecnica, di futuro o semplicemente di tempo è presupposta quando si parla di rischio, oppure, in modo ancora più fondamentale, di come concepiamo la nostra società se rendiamo il rischio, che una volta riguardava soltanto i marinai, i raccoglitori di funghi e in genere persone che si esponevano ai pericoli, un problema che non si può né evitare né aggirare» (Luhmann 1991).
Un ulteriore ambito con cui è possibile indagare il concetto di “rischio” è costituito dalla difficoltà rappresentata dai diversi sistemi, scientifici e non, di pervenirne a una univoca definizione. La riflessione sul tema del rischio, soprattutto quando si muove sul piano ambientale o in quello della medicina, sembra destinata a rimanere vittima di due opposte tendenze: quella “scientistica”, secondo la quale è possibile una valutazione oggettiva e di validità universale dei rischi, e quella “antropologica”, secondo la quale non solo non è possibile un calcolo oggettivo, ma dove il concetto di rischio è intriso delle credenze profonde e dei modelli culturali che caratterizzano specifici sottogruppi della popolazione (Vineis 1999).
Sul fronte, ad esempio, dell’immaginario, il rischio e la catastrofe sono sempre stati parte delle grandi narrazioni epiche: dalle antiche storie dell’umanità fino al moderno consumo dei prodotti dell’industria culturale, eroi classici e supereroi moderni popolano mondi minacciati da diluvi, invasioni, epidemie e altre catastrofi con le quali devono cimentarsi con prove eccezionali per affermare il proprio statuto.
Ne emerge un concetto di rischio polisemico, che non può mai approdare a un’unica definizione perché afferente a molteplici e diversi aspetti, di volta in volta applicati e adattati a specifici argomenti o contesti, generando due distinti piani del simbolico: il primo è quello scientifico, denotativo, legato all’osservazione empirica dei fenomeni ed al calcolo probabilistico, mentre il secondo rimanda al connotativo, cioè alle diverse dimensioni in cui/con cui l’immaginario produce le forme della sua rappresentazione (informative, narrative, mitiche, artistiche, performative ecc.) destinate a permeare l’identità dei singoli, le culture e la società stessa (Luhmann 1996).
Possono (e, se possono, come possono) allora sincronizzarsi le rappresentazioni polisemiche con cui i sistemi della società trattano il rischio e le sue conseguenze? Oggi la tecnica e la consapevolezza delle possibilità ad essa collegate hanno occupato il terreno che prima era della natura: è cresciuto il timore per le conseguenze distruttive della tecnologia e per il rischio che viene attribuito alle decisioni, è aumentata la dipendenza del futuro dalle decisioni, facendone non più una continuazione rassicurante del passato, ma una frattura rispetto a questo (Luhmann 1991). Continua a leggere “Esperti, pubblico e media nella comunicazione del rischio: un dialogo senza speranza?”
L’individuazione del garante della sicurezza nelle aziende complesse
SEGNALAZIONE
FONTE PUNTOSICURO.IT
Autore: Gerardo Porreca
Categoria: Sentenze commentate
01/10/2018: Nelle strutture aziendali complesse, ai fini dell’individuazione del garante della sicurezza e delle relative responsabilità, occorre fare riferimento al soggetto, datore di lavoro dirigente o preposto, espressamente deputato alla gestione del rischio.
Due sono i principi ormai consolidati in giurisprudenza che vengono richiamati dalla Corte di Cassazione in questa sentenza che ha riguardato una contravvenzione contestata al datore di lavoro e al direttore di cantiere di un’impresa di costruzione per avere messo a disposizione dei lavoratori un’attrezzatura non rispondente alle disposizioni di legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro ad essa applicabili. In tema di infortuni sul lavoro, ha ribadito la suprema Corte con riferimento al primo principio, la posizione di garanzia grava, ai sensi dell’art. 299 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, anche su colui che, pur non essendo stato formalmente investito, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro e ad altri garanti ivi indicati, sicché l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate che prevalgono, quindi, rispetto alla carica formale attribuita al soggetto. >>>>
L’ARTICOLO SEGUE ALLA FONTE PUNTOSICURO.IT
Relazione sullo stato di avanzamento sul divieto dell’amianto in Canada
FONTE: SEGRETERIATO INTERNAZIONALE PER L’ABOLIZIONE DELL’AMIANTO
28 settembre 2018
Quando si parla di amianto, il progresso non è mai lineare; sembra per ogni passo in avanti, ci siano due passi indietro. La situazione in Canada è un esempio calzante. Il periodo di consultazione sui piani canadesi per la messa al bando dell’amianto è stato completato e l’introduzione della legislazione per vietare l’uso di amianto è in programma. Tuttavia, la spina perenne del Canada rimane Quebec, l’antico cuore dell’amianto del paese dove interessi consolidati commerciali, politici ed economici si oppongono all’attuazione di restrizioni più severe 1 e alla legislazione per prevenire lo sfruttamento commerciale dei residui minerari. 2
Attualmente, lo standard del Quebec consente ai lavoratori di essere esposti a 1 fibra di amianto crisotilo per centimetro cubo (1f / cm 3 ); 10 volte superiore a quello consentito da Ottawa (0,1 f / cm 3 ) e 100 volte superiore a quello di Svizzera e Paesi Bassi (0,01 f / cm 3 ). 3 Una consultazione pubblica intrapresa più di 18 mesi fa dal Comitato del Quebec sugli Standard, Equity, Health and Safety (CNESST) per valutare l’inasprimento dei regolamenti del Quebec rimane impantanata con il premier Philippe Couillard del Quebec che esercita il doppio senso del servizio civile per spiegare i continui ritardi:
“La letteratura [scientifica] deve fare il collegamento tra questo livello e questo problema di salute. Dobbiamo seguire queste regole e soprattutto eliminarle in modo organizzato, sulla base di prove scientifiche. Ed è per questo che c’è un gruppo di lavoro su questo tema. ” 4
Anche all’interno della provincia del Québec alcuni lavoratori hanno ottenuto livelli più elevati di protezione dalle esposizioni di amianto rispetto ad altri. I “requisiti normativi rilassati” – o “adattamenti” come li chiama il CNESST – sono di routine per le ispezioni sul posto di lavoro nella ex regione mineraria dell’amianto di Chaudière-Appalaches, dove sono state esercitate pressioni sostenute per ridurre i costi operativi.
Continua a leggere “Relazione sullo stato di avanzamento sul divieto dell’amianto in Canada”
Lavaggio a secco o pulizia dell’acqua – Scheda INRS
SEGNALAZIONE
Una nuova checklist tecnica
L’INRS pubblica un promemoria tecnico dedicato alla stampa, un settore di attività in rapida evoluzione. Tre domande a Cosmin Patrascu, esperto in rischi chimici all’INRS.

Che cosa presenta questa nuova pubblicazione?
L’aiuto tecnico mémoire La pressatura. Il lavaggio a secco o la pulizia dell’acqua (ED 6308) presenta i rischi professionali presenti nelle lavanderie a secco, un settore che si è evoluto molto negli ultimi anni. Mentre la maggior parte di queste società utilizzava il percloroetilene per il trattamento dei tessili, i regolamenti hanno limitato o vietato l’uso di questa sostanza dal 2013. Nel 2022, tutte le macchine a base di percloroetilene situate in locali contigui ai locali occupati da parte di terzi, siano essi alloggi, negozi o uffici, saranno sostituiti da macchine che non utilizzano il percloroetilene. Attualmente esistono due percorsi alternativi per le macchine che utilizzano il percloroetilene: pulizia dell’acqua o solventi combustibili.
LA SCHEDA PROSEGUE ALLA FONTE INRS.FR
L’alga Ostreopsis ovata lungo le coste marchigiane
FONTE AMBIENTEINFORMA-SNPA CHE RINGRAZIAMO
Come avviene ormai ogni fine estate, anche nel 2018 la microalga unicellulare Ostreopsis ovata è giunta in fioritura lungo alcuni tratti della costa marchigiana, imponendo la chiusura degli stessi alla balneazione e per altre attività commerciali (raccolta mitili, vongole, ecc).
L’Ostreopsis d’altronde è presente ormai da diversi anni in Mediterraneo, comprese molte aree costiere italiane caratterizzate da fondali rocciosi.
Tale microalga è in grado di rilasciare, in caso di fioritura, una tossina identificata come ovatossina (simile alla palitossina, ma meno pericolosa per la salute umana). Le circostanze in grado di favorire la tossicità del bloom algale sono a tutt’oggi in fase di studio da parte di gruppi di ricerca internazionali: sono stati infatti segnalati episodi di tossicità con poche migliaia di cellule/litro, mentre fioriture con milioni di cellule/litro sono risultate innocue. L’inalazione di ovatossina e composti palitossina-simili prodotti dalla microalgae presenti nell’aerosol marino possono provocare fenomeni di intossicazione temporanei e rapidamente reversibili, come disturbi alle prime vie respiratorie e talvolta stati febbrili. Il contatto diretto invece può provocare congiuntiviti e dermatiti in bagnanti o persone che stazionano sulle spiagge durante intense fioriture. Continua a leggere “L’alga Ostreopsis ovata lungo le coste marchigiane”
Arezzo, tragedia sul lavoro all’Archivio di Stato
FONTE RASSEGNA.IT
Due impiegati morti intossicati da una fuga di gas. Solidarietà dei sindacati alle famiglie. “Non sono a rischio solo i tradizionali settori manifatturieri, ma anche gli altri”. La Fp Cgil accusa: mancati investimenti, tagli e “leggerezza” su sicurezza
Tragedia del lavoro, questa mattina ad Arezzo, dove due impiegati dell’Archivio di Stato hanno perso la vita in seguito alla fuga di un gas inodore, l’argon. Le due vittime (Piero Bruni e Filippo Bagni) erano scese in un ripostiglio per un controllo, dopo che era scattato l’allarme antincendio nell’edificio. Un terzo impiegato è intossicato.
“Quando è scattato l’allarme – ricostruisce l’agenzia Adnkronos – i due impiegati sono scesi nel piccolo locale dove si trova la centralina dell’impianto per verificare l’accaduto. Nel locale sarebbe avvenuta la fuga del gas che avrebbe saturato l’ambiente provocando la morte di due impiegati, caduti a terra dopo aver perso conoscenza. I colleghi di lavoro, insospettiti dal mancato rientro in ufficio di Bruni e Bagni, sono andati a cercarli. Sarebbe stato il centralinista ad avvisare un altro collega che è sceso nel locale e ha trovato i due impiegati distesi sul pavimento privi di sensi. Il terzo impiegato – ricostruisce ancora l’agenzia – ha risentito anche lui degli effetti dell’argon, ma è riuscito ugualmente a chiamare i soccorsi. In breve tempo sono arrivati i vigili del fuoco e i sanitari del 118 che hanno praticato sul posto il massaggio cardiaco, ma non c’è stato nulla da fare e i due impiegati sono giunti morti in ospedale. Il terzo impiegato è stato trasportato al pronto soccorso per accertamenti”.
L’articolo prosegue alla fonte su Rassegna.it
Un elettroshock su persone disarmate, è partita la sperimentazione del Taser
Fonte: Blog Lavoro e Salute
Repressione. In dodici città italiane viene introdotta l’arma che ha già suscitato proteste negli Stati Uniti, come racconta la maxi inchiesta di Reuters. Altissimo il rischio di abusi.
Un elettroshock su persone disarmate, è partita la sperimentazione del Taser
Da ieri una settantina di agenti in dodici città per i prossimi tre mesi (Milano, Napoli, Bologna, Torino, Firenze, Palermo, Genova, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Brindisi) avranno in dotazione una pistola che spara scariche elettriche. La pistola è comunemente chiamata Taser dal nome della prima ditta produttrice (che però oggi si chiama Axon Enterprise).
L’ESPERIENZA statunitense, fortemente contestata da Amnesty International, dall’American Civil Liberties Union, dai gruppi di advocacy americani Truth Not Tasers e Fatal Encounters, ha evidenziato come quest’arma a partire dal 2000 negli Usa sia stata potenzialmente mortale. Essa non è stata usata come alternativa meno violenta rispetto alle tradizionali pistole che sparano pallottole ma come più facile e meno faticosa alternativa alla parola, alle manette, all’opposizione fisica.
STRAORDINARIA per cura e ampiezza è la ricerca dei giornalisti della Reuters che la scorsa estate ha pubblicato sul web un’inchiesta approfondita sui danni collaterali da Taser. L’indagine giornalistica è stata costruita a seguito della visione di documenti giudiziari, rapporti di polizia, autopsie, certificati medico-legali e notizie di stampa locali. Dunque in un arco di tempo pari a circa sedici anni, oltre mille sarebbero state le persone morte negli Stati Uniti in scontri con la Polizia a causa dell’uso dell’elettroshock. In ben 153 casi la Reuters ha scoperto che i medici legali hanno esplicitamente citato la pistola Taser come causa della morte. In 442 casi di uso improprio della Taser sono state presentate denunce da parte dei parenti delle vittime che per ora sono costate, in termini di risarcimenti alle istituzioni o alle assicurazioni, ben 172 milioni di dollari.
QUESTO ACCADE perché con la pistola che spara scariche elettriche si colpiscono non persone armate pericolose (in questo caso nessuno farebbe a meno delle più tradizionali pallottole), ma uomini o donne giudicati agitati, che si muovono scompostamente, che si oppongono al fermo. Dunque va chiarito che il Taser è un’arma usata contro persone non armate.
EPPURE quando il fondatore della società Taser, Rick Smith, lanciò il prodotto nel mercato pazzo dell’America neo-liberale lo definì un prodotto sicuro, con rischi minimi. Ma le sue affermazioni sulla sicurezza non avevano alcun avallo scientifico. Il punto non è l’uso dell’arma su persone sane, ma su persone con pregressi problemi cardiaci o neurologici. E in tali casi che il rischio diventa letale. Douglas Zipes è un cardiologo che, come ricorda la Reuters, ha testimoniato in decine di cause contro l’azienda Taser. Ha ricordato come i test e le sperimentazioni scientifiche effettuate erano state del tutto inadeguate. Nel 2009 lo stesso Smith, dopo un decennio e una sperimentazione su cavie animali con problemi cardiologici, dovette ammettere che il Taser era potenzialmente letale. Continua a leggere “Un elettroshock su persone disarmate, è partita la sperimentazione del Taser”
Uso del taser, servono protocolli e formazione
Lo scorso 4 luglio il ministro dell’Interno ha autorizzato la sperimentazione – in queste ore in atto presso le questure di Milano, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Brindisi e Genova – della pistola a impulsi elettrici Taser modello X2. Il dissuasore elettrico Taser, utilizzato dalle forze di polizia di circa 107 Stati del mondo, ha la forma di una pistola: chi preme il grilletto ha la facoltà di rilasciare una scarica elettrica continua, che è di circa 30 mila-50 mila volt con bassi amperaggi, fino a cinque secondi. Poiché provoca stordimento, il dissuasore elettrico presenta rischi derivanti dalla caduta involontaria della persona colpita. Non solo. Se il destinatario del Taser è un soggetto cardiopatico o una donna incinta, il rischio è di alterazioni cardiache che possono portare a un arresto cardiocircolatorio. Continua a leggere “Uso del taser, servono protocolli e formazione”
FIOM – Giudizio per Lamina
FONTE FIOM-CGIL

I primi giorni di agosto, le cronache milanesi di alcuni giornali, hanno pubblicato le conclusioni delle indagini della Procura della Repubblica di Milano per la tragedia della Lamina del 16 gennaio scorso, ove morirono quattro operai. La Procura della Repubblica avrebbe richiesto il rinvio a giudizio del legale rappresentante dell’azienda con l’accusa di omicidio colposo plurimo, con l’aggravante della violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, in quanto si sono fatti operare i lavoratori “con negligenza, imprudenza, imperizia, e inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro”.
In particolare la Procura imputa alla società Lamina e al datore di lavoro i risultati della perizia che ha riscontrato la difettosità della centralina del forno e il condotto di erogazione del gas argon che ha avvelenato i lavoratori.
Inoltre si imputa alla azienda la mancata formazione dei lavoratori per fronteggiare i rischi derivanti dalla presenza di gas e la mancanza di maschere antigas.
I postini e le aggressioni dei cani …
Alcuni lavori espongono a rischi di aggressioni da animali domestici, in particolare cani. L’aggressione da parte di animali domestici riguarda i postini e i fattorini, tutti coloro che consegna a domicilio posta , merci, cibi. Dobbiamo tenere conto che con gli acquisti on line sono aumentate in modo considerevole le consegne a domicilio. Quali sono le misure per evitare agli operatori di essere aggrediti a morsi dai cani.
Cominciamo da una notizia di un paese lontano, il Canada ove il Sindacato dei portalettere e le Poste canadesi hanno predisposto corsi di formazione sulle modalità per evitare il contatto con gli animali .
Ai postini canadesi sono state fornite bombolette spray al peperoncino che tuttavia non risolvono il problema , anzi se non hanno un risultato immediato di neutralizzazione dell’animale aggressore, rischiano di peggiorare la situazione.
Ai proprietari di cani viene richiesto di chiudere i cani prima di aprire al postino o al fattorino. Se i proprietari non collaborano le Poste sospendono il servizio di consegna .
Abbiamo svolto una piccola ricerca sul web. Anche in Italia sono innumerevoli le aggressioni di cani ai postini e ai fattorini.
Riassumendo: per limitare i rischi occorre che i postini o i fattorini o riders debbono essere informati e formati su questi rischi e debbono avere un’adeguata copertura assicurativa.
Alcuni riferimenti
1) Postal worker suffers dog attack
2) Postini Orrore nel Siracusano: postino ucciso da tre cani
3) Quando il cane aggredisce il postino ne risponde il padrone.
4) Austria, troppi postini aggrediti da cani: ora porteranno con sé dei biscottini
Tra smartphone e apps un’idea per la promozione della cultura della sicurezza: ” Sicurezza che dolcezza …”
Presentiamo un’idea divenuta progetto per un utilizzo efficace e d intelligente dello smartphone al fine di promuovere la partecipazione dei lavoratori nella individuazione di rischi nell’ambiente di lavoro e di vita. Il progetto è work in progress, in questa fase viene presentato a responsabili per la sicurezza di diverse imprese.
E’ di Michele Assael l’idea dell’utilizzo dello smartphone, tramite un’app, come potente “protesi” che permette al lavoratore, alla lavoratrice di “fare vedere” aspetti di criticità del posto di lavoro ma non solo. Lo strumento può essere utilizzato anche come “occhio vigile” sui rischi presenti negli ambienti di vita.
Abbiamo affinato mano a mano il progetto ed ora siamo arrivati al livello prossimo alla fattibilità. Per questi motivi pubblichiamo la brochure che illustra il progetto. Chi fosse interessato al progetto ” Sicurezza che dolcezza …” può contattare Michele Assael michael.assael@gmail.com o Gino Rubini ginorubini@gmail.com
Editor
Problemi di salute nell’Autotrasporto: risultati di una indagine-studio
Newsletter Medico Legale Inca Cgil Numero 9/2018
Problemi di salute nell’Autotrasporto: risultati di una indagine-studio
Sull’ultimo numero della “Medicina del Lavoro” sono stati pubblicati i risultati del progetto “Tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti di società di autotrasporti”[1], progetto iniziato nel 2008 e che è stato parte integrante per lo sviluppo delle nuove linee guida per il settore dei trasporti stradali della Società Italiana di Medicina del Lavoro (SIML).
Il progetto aveva l’ obiettivo di raggiungere, attraverso la raccolta e l’analisi di dati biostatistici, una migliore comprensione delle malattie lavoro-correlate dei conducenti di camion e definire di conseguenza protocolli di sorveglianza sanitaria appropriati, promuovendo al contempo l’applicazione di stili di vita sani.
Nell’ambito dello studio sono stati valutati 673 autisti (età media 43,85 anni, SD 9,56, anzianità lavorativa media 27,28 anni, SD 10, 59), impiegati in 46 diverse aziende, tutti di sesso maschile.
L’articolo prosegue qui >>>>
HesaMag n°17: Sous le vernis, des professionnels de la beauté en danger

Le dernier numéro de HesaMag, le périodique de l’ETUI consacré à la sécurité et à la santé au travail, traite des conditions de travail dans l’industrie de la beauté.
Parce qu’ils doivent nous apporter du bien-être, les professionnels de la beauté sont rarement considérés comme des travailleurs à risques en matière de sécurité et de santé. Ceux qui prennent soin du corps des autres le font pourtant souvent au détriment de leur propre santé.
Très rares sont les travailleurs de la beauté à échapper aux troubles musculosquelettiques. L’usage quotidien de produits cosmétiques contenant des molécules chimiques allergisantes ou irritantes pour la peau leur cause de nombreux soucis de santé.
Le problème est particulièrement aigu dans les activités de manucure. Ces dernières années, la mode des ongles artificiels s’est diffusée un peu partout dans les pays industrialisés. Des salons de manucure à bas prix ont littéralement envahi certains quartiers des grandes villes. Des produits chimiques toxiques, notamment des solvants, y sont abondamment utilisés.
La réponse de l’Union européenne à ces menaces pour la santé de dizaines de milliers de travailleurs est insatisfaisante. Ainsi, la Commission européenne s’oppose avec fermeté à la transposition en directive d’un accord-cadre conclu par les partenaires sociaux européens en vue d’améliorer la sécurité et la protection de la santé dans le secteur de la coiffure. Par ailleurs, la législation européenne réglementant la commercialisation des produits cosmétiques protège avant tout les consommateurs, beaucoup moins les professionnels qui les manipulent au moins une trentaine d’heures par semaine.
Tous les articles parus dans le HesaMag n°17 sont disponibles ici en PDF.
INRS. ” Plateformisation 2027 Consequences de l’uberisation en santé et securité au travail”
Rendiamo disponibile il documento di base sul quale si è sviluppata il confronto tra esperti nel Convegno: ” Plateformisation 2027 Consequences de l’uberisation en santé et securité au travail” promosso dall’Istituto francese INRS. Il Convegno si è celebrato nel gennaio 2018.
Il convegno aveva come obiettivo coinvolgere i partecipanti nell’esercizio di immaginare gli effetti futuri che le trasformazioni organizzative e sociali del lavoro avranno sulla vita delle persone che vivono del loro lavoro. Come costruire contesti di lavoro più sicuri, meno rischiosi per la salute e la sicurezza dei lavoratori quando le forme tradizionali d’impresa vengono sostituite da piattaforme come Uber Amazon e le innumerevoli altre che recapitano a casa pizze o altri oggetti di consumo acquistati online ? Come si possono riaggregare per darsi forme di rappresentanza questi lavoratori subordinati il cui lavoro viene organizzato tramite app aziendali installate nei loro smartphone ? Dagli stessi smartphone i lavoratori di solito ricevono gli ordini di lavoro e quando non servono più anche la notifica del licenziamento. A quel punto l’app viene disattivata da remoto dall’azienda e il lavoratore diviene un altro dei tanti in cerca di un nuovo lavoro, di una nuova app da installare sul telefono …
Su quali principi si basano gli algoritmi che fanno funzionare queste piattaforme, quali sono gli effetti sulla salute e sulla sicurezza nel lavoro dei tanti che alla guida di mezzi più o meno precari portano pizze e stufati nelle case dei clienti ? Nel documento si prospettano per il futuro quattro tipologie di scenari. Scenari differenti in relazione al grado di partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici.
Invitiamo i lettori e le lettrici di Diario per la Prevenzione a leggere e studiare questo documento qui allegato perchè, sia pure con le necessarie cautele, a nostro parere, esso rappresenta un’importante traccia per sviluppare le iniziative di autotutela nel prossimo futuro.
Intervista ad Andrea Cerase, autore della monografia “Rischio e comunicazione. Teorie, modelli e problemi”
FONTE ARPATNEWS
Riproduciamo dalla fonte Arpatnews l’intervista ad Andrea Cerase che ringraziamo . editor
Intervista ad Andrea Cerase, autore della monografia “Rischio e comunicazione. Teorie, modelli e problemi”
Su Arpatnews abbiamo pubblicato una serie di interviste ad esponenti di associazioni ambientaliste, giornalisti, professionisti della comunicazione, esperti delle tematiche della trasparenza, per approfondire temi quali la comunicazione, l’informazione ambientale e processi partecipativi.
Rivolgiamo qui qualche domanda ad Andrea Cerase, dottore di ricerca in Scienze delle Comunicazioni, ricercatore all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e cultore della materia all’Università la Sapienza di Roma. Oltre agli studi sulla comunicazione e gli impatti sociali del rischio, si è occupato di giornalismo e del rapporto tra media tradizionali e digitali e fenomeni di discriminazione ed esclusione sociale. Tra le sue numerose pubblicazioni sui temi del rischio si segnalano la recente monografia “Rischio e comunicazione. Teorie, modelli e problemi” (Egea, Milano, 2017).
Il rischio ed il conseguente senso di paura ed incertezza condiziona ormai fortemente la vita e le scelte dei cittadini. Secondo i suoi studi, quali sono i motivi che hanno portato alla centralità del concetto di rischio nella società contemporanea?
La rilevanza e la centralità del concetto di rischio si devono all’emergere di una tipica contraddizione della modernità: da un lato, il sapere tecnico-scientifico ha enormemente ampliato il dominio dell’uomo sulla natura, che appare sempre meno inconoscibile e imprevedibile che in passato. Dall’altro, lo stesso sapere tecnico-scientifico si è rivelato – per usare una metafora di Otwin Renn – una sorta di Vaso di Pandora, in grado di generare pericoli completamente nuovi, imprevedibili e spesso persino inconoscibili.
In una simile situazione, il concetto di rischio sta emergendo come cornice interpretativa unificante, in grado di dare forma a qualsiasi manifestazione dell’incertezza del nostro tempo. Questa inedita centralità culturale del rischio può essere letta in diversi modi: una delle interpretazioni sociologicamente più plausibili attiene alla paura di perdere il controllo sulla continuità della propria esistenza e della propria biografia, in linea con l’idea di “sicurezza ontologica” proposta da Giddens.
Di fronte ad un mondo che produce inesauribili promesse di sicurezza, la possibilità di deragliare – non per propria volontà – rispetto alla prescritta linearità del corso della propria esistenza a causa di una malattia, o per un deterioramento dell’ambiente fisico e sociale, tende a produrre sconcerto, paura e indignazione. Non a caso le preoccupazioni che maggiormente agitano il dibattito pubblico sono quelle che riguardano rischi imposti piuttosto che quelli liberamente scelti, e quelli che gravano sull’individuo e sul suo immediato contesto di riferimento.