Una lettera della Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione ai Segretari nazionali Cgil Uil Landini e Bombardieri

La Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione scrive ai Segretari nazionali di Cgil e Uil Landini e Bombardieri sul tema salute e sicurezza nel lavoro nel nostro paese.

 

Ai Segretari Generali Landini e Bombardieri

Per scaricare il file pdf della lettera clicca QUI 

 

 

 

Israel accused of using AI to target thousands in Gaza, as killer algorithms outpace international law

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Natasha Karner, RMIT University

The Israeli army used a new artificial intelligence (AI) system to generate lists of tens of thousands of human targets for potential airstrikes in Gaza, according to a report published last week. The report comes from the nonprofit outlet +972 Magazine, which is run by Israeli and Palestinian journalists.

The report cites interviews with six unnamed sources in Israeli intelligence. The sources claim the system, known as Lavender, was used with other AI systems to target and assassinate suspected militants – many in their own homes – causing large numbers of civilian casualties.

According to another report in the Guardian, based on the same sources as the +972 report, one intelligence officer said the system “made it easier” to carry out large numbers of strikes, because “the machine did it coldly”.

As militaries around the world race to use AI, these reports show us what it may look like: machine-speed warfare with limited accuracy and little human oversight, with a high cost for civilians.

Military AI in Gaza is not new

The Israeli Defence Force denies many of the claims in these reports. In a statement to the Guardian, it said it “does not use an artificial intelligence system that identifies terrorist operatives”. It said Lavender is not an AI system but “simply a database whose purpose is to cross-reference intelligence sources”.

But in 2021, the Jerusalem Post reported an intelligence official saying Israel had just won its first “AI war” – an earlier conflict with Hamas – using a number of machine learning systems to sift through data and produce targets. In the same year a book called The Human–Machine Team, which outlined a vision of AI-powered warfare, was published under a pseudonym by an author recently revealed to be the head of a key Israeli clandestine intelligence unit.

Last year, another +972 report said Israel also uses an AI system called Habsora to identify potential militant buildings and facilities to bomb. According the report, Habsora generates targets “almost automatically”, and one former intelligence officer described it as “a mass assassination factory”.

The recent +972 report also claims a third system, called Where’s Daddy?, monitors targets identified by Lavender and alerts the military when they return home, often to their family.

Death by algorithm

Several countries are turning to algorithms in search of a military edge. The US military’s Project Maven supplies AI targeting that has been used in the Middle East and Ukraine. China too is rushing to develop AI systems to analyse data, select targets, and aid in decision-making.

Proponents of military AI argue it will enable faster decision-making, greater accuracy and reduced casualties in warfare.

Yet last year, Middle East Eye reported an Israeli intelligence office said having a human review every AI-generated target in Gaza was “not feasible at all”. Another source told +972 they personally “would invest 20 seconds for each target” being merely a “rubber stamp” of approval.

The Israeli Defence Force response to the most recent report says “analysts must conduct independent examinations, in which they verify that the identified targets meet the relevant definitions in accordance with international law”.

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Prime riflessioni sulla tragedia alla centrale idroelettrica di Bargi

 

 

 

La tragedia della centrale Enel di Suviana obbliga alla riflessione, all’umiltà e all’uso sobrio delle parole, con la ricerca di non scivolare nella retorica e nell’uso di parole consumate.

Perchè ancora una volta in pochi mesi si assiste ad una tragedia sul lavoro con lavoratori uccisi ? Ricordiamo la strage dei lavoratori dell’appalto travolti dal treno nella stazione di Brandizzo, gli operai travolti dal crollo del capannone in costruzione per Esselunga a Firenze e la tragedia della centrale Enel di Suviana.

Lavori in appalto di natura diversa e di diversa complessità non comparabili per le differenti professionalità coinvolte nella esecuzione dei lavori.

Il denominatore comune : si tratta di lavori in appalto affidati dalla stazione appaltante a filiere di aziende specializzate nella esecuzione e anche nella valutazione e gestione dei rischi specifici connessi alle loro competenze.

Dal punto di vista metodologico la valutazione e gestione accurata dei rischi specifici per lavorazione è affidata alla competenza dell’azienda esecutrice mentre i rischi di sistema o di sito dovrebbero essere valutati dalla stazione appaltante in collaborazione con il general contractor che ha responsabilità di coordinamento gestionale delle filiere di appalti e… subappalti.

Nel tragico evento di Brandizzo le “anomalie” nella gestione dei tempi di lavoro sicuri concordati per fare i lavori sul binario sono state , verosimilmente, la causa della tragedia.

Negli altri due casi occorre attendere le indagini della magistratura.

E’ tuttavia lecito proporre una revisione profonda della normativa degli affidamenti dei lavori in appalto ponendo in evidenza il fatto che l’affidamento ad una filiera di aziende specializzate non deve significare esternalizzazione delle responsabilità proprie della stazione appaltante per quanto attiene la sicurezza del sito o del sistema . Sarebbe bene che si definissero con precisione i ruoli e le responsabilità della gestione dei rischi interferenti da parte dei general contractor.

In altre parole, come abbiamo scritto più volte su questo sito, occorre concentrarsi su due grandi nemici della corretta valutazione e gestione dei rischi :

– la propensione delle grandi aziende a “esternalizzare” non solo i lavori che richiedono competenze e specializzazione ma anche le responsabilità di valutazione e gestione dei rischi di sistema e di coordinamento dei lavori dell’intera opera. Assai spesso manca da parte della stazione appaltante un’azione propria e adeguata di controllo della qualità delle procedure gestionali che hanno rilevanza per la sicurezza.

– la propensione all’interno delle filiere dei subappalti a pratiche operative basate assai spesso sull’informalità rispetto alle prescrizioni formali date dai capitolati e dalle procedure di sicurezza . Vi è un’abbondanza di pratiche informali “maligne” che sono favorite dalla lunghezza delle filiere dei subappalti e dalla mancanza di controlli di qualità delle stazioni appaltanti. E’ da questa subcultura dell’informalità per guadagnare tempo che hanno origine molti infortuni sul lavoro.

Non sappiamo quali siano state le cause prime della tragedia alla centrale Enel di Suviana, quello che sappiamo è che bisogna revisionare in profondità le norme riguardanti le pratiche di subappalto e che si faccia chiarezza sui limiti da porre rispetto ai processi di “esternalizzazione” delle responsabilità gestionali dei rischi per la sicurezza da parte delle stazioni appaltanti e dei general contractor.   Gino Rubini,  editor di Diario Prevenzione

Per la tragedia della centrale Enel di Bargi

Per la tragedia della centrale Enel di Bargi  Diario Prevenzione condivide il messaggio appello della Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione ( Snop.it) 

 

 

“Gli infortuni sul lavoro, come le patologie e le morti per malattia da lavoro ben più numerose, ci sono sempre stati. Negli anni ’50 del secolo scorso erano 3-4 volte di più e all’inizio di questo secolo sembrava che la curva a scendere fosse sensibile e potesse indurre all’ottimismo (se così si può dire per un fenomeno comunque intollerabile).

Negli ultimi tempi si sta invece assistendo a novità drammatiche, che non possono non far saltare valutazioni e previsioni. Oltre allo stillicidio giornaliero di morti (non “bianche”, si badi bene, la si faccia finita con questa terminologia ipocrita), 17 (probabili) morti in 3 luoghi di lavoro nel volgere di poco più di 7 mesi (a Brandizzo, a Firenze e ieri nella Centrale di Suviana) hanno in comune, oltre a evidenti differenze, una parola chiave: appalto, spesso “catene” di appalti, e progressive esternalizzazioni, e ne richiamano altre fondamentali: cultura d’impresa, responsabilità d’impresa, organizzazione del lavoro a misura del “capitale umano” e non solo del “capitale”.

E’ l’ora che su questo si faccia chiarezza, prima ancora di parlare di “controlli”. E ovviamente i controlli (da tempo progressivamente, e sempre più colpevolmente, decurtati) ci vogliono, come ci vuole/ci vorrebbe una politica di prevenzione, di rimozione dei rischi alla fonte, che affronti il problema della salute e sicurezza del lavoro non come un di più. Non ci sono soluzioni magiche né purtroppo a breve, anzi quelle prodotte dal governo con gli ultimi provvedimenti, fino al recente DL 19, sono lungi dall’essere soluzioni, sono estemporanee e pericolose deviazioni anche concettuali, del resto associate a messaggi come “lasciamo lavorare le imprese, leviamo lacci e lacciuoli”.

Tutto questo non può stare dentro un paese civile, che pure ha una Costituzione che ha indicato come diritti fondamentali la salute, il lavoro e quindi anche il lavoro in salute. E invece di lavorare per vivere, per molti il lavoro diventa morte. Lanciamo un appello a tutte le persone di buona volontà perché il paese sia attraversato da un moto di vergogna: piangiamo, sì, ma anche i coccodrilli piangono…. Soprattutto facciamo in modo che l’indignazione per tutte queste vite rubate si traduca questa volta in reazione collettiva duratura: un moto non di poche ore né di pochi giorni, che porti ad una riflessione e ad un approfondimento su cosa realmente si dovrebbe e si potrebbe fare, partendo dalla messa in atto di un confronto aperto e concreto che veda il concorso di tutti quelli che hanno responsabilità ma anche idee e competenze.

Da tempo, dopo la stagione del Decreto Legislativo 81/2008, sembra che i tavoli dove vengono assunte decisioni siano sempre più ristretti e accentrati, e vedano sempre meno presenti professionalità, competenze e sensibilità che dovrebbero invece essere preziose. Nel nostro piccolo, come diciamo da anni, chi ha lavorato e lavora “sul campo” idee e competenze ne ha, e le vorrebbe mettere a disposizione, umilmente ma con la consapevolezza che ce n’è bisogno. E’ giusto gridare “Adesso Basta”, come domani a Bologna, ma insieme dire “Cosa bisogna e cosa si può fare” e pretendere di essere ascoltati. Da subito. ”  fonte Snop.it

10 aprile 2024

Polluants éternels : le milieu marin n’échappe pas à la contamination par les PFAS

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Les PFAS peuvent voyager sur de très longues distances. Produits principalement dans les régions industrialisées en Europe, Amérique et Asie, ils se retrouvent jusque dans les organismes marins de l’Océan Indien (ici un banc de thons albacores).
Taquet Marc / Ifremer, CC BY

Wilfried Sanchez, Ifremer et Yann Aminot, Ifremer

En février 2023, le journal Le Monde a publié une vaste enquête sur la contamination de l’environnement par les PFAS, ces substances chimiques qualifiées de polluants éternels.

Les composés perfluoroalkylés et polyfluoroalkylés (PFAS) forment un groupe de plusieurs milliers de substances chimiques ayant la particularité d’être très persistantes dans l’environnement. En raison de leurs propriétés tensio-actives, de leur grande inertie thermique et de leur stabilité chimique, ils font l’objet d’un grand nombre d’usages domestiques et industriels, notamment dans les revêtements et enduits protecteurs, l’ameublement, l’habillement, les emballages alimentaires, les poêles antiadhésives, la cosmétique et les mousses extinctrices.

Un récent rapport de l’Inspection générale de l’environnement et du développement durable (IGEDD) fait un bilan de la contamination dans les eaux de surface et souterraines, mais aussi dans l’air et le sol. Le milieu marin, bien qu’il soit l’ultime réceptacle des contaminations terrestres, n’est pas abordé.

La question mérite donc d’être posée : l’océan et les organismes marins sont-ils contaminés par les PFAS ? Les données acquises par l’Ifremer (Institut français de recherche pour l’exploitation de la mer) permettent de commencer à répondre à ces questions.

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PFAS, le sostanze chimiche eterne con effetti cancerogeni sull’uomo

Fonte Dors che ringraziamo 

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) rappresentano una famiglia di sostanze ampiamente prodotte e utilizzate anche in Italia che desta preoccupazione per i possibili effetti sulla salute e sull’ambiente. Sono definite “eterne” per la loro persistenza e la loro alta resistenza alla degradazione ambientale. I PFAS sono utilizzati da decenni in rivestimenti antiaderenti, tessuti impermeabili, pesticidi, schiume antincendio, materiali per l’edilizia, prodotti per la pulizia e l’igiene personale. Si rimanda ad un precedente articolo per una descrizione più approfondita.

Ora occorre riparlarne per una recente valutazione della IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, che riconsidera e riclassifica 2 sostanze appartenenti alla famiglia dei PFAS: l’acido perfluoroottanoico – PFOA e l’acido perfluoroottansolfonico – PFOS.

 

La valutazione IARC

Un gruppo di lavoro di 30 esperti internazionali provenienti da 11 Paesi è stato convocato dal programma delle Monografie IARC e, dopo aver esaminato a fondo la vasta letteratura pubblicata, ha classificato il PFOA come cancerogeno per l’uomo (Gruppo 1) e il PFOS come possibile cancerogeno per l’uomo (Gruppo 2B).

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Inail . Progetto RECKON

Fonte Inail 

Riteniamo molto utile fare conoscere questo Documento Inail che rappresenta un Progetto importante per la sicurezza nelle PMI . Editor

 

 

Numero 23 – gennaio 2024

Il progetto RECKON, diretto alle PMI, ha scelto come caso studio il settore metalmeccanico-metallurgico per l’applicazione ed ha prodotto il modello e una prima versione prototipale di hub, inteso come “centro di connessione di una rete”, potenzialmente aperto a tutte le aziende, per l’analisi sistematica dei rischi e delle loro cause, nonché la comprensione degli stati e delle effettive interazioni operatore-macchina-ambiente (sintetizzati nel termine “contesto”) per le attività di monitoraggio, diagnostica e prevenzione gestite in modo integrato.

Immagine Volume 23 gennaio 2024

di Davide Accordini, Patrizia Agnello, Silvia M. Ansaldi, Stefano Arrigoni, Francesco Braghin, Enrico Cagno, Cinzia Frascheri, Emilia Lenzi, Davide Piantella, Manuel Roveri, Letizia Tanca, Gabriele Viscardi

Il quaderno contiene la rappresentazione generale del framework e definisce i contesti applicativi in cui è stato sviluppato il progetto, individuando tre case lab dove installare la piattaforma tecnologica e sensoristica. È presente la descrizione generale dell’architettura hardware e software sviluppata, e viene dettagliato il modello di riferimento (Context Dimension Tree) per la rappresentazione del contesto di infortunio, che tiene conto dei risultati delle analisi anche di banche dati Inail sugli infortuni, degli ambiti di lavoro considerati e delle soluzioni tecnologiche da implementare in azienda. Viene esposta la formalizzazione della sensoristica adottata e la definizione su planimetria della rete di sensori e della loro effettiva localizzazione, oltre che la fase di installazione vera e propria del sistema presso le aziende individuate. Si conclude con la presentazione dei risultati raggiunti dal progetto con le sperimentazioni nelle aziende selezionate come casi studio, attraverso una sintesi delle analisi condotte sui dati acquisiti dai sensori.

Prodotto: Volume – Collana Quaderni di ricerca
Edizioni: Inail – gennaio 2024
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Informazioni e richieste: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

La realtà della transizione verde

Fonte Znetwork
Articolo Z
Abbiamo bisogno di una trasformazione materiale

 

 

Qual è l’impatto ecologico della transizione energetica? Non lo sappiamo ancora. Ma la prospettiva iniziale è abbastanza cupa da ispirare un numero crescente di scettici della transizione che avvertono che il saccheggio del pianeta per salvare la civiltà umana porterà solo a ulteriori catastrofi. Il coro è vario. Alcuni scienziati avvertono che  non abbiamo abbastanza minerali  per fornire al mondo intero energia rinnovabile; gli esperti di geopolitica avvertono che una corsa alle risorse in un mondo scarso di risorse alimenterà  più conflitti , e i difensori dell’ambiente mettono in guardia contro l’  impatto devastante  che le miniere hanno sugli ambienti locali.

L’impronta materiale dell’umanità rappresenta  il 90% dei danni alla salute umana e alla biodiversità e tale impronta materiale è direttamente collegata alle nostre economie. Non c’è  modo di dematerializzare le nostre economie :  sono  materiali. Anche la tendenza alla digitalizzazione consuma materiali ed energia. Semplicemente, non possiamo negare la realtà materiale, e “rendere più verde” la nostra fornitura di energia aumenta enormemente la nostra impronta materiale. Un’impronta materiale più grande porta anche ai conflitti. Attualmente ci sono  4000 conflitti ambientali  nel mondo e il principale motore di questi conflitti è l’attività mineraria. I conflitti sono incentrati sui difensori dell’ambiente che combattono contro queste forze industriali e politiche. Viene da chiedersi come sarebbe il mondo se le uniche risorse a cui avessimo accesso fossero quelle del nostro giardino: sceglieresti di scavare le viscere del tuo giardino solo per inviare un’e-mail?  >>>

 

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Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico. L’appello di medici e scienziati

Fonte Scienzainrete che ringraziamo

Sintesi

Dal 1978, data della sua fondazione, al 2019 il SSN in Italia ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell’aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i Paesi ad alto reddito. Ma oggi i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali. Questo accade perché i costi dell’evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del PIL (meno di vent’anni fa).

Il pubblico garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il pubblico arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato. Progredire su questa china, oltre che in contrasto con l’Art.32 della Costituzione, ci spinge verso il modello USA, terribilmente più oneroso (spesa complessiva più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni). La spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e l’autonomia differenziata rischia di ampliare il divario tra Nord e Sud d’Italia in termini di diritto alla salute.

È dunque necessario un piano straordinario di finanziamento del SSN e specifiche risorse devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali. La allocazione di risorse deve essere accompagnata da efficienza nel loro utilizzo e appropriatezza nell’uso a livello diagnostico e terapeutico, in quanto fondamentali per la sostenibilità del sistema. Ancora, l’SSN deve recuperare il suo ruolo di luogo di ricerca e innovazione al servizio della salute.

Parte delle nuove risorse deve essere impiegata per intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni, e uno su tre è stato costruito prima del 1940. Ma il grande patrimonio del SSN è il suo personale: una sofisticata apparecchiatura si installa in un paio d’anni, ma molti di più ne occorrono per disporre di professionisti sanitari competenti, che continuano a formarsi e aggiornarsi lungo tutta la vita lavorativa. Nell’attuale scenario di crisi del sistema, e di fronte a cittadini/pazienti sempre più insoddisfatti, è inevitabile che gli operatori siano sottoposti a una pressione insostenibile che si traduce in una fuga dal pubblico, soprattutto dai luoghi di maggior tensione, come l’area dell’urgenza. È evidente che le retribuzioni debbano essere adeguate, ma è indispensabile affrontare temi come la valorizzazione degli operatori, la loro tutela e la garanzia di condizioni di lavoro sostenibili. Particolarmente grave è inoltre la carenza di infermieri (in numero ampiamente inferiore alla media europea).

Da decenni si parla di continuità assistenziale (ospedale-territorio-domicilio e viceversa), ma i progressi in questa direzione sono timidi. Oggi il problema non è più procrastinabile: tra 25 anni quasi due italiani su cinque avranno più di 65 anni (molti di loro affetti da almeno una patologia cronica) e il sistema, già oggi in grave difficoltà, non sarà in grado di assisterli.

La spesa per la prevenzione in Italia è da sempre al di sotto di quanto programmato, il che spiega in parte gli insufficienti tassi di adesione ai programmi di screening oncologico che si registrano in quasi tutta Italia. Ma ancora più evidente è il divario riguardante la prevenzione primaria; basta un dato: abbiamo una delle percentuali più alte in Europa di bambini sovrappeso o addirittura obesi, e questo è legato sia a un cambiamento – preoccupante – delle abitudini alimentari sia alla scarsa propensione degli italiani all’attività fisica. Molto va investito, in modo strategico, nella cultura della prevenzione (individuale e collettiva) e nella consapevolezza delle opportunità ma anche dei limiti della medicina moderna.

Molto, quindi, si può e si deve fare sul piano organizzativo, ma la vera emergenza è adeguare il finanziamento del SSN agli standard dei Paesi europei avanzati (8% del PIL), ed è urgente e indispensabile, perché un SSN che funziona non solo tutela la salute ma contribuisce anche alla coesione sociale.

Firmato:

Ottavio Davini, Enrico Alleva, Luca De Fiore, Paola Di Giulio, Nerina Dirindin, Silvio Garattini, Franco Locatelli, Francesco Longo, Lucio Luzzatto, Alberto Mantovani, Giorgio Parisi, Carlo Patrono, Francesco Perrone, Paolo Vineis

Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico

In Italia una delle più grandi conquiste della Repubblica è il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che ha contribuito significativamente a migliorare prospettiva e qualità di vita e a ridurre le disuguaglianze socioeconomiche.

Negli ultimi decenni, in un contesto di marcato miglioramento delle condizioni generali di salute della popolazione mondiale, l’Italia si caratterizza per il maggior incremento – tra i Paesi ad alto reddito – dell’aspettativa di vita, passata da 73,8 a 83,6 anni tra il 1978 (che è l’anno di creazione del SSN) e il 20191. Ma se segnali preoccupanti si percepivano già prima del 2019, dopo la pandemia molti dati dimostrano che il sistema presenta inequivocabili segni di crisi: frenata o arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente – e talora insostenibile – di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali, per citare solo i problemi più importanti.

Quali sono le cause principali? L’inarrestabile evoluzione tecnologica, con il conseguente incremento dei costi, l’invecchiamento della popolazione e il mutamento degli scenari delle malattie, congiuntamente all’inflazione e alle difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato circa il 6,2% del PIL2, meno di quanto (6,5%) accadeva 20 anni fa. Oltre al divario tra costi crescenti e finanziamento decrescente e a un carico di inefficienza e inappropriatezza, manca un vero dibattito sul nesso tra sostenibilità e diritto alla salute.

1. Possiamo fare a meno del SSN?

I Servizi Sanitari universalistici come quello italiano sono stati colpiti duramente dalla crisi economica del 2009, e in alcuni casi (Grecia, Spagna, Portogallo) hanno ridimensionato grandemente il ruolo del pubblico a favore del privato (con una conseguente crescita della spesa sanitaria direttamente a carico dei cittadini)3. Dal sistema pubblico viene ancora garantita a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per un’altra parte dell’assistenza (visite specialistiche, accertamenti diagnostici, piccola chirurgia) la popolazione è costretta a rinviare gli interventi o indotta a ricorrere al privato e alle assicurazioni. Progredire su questa china, oltre a essere contrario al dettato costituzionale (Art. 32)4, potrebbe portarci verso il modello USA, che è chiaramente il più oneroso (spesa media più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni)5,6. Noi crediamo che i cittadini non vogliano scegliere questo scenario. >>>

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Conferenza delle Regioni.” POSIZIONE SULLO SCHEMA DI CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 2 MARZO 2024, N. 19 RECANTE “ULTERIORI DISPOSIZIONI URGENTI PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR)”

 

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per scaricare il Documento della Conferenza delle Regioni clicca QUI 

 

Nota di Editor

 

Riteniamo importante socializzare questo documento della Conferenza delle Regioni sul tema : ” POSIZIONE SULLO SCHEMA DI CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 2 MARZO 2024, N. 19 RECANTE “ULTERIORI DISPOSIZIONI URGENTI PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR)”Parere, ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 Punto 3) Odg Conferenza Unificata.

La pratica reale di questo governo è quello dei tagli al Servizio Sanitario Nazionale con la sottrazione di parte  della quota del PNRR destinato alle Regioni per il  SSN. E’ poi esemplare il rilievo delle Regioni per quanto attiene i Servizi di prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro delle Asl  per i quali non è previsto alcun trasferimento di risorse ( vedi il paragrafo specifico a pag.na 4 del documento). In modo palese nel D.L 19  il governo opera un ribaltamento istituzionale  non concordato ponendo in posizione subalterna i Servizi di Prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro rispetto a INL, Carabinieri e Inail.

Dietro il paravento risibile della propaganda per la cosiddetta ” autonomia differenziata” la pratica reale del governo è quella della centralizzazione burocratica delle funzioni e delle competenze dello Stato e al contempo  della continuità nel definanziamento cronico  del SSN fino a metterne in discussione la sopravvivenza . editor

 

PFAS – Rassegna stampa aggiornata al 3 aprile 2024 –

Articoli apparsi su diverse fonti d’informazione aggiornamento al 2 aprile 2024

Ecco come 3M ha chiuso la storia dei Pfas nell’acqua potabile

https://www.startmag.it/economia/ecco-come-3m-ha-chiuso-la-storia-dei-pfas-nellacqua-potabile/

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Cosa contengono le nuove norme dell’Ue per ridurre le emissioni nocive dell’industria

https://economiacircolare.com/emissioni-industriali-ue/

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Così la pressione dell’industria ha convinto Bruxelles a una marcia indietro sul divieto ai Pfas

https://ilsalvagente.it/2023/07/12/lo-scoop-del-guardian-la-pressione-dellindustria-sta-spingendo-lue-a-vietare-solo-il-10-dei-pfas/

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Regolamento sui gas fluorurati

Emendamenti del Parlamento europeo, approvati il 30 marzo 2023, alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui gas fluorurati a effetto serra, che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e che abroga il regolamento (UE) n. 517/2014 (COM(2022)0150 — C9-0142/2022 — 2022/0099(COD)) (1)

(Procedura legislativa ordinaria: prima lettura)

(2023/C 341/07)

Il TESTO WORK IN PROGRESS

 

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I “Forever chemicals” tra salute pubblica, lobbies e industria bellica. Speciale PFAS

 

 

 

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Documentazione Istituzionale

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA

sulle attivita` illecite connesse al ciclo dei rifiuti

e su illeciti ambientali ad esse correlati – 2018

COMMISSIONE PLENARIA:

Sulla pubblicità dei lavori …………………………………………………………. 3

Seguito dell’esame della proposta di relazione di aggiornamento sull’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in alcune aree della regione Veneto (Relatori: sen. Orellana, on. Palma) (Seguito dell’esame e conclusione) ……………………….. 4

ALLEGATO 1 (Relazione di aggiornamento sull’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in alcune aree della regione Veneto) ………

Il Documento

 

INRS . Actualités en santé au travail. 36e congrès de la SHMTAIA. Saint-Malo, 12-13 octobre 2023

Riteniamo utile la socializzazione di questo documento ove si illustrano gli interventi di promozione della salute nel settore dei meccanici del settore manutenzione dell’aeronautica francese . 
Sont résumées ici les interventions portant sur l’activité physique, la santé mentale, la surveillance biologique des expositions, la loi Jardé, les TMS chez des mécaniciens de l’aéronautique.
Date : 2024
Type de document : Article de revue
Référence INRS : TD 310 (Suivi pour vous)

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Le guerre e il riarmo generale stanno accantonando le azioni necessarie per affrontare il cambiamento del clima, dove stiamo andando ? Podcast di Diario Prevenzione – 3 marzo 2024 – Puntata n° 118

 

 

Un podcast senza fronzoli a cura di Gino Rubini

– Droni e missili per incinerire operatori umanitari, una tragedia dei nostri tempi tristi
– Una buona notizia. Valutazione e Comunicazione del Rischio in Sicurezza Alimentare Un manuale di grande utilità
– USA. Le donne bevono fino alla nausea. L’amministrazione è preoccupata per il costo delle cure
– L’Antropocene esiste già nelle nostre teste, anche se ormai ufficialmente non è un’epoca geologica

– PFAS, PFOS …e dintorni

 

Buon Ascolto !

Valutazione e Comunicazione del Rischio in Sicurezza Alimentare – Un manuale di grande utilità

Segnaliamo questo manuale sulla valutazione e comunicazione del rischio in Sicurezza Alimentare, uno strumento utile  erga omnes, dall’uso individuale a quello degli operatori della ristorazione collettiva.  

Maria Longeri (a cura di)
Università degli Studi di MilanoaORCID logo http://orcid.org/0000-0001-7863-1855

La Scheda fonte: Libri Unimi

Scheda

Il volume, per il suo approccio didattico e divulgativo, è adatto a chi intende avvicinarsi per la prima volta alla materia della valutazione del rischio in sicurezza alimentare. Vi si descrivono le conoscenze e le competenze necessarie per un’efficace valutazione e comunicazione del rischio, a partire dal corpo normativo e dallo scenario internazionale in cui queste sono inserite. Vengono inoltre indicati i percorsi formativi di base e i supporti economici per conseguirli. I capitoli sono scritti da specialisti di grande professionalità ed esperienza, sono ben integrati nello sviluppo dell’argomento, ma al tempo stesso sono leggibili indipendentemente e corredati ciascuno da un aggiornato supporto bibliografico e sitografico. Il volume è un ottimo punto di partenza per approfondimenti specialistici e permette una facile comprensione generale dell’argomento e delle azioni che l’Italia e l’Unione Europea hanno in atto per fronteggiare, in modo coordinato ed efficace, le sfide sanitarie globali dei prossimi anni.

Per sfogliare  e scaricare  il volume in formato PDF clicca  QUI 

 

 

 

 

Mujeres están bebiendo hasta enfermarse. A la administración le preocupa el costo de la atención

Per leggere l’articolo tradotto in italiano clicca l’icona blu google translate  (la quarta da sinistra in fondo all’articolo)   . Per un uso professionale e/o di studio raccomandiamo  di fare riferimento al testo originale.

 


Una mañana de hace casi 10 años Karla Adkins se miró en el espejo retrovisor de su auto y advirtió que el blanco de sus ojos se había vuelto amarillo.

En ese entonces tenía 36 y trabajaba como médica de enlace para un sistema hospitalario de la costa de Carolina del Sur ayudando a fortalecer los vínculos entre los médicos.

Desde sus 20 años, había estado luchando en secreto contra el consumo excesivo de alcohol, convencida de que la ayudaba a calmar sus ansiedades.

Adkins comprendió que ese color amarillento de sus ojos era producto de la ictericia. Aun así, no imaginó que fuera posible que le diagnosticaran una enfermedad hepática relacionada con el abuso de alcohol.

“Sinceramente, mi mayor temor era que alguien me dijera que no podía volver a beber”, contó Adkins, que hoy vive en Pawleys Island, una ciudad costera a unas 30 millas al sur de Myrtle Beach.

Pero la bebida ya había afectado su salud y, menos de 48 horas después de su descubrimiento en el espejo retrovisor, Adkins fue hospitalizada por una falla hepática. “Fue muy rápido”, recordó.

Históricamente, las enfermedades vinculadas al abuso del alcohol han afectado más a los hombres. Pero datos actuales de los Centros para el Control y Prevención de Enfermedades (CDC) muestran que las tasas de muerte por esta causa están aumentando más rápido entre las mujeres que entre los hombres.

La administración Biden considera alarmante esta tendencia. Una estimación reciente predice que, en Estados Unidos, para 2040, las mujeres representarán casi la mitad de los costos de las enfermedades hepáticas asociadas al alcohol; lo que supone un gasto total de $66,000 mil millones.

Se trata de un tema prioritario para el Departamento de Salud y Servicios Humanos (HHS) y el Departamento de Agricultura (USDA), que el año próximo publicarán juntos directrices dietéticas nacionales actualizadas.

Pero dado que el marketing de las bebidas alcohólicas se dirige cada vez más a las mujeres y que el consumo social de alcohol es ya una parte importante de la cultura estadounidense, no es un cambio que apoye todo el mundo.

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The Anthropocene already exists in our heads, even if it’s now officially not a geological epoch

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Kevin Collins, The Open University

An international subcommittee of geologists recently voted to reject a proposal to make the Anthropocene an official new geological epoch, defined by humanity’s enormous impact on the planet. Assuming some protests do not overturn the ruling, it will now take another decade for the decision to be reviewed.

That may seem a long time given climate change concerns, but it is of course far less than a blink in planetary terms. The Earth can certainly wait, even if we can’t.

But sometimes big ideas like the Anthropocene take time to find meaning in our lives and perhaps their answer. How do I know? Let me tell you a story.

Nine years ago, I was in Munich visiting friends. We went on a family outing to the Deutsche Museum, a world class celebration of technology and engineering in a vast building on an islet of the River Isar. The entrance was framed on either side by very tall vertical banners, fluttering in the breeze.

Each blue-green banner had an image of the Earth with a thumbprint overlay. And in bold white lettering, variously: “Welcome to the Anthropocene / Willkommen in Anthropozän”. The subtitle read: “The Earth in Our Hands”.

Banner saying 'Welcome to the Anthropocene'
Willkommen.
Kevin Collins

I had to forgo the exhibition because my family wanted to see just about everything else. But even as I stood on the steps at the entrance, with my young son clutching my hand, it struck me as a curious title.

Why would anyone welcome anyone to the Anthropocene? Who would really want to go to that party? The invitation was, well, distinctly uninviting.

Why ‘welcome’?

I have thought about this troubling invitation on and off in the intervening years. Was “welcome” being ironic or even cynical perhaps – an invitation of despair and inevitability? But that contradicted the ethos of the museum and the academic Rachel Carson Centre which co-hosted the exhibition, where insight, learning and practical science are celebrated. So my question has remained: why “welcome”?

I finally realised an answer during a recent conversation with my PhD student Houda Khayame who is building on work between myself and colleague Ray Ison to explore how systems thinking and acting in the Anthropocene might improve governance of our environment. We were talking about how geologists have been searching for a “golden spike” in the mud or soil or Earth’s geological record as evidence of the Anthropocene ever since the term was popularised in 2000.

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Spanish inmates not to be automatically monitored in fear of AI Act

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Fonte : Algorithm Watch

Autore : By Martí Blancho

 

Spanish region Catalonia’s government approved the use of an Artificial Intelligence-based software to monitor inmates and interpret their behavior. Partially funded by the European Union, the system was to be implemented at the Mas d’Enric prison near Tarragona, a city south of Barcelona, and extended to other regional prisons. Ultimately, it wasn’t.

The halt to the system’s implementation came as a surprise even to government members. In January 2024, Catalan government’s Justice Advisor Gemma Ubasart announced in a plenary session that “the public administration could not be oblivious to the debate” around the new European regulation on Artificial Intelligence – the AI Act was ratified by the European Parliament in March – and that it was “more prudent not to continue with this project.”

Eight months earlier, the justice department had launched a pilot project in the Mas d’Enric prison and allocated 200,000 euros to the French company Inetum that was supposed to supply the software. The illustrative timeline of the public tender stated that the training phase would start in October 2023. However, the project never reached that stage.

The regional Department of Justice (DOJ) claims that the project was in a “very preliminary planning phase” and “had not yet been implemented.” In fact, there was still “a data protection impact analysis” pending when the administration began the contract termination process, as briefly explained in response to our freedom of information (FOI) request.

The DOJ did not provide further details on the algorithmic models used, the databases to which they would have access, or the data that would have been used to create the risk profiles. The department justifies its refusal on the grounds that “the program has not yet been developed,” making it seem like the administration had only a rough idea of how it would work.

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