Fonte: C.I.I.P
REGIONE MARCHE
Nel 2017 la Regione Marche ha pubblicato le “Indicazioni operative per i luoghi di lavoro che promuovono salute”. settembre 2017
In allegato il documento e gli atti deliberativi che lo hanno preceduto
Selezione di notizie, informazioni, documenti, strumenti per la promozione della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita. Diario Prevenzione è online dal 1996. Progetto e realizzazione a cura di Gino Rubini
Fonte: C.I.I.P
REGIONE MARCHE
Nel 2017 la Regione Marche ha pubblicato le “Indicazioni operative per i luoghi di lavoro che promuovono salute”. settembre 2017
In allegato il documento e gli atti deliberativi che lo hanno preceduto
Gli ospedali londinesi dicono che rivedranno le loro politiche che richiedono operatori di assistenza in prima linea per ottenere una vaccinazione antinfluenzale o indossare una maschera protettiva durante la stagione influenzale alla luce della decisione di un arbitro del lavoro secondo cui tali politiche non hanno dimostrato di rendere i pazienti più sicuri.
L’articolo prosegue alla fonte CBC
Pubblichiamo la Relazione introduttiva unitaria alla Riunione dei quadri sindacali Cgil Cisl Uil impegnati sulle problematiche dell’amianto. E’importante che sul tema amianto le OO.SS abbiano una posizione unitaria a tutela dei lavoratori già esposti e rispetto ai rischi di una reintroduzione dell’amianto in alcuni cicli produttivi ( vedi le posizioni dell’Amministrazione USA in materia ) .
Riunione quadri sindacali Cgil Cisl Uil impegnati sulle problematiche dell’amianto
Roma, 5 settembre 2018
Relazione introduttiva unitaria
Angelo Colombini
Segretario Confederale Cisl Nazionale
Lo studio in oggetto sarà pubblicato in un libro di prossima pubblicazione (The perils of perception: why we are wrong about nearly everything), firmato dal direttore Ipsos nel Regno Unito Bobby Duffy, che andrà presto a dirigere il Policy Institute del King’s College di Londra. Il tutto si fonda su un’amplissima base di dati: 28 domande e 50mila interviste condotte in 13 Paesi, quelli inseriti fin dall’inizio da Ipsos all’interno della serie d’indagini Perils of perception, volta a indagare la distanza tra percezione dei cittadini e realtà dei fatti circa molti temi dalla grande rilevanza sociale. Dai livelli d’immigrazione a quelli della criminalità, dalla felicità dichiarata ai tassi di disoccupazione.
Un confronto dal quale l’Italia esce con le ossa rotte. In media gli italiani pensano ad esempio che il 49% della popolazione in età lavorativa sia disoccupato, quando in realtà al momento della domanda il dato era al 12%; crede che il 30% della popolazione sia composta da immigrati, e invece è il 7%; immagina che il 35% degli italiani sia affetto da diabete, quota che invece non supera il 5%.
Una performance disastrosa dunque, dove l’Italia è tallonata dagli Usa e dalla patria dell’Illuminismo, la Francia; al lato opposto troviamo la Svezia, la Germania e la Corea del sud come Paesi dove fatti e percezioni sono meno lontani. Certo, guardando i dati aggiornati al solo 2017 c’è chi fa peggio ancora dell’Italia, ma dobbiamo andare a scomodare Paesi radicalmente diversi dal nostro come il Sud Africa, il Brasile o le Filippine. Un’operazione poco rincuorante.
Com’è possibile che la stessa Italia che ha donato all’Occidente e poi al mondo il diritto, il metodo scientifico e il Rinascimento sia caduta così in basso? Sarebbe illusorio cercare una risposta esaustiva nello studio Ipsos, ma per Bobby Duff uno dei «pochissimi fattori» che sembra associato in modo robusto alle differenze tra i vari Stati – ad esempio tra il pessimo risultato italiano e il buon livello svedese – è rappresentato dal «modo in cui è emotivamente espressivo il Paese», cioè se i suoi cittadini tendono a discutere a voce alta, sono propensi al contatto fisico, ridono molto, eccetera. «Può sembrare un po’ strano – argomenta Duffy –, ma dobbiamo ricordare che le nostre supposizioni sono in parte emotive, mandano un messaggio su cosa ci preoccupa». Siamo preoccupati dall’immigrazione? Allora saremo anche propensi a credere che sia molto alta, anche se non è vero. «Le nostre percezioni errate – continua Duffy – riguardano le nostre emozioni tanto quanto la nostra ignoranza dei fatti, e quindi non è così sorprendente che Paesi emotivamente espressivi abbiano percezioni più esagerate».
Da una parte tutto questo suggerisce forse che per noi italiani sarebbe giusto iniziare a pensare se sappiamo gestire o meno le nostre emozioni quando hanno a che fare col contesto sociale, e lavorare per migliorare; il problema è però che la classe dirigente, anziché incaricarsi della gestione del problema, ormai lo sta cavalcando a fini elettorali.
FONTE: OSSERVAPREVENZIONE
L’uso di alcol è un importante fattore di rischio per morte e disabilità, ma la sua associazione generale con la salute rimane complessa, considerati i possibili effetti protettivi del consumo moderato di alcol in alcune condizioni.
Con questo approccio globale alla contabilità sanitaria nell’ambito del: “Global Burden of Diseases, Injuries e Risk Factors Study 2016”, sono state generate le migliori stime sull’uso di alcolici e sui decessi attribuibili all’alcol e sugli anni di vita disabili (DALY) per 195 località dal 1990 a 2016, per entrambi i sessi e per gruppi di età di 5 anni di età compresa tra 15 anni e 95 anni e oltre.
L’uso di alcol è dunque un importante fattore di rischio per il carico globale di malattie e provoca una sostanziale perdita di salute.
Si è infatti scoperto che il rischio di mortalità per tutte le cause e di cancro in particolare aumenta con l’aumento dei livelli di consumo e il livello di consumo che riduce al minimo la perdita di salute è pari a zero. Questi risultati suggeriscono che le politiche di controllo e prevenzione del consumo di alcol potrebbero dover essere riviste in tutto il mondo, rifocalizzandosi sugli sforzi per ridurre drasticamente il consumo complessivo a livello di popolazione.
Le conclusioni dello studio sono chiare e inequivocabili: l’alcol è un problema di salute globale enorme e piccole riduzioni dei danni correlati alla salute a bassi livelli di assunzione di alcol, sono superate dall’aumentato rischio di altri danni alla salute, incluso il cancro. Vi è un forte sostegno per la linea guida pubblicata recentemente dal Chief Medical Officer del Regno Unito che ha rilevato che non esiste “un livello sicuro di consumo di alcol”.
I risultati inducono ulteriori implicazioni per le politiche di sanità pubblica e suggeriscono che le politiche di prevenzione che operano riducendo il consumo a livello di popolazione dovrebbero essere prioritarie.
» UK Chief Medical Officers’ Low Risk Drinking Guidelines
Fonte Sbilanciamoci
Autore : Mario Agostinelli
Ogni minuto 20 persone nel mondo abbandonano le proprie case. Ormai tutti sanno che la Terra è malata, ma la pretesa irrinunciabilità di certi stili di vita votati al neoliberismo spinge al “si salvi chi può”, all’accettazione delle diseguaglianze, al razzismo, al rifugio in una realtà virtuale e solipsistica.
XXI SECOLO: CHI CI SALVA DAL NEGAZIONISMO?
I dati sulle migrazioni sono impressionanti: il Pianeta è sempre più privo di spazi per abitare e sopravvivere decentemente. Nel 2015 in totale, il numero di persone che ha richiesto l’intervento dell’Unhcr ammontava a almeno 35.833.400. Ma, soprattutto per quanto riguarda le stime degli internally displaced o degli apolidi, si deve tenere in considerazione che non tutti gli Stati mettono a disposizione le proprie statistiche. L’esplosione è in atto: a metà 2018 stiamo assistendo ai più elevati livelli di migrazione mai registrati: 65.6 milioni di persone in tutto il mondo, un numero senza precedenti, sono state costrette a fuggire dal proprio Paese. Di queste, circa 22.5 milioni sono rifugiati, più della metà dei quali di età inferiore ai 18 anni. Ci sono inoltre 10 milioni di persone apolidi cui sono stati negati una nazionalità e l’accesso a diritti fondamentali quali istruzione, salute, lavoro e libertà di movimento. Un mondo in cui circa 20 persone sono costrette ad abbandonare le proprie case ogni minuto a causa di conflitti o persecuzioni e a mutamenti ambientali che rendono progressivamente inospitali i luoghi prima abitati, in cui si attuano respingimenti, vengono permanentemente gestite guerre asimmetriche di totale devastazione, applicata la tortura e attuate omissioni di soccorso, tollera senza scandalo l’esistenza di una complicità criminale.
Una civiltà incapace di risolvere i problemi posti dal suo funzionamento prevede la guerra e la decadenza proprio in quanto considera un problema l’essere umano e quel che lo circonda. Siamo ridotti ad un quadro desolante in cui le emergenze non sono nominate per quel che sono, mentre la grancassa strepita all’insegna della “fine della crisi” con un inattendibile aumento del potere di acquisto, la riduzione del rapporto /feticcio tra debito e PIL e – a conforto – l’immancabile, odioso e – a dire degli insofferenti “padroni a casa mia – inoppugnabile abbandono dei profughi che minaccerebbero le coste, le plaghe e financo la smarrita integrità di quelle civiltà “sovrane”, che nel tempo passato non si sono mai sognate di chieder il permesso di varcare confini altrui.
Nessuno tra i grandi e piccoli mezzi di comunicazione di massa, TV, giornali, siti web, cerca di riprendere in testa i fili di un ragionamento incentrato sul reale, sulla drammaticità della condizione generale: sociale, ambientale ed economica, che declina sempre più in peggio riguardo la giustizia sociale e si preclude un’inversione di tendenza per la rigenerazione del mondo naturale. La paura della paura viene amplificata a bella posta, suscitando tra i cittadini una rimozione più che una vera impressione di protezione rispetto agli spettri evocati, anche perché l’interesse personale immediato, i desideri quotidiani inconfessati, la brama di carriera e potere si manifestano sotto l’aspetto di una mentalità servile che domina i potenti, che si chiude su se stessa, simulando con volgarità un interesse sociale e motivi umanitari a difesa del proprio gruppo. La profondità del presente così artefatto si contrappone all’eterno presente di cui molti parlano e che non è altro che una versione della “falsa infinità” come celiava Hegel. Ossia, la situazione in cui a qualcosa si aggiunge continuamente qualcos’altro di nuovo il quale, sul momento, sembra delineare un mutamento, offrire nuove opportunità, nuove vie da percorrere, ma che in realtà non fa che ricalcare, anzi, scavare più in profondità il solco irreversibile in cui l’umanità si è incanalata e che, così come ci indica oggi innanzitutto la climatologia, potrebbe condurci a disastri immani.
Tutto sta accadendo molto rapidamente e i primi decenni del XXI secolo, inscritti nel nome del neoliberismo, appaiono molto diversi dalle analisi e dalle previsioni compiute verso il termine del millennio scorso. Ovunque si procede alla riduzione dello stato sociale, delle tasse e della relativa fornitura di beni pubblici, attraverso la deregolamentazione di molti aspetti della produzione capitalistica e dei mercati. E avanza la resa di fronte ai privati di risorse non commerciabili. La minaccia di un tale ininterrotto successo di un capitalismo in trasformazione, insieme ad una serie di cambiamenti tecnologici e demografici, ha frammentato e indebolito il movimento dei lavoratori, rendendolo meno capace di resistere e di realizzare una mobilitazione politica all’altezza dell’attacco sferrato.
Forse una delle cause del declino della lotta all’ingiustizia all’interno della democrazia sociale è proprio il decadimento della militanza del lavoro nella resistenza al capitalismo. E questo è particolarmente avvenuto in Europa, anche se non è stata altrettanto arrendevole la reazione negli altri continenti. E questo spiega in parte la novità espressa da un pontefice venuto dalla periferia del globo, ben informato di pratiche alternative ancorate ai movimenti sociali che continuano a sostenere anche dopo i Forum Mondiali oggi in ritirata che “un altro mondo è possibile”: come quelle dell’economia sociale e solidale, come quelle del movimento contadino dei Sem Terra in Brasile, dell’occupazione di terre non utilizzate (fino al sequestro delle nostre piaghe mafiose), della costruzione di forme alternative di strutture economiche, di conservazione dei beni comuni e, soprattutto, della percezione diffusa della fragilità della natura e della invalicabile e limitatissima finestra energetica in cui si può riprodurre la vita nella biosfera terrestre.
Il fatto è che il neoliberalismo è un’ideologia, sostenuta da potenti forze politiche, da mezzi finanziari, dal lavoro di think tank e università, piuttosto che una analisi scientificamente accurata dei limiti effettivi che affrontiamo per rendere il mondo un posto migliore. E si avvale di un formidabile sistema di propaganda, convinzione, attrazione e, contemporaneamente, come vedremo, del più irriducibile negazionismo rispetto al rapporto distorto tra natura e produzione e consumo del genere umano. Al successo di questa azione di pressante proselitismo concorre la torsione evidente in favore della concentrazione di potere nelle sedi occulte dei gruppi multinazionali e delle espressioni dei loro centri di potere, che decidono direttamente ormai la politica a dimensione sovranazionale. L’elezione di Trump, assai più di Parigi 2015, val bene una messa…
Lo scorso 4 luglio il ministro dell’Interno ha autorizzato la sperimentazione – in queste ore in atto presso le questure di Milano, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Brindisi e Genova – della pistola a impulsi elettrici Taser modello X2. Il dissuasore elettrico Taser, utilizzato dalle forze di polizia di circa 107 Stati del mondo, ha la forma di una pistola: chi preme il grilletto ha la facoltà di rilasciare una scarica elettrica continua, che è di circa 30 mila-50 mila volt con bassi amperaggi, fino a cinque secondi. Poiché provoca stordimento, il dissuasore elettrico presenta rischi derivanti dalla caduta involontaria della persona colpita. Non solo. Se il destinatario del Taser è un soggetto cardiopatico o una donna incinta, il rischio è di alterazioni cardiache che possono portare a un arresto cardiocircolatorio.
fonte International Ban Asbestos Secretariat che ringraziamo
Nel tentativo disperato di sostenere l’industria dell’amianto in una fase di indebolimento del paese, il governo russo ha fatto ricorso a tattiche energiche contro i piani dei governi asiatici di proteggere le popolazioni vietando le importazioni di questo noto cancerogeno. La mossa più recente è stata oggetto di un articolo in lingua russa pubblicato l’8 agosto 2018, che dettagliava le minacce di embargo verso le importazioni dalla Russia di biancheria intima vietnamita come rappresaglia per l’attuazione di una norma con scadenza al 2023 che aveva l’obiettivo di vietare l’uso di prodotti da costruzione contenenti amianto in Vietnam . In risposta alle consultazioni sul divieto, le importazioni vietnamite di amianto dalla Russia sono diminuite da 49.000 tonnellate nel 2016 a 22.000 tonnellate nel 2017; dal 2014 al 2016, le importazioni di amianto russo verso il Vietnam sono state in media di 50.000 tonnellate / anno il cui valore è stato valutato a 30 milioni di dollari. (1)
Non si sa ancora quale azione, se del caso, il Vietnam prenderà in considerazione questo chiaro esempio di imperialismo commerciale.
Alla fine dello scorso anno (2017), la Russia ha bruscamente interrotto le importazioni di tè dallo Sri Lanka, causando una grave minaccia per l’economia dello Sri Lanka. Appena 2 giorni dopo il governo dello Sri Lanka ha annunciato la sua decisione di rinviare il divieto delle importazioni di amianto dalla Russia. Lo Sri Lanka aveva in precedenza annunciato la graduale eliminazione dell’amianto a partire dal 1 ° gennaio 2018 con un divieto totale previsto per il 2024. Commentando le azioni della Russia, Sharan Burrow, Segretario generale della Confederazione internazionale dei sindacati (CIS), ha dichiarato:
“L’imposizione dell’amianto crisotilo non voluta su una nazione non è un commercio equo, è un omicidio colposo. I sindacati di tutto il mondo detestano questo cinico ricatto economico. La Russia non deve e non può permettersi di fare un buco nelle regole del commercio equo. “( 2)
XXXVII Congresso Nazionale AIRP di Radioprotezione
Bergamo – Centro Congressi Giovanni XXIII, via Giovanni XXIII 106
– ore 8:30
Congresso nazionale con patrocinio CIIP
PROGRAMMA
Mercoledì 17 ottobre
8.30 Iscrizioni
9.00 Saluti autorità
Relazioni ad invito introduttive
Presiedono: Rosella Rusconi, Mauro Magnoni
9.30 Massimiliano Lega (Università degli Studi di Napoli)
Forensica Nucleare
10.05 James Mc Laughlin (University College Dublin)
Dosimetric and Epidemiological Approaches to Estimating Radon Lung Cancer Risk
È la prima volta che uno studio scientifico indaga l’impatto dei terremoti sulla salute delle persone nel medio e lungo termine. Gli esiti della ricerca – che ha sintetizzato 52 studi osservazionali condotti nell’arco di 30 anni a partire dai dati di oltre 82.000 individui – ci dicono che il terremoto può avere effetti sulla salute anche a distanza di mesi o di anni dall’evento sismico. Generalmente gli studi epidemiologici si concentrano sulle conseguenze immediate di un evento sismico, a distanza cioè di ore o di pochi giorni. Questo studio pertanto colma un vuoto e apre a nuove e ulteriori linee di ricerca.
L’Agenzia sanitaria e sociale regionale ha contribuito a questa ricerca in collaborazione con il Research Center in Emergency and Disaster Medicine (CRIMEDIM), l’Università del Piemonte Orientale, l’Università dell’Aquila e sotto il patrocinio dell’Associazione Italiana di Epidemiologia. La collaborazione è sfociata nella recente pubblicazione sulla rivista International Journal of Epidemiology, Medium- and long-term health effects of earthquakes in high-income countries: a systematic review and meta-analysis.
Lo studio scientifico indaga la tematica in maniera analitica considerando le sue implicazioni a medio e lungo termine, quando carenze fisiche (ad esempio ridotta disponibilità di farmaci) e psicologiche (stress legato all’esperienza traumatica appena vissuta e allo sradicamento dal proprio territorio) possono aumentare il carico di malattia.
Come anticipato, questo lavoro è frutto di una sintesi analitica di 52 studi osservazionali condotti in Paesi ad alto reddito negli ultimi 30 anni, comprendenti dati di oltre 82.000 persone. I principali effetti riscontrati riguardano un aumento dei tassi di mortalità per tutte le cause (+2%), infarto miocardico (+36%) e ictus (+37%) e maggiori livelli medi di emoglobina glicata (+0,16%) rispetto alle persone non esposte a terremoti. Non sono invece stati rilevati effetti del terremoto sulla pressione sanguigna, sull’indice di massa corporea e sui biomarcatori lipidici.
A CURA DEL DIPARTIMENTO SICUREZZA SUL LAVORO DI CGIL CISL UIL ASCOLI PICENO (G. COLLINA, S. IONNI, G. BIANCHINI)
INFORTUNI IN COMPLESSO
Tra gennaio e luglio del 2018 gli infortuni rilevati dall’Inail sono stati 379.206 (-0,3% rispetto all’analogo periodo del 2017).
I dati nazionali mostrano una diminuzione sia dei casi in occasione di lavoro, passati da 325.390 a 325.054 (-0,1%), sia di quelli in itinere, scesi da 54.846 a 54.152 (-1,3%).
L’analisi territoriale evidenzia una stabilità nel Nord-Ovest e decrementi al Centro (-1,8%) e nelle Isole (-3,0%). Aumenti, invece, nel Nord-Est (+0,7%) e al Sud (+0,5%).
In diminuzione quelli della componente femminile dell’1,2% (da 136.411 a 134.789), mentre quella maschile presenta un aumento dello 0,2% (da 243.825 a 244.417).
In calo gli infortuni dei lavoratori italiani (-1,4%) e quelli comunitari (-0,2%); per i lavoratori extracomunitari c’è, invece, un aumento dell’8,6%.
Dall’analisi per classi d’età emergono diminuzioni per i lavoratori tra i 30-44 anni (-4,1%) e tra i 45-59 anni (-1,2%); per contro, i lavoratori fino a 29 anni e quelli tra i 60-69 registrano un aumento (rispettivamente del +3,7% e del +5,9%).
INFORTUNI MORTALI
Le denunce d’infortunio sul lavoro con esito mortale nel periodo in esame sono state 587, quattro in meno.
L’analisi territoriale evidenzia un incremento di 9 casi mortali nel Nord-Ovest (da 146 a 155) e una stabilità nel Nord-Est (157). Diminuzioni si riscontrano, invece, al Centro (da 112 a 110), al Sud (da 120 a 119) e nelle Isole (da 56 a 46).
In calo i mortali della componente maschile, passati da 531 a 527), mentre quella femminile ha registrato 60 decessi in entrambi i periodi.
La diminuzione ha interessato le denunce dei lavoratori italiani (da 498 a 494) e quelle degli extracomunitari (da 67 a 64), mentre quelle dei lavoratori comunitari sono aumentate di 3 unità (da 26 a 29).
Dall’analisi per classi di età emerge come una morte su due abbia coinvolto lavoratori di età compresa tra i 50 e i 64 anni, per i quali si è registrato un incremento tra i due periodi di 44 casi (da 247 a 291).
In diminuzione, invece, le denunce degli under 34 (da 99 a 91), i lavoratori tra i 35 e i 49 anni (da 202 a 164) e gli over 65 (da 43 a 41).
A tutti i lavoratori che hanno servito elicotteri Sea King dal 1969 dovrebbero essere offerti controlli per l’esposizione all’amianto – non solo quelli attualmente impiegati dal Ministero della Difesa (Ministero della Difesa).
Unite, il più grande sindacato del paese, ha affermato di ritenere che ci siano più di 1.000 ex dipendenti del Ministero della Difesa che potrebbero essere stati esposti all’amianto mentre riparavano e manutenzionavano gli elicotteri Sea King, che sono entrati in servizio per la prima volta quasi 50 anni fa.
Unite è intervenuta dopo che il Ministero della Difesa ha emesso un avviso di informazione sulla difesa (DIN) ai dipendenti attuali consigliandoli di compilare un record personale sull’amianto con una copia al proprio medico di famiglia. Tuttavia, non vi è alcuna indicazione di consigli agli ex dipendenti che hanno lavorato ai Sea Kings .
Unite, il sindacato ufficiale nazionale per il Ministero della difesa Jim Kennedy ha scritto al Ministero della difesa chiedendo tre domande chiave:
• sono in atto sistemi per identificare tutti i dipendenti attuali che potrebbero essere stati esposti all’amianto?
• offrite consulenza di follow-up o accesso a controlli medici?
• quali misure sono in atto per notificare a tutti gli ex dipendenti del MoD il rischio che ora affrontano a causa di una precedente esposizione sconosciuta all’amianto mentre lavoravano al Sea King?
Il funzionario nazionale unitario Jim Kennedy ha scritto: “Ci sono oltre 1.000 impiegati ex-MoD che erano o potrebbero essere stati esposti all’amianto mentre lavoravano alla riparazione e alla struttura di manutenzione di Sea King.
“Saprai che il dovere di diligenza del MoD nei confronti della salute e del benessere dei propri dipendenti non cessa all’uscita dal lavoro, se nell’esercizio delle proprie funzioni i dipendenti sono potenzialmente esposti all’amianto il Ministero della difesa ha il dovere di curare di informare quelli preoccupato di queste nuove informazioni e di offrire una guida come il Ministero della Difesa ha fatto per i dipendenti attuali.
“Come qualcuno che ha fatto campagna per tutta la mia vita lavorativa per evidenziare i pericoli dell’esposizione all’amianto e l’effetto devastante che può avere, attraverso placche pleuriche, mesotelioma o altre malattie mortali, sono estremamente preoccupato per l’identificazione dell’esposizione all’amianto di manutenzione personale che lavora su elicotteri Sea King.
“Questo è un problema che Unite, il sindacato prende molto sul serio.”
ENDS
Note
Unite ha recentemente lanciato un registro online in modo che i membri possano registrare in modo rapido e semplice quando sono stati esposti all’amianto e che tali informazioni vengano archiviate nel caso fosse necessario.
Per accedere al registro online vai a:
https://www.unitelegalservices.org/surveys/asbestos-questionnaire
Email: shaun.noble@unitetheunion.org
Twitter: @unitetheunion Facebook: unitetheunion1 Web: unitetheunion.org
Unite è il più grande sindacato d’Inghileterra e d’Irlanda con oltre 1,4 milioni di membri che lavorano in tutti i settori dell’economia. Il segretario generale è Len McCluskey.
Fonte Inail.it
La Sezione ‘Sistemi di sorveglianza e gestione integrata del rischio’, del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail, ha condotto un’analisi degli infortuni nel settore marittimo-portuale, anche nel quadro di una collaborazione con gli enti competenti, allo scopo di approfondire le problematiche della sicurezza sul lavoro.
L’analisi è effettuata sulla base dei dati derivanti da due fonti informative: le schede di rilevazione degli infortuni subiti dai lavoratori marittimi indirizzate alle Capitanerie e l’archivio Infor.Mo che riposta le informazioni sui fattori causali evidenziati nel corso delle inchieste infortuni condotte dalle Asl. Nel report è presente anche una sintetica descrizione del profilo di rischio nel settore marittimo-portuale.
Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2018
Disponibilità: Consultabile anche in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it
L’industria tessile è in crescita, aumentano i volumi dei beni prodotti, il giro d’affari e il numero di persone che lavorano nel settore, ma il comparto è ancora molto ancorato al modello di economia “produci-usa-getta” e molti cominciano a sostenere la necessità di una riconversione verso un modello economico di tipo circolare. Arpatnews ha intervistato Laura Fiesoli, responsabile della Sezione Contemporanea del Museo del tessuto di Prato.
L’articolo prosegue alla Fonte Ambiente Informa – Snpa
Il Master mira alla definizione di una figura professionale tecnico-scientifica di alto livello, responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi e dell’emergenza, che assuma nuove conoscenze e nuovi strumenti di gestione della sicurezza in ambiente lavorativo e che sia capace da subito di attuare la progettazione/definizione di un’organizzazione sistemica affidabile e sicura. Il percorso formativo del Corso integra la conoscenza teorica con momenti applicativi sul campo attraverso l’attività di stage. Grazie alle nuove competenze acquisite sarà possibile impostare interventi strutturali ed organizzativi di riduzione dei rischi attraverso valutazioni di macchine, impianti, attrezzature ed aspetti legati ad esposizioni ad agenti chimici, fisici e biologici. Tali competenze consentiranno l’inserimento sia nel settore privato che in quello pubblico o, in alternativa, permetteranno di svolgere attività di libera professione. Le specifiche attività che potranno essere svolte riguardano: inserimento come responsabili ed addetti dei servizi di prevenzione e protezione dai rischi, responsabili ed addetti nella gestione delle emergenze, esperti nelle valutazioni del rischio e nei sistemi di gestione della sicurezza, esperti nella progettazione ed implementazione di piani di gestione dell’emergenza, docenti in attività di formazione tecnica dei vari soggetti della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Sono previste:
15 borse di studio erogate dall’Inail a copertura totale e parziale dei costi del Master (richiedibili anche da persone occupate)
3 borse di studio erogate dall’Inps a copertura totale dei costi del Master (specifiche per figli di dipendenti e pensionati della PA)
Le problematiche connesse alle operazioni di carico delle merci e al loro idoneo stivaggio, con lo scopo di prevenire sinistri e situazioni di pericolo per le vite umane, vanno acquisendo sempre maggiore rilievo nell’ambito del trasporto marittimo, grazie soprattutto ad una crescente attenzione ai temi della sicurezza.La lunga lista d’incidenti che nel corso degli anni ha interessato questa tipologia di naviglio (traghetto), ha indotto diversi esperti del settore a pronunciarsi sull’argomento.
In particolare, un autorevole studioso della materia trasportistica, il prof. Sergio Bologna, profondo conoscitore delle dinamiche legate al mondo dello shipping, sostiene che una cattiva gestione di queste imbarcazioni unitamente all’inosservanza di alcune regole nello svolgimento delle operazioni portuali, potrebbe generare una situazione di potenziale pericolo.
In questo settore si incrociano due microcosmi lavorativi scarsamente propensi al corretto rispetto di certe prassi: quello dell’autotrasporto e quello marittimo-portuale.
I traghetti su cui vengono trasportati sia passeggeri che merci (ro-pax), o anche solo merci (ro/ro), contemplano sempre al loro interno la presenza di veicoli.
Secondo il Prof. Bologna, gli incidenti più ricorrenti si verificherebbero quando questi veicoli, soprattutto quelli pesanti come i camion, non venendo adeguatamente “rizzati” (affrancati con le rizze) al pavimento della stiva, in caso di condizioni marine avverse, spostandosi, determinerebbero il rovesciamento della nave.
Altre motivazioni potrebbero risiedere nella difettosa chiusura del portellone del traghetto o nella fittizia dichiarazione sul tipo di materiale trasportato sui rotabili (ad es. merce pericolosa dichiarata come normale).
Nella prima circostanza, la nave imbarcando acqua potrebbe affondare, nella seconda ipotesi, la merce pericolosa, come nel caso delle sostanze infiammabili, falsamente dichiarata, potrebbe provocare incendi ed esplosioni.
I primi giorni di agosto, le cronache milanesi di alcuni giornali, hanno pubblicato le conclusioni delle indagini della Procura della Repubblica di Milano per la tragedia della Lamina del 16 gennaio scorso, ove morirono quattro operai. La Procura della Repubblica avrebbe richiesto il rinvio a giudizio del legale rappresentante dell’azienda con l’accusa di omicidio colposo plurimo, con l’aggravante della violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, in quanto si sono fatti operare i lavoratori “con negligenza, imprudenza, imperizia, e inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro”.
In particolare la Procura imputa alla società Lamina e al datore di lavoro i risultati della perizia che ha riscontrato la difettosità della centralina del forno e il condotto di erogazione del gas argon che ha avvelenato i lavoratori.
Inoltre si imputa alla azienda la mancata formazione dei lavoratori per fronteggiare i rischi derivanti dalla presenza di gas e la mancanza di maschere antigas.
FONTE OSHA.EU
L’Organizzazione mondiale della sanità lancia l’undicesima edizione della Classificazione internazionale delle malattie e degli infortuni (ICD-11). Una versione dell’ICD-11 è stata rilasciata il 18 giugno 2018 per consentire agli Stati membri di prepararsi per l’attuazione, compresa la traduzione dell’ICD nelle loro lingue nazionali. L’ICD-11 sarà presentato al 144 ° Riunione del Comitato Esecutivo nel gennaio 2019 e al Settantaduesimo Assemblea Mondiale della Sanità nel maggio 2019 e, a seguito dell’approvazione, gli Stati membri inizieranno le relazioni utilizzando l’ICD-11 il 1 ° gennaio 2022.
La sezione di lesioni all’interno dell’ICD-11 è presentata in una struttura multiassiale e progettata per consentire la combinazione di più codici per descrivere i casi di lesioni.
L’ICD è stato rivisto per soddisfare le esigenze di più casi d’uso e utenti nella registrazione, segnalazione e analisi delle informazioni sanitarie. ICD-11 ha una migliore usabilità, contenuti scientifici aggiornati, consente la codifica di tutti i dettagli clinici, collegati a altre classificazioni e terminologie pertinenti e con un supporto multilingue completo (traduzioni e risultati).
La prima edizione di classificazione internazionale, conosciuta come l’International List of Causes of Death, fu adottata dall’International Statistical Institute nel 1893. Alla OMS fu affidata l’ICD alla sua creazione nel 1948 e pubblicò la 6a versione, ICD-6, che incorporava la morbilità per la prima volta. I regolamenti sulla nomenclatura dell’OMS, adottati nel 1967, stabilivano che gli Stati membri utilizzavano la revisione più aggiornata dell’ICD per le statistiche sulla mortalità e la morbilità. L’ICD è stato rivisto e pubblicato in una serie di edizioni per riflettere i progressi nel campo della salute e della scienza medica nel tempo. L’ICD-10 è stato approvato nel maggio 1990 dalla Quarantatreesima Assemblea Mondiale della Sanità. È citato in oltre 20.000 articoli scientifici e utilizzato da oltre 100 paesi in tutto il mondo.
( Traduzione assistita da Google Translator )
I diversi rischi di violenza sul posto di lavoro tra donne e uomini dipendono dal settore e dal tipo di violenza, secondo due recenti studi dell’Istituto per il lavoro e la salute
30 agosto 2018 (Toronto, Ontario) – Le donne che lavorano nel settore dell’istruzione in Ontario hanno dalle quattro alle sei volte più probabilità delle loro controparti maschili di richiedere un periodo di assenza dal lavoro a causa di un’aggressione fisica sul posto di lavoro.
Questo è quanto emerge da uno studio dell’Istituto per il lavoro e la salute di Toronto (IWH), pubblicato ieri online su Medicina occupazionale e ambientale ( do: 10.1136 / oemed-2018-105152 ). Lo studio ha attinto a due fonti di dati basate sulla popolazione. Uno era il numero di richieste perse a causa di assalti accertati dal Consiglio dell’Ontario per la sicurezza e l’assicurazione sul lavoro tra il 2002 e il 2015; l’altro era il numero di visite di pronto soccorso in tutti gli ospedali dell’Ontario dal 2004 al 2014 a causa di aggressioni sul lavoro.
Lo studio mostra anche che gli uomini che lavorano nel settore sanitario dell’Ontario hanno quasi il doppio delle probabilità di avere un risarcimento per il tempo di lavoro perso a causa di aggressioni. Tuttavia, il numero annuale di casi è in calo più marcato tra gli uomini rispetto alle donne in questo settore. Di conseguenza, il divario tra sesso e genere nel rischio di violenza sul posto di lavoro si sta riducendo tra gli operatori sanitari. Al di fuori dei settori della sanità e dell’istruzione, i rischi di violenza sul posto di lavoro sono simili per uomini e donne.
“Quando si parla di violenza sul posto di lavoro, la nostra ricerca suggerisce che i diversi rischi tra uomini e donne dipendono dal settore e dal tipo di violenza”, afferma il direttore scientifico associato di IWH Dr. Peter Smith e investigatore principale di questo progetto di ricerca. “La nostra ricerca ha anche rilevato che le percentuali di violenza sul posto di lavoro tra uomini e donne stanno cambiando nel tempo, i dati dei risarcimenti dei lavoratori del dipartimento di emergenza suggeriscono che la violenza sul posto di lavoro è in aumento tra le donne, ma rimane stabile tra gli uomini.” Lo affermano i nove presidenti di ricerca del Canadian Institutes of Health Research (CIHR) in materia di genere, lavoro e salute.
Sebbene gli sforzi per la prevenzione della violenza sul luogo di lavoro si siano concentrati sugli operatori sanitari, il rischio di subire violenze è aumentato da oltre un decennio tra le donne nell’istruzione, superando i livelli di rischio sia per gli uomini che per le donne nell’assistenza sanitaria, osserva Smith.
ECHA / PR / 18/12
I Paesi Bassi hanno preparato una proposta a sostegno di una possibile restrizione per affrontare i rischi derivanti da otto idrocarburi policiclici aromatici (IPA) presenti in granuli e pacciami utilizzati in campi sintetici di erba sintetica, o in forme libere nei parchi giochi e in altre strutture sportive.
Helsinki, 16 agosto 2018 – La proposta, elaborata dall’Istituto nazionale olandese per la salute pubblica e l’ambiente (RIVM) in cooperazione con l’ECHA, afferma che i limiti di concentrazione generali fissati da REACH per otto IPA cancerogeni in miscele sono insufficienti per proteggere coloro che entrare in contatto con i granuli e i pacciami mentre si gioca in impianti sportivi e campi da gioco.
Nella sua valutazione, RIVM esamina il rischio per la salute umana per i giocatori professionisti di calcio (compresi i portieri), i bambini che giocano nelle piazzole e nei campi da gioco, così come i lavoratori che installano e mantengono le piazzole ei campi da gioco.
La proposta suggerisce un limite di concentrazione combinato per gli otto IPA di 17 mg / kg (0,0017% in peso). Gli attuali limiti di concentrazione applicabili per la fornitura al pubblico sono fissati a 100 mg / kg per due degli IPA e 1 000 mg / kg per gli altri sei.
FONTE ANMIL
Tra le iniziative che vedono l’ANMIL in prima linea sul tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro, dallo scorso anno abbiamo voluto prevedere un nuovo appuntamento annuale dedicando uno studio approfondito e mirato proprio sulla normativa in materia di sicurezza sul lavoro, realizzato da un gruppo di esperti, per fare il punto sui principali interventi del legislatore, della giurisprudenza, della prassi amministrativa e del mondo della ricerca in materia di salvaguardia della salute dei lavoratori in ambito lavorativo.
Il 17 maggio 2017, ospitati nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani del Senato, con il 1° Rapporto sulla Salute e sicurezza sul lavoro, l’ANMIL ha inaugurato un “annuario della sicurezza sul lavoro”, con l’obiettivo di mettere a disposizione e a beneficio di tutti gli addetti ai lavori un prodotto editoriale innovativo ed unico nello scenario nazionale ed europeo, e l’auspicio di contribuire all’innalzamento del livello di conoscenza e spirito critico che il tema merita.
Dunque, ricorrendo quest’anno anche il decennale dell’entrata in vigore del Testo Unico Sicurezza, il prossimo 10 settembre, dalle ore 10.00 alle ore 13.00, presenteremo il 2° Rapporto nella Sala del Parlamentino del CNEL (Viale Davide Lubin n. 2), per fare il punto sull’andamento del periodo 2008-2018, sia sotto il profilo dell’incidenza degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali sia alla luce di una più ampia prospettiva economico-normativa, in considerazione anche della ripresa della produzione e dell’occupazione, e con uno sguardo non solo al contesto nazionale ma anche alla prospettiva europea ed internazionale
FONTE AFEVA
Bologna, 28 agosto 2018
Officine Grandi Riparazioni Bologna – Firma la Petizione per salvare il Museo del Lavoro e dell’amianto, per la Bonifica dell’Area, per la restituzione dell’area bonificata alla Città di Bologna
E’ stata pubblicata oggi – sulla piattaforma online Change.org una petizione per il recupero delle OGR di Bologna, dopo la sua dismissione avvenuta il primo luglio scorso, per chiedere al Gruppo FS che il Museo e i Monumenti ai caduti della resistenza e del Lavoro vengano mantenuti dove si trovano ora e che l’area venga totalmente bonificata dall’amianto e messa in sicurezza, che l’area e lo stabilimento vengano restituiti alla città.
Leggi la petizione ed il comunicato stampa e FIRMA la petizione – CLICCA QUI
Andrea Caselli
Presidente AFEVA ER
(fonte Regioni.it 3440 – 27/08/2018)
Da quando sono state rilevate concentrazioni particolarmente elevate nel sangue della popolazione di alcuni comuni del vicentino, i Pfas sono diventati tristemente famosi. La sigla indica Sostanze Perfluoro Alchiliche (acidi perfluoroacrilici): è una famiglia di composti chimici utilizzata prevalentemente in campo industriale, ovvero acidi molto forti usati in forma liquida, con una struttura chimica che conferisce loro una particolare stabilità termica e li rende resistenti ai principali processi naturali di degradazione Dagli anni Cinquanta i Pfas sono usati nella filiera di concia delle pelli, nel trattamento dei tappeti, nella produzione di carta e cartone per uso alimentare, per rivestire le padelle antiaderenti e nella produzione di abbigliamento tecnico, in particolare per le loro caratteristiche oleo e idrorepellenti, ossia di impermeabilizzazione.
Ora il tema è al centro del confronto Governo-Regioni-enti locali.
Il Ministero dell’Ambiente è pronto a riesaminare i valori limite allo scarico per i Pfas e per altre sostanze chimiche. Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha convocato a inizio settembre un tavolo tecnico urgente a cui parteciperanno gli istituti scientifici e di ricerca competenti in materia (CNR IRSA, ISS e ISPRA). Il Gruppo di lavoro tecnico dovrà prendere in esame le Linee Guida per la definizione di tali valori limite. Al Gruppo di lavoro partecipano dal 2016 tutte le Regioni e le rispettive Agenzie ambientali, a cominciare dalla Regione Veneto e da Arpav, il cui territorio è particolarmente coinvolto nella problematica in questione, oltreché le Autorità di distretto.
Ringraziamo Gianni Marchetto che ci ha inviato questo libro in formato digitale scritto da Ivar Oddone, Alessandra Re e Gianni Briante nel 1976 e con una prefazione del 2008. Diario Prevenzione ritiene che questo lavoro sia importante per comprendere quali fossero i percorsi di costruzione delle conoscenze operaie che consentirono in quell’epoca lo sviluppo delle lotte contro le nocività e per la salute nei luoghi di lavoro negli anni 60 – 70 .
Il libro tratta dell’esperienza di due seminari delle 150 ore avvenuti alla facoltà di Psicologia del Lavoro a magistero di Palazzo Nuovo a Torino.
Consigliamo in particolare la lettura del capitolo sette, perchè ci pare abbia ancora una sua attualità. Editor
(formato.pdf)
Come indicato sul e-libro quest’opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
Pubblichiamo questa nota di Mauro Valiani sullo stato dell’arte rispetto alle politiche in materia di salute e sicurezza nel lavoro.
Anche grazie agli interventi di una iniziativa organizzata da gruppi e partiti della sinistra organizzata a Calenzano (Fi) nel giugno 2018 (1), si cerca con questa nota di produrre una sintesi che possa essere di un qualche interesse per la prosecuzione della discussione e soprattutto per azioni politiche e sociali da sviluppare ai diversi livelli in cui il tema deve essere affrontato. Il testo attinge anche a numerosi contributi e stimoli emersi negli ultimi tempi.
IL CORPO DEI LAVORATORI
per una svolta nella politica della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Fonte: Australian Council of Trade Unions (ACTU)
”Un’inchiesta del Senato sull’efficacia del divieto sull’importazione di amianto ha raccomandato 26 cambiamenti di ampia portata per mantenere gli australiani al sicuro e ritenere responsabili gli importatori, ma il governo di Turnbull non è riuscito ad adottarne la maggior parte.
L’inchiesta raccomanda sanzioni più severe per gli importatori; richiami obbligatori di prodotti trovati contenenti amianto; e la creazione di un’unità specialistica all’interno della Forza di frontiera incentrata sulla cessazione delle importazioni illegali di amianto.
L’inchiesta raccomanda anche una revisione dell’Accordo di libero scambio Cina-Australia per affrontare la grande quantità di materiale contaminato da amianto e amianto importato dalla Cina.
Il governo di Turnbull non è riuscito ad agire su 20 delle 26 raccomandazioni. Questo lascia scappatoie che significano che gli importatori di amianto possono restare impuniti e lavorare e il pubblico è lasciato vulnerabile all’esposizione a questa sostanza mortale.
Affermazioni del segretario assistente dell’ACTU ( il sindacato australiano) Michael Borowick:
“Il governo di Turnbull dovrebbe sostenere le grandi imprese e adottare questi cambiamenti che aiuteranno a fermare le inondazioni di amianto in Australia.
“L’incapacità del governo di adottare queste 20 raccomandazioni è tristemente debole. È un’occasione mancata di riforma legislativa per affrontare adeguatamente l’importazione illegale di amianto.
“Le regole sono rotte. Quando gli importatori portano in Australia amianto o prodotti contaminati mettono a rischio la gente che lavora e il pubblico. Abbiamo visto prodotti contaminati finire nell’ospedale pediatrico di Perth, nei pastelli e nei quad. ”
“L’applicazione del divieto di amianto sta fallendo, dobbiamo cambiare le regole in modo che gli importatori che portano in Australia l’amianto oi prodotti contaminati siano adeguatamente perseguiti.
“Il governo di Turnbull deve fare tutto quanto è in suo potere per assicurarsi che il nostro sistema doganale e gli accordi commerciali non espongano gli australiani a potenziali danni potenzialmente letali.”
Fonte Etui.org
Le cifre mostrano un calo da circa 2,1 milioni di tonnellate nel 2012 a circa 1,4 milioni di tonnellate nel 2015.
Secondo i dati diffusi dallo United States Geological Survey (USGS), la produzione mondiale di amianto è diminuita drasticamente negli ultimi anni. La produzione di amianto è aumentata da 2,1 milioni di tonnellate nel 2012 a circa 1,4 milioni di tonnellate nel 2015. Secondo l’International Ban Asbestos Secretariat (IBAS), il calo è dovuto principalmente alla revisione dei livelli di produzione Russo per questo periodo.
Anche le stime della produzione di amianto cinese sono state riviste al ribasso (quasi il 50%) per gli anni 2014 e 2015. I cambiamenti per il Brasile e il Kazakistan sono stati meno spettacolari (circa il 15%).
Nel novembre 2017, la Corte suprema federale del Brasile ha dichiarato il divieto di estrazione, commercializzazione e distribuzione di amianto crisotilo in tutto il paese.
Con 300.000 tonnellate prodotte nel 2016, il Brasile è stato il terzo produttore mondiale di amianto dopo la Russia e la Cina.
I dati revisionati possono essere scaricati dal sito Web USGS.
In questa puntata parliamo di :
– Quanto vale oggi la vita dei cittadini ? La tragedia del ponte Morandi a Genova testimonia che la sicurezza delle strutture non appare essere la priorità dei gestori. Sarà la magistratura a individuare le responsabilità penali. Ma ciò che ci interessa è ragionare fino a qual punto si fa riferimento al principio di precauzione nella predisposizione delle procedure di controllo delle infrastrutture. Esistono coefficienti di sicurezza condivisi sotto i quali scatta il blocco dell’uso delle infrastrutture o si sfida la fortuna ?
– In questo tragico mese d’agosto un’altro incidente ha messo in evidenza la vulnerabilità del traffico autostradale: ci riferiamo alla esplosione del camion cisterna di gas liquido dopo un tamponamento all’altezza di Bologna. Quali risposte dare per ridurre i rischi nel trasporto di materiali infiammabili e esplodenti ?
– La vicenda della nave della guardia costiera Diciotti: è legittimo ed etico che un ministro utilizzi il sequestro dei corpi dei migranti come deterrente per la sua campagna elettorale ? Alcune riflessioni ….
IL PODCAST AUDIO DI DIARIO PREVENZIONE
( 29 minuti )
Questo testo che riporta i risultati di una ricerca promossa dal Sindacato dei lavoratori dipendenti pubblici e privati canadesi che operano nel settore dell’assistenza è una conferma ulteriore del rischio burnout nelle professioni di cura e assistenza alle persone. Questo problema coinvolge in egual misura i lavoratori e le lavoratrici in Italia e in Europa, tanto più in ragione dei tagli alla sanità pubblica. La traduzione dall’inglese è stata fatta con google translator… per cui vi consigliamo di leggere anche il testo originale >>> QUI
FONTE NUPGE.CA
“Se parli con qualcuno in prima linea, ti diranno che vedono l’impatto del burnout ogni giorno – lo hanno sperimentato da soli o lo hanno visto nei loro colleghi”. – Michelle Gawronsky, Presidente del MGEU
Winnipeg (21 agosto 2018) – Un recente studio conferma ciò che il governo Manitoba e l’Unione dei dipendenti generali (MGEU / NUPGE) ha affermato a nome degli assistenti sanitari da anni: nonostante una forte convinzione delle loro capacità professionali e soddisfazione nel loro lavoro , sono ad alto rischio di burnout.
Lo studio, condotto da Carole A. Estabrooks e Stephanie A. Chamberlain e pubblicato sull’International Journal of Nursing Studies , ha esaminato circa 1.200 assistenti sanitari di 30 case di cura personale nel Canada occidentale. Scoprirono che gli assistenti sanitari, nonostante trovassero un senso nel loro lavoro e credevano fortemente nelle loro capacità professionali, erano ad alto rischio di esaurimento emotivo.
“Nel nostro studio, abbiamo riscontrato che gli assistenti sanitari lavorano in modo efficiente, a volte in condizioni difficili e con la forte sensazione che ciò che fanno è significativo – ma il rischio di esaurimento è grande.”
Come sottolinea correttamente Estabrooks e Chamberlain, il ruolo degli assistenti sanitari è fondamentale per la qualità dell’assistenza negli ospedali e per la qualità della vita dei residenti nelle case di cura. Tuttavia, fino a poco tempo fa, il problema non ha ricevuto l’attenzione che merita perché quando viene studiata la forza sanitaria, in genere assistenti sanitari e infermiere registrate vengono raggruppati insieme dai ricercatori. Quando si concentra uno studio specifico sugli assistenti sanitari, si scopre che il burnout in Canada è dilagante, “affermano Estabrooks e Chamberlain.
“Raccomando i ricercatori per aver esaminato questo importante problema”, afferma Michelle Gawronsky, Presidente di MGEU. “Se parli con qualcuno in prima linea, ti diranno che vedono l’impatto del burnout ogni giorno – lo hanno sperimentato da soli o lo hanno visto nei loro colleghi di lavoro”.