fonte ILLAVOROCULTURALE
Un intervento inedito del sociologo francese Pascal Marichalar, che ha condotto un’inchiesta sulle numerose morti fra gli operai delle vetrerie della cittadina francese di Givors. Risultato ne è il libro Qui a tué les verriers de Givors? Une enquête de sciences sociales (Chi ha ucciso i vetrai di Givors? Un’inchiesta di scienze sociali), appena pubblicato. La traduzione è di Lorenzo Alunni.
Il 13 febbraio 2012 il tribunale di Torino ha condannato due alti dirigenti del gruppo Eternit s.p.a. a sedici anni di prigione ciascuno. Secondo i giudici, il loro reato è stato quello di aver omesso basiche misure di sicurezza e di aver esposto i propri lavoratori al rischio di disastro sanitario nelle fabbriche di amianto di cui erano proprietari. Basandosi su studi epidemiologici, l’accusa ha dimostrato che questo disastro era poi effettivamente avvenuto, costituendo una circostanza aggravante. Il giorno del verdetto, il magistrato principale ha passato tre ore in piedi a leggere la lista dei nomi di circa tremila vittime delle terribili malattie legate all’amianto. L’anno successivo, la sentenza in appello ha condannato uno degli imputati a una pena ancora più severa: diciotto anni di reclusione (mentre l’altro imputato nel frattempo era morto per anzianità). I giudici hanno ritenuto che questi, nella gestione dell’esposizione all’amianto, avesse tenuto un comportamento non solo negligente, ma anche fraudolento: aveva lasciato intendere che i rischi erano noti e gestiti, mentre sapeva che non lo erano. Tuttavia nel 2014 queste decisioni penali, seguite con ammirazione dalle vittime di malattie industriali dappertutto nel mondo, furono annullate dalla Corte di Cassazione per una questione formale di termine di prescrizione. Di fronte alle proteste, i giudici di Roma si sentirono in obbligo di diffondere un comunicato stampa per precisare che non avevano in nessun modo messo in discussione la responsabilità dell’imputato, ma solo la possibilità legale di sanzionarlo.
Il processo Eternit ha diviso la città piemontese di Casale Monferrato, dove si trovava la principale e più inquinante fabbrica di amianto del gruppo, fino alla sua chiusura negli anni Ottanta. Pur senza leggere gli studi medici, numerosi operai e le loro famiglie sentivano da molto tempo nella propria pelle il pericolo posto dalla loro esposizione alle minuscole fibre bluastre. Ma erano anche attaccati al loro lavoro, e ai vantaggi finanziari e simbolici che esso procurava rispetto ad altri mestieri operai meno valorizzati nella regione. Per molti di loro, la conversione verso una denuncia delle condizioni di lavoro fu un processo difficile e doloroso. Alcuni di loro accettarono “l’offerta del diavolo” avanzata dall’imputato sopravvissuto, ovvero una somma di denaro in cambio del loro ritiro dalla parte civile del processo: finirono per essere gli unici indennizzati.
Dall’altro lato delle Alpi, il processo Eternit venne seguito con attenzione da un collettivo maggioritariamente maschile la cui storia era notevolmente vicina a quella degli operai di Casale Monferrato. L’associazione degli ex vetrai di Givors è stata creata nel 2003 in seguito alla chiusura di una storica vetreria dove, fin dal XVIII secolo, venivano prodotte bottiglie e vasi per l’industria alimentare. Gli operai erano entrati in mobilitazione senza successo per un anno e mezzo per tentare d’impedire la chiusura della loro fabbrica, decisa per ragioni di borsa, quando l’azienda era di proprietà di BSN-Danone. A chiusura avvenuta, hanno continuato a incontrarsi regolarmente e a condividere i propri passatempi (cene, vacanze…). È così che hanno constatato l’ecatombe fra le loro fila: decine di ex vetrai morti in età relativamente giovani, il più delle volte per cancro. Sotto la pressione dei loro familiari e amici, e in particolare dei congiunti dei vetrai, si sono allora lanciati in una mobilitazione di tipo nuovo, per mettere in discussione le condizioni di lavoro alle quali erano stati sottoposti durante la loro carriera.
Tanto a Givors quanto a Casale Monferrato, tale conversione non è stata semplice. L’ex delegato sindacale CGT dell’azienda, Christian Cervantes, figura di punta della mobilitazione contro la chiusura, colpito da due tumori dopo quella stessa chiusura, in un primo momento non ha voluto lanciare una lotta per la giustizia rispetto alle questioni di malattia professionale: «non si sputa nel piatto dove hai mangiato» disse all’epoca. Tuttavia, passo a passo questa conversione è avvenuta, con più facilità quando gli ex vetrai hanno percepito che la loro battaglia non era individuale, ma collettiva, e sarebbe potuta servire a migliorare la quotidianità dei colleghi in attività oggi. Mercedes, la moglie di Christian Cervantes, si è alleata con Laurent Gonon, tipografo in pensione e militante comunista ben noto nella zona. Insieme, hanno avviato un’indagine che ha permesso di stilare un primo punto della situazione delle malattie: 92 casi di cancro su 200 risposte ricevute al loro questionario sulla salute. Con gli archivi dell’azienda, documenti sindacali e testimonianze individuali, hanno potuto ricostruire lo storico delle condizioni di lavoro e individuare decine di situazioni e di prodotti tossici e spesso cancerogeni ai quali i vetrai erano esposti: oli lubrificanti, amianto, silice, nichel, acido cloridrico gassoso, calore estremo, lavoro notturno e così via. Continua a leggere “Dall’Eternit ai vetrai di Givors: non perdere la vita nel guadagnarsela”