Questo episodio, come altri simili, rappresenta il sintomo grave di una patologia organizzativa emergente in certe aree del SSN. Invece di “governare” i processi e le contraddizioni organizzative si fa strada una pratica manageriale che preferisce “comandare” senza confronto, senza una comunicazione positiva con il personale. Il modello autoritario che si avvale di strumenti come il licenziamento, peraltro diretto contro un delegato sindacale che si dichiara estraneo ai fatti contestati, mostra in trasparenza l’inadeguatezza culturale di certo management dirigenziale a gestire la sanità pubblica in una fase di emergenza e crisi. Condividiamo in pieno il post del Dott.Mauro Valiani. Editor |
Torregalli, licenziato infermiere e delegato Cisl per un’intervista in tv
22 GIUGNO 2020
Un anonimo aveva criticato l’ospedale per aver gestito male l’emergenza Covid “Dichiarazioni lesive”. Lui nega: “Non ero io”. Furlan: Inaccettabile”. Salvini protesta
FONTE REPUBBLICA.IT
Un commento di Mauro Valiani
Apprendiamo dalla stampa del licenziamento di un lavoratore facente parte anche della Rappresentanza Sindacale dell’ASL Centro Toscana. Secondo la Cisl, il dipendente che aveva sempre evidenziato le criticità ha perso il lavoro perché identificato nell’operatore anonimo che aveva rilasciato le dichiarazioni al telegiornale. Lui, però, ha sempre smentito. Addirittura la segretaria nazionale dello stesso sindacato interviene con un: “Si ritiri il provvedimento, immotivato”.
Di fronte a questo fatto mi aspetto spiegazioni da parte dell’ASL Centro e da parte della Regione.
Questa è una situazione che non può essere ‘sistemata’ appellandosi alle ‘buone regole’ della qualità aziendale. Un operatore del servizio sanitario non possa essere assimilato a un magistrato o un militare. Tuttavia è anche necessaria una riflessione più generale sul lavoro in sanità pubblica. Qualche tempo fa ho visto che nei report del sistema di monitoraggio aziendale (MES Sant’Anna, Pisa) emergevano dati di peggioramento del clima organizzativo nella sanità toscana. Ho presente il caso di una operatrice di servizi sociali in Val d’Elsa che riceve un provvedimento disciplinare per aver espresso delle critiche sulle condizioni di lavoro. Abbiamo visto note della stessa ASL Centro – che seguono altre degli anni scorsi – sul divieto di rilasciare interviste sull’argomento Coronavirus. Altri casi riguardano provvedimenti per interventi critici sui social da parte di lavoratori.
La questione è quella delle modalità di espressione della critica da parte di dipendenti pubblici. Dietro c’è un’idea di ‘azienda’ (termine che andrebbe superato nelle strutture pubbliche) troppo assimilabile ad azienda privata, dominante nell’epoca attuale. E poi ce n’è un’altra che si chiama ‘democrazia nei luoghi di lavoro’, che deve partire dall’assunto che abbiamo due saperi, alcune volte in conflitto: il sapere del lavoratore, il sapere del capo. Non è sano che uno sia annichilito dall’altro.
Le grandi riforme degli anni 70 a partire dall’istituzione del sistema sanitario nazionale sono nate dal confronto dialettico tra il sapere dei lavoratori e le idee del cosiddetto establishment. La costruzione di una nuova e più forte sanità pubblica – abbiamo visto quanto necessaria! – ha bisogno, oltre che di più risorse, di un altro ‘clima lavorativo’.
Di fronte a questi tipi di fatti e provvedimenti, se non spiegati e ritirati, altri ragionamenti ‘programmatici’ e discorsi politici generali non valgono nulla.
Fonte : Facebook