E’ disponibile online il numero di ottobre 2021 di Lavoro e Salute .
In questo numero molti articoli importanti.
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Selezione di notizie, informazioni, documenti, strumenti per la promozione della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita. Diario Prevenzione è online dal 1996. Progetto e realizzazione a cura di Gino Rubini
E’ disponibile online il numero di ottobre 2021 di Lavoro e Salute .
In questo numero molti articoli importanti.
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Francesco Domenico Capizzi *
Una nuova sindrome? La sindrome conseguente a Sars-2 Covid 19: una miscellanea di poliforme e molteplici situazioni associate, potenzialmente patogenetiche, che potrebbero persistere nel tempo, anche dopo la fine della pandemia:
– Durante il confinamento i tabagisti abituali sono passati dal 23% a circa il 22% della popolazione adulta: 630 mila consumatori in meno mantenendo pressoché intatta la proporzione maschio/femmina. E’ confortante che oltre 200 mila persone tra i 18 e i 34 anni e circa 270 mila tra i 35 e i 54 anni abbiano rinunciato a fumare. Il fenomeno in sé positivo è, però, subito contraddetto dai quasi 4 milioni di persone che, nel medesimo periodo, hanno debuttato nel club dei fumatori abituali e dei già fumatori, per così dire, incalliti, che hanno incrementato il consumo quotidiano di tabacco.
Autore: Benedetto Saraceno
Fonte : Saluteinternazionale.info
La Global Mental Health promuove la convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ma non si schiera mai contro chi tali diritti sistematicamente viola e non riesce in definitiva a cambiare la realtà.
Gli anni 1993-2009 sono stati anni cruciali per l’affermarsi di una nuova «disciplina» denominata Global Mental Health.[1] Il discorso della salute mentale globale si è nutrito dalle direttive della Organizzazione mondiale della sanità e della Unione europea, delle norme della convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità ma soprattutto dei contributi di alcuni prestigiosi centri di ricerca, soprattutto anglosassoni.[2,3] Anche se tale discorso risulta articolato, documentato, intelligente e sostanzialmente progressista, tuttavia è legittima la domanda se la Global Mental Health si ponga il problema di un mutamento di paradigma o semplicemente riproponga in modo più articolato e intelligente il modello tradizionale della psichiatria biomedica. Quello della Global Mental Health è infatti un discorso che fa prevalere gli aspetti di advocacy internazionale finalizzata a ottenere maggiori investimenti per la salute mentale senza tuttavia contribuire alla trasformazione della realtà dei servizi di salute mentale. La necessità di creare ampio consenso penalizza la riflessione critica sui contenuti di quello che il movimento di fatto intende promuovere nei paesi a parte un generico «aumento dell’accesso ai trattamenti».
Autori : Riccardo Lo Parrino, Mario Landi, Roberto Leonetti
Con la pandemia si è registrato un allarmante aumento di accessi al pronto soccorso e di ricoveri di ragazzi e ragazze in stato di sofferenza psicologica acuta. Fra le cause di tali accessi una particolare rilevanza ha l’“attacco al corpo”.
Da quando la COVID-19, lo scorso 11 marzo 2020, è stata classificata dall’OMS come pandemia, almeno 139 milioni di bambini e adolescenti nel mondo hanno vissuto per almeno 9 mesi un regime restrittivo obbligatorio di permanenza a casa, e per poco meno di 200 milioni, per lo stesso periodo di tempo, la permanenza a casa è stata raccomandata.
Questi i dati diffusi da una recente analisi dell’UNICEF, provenienti dall’Oxford COVID-19 Government Response Tracker (OxCGRT), che raccoglie sistematicamente informazioni riguardanti le risposte nazionali alla pandemia di almeno 180 paesi, utilizzando 20 indicatori, uno dei quali è la chiusura delle scuole.
Ognuno di questi bambini e ragazzi ha vissuto un’esperienza inedita che ha sovvertito, senza concedere tempi utili a orientarsi rispetto a ciò che stava accadendo, abitudini e regole di vita appartenenti a un patrimonio personale, familiare, sociale che, seppur in continua evoluzione, attraverso una trasmissione transgenerazionale, rappresenta il terreno solido su cui le nuove generazioni possono costruire le loro esistenze.
Anche in questo numero molti articoli importanti, da leggere, tanto più in una fase di cambiamenti politici e di governo che verosimilmente cambieranno ancora le geometrie decisionali in materia di sanità pubblica . Per scaricare il file .pdf clicca QUI
Ciò che lega le pratiche mutualistiche alla salute mentale di individui e comunità sembra risiedere nel campo dei rapporti di reciproca cittadinanza.
A partire dalla metà dell’800, nei mutanti assetti sociali della società industriale, le pratiche mutualistiche permisero alle comunità sopratutto locali di trovare e fornire risposte concrete ai nuovi bisogni sociali e di salute emersi a partire dal cambiamento delle condizioni di vita di molti lavoratori. Questo corpo variegato di pratiche, a partire dai valori di reciprocità, uguaglianza e solidarietà, ha alimentato il capitale sociale di alcune comunità e la percezione di un supporto da parte dei cittadini nei casi di difficoltà e di fiducia nei confronti del tessuto sociale. In assenza di istituzioni pubbliche a tutela della salute della popolazione, l’autorganizzazione delle comunità attraverso lo scambio di risorse e capacità, si rivelò spesso efficace nella risposta ai bisogni di individui e famiglie ma non altrettanto, per via della pressante vigilanza governativa, nel dare vita a rivendicazioni politiche volte modificare gli assetti sociali da cui tali bisogni, strutturalmente, emergevano. Alcune delle funzioni sociosanitarie assolte dalle Società di Mutuo Soccorso, proliferate dalla loro istituzione nel 1886, furono assorbite dalla nascita del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978 che ne superò molti dei limiti in favore di un sistema di cure e protezione sociale finanziato dalla fiscalità generale, teso all’omogeneità su tutto il territorio statale e, almeno nelle intenzioni, universalistico.
Fonte Dors.it che ringraziamo
Il 6 ottobre 2020, l’OMS ha pubblicato i risultati di un sondaggio sull’impatto del COVID-19 sui servizi mentali, neurologici e di uso di sostanze (MNS) in 130 Stati membri dell’OMS, prima della Giornata mondiale della salute mentale del 10 ottobre. Dai risultati si evince che la maggior parte dei paesi sta subendo un’interruzione dei servizi MNS, con il maggiore impatto sui servizi di prevenzione e promozione basati sulla comunità. I motivi dell’interruzione includevano un numero insufficiente o il reimpiego di operatori sanitari per la risposta al COVID-19 (nel 30% dei paesi), l’uso di strutture per la salute mentale come strutture di quarantena o trattamento COVID-19 (nel 19% dei paesi) e fornitura insufficiente dei dispositivi di protezione individuale (nel 28% dei paesi). Sebbene 116 (89%) paesi abbiano riferito che la salute mentale e il supporto psicologico facevano parte dei loro piani di risposta COVID-19 nazionali, solo il 17% ha affermato di aver impegnato ulteriori finanziamenti per questo. Questo rapporto arriva sulla scia di prove crescenti che la pandemia COVID-19 sta avendo effetti enormi sulla salute mentale e sul benessere delle popolazioni di tutto il mondo. Con una capacità di risposta apparentemente bassa, non è chiaro come il mondo affronterà questa incombente crisi della salute mentale.
Dietro questo concetto accademico, si deve comprendere che l’ambiente ospedaliero è caratterizzato da un carico di lavoro elevato e una bassa libertà decisionale – due fattori di rischio psicosociale. Questa distinzione spiega perché i dirigenti sono i meno esposti (16%), in quanto l’intensità del loro lavoro è compensata dal margine di manovra a loro disposizione per soddisfare queste richieste. È quando il lavoratore è vincolato da procedure o scadenze rigorose che il carico di lavoro diventa fonte di sofferenza, come sembra essere il caso del personale ospedaliero.
Un’analisi più dettagliata rivela che il tasso di esposizione è quasi del 40% tra le donne che lavorano in questo settore, contro il 29% tra gli uomini. Questa tendenza può essere vista nel settore privato e nella pubblica amministrazione.
L’indagine SUMER esamina anche sei ulteriori fattori di rischio e, ancora una volta, il servizio civile ospedaliero sembra un rendimento scarso. Il personale ospedaliero segnala il comportamento più ostile, sprezzante, negazione del riconoscimento e aggressione verbale, fisica o sessuale. Ad eccezione di quest’ultimo fattore, questa volta sono gli uomini i più esposti.
Questi fattori di rischio sono tutt’altro che banali. Generatori di stress, hanno conseguenze significative sulla salute dei lavoratori. Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che lo stress sul lavoro porta a problemi cardiovascolari, disturbi muscoloscheletrici e sintomi depressivi. Come ha sottolineato lo scorso luglio il Sindacato Nazionale dei Professionisti Infermieristici (SNPI): “dovete incolpare di lavorare sottopagati, a corto di personale, con condizioni di lavoro deplorevoli in alcuni luoghi”. Infatti, la SNPI afferma che il 30% dei giovani infermieri abbandona la professione entro cinque anni dal conseguimento del diploma.
Questi risultati mostrano che la crisi sanitaria del Covid-19 si verifica in un contesto ospedaliero sfavorevole ed è quindi probabile che aggravi i problemi preesistenti.
Riferimenti :
“Ogni periodo di vita possiede un suo proprio carattere: la delicatezza dei fanciulli, la baldanza dei giovani, la serietà dell’età adulta e la sapienza della anzianità e della vecchiezza che portano un loro frutto naturale che, nel loro tempo, va raccolto” (N. Flocchini, Cato maior: de senectute, Mursia 2015).
La testimonianza di Cicerone su Marco Porcio Catone ottantacinquenne rivela la scansione della sua vita di vegliardo assimilabile a quella dei tanti di ogni epoca: da giovane “censore”, da adulto “sapiente” , da anziano “antico e vecchio” ben consapevole che “opporsi alla natura è come combattere gli dei nelle vesti dei titani…la smemoratezza, tipica dell’età avanzata, è maggiore in chi non si dedica a una qualche operosa attività”. Nessuna traccia di compatimento, anzi la constatazione benevola delle varie fasi della sua lunga vita fino a prospettare un ruolo attivo nell’età attempata. Al contrario, l’odierno ageismo, moda minoritaria ma in ascesa, intenderebbe discriminare sulla base dell’età: colpisce quasi un europeo su tre al di sopra dei 60 anni, ben constatabile nel corso della pandemia, tanto che la Società Francese di Geriatria e Gerontologia (SFGG) e le Società omologhe europee, americane ed asiatiche hanno lanciato un allarme promuovendo “#OldLivesMatter” per sensibilizzare cittadini ed Istituzioni trascorsi due decenni dalla promulgazione dell’art. 25 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea che riconosce “il diritto degli anziani a condurre una vita dignitosa e indipendente e a partecipare alla vita sociale e culturale”. Catone e Cicerone continuano ad ispirare una “qualche operosa attività” e l’abbattimento di ogni pregiudizio?
Nel 2050 gli ultrasessantenni assommeranno ad oltre due miliardi nel Mondo, in Italia raggiungeranno i 20 milioni con oltre 1/3 di ultrasessantacinquenni e 1/5 di ultraottantacinquenni a fronte di una riduzione numerica della popolazione di almeno 2 milioni e mezzo.
I problemi che le previsioni pongono devono articolarsi in un quadro prospettico di sostenibilità strutturale per l’intero Paese ( dati ISTAT 2019):
– già oggi tre lavoratori supportano lo Stato sociale di un pensionato, nel prossimo futuro saranno in due a sostenerlo;
– una popolazione attempata risulta anche essere più malata a causa di un graduale declino fisico e ad una accresciuta vulnerabilità a causa degli effetti negativi sulla idoneità a nutrirsi, deglutire, mantenere un corretto apporto dietetico, sulle capacità di parlare, sorridere e restare in relazione con altre persone.
– circa la metà degli anziani soffre già di patologie gengivali e della sindrome delle fauci secche, non possiede la dentizione ritenuta appena sufficiente che è di almeno venti denti, subisce l’incremento e l’accumulo di patologie cronico-degenerative quali ipertensione arteriosa, malattie cardio-vascolari e respiratorie, diabete, obesità, neoplasie, deficit cognitivi, senza contare gli effetti della solitudine e non autosufficienza, ecc. con relativi incrementi esponenziali di necessità assistenziali di diagnosi e cura;
– bisognerà rispondere, iniziando fin da subito, a ricercare soluzioni adeguate economico-organizzativo-strutturali. Oltretutto gran parte degli anni di vita acquisiti dopo gli ottantacinque, persistendo l’attuale situazione, rischiano di essere impegnati a combattere contro più comorbilità;
– è chiaro che, per il numero e la qualità dei potenziali cittadini-utenti-pazienti-malati-clienti non è neppure pensabile gravare troppo sugli attuali Presidi ospedalieri, poliambulatori, medicina territoriale e case protette pubbliche e private: le città si vedrebbero trasformate gradualmente in nosocomi e ospizi a cielo aperto;
– neppure è possibile, data la dubbia sostenibilità, poggiare un peso eccessivo sulla Sanità territoriale considerando che in Italia nel 2030 gli anziani che vivono in solitudine potrebbero raggiungere i 4 milioni e mezzo a fronte del 10% assegnato dal budget sanitario nazionale attualmente riservato all’assistenza e solo dell’1,3% alle cure domiciliari, con consistenti disomogeneità regionali, mentre nei Paesi del nord Europa supera il 25%;
– potranno subire incrementi e miglioramenti le attuali Strutture sanitarie avvalendosi della erogazione prossima dei fondi europei, ma la soluzione principe sta nel guidare, per quanto possibile secondo Leggi e Costituzione, il processo generale di invecchiamento della popolazione nel solco della difesa della salute cercando di invecchiare tutti in buona salute;
– la vera novità, dunque, si chiama prevenzione primaria, iniziando a rifiutare che l’anzianità sia già per sé stessa, come tradizione vuole, una malattia. Basti questo dato: oltre un terzo delle demenze senili può subire una significativa riduzione mediante la correzione precoce di obesità, ipertensione, depressione, sordità, disturbi della masticazione, dell’udito e della mobilità, abolizione di tabagismo e consumo smodato di alcool, incremento dell’attività fisica e mentale, miglioramento del rapporto sociale e familiare, superamento della solitudine e del senso dell’abbandono mediante il rilancio di uno spirito di comunità…e intanto in Gran Bretagna si istituisce il Ministero alla solitudine preso atto che oltre un milione e 200.000 persone soffrono di solitudine permanente. In Italia il 13% della popolazione non può contare su nessuno per ogni necessità intervenuta e il 12% non ha parenti prossimi ed amici con i quali confidarsi (Eurostat 2019). Da aggiungere un dato significativo: Telefono amico riceve ogni anno oltre 50.000 telefonate con una tendenza all’incremento delle richieste di aiuto.
E’ indispensabile, pertanto, superare la strategia sanitaria a posteriori che, posta come unica via da seguire, condurrebbe ad incompatibilità economiche straordinarie oltre che a distorsioni culturali, fra cui la medicalizzazione di disagi e malattie evitabili ab initio, e ad errori progettuali di tipo sanitario senza neppure poter contrapporsi con risoluta efficacia al lievitare delle malattie cronico-degenerative e all’impennarsi della spesa sanitaria ed assistenziale.
Diviene, dunque, mandatorio e subordinato al concetto di prevenzione primaria, valorizzata e rilanciata anche la prevenzione secondaria, non concepire la corporeità come aggregazione di cellule, organi ed apparati con il rischio di confluire nel binario morto del darwinismo (fisico e sociale) e nel materialismo meccanicista di de La Mettrie (1747) che considerano le persone-individui hommes machines dai complessi meccanismi fisiologici e atavismi fisio-gnonomici. Su questa via si giunge a rilanciare, spesso inconsapevolmente, concezioni antropologiche di tipo lombrosiano.
* Già docente di Chirurgia generale nell’Università di Bologna e Direttore della Chirurgia generale degli Ospedali Bellaria e Maggiore di Bologna
In questo numero
Perchè votare NO al referendum
4- editoriale. Non solo covid, c’è anche questa politica
6- Referendum: le ragioni del NO
SANITA’
8- Aziendalizzazione e privatizzazione, come invertire la rotta
19- “ Racconto il mio inferno covid di medico in Valsusa”
20- Prevennzione o morte dei sistemi sanitari pubblici
22- Pandemia in Emilia e Romagna. Raccontare marzo
22- Come aderire a Medicina Democratica Onlus
23- Sanità pubblica in ritirata? Operatori delusi e malati in attesa
24- Contratti sanità: quanto abbiamo perso in 20 anni
SICUREZZA E LAVORO
25- Eliminare le molestie e la violenza sul lavoro?
26- Vademecum sicurezza sul lavoro
25- I rischi sul lavoro garantiti da una clausola non scritta
26- In 253 giorni oltre 770 i crimini sul lavoro
27- Racconti nell’insicurezza sul lavoro
28- Vaccini e lavoratori. Intervista a Marco Caldiroli
30- Per abbattere i pregiudizi sui lavoratori con disabilità
32- Bonomi: un uomo con gli stivali
32- L’economia va male perché crollano i consumi, e i redditi!
34- Dicono che il lavoro c’è, se non lo trovi è solo colpa tua
37- Le puntate della tragedia italiana
Covid-19_ gli effetti della pandemia, dell’isolamento sociale e del lockdown sulla salute mentale degli italiani from Edra on Vimeo.
Intervengono
Ernesto Caffo, Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile – Università di Modena e Reggio Emilia, Presidente di Telefono Azzurro
Padre Alberto Carrara, Direttore Gruppo di Neurobioetica – Università Europea di Roma
Andrea Fagiolini, Professore Ordinario di Psichiatria – Università degli Studi di Siena
Ranieri Guerra, Assistant Director-General for Strategic Initiatives OMS
Armando Piccinni, Presidente Fondazione BRF, Professore Straordinario Unicamillus Roma
Alberto Siracusano, Direttore U.O.C. Psichiatria e Psicologia Clinica – Fondazione Policlinico Tor Vergata
Enrico Zanalda, Presidente Società italiana Psichiatria
Coordina
Beatrice Lorenzin, Deputata, già Ministro della Salute e coordinatrice Health&Science Bridge
Fonte Ministero Salute
Abstract
a cura DORS.IT
Il Rapporto, a cura del Ministero della Salute, pubblicato il 30 luglio 2020, è l’analisi a livello nazionale dei dati rilevati attraverso il Sistema Informativo per la Salute Mentale (SISM) riferiti all’anno 2018. Ha lo scopo di offrire uno strumento conoscitivo per i diversi soggetti istituzionali responsabili della definizione ed attuazione delle politiche sanitarie del settore psichiatrico, per gli operatori e per i cittadini utenti del Servizio Sanitario Nazionale.
Introduzione
Il documento proposto è un POSITION PAPER, che individua le priorità per promuovere e proteggere la salute mentale della popolazione, in particolare dei gruppi più fragili, nel post covid19.
Le priorità strategiche derivano da ricerche documentali su studi empirici e revisioni sistematiche, da due survey sulla popolazione realizzate nelle prime settimane della pandemia in Gran Bretagna (marzo 2020), e dalle elaborazioni/analisi di un panel di esperti nazionale (provenienti dall’Accademia delle Scienze Mediche della Gran Bretagna e dell’ente di ricerca sulla salute mentale MQ – Tansforming Mental Health).
Viene proposta una tipologia di ricerca che sia caratterizzata da:
L’auspicio degli autori è che la strategia delineata dal Position Paper possa essere adottata da ricercatori di vari Paesi, oltre alla stessa Gran Bretagna.
Fonte Dors.it
a cura di Marina Penasso, DoRS
La SIP (Società Italiana di Psichiatria) ha affermato che, nella fase post Covid, non possa esserci una vera ripresa senza tenere conto della salute mentale e ha altresì denunciato la situazione critica della rete di assistenza, non adeguatamente pronta a fare fronte all’esacerbarsi dei disturbi mentali derivanti dal periodo di lockdown. La situazione che viene prospettata è l’aumento impressionante (si stimano trecentomila pazienti in più) di persone afflitte da disturbi mentali. Il disturbo più comune è lo stress post-traumatico derivante dai lutti subiti, dal timore di essere colpiti dal virus ma anche dai danni economici che hanno investito molte persone durante i mesi della pandemia, dall’ansia generalizzata per il futuro e dalla paura della povertà. Molte di queste persone chiederanno aiuto, nel prosieguo, ai servizi di salute mentale; alcuni lo stanno già facendo in questa fase, con un impatto preoccupante e a cui non sarà semplice fare fronte essendo il personale dei servizi di salute sottodimensionato, con un numero sempre decrescente di psichiatri, psicologi e operatori sanitari in grado di curarli. Si teme anche un aumento dei suicidi.
Prima della pandemia erano novecentomila le persone in carico ai servizi di salute mentale: quindi l’aumento prospettato è pari a un terzo. Si rende necessario e urgente un piano concreto che preveda interventi mirati a ridurre questi imponenti numeri.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sostiene che vada superato, in questo tempo di pandemia, il concetto di “distanziamento sociale” a favore del concetto di “distanziamento fisico”.
Il pensiero sotteso è che l’espressione “distanziamento sociale” possa creare equivoci. Quello che va mantenuto, per contrastare il Covid-19, è il “distanziamento fisico”. Il virus può infatti diffondersi tramite goccioline respiratorie, piccole quantità di liquido che potrebbero fuoriuscire quando una persona affetta da questa patologia starnutisce o tossisce. Limitando i contatti con gli altri e mantenendo il distanziamento fisico di almeno un metro, si riducono le probabilità di contrarre il virus e di trasmetterlo a qualcun altro.
Va invece incentivato il più possibile il rafforzamento dei legami sociali, promuovendo al contempo la socialità come concetto positivo in grado di mantenere e aumentare il benessere psicofisico. Gli esperti affermano che il contatto sociale è vitale per la salute mentale. La sua mancanza può generare ansia e sentimenti di solitudine privando le persone delle sostanze scatenate dal contatto fisico, quali endorfine e serotonina, che aiutano a tenere sotto controllo stress e paura.
Il cambiamento di lessico non è cosa di poco conto perché aiuterà a non associare il termine “sociale” a un concetto negativo. Miriadi di studi scientifici vanno nella direzione dell’influenza positiva delle relazioni sociali per coadiuvare la cura e la guarigione dalle malattie.
Oltre 45.000 aziende in 33 paesi hanno partecipato al sondaggio, rispondendo a domande su diverse aree di sicurezza e salute sul lavoro (SSL), incluso l’emergente problema della digitalizzazione.
ESENER 2019 è una preziosa fonte di informazioni per i responsabili politici, in quanto fornisce un quadro aggiornato della consapevolezza del rischio e della gestione della SSL nei luoghi di lavoro europei, nonché un confronto con i risultati di ESENER 2014.
PER LEGGERE I REPORT DI RICERCA VAI ALLA FONTE OSHA.EU
Segnaliamo il pieghevole del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi che offre indicazioni utili per affrontare la situazione data dalla pandemia di Coronavirus.
dal sito CNOP : “….puoi scaricare qui il pieghevole (versione 9 marzo) che è stato predisposto per fornire un orientamento psicologico per i cittadini, allo scopo di promuovere atteggiamenti più adeguati e responsabili.
Una appropriata percezione del rischio può aiutare a fronteggiare meglio la situazione ed a proteggere noi stessi e gli altri.
Il pieghevole non sostituisce un aiuto professionale, che in questi giorni può essere importante per molte persone. Gli Psicologi sono informati sulle norme di protezione da seguire e possono effettuare interventi a distanza ogni volta che ciò sia opportuno.”
Fonte Inchiestaonline
Emilio Rebecchi è uno psichiatra di Bologna
Due scene si sono impresse nella mia mente negli ultimi giorni.
Una e’ quella di sanitari che trasportano qualcuno ( uomo. , donna) colpito da corona virus . La scena avviene in Cina , in una immensa città’ che neppure sapevo esistesse ( l’ignoranza non ha limite), ed e’ una scena molto angosciante.
La seconda e’ recentissima. Un’infermiera e una dottoressa vengono intervistate durante uno speciale del Tg1. Siamo , mi sembra, a Cremona . Sono affrante per il lavoro che debbono svolgere. Il lavoro e’ troppo. Non hanno i mezzi necessari. La gente muore. Forse dovranno scegliere fra chi continuare a curare e chi lasciar morire. E alla domanda del giornalista se abbiano paura, si’ urlano disperate. Si’. Sono immagini di guerra, anche se ufficialmente viviamo in pace, e forse , per alcuni, nel migliore dei mondi possibili.
Autrice : Norina Di Blasio
Chiudere l’attività ambulatoriale significa lasciare le persone sole, abbandonate, con tutte le difficoltà che già esistevano nel sistema salute mentale in Italia. L’intervista a Fabrizio Starace, presidente SIEP.
“È solo quando tu e il tuo paziente indossate una mascherina che vi rendete conto di quanto l’assistenza medica dipenda dall’espressione facciale e dalla comunicazione non verbale”, scrive Danielle Ofri, in un recente articolo sul New York Times dal titolo Why Doctors and Nurses Are Anxious and Angry. “Mentre effettuavo i tamponi ai miei primi pazienti per il coronavirus qui al Bellevue Hospital la scorsa settimana, è diventato evidente che alleviare la loro ansia era tanto importante quanto sondare le loro rino-faringi”. In questa frase la Ofri, Medico presso il Bellevue Hospital di New York e docente della New York University School of medicine, ci restituisce un effetto che l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha sulla salute mentale e le conseguenti misure ha determinato sulle persone tutte, dai pazienti agli operatori sanitari. “ Noi medici e infermieri ci sentiamo altrettanto sconcertati come tutti gli altri : ‘Un gel a base di alcol e aloe può realmente sostituire un disinfettante per le mani? È sicuro andare al negozio di bagel? Come possiamo gestire i nostri genitori anziani? È possibile fare in modo che i nostri figli non si tocchino la faccia?’. Guardiamo alle notizie con la stessa ansia del grande pubblico”, continua infatti la Ofri, offrendoci piccoli affacci sulle psicopatologie quotidiane, lievi effetti che la pandemia da coronavirus comincia ad avere sulla nostra salute mentale.
Ma che impatto hanno le misure di distanziamento sociale sulle persone con disagio psichico e sulle loro famiglie? Dalle carceri alle strutture residenziali, dai centri diurni alle visite ambulatoriali, dagli SPDC alle visite domiciliari, esiste un mondo strutturato che si occupa della presa in carico delle persone che soffrono di disagio psichico, ma come si sta riorganizzando in questa situazione di emergenza sanitaria? Come si stanno organizzando i Dipartimenti di salute mentale rispetto alle disposizioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri? Vediamo cosa ne pensa Fabrizio Starace, presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP), in questa intervista* rilasciata a Senti chi parla.
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