Milano, 22 Gen – Giovedì è morto anche il quarto operaio, Giancarlo Barbieri, coinvolto nel gravissimo incidente che è avvenuto a Milano alla Lamina spa, azienda di produzione per laminazione a freddo di nastri di alta precisione in acciaio e titanio.
PuntoSicuro, che si occupa per lo più di aspetti tecnici, di prevenzione in materia di sicurezza e salute sul lavoro, raramente interviene direttamente sui recenti fatti di cronaca in materia di infortuni. Il ruolo di commento e approfondimento del nostro giornale diventa difficile quando la magistratura sta ancora lavorando, quando sia ancora difficile dipanare cause e responsabilità.
Tuttavia ci sono tipologie di incidenti – come fu per quello relativo all’ incendio alla Thyssenkrupp e come è per questo di Milano – che possono e devono far scaturire utili riflessioni che, al di là degli aspetti meramente tecnici, ci permettano di comprendere la situazione della sicurezza in Italia.
E per raccogliere qualche considerazione “competente” abbiamo chiesto aiuto ad Adriano Paolo Bacchetta, coordinatore di spazioconfinato.it e tra i principali esperti nazionali in tema di “ambienti sospetti di inquinamento o confinati”. Non è stato semplice coinvolgerlo, nessuno ama rispondere su temi che evolvono giornalmente, che potrebbero mutare a seconda dei riscontri che ci saranno. Tuttavia abbiamo ottenuto alcune risposte che ci permettono di offrire qualche spunto di riflessione ai nostri lettori.
Partendo dai pochi dati certi e di là dalle tante ipotesi che si possono fare riguardo al gravissimo incidente alla Lamina, cerchiamo di fare qualche breve riflessione. Intanto mi pare che quanto è avvenuto riguardi un ambiente confinato e non deve essere la prima volta che infortuni di questo tipo avvengono durante operazioni di manutenzione o pulizia di forni…
Adriano Paolo Bacchetta: “Non è mia abitudine commentare ‘a caldo’ un evento drammatico, come quello successo a Milano, tenuto conto del rincorrersi delle notizie parziali e, talvolta, contraddittorie provenienti degli organi d’informazione. Questo anche perché gli accertamenti tecnici degli inquirenti sono ancora in corso.
Fatto salvo il commosso sentimento di cordoglio per le vittime e i loro familiari, ogni considerazione potrebbe essere certamente passibile di errori, anche grossolani, derivanti dalla limitata disponibilità d’informazioni circostanziate.
Tuttavia, volendo aderire alla richiesta di formulare qualche ipotesi preliminare che, come detto, potrà essere confermata o smentita in futuro quando si avranno informazioni di dettaglio, bisogna rilevare che sul sito web della Lamina S.p.A. si legge che all’interno dello stabilimento è operativo un forno statico di ricottura a campana “Ebner” con raffreddamento ad acqua in cascata, che permette la ricottura degli acciai ad alto e medio tenore di carbonio e del titanio. Non ho dati sul tipo, modello e caratteristiche specifiche del forno in questione ma, in generale, si può dire che questo è un sistema di ricottura tra i più frequenti e di notevole impiego nei cicli di lavorazione a freddo, soprattutto quando vi sia la necessità di trattare grosse quantità di materiale. La letteratura indica che la struttura di questi forni è usualmente rappresentabile come una base su cui sono sovrapposti a strati i rotoli di materiale (coils) che devono essere sottoposti a ricottura e un sistema a due campane che isola gli stessi coils dall’ambiente esterno, in modo da poter generare nel volume interno un’atmosfera controllata, ovvero in cui l’ossigeno è a bassissime concentrazioni (o praticamente assente). Questo consente di evitare alterazioni del materiale derivanti da fenomeni di ossidazione, possibili in caso di processi di ricottura della durata di diverse ore, oltre ad assicurare un’elevata qualità superficiale dei nastri e l’ottenimento di caratteristiche meccaniche ottimali dopo la ricottura. I gas indicati sul sito aziendale come in uso per controllare l’atmosfera interna, sono argon o azoto.
Io non ho visitato direttamente i luoghi ma, considerata la particolare forma del forno (in tal senso anche la foto presente sul sito web aziendale) e delle normali modalità di apertura e movimentazione verticale delle campane, oltre al riferimento agli organi di stampa che hanno parlato di “forno interrato”, posso immaginare che si tratti di un’installazione in buca, in altre parole una vasca a cielo libero cui si accede normalmente sul fondo mediante una normale scala fissa e avente una profondità idonea a contenere l’intero sviluppo verticale del forno o, almeno, una sua parte (dalle notizie di stampa si dovrebbe trattare di una vasca profonda circa 2 metri e di un forno alto circa 4 metri, condizione che prevede che lo stesso sporga rispetto al piano di calpestio. Questo sarebbe anche coerente con l’immagine pubblicata sul sito web aziendale). Potrei ovviamente sbagliarmi, ma credo che la rappresentazione che ho fatto in precedenza sia ragionevole e pertanto, se quanto ipotizzo fosse corretto, il personale non dovrebbe essere “entrato nel forno” come riportato in un primo tempo nei lanci delle agenzie di stampa (in letteratura non ho trovato indicazioni riguardanti forni Ebner di questa potenzialità con portelli d’ispezione accessibili o passi d’uomo sulle campane), ma potrebbe essere sceso nella vasca a cielo libero al cui interno è installato il forno. Le testimonianze di alcuni dipendenti della Lamina riferiscono che, quando non hanno visto uscire i colleghi, altri due si sono affacciati, e questo sarebbe coerente con l’ipotesi di una vasca interrata con parapetto perimetrale (in tal senso ritorno a citare la foto presente sul sito web aziendale)”.
Da quello che lei ha potuto comprendere dalle diverse ricostruzioni dell’incidente, al di là dall’allarme che non sarebbe entrato in funzione, quali potrebbero essere le carenze in materia di sicurezza. O meglio, visto che le informazioni in nostro possesso non sono ancora molte, quali sono negli infortuni avvenuti in passato in questa tipologia di spazi le carenze più frequenti?
Adriano Paolo Bacchetta: “Come giustamente osserva, la situazione è ancora priva di certezze. L’effettiva presenza di sensori, la loro tipologia e corretto funzionamento, saranno certamente punti salienti degli accertamenti tecnici da parte degli inquirenti. Resta però il fatto che, i testimoni presenti, hanno raccontato che non erano presenti odori e che, quando hanno cercato di portare soccorso ai colleghi, sentivano ‘mancare l’aria’. Questo dovrebbe rafforzare l’ipotesi della presenza di un’atmosfera sotto ossigenata per il rilascio accidentale di uno dei gas tecnici utilizzati per l’inertizzazione dell’interno delle campane (azoto o argon). Probabilmente, come ho già detto, tutto potrebbe essere quindi da ricondurre non tanto all’ingresso all’interno di un’apparecchiatura (entrata nel “forno interrato”), ma all’accesso all’interno di una vasca interrata a cielo libero, in cui potrebbe essersi creata un’atmosfera con una ridotta percentuale di ossigeno. In generale, l’analisi degli incidenti occorsi in passato, individua nella presenza di un’atmosfera pericolosa (sotto-ossigenazione o presenza di gas/fumi/vapori tossici), la causa d’incidenti nel 52,2% dei casi (elaborazione dati IN.FOR.MO 2014 – scheda “Gli ambienti confinati”). Sempre in conformità a questa elaborazione, seguono con il 24,4% le cadute dall’alto o in profondità dell’infortunato, con il 10% le cadute dall’alto di gravi e nel restante 13,4% sono ricomprese tutte le altre cause. Per quanto riguarda i luoghi, l’analisi dei dati indica che cisterne/serbatoi/autoclavi sono gli ambiti in cui si sono verificati il 28,8% degli incidenti: A seguire con il 22,2% le vasche, quindi i pozzi/pozzetti con il 15,5%, i silos con l’11,1%, le camere/cavedi con il 10% e per finire, con il 12,2 % altri luoghi (canalizzazioni, condotte, stive, celle frigo, ecc.). A riguardo, mi sono recentemente occupato dell’analisi di alcuni casi studio riguardanti incidenti occorsi in silos (o sili) di materiale incoerente dove, oltre al problema dell’atmosfera interna (sotto-ossigenazione o presenza di una miscela di anidride carbonica e ossidi di azoto per fermentazione naturale degli insilati tagliati da poco), le altre cause sono state il seppellimento (engulfment) per il distacco improvviso dalle pareti di ampie porzioni di materiale, il cesoiamento degli arti a causa del contatto dell’operatore con la coclea di fondo oppure, in alcuni casi, anche l’esplosione. La casistica è varia, come pure lo sono le cause. È però vero che, nel complesso, è possibile identificare gli ambiti e le cause maggiormente ricorrenti, in modo che sia possibile valutare e, se del caso, adottare adeguate misure di prevenzione e protezione. Questo, però, non significa che sia possibile categorizzare i luoghi e le attività all’interno di una sorta di “griglia decisionale”, che consenta di poter definire in modo automatico la classificazione di un ambiente mettendo semplicemente una crocetta in corrispondenza di qualche casella presente in generiche checklist preconfezionate. Tutto dipende dall’effettuazione di una corretta e adeguata valutazione dei rischi. A riguardo, ricordo che la normativa 29 CR OSHA 1926.21(b)(6)(ii) identifica come Confined Space (ai fini della somministrazione di un’adeguata informazione/formazione sui rischi e addestramento all’utilizzo dei DPI e applicazione delle procedure di emergenza), anche una vasca a cielo libero avente una profondità maggiore di quattro piedi, ovvero circa 1,22 metri”.
Ci troviamo poi spesso ad affrontare anche il tema degli infortuni tra i soccorritori. In ogni azienda il soccorso negli spazi confinati o, comunque, negli ambienti sospetti di inquinamento (ex art.66, D.Lgs. 81/2008), immagino debba essere ben pianificato. Qual è, da questo punto di vista, la sua esperienza nei tanti convegni e corsi realizzati sulla sicurezza di questi ambienti?
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