Salute e sicurezza nel lavoro: uscire dall’emergenza Coronavirus.

 

Siamo a pochi giorni da un’ampia riapertura di attività di produzione e di servizio. Dal giorno 18 maggio rientreranno in funzione molte attività che moltiplicheranno relazioni di prossimità per milioni di persone. Prossimità sui mezzi di trasporto pubblico, nei luoghi della produzione, nei ristoranti e in tante altre situazioni.

Cerchiamo di fare il punto sui nodi cruciali per la gestione di queste riaperture. Affronteremo in questo primo articolo la complessità della gestione del rischio Covid-19 negli ambienti di lavoro

Gli ambienti di lavoro

Persiste un atteggiamento di ambiguità rispetto alla gestione istituzionale del tema vigilanza negli ambienti di lavoro. Ciò che appare con certezza riguarda la scelta di scorporare la gestione del rischio biologico da Coronavirus dall’obbligo di aggiornamento del DVR e dal riferimento normativo del D.Lgvo 81/08.
Il rischio biologico da Coronavirus è un rischio non direttamente attribuibile alla specifica mansione professionale, è un rischio generico, diffuso negli ambienti di vita e di lavoro.
Tuttavia non si può ritenere che questo rischio non debba essere valutato in relazione ai rischi specifici presenti negli ambienti di lavoro. L’apprestamento del distanziamento sociale, dei dispositivi di protezione individuale, l’organizzazione della produzione per tutelare i lavoratori dal contagio non sono azioni separabili dalla gestione dei rischi chimici, gas fumi , polveri specifici di ciascun processo produttivo.
Nell’industria agroalimentare, ad esempio, nelle lavorazioni carni preesistono al coronavirus rischi biologici specifici la cui gestione è ben definita dall’ ALLEGATO XLVI ELENCO DEGLI AGENTI BIOLOGICI CLASSIFICATI .

L’integrazione della gestione del rischio da contagio corona virus con gli altri rischi presenti nell’ambiente di lavoro non è un’opzione ideologica ma una necessità scientifica e professionale del Medico Competente come del RSPP.

La separazione a livello normativo tra il vigente D.lgvo 81/08  e il Protocollo.

Si è attivato un percorso parallelo Governo-Parti Sociali con la elaborazione affrettata di protocolli generici e aspecifici rispetto ai profili di rischio di comparto che, se giustificabili in una prima fase di emergenza, non trovano affatto giustificazione nella Fase 2 e successive. Nei fatti i rischi specifici di ciascun comparto sembrano essere scomparsi. Perchè si è scelto che il sistema dei controlli sia posto in capo ai Prefetti che potranno essere coadiuvati di volta in volta dalle Forze dell’Ordine, dalle Forze armate , dall’Ispettorato del Lavoro, dai VVFF, dalla Polizia locale… ?
Un sistema di vigilanza così eterogeneo nelle forme organizzative ed estemporaneo non riuscirà a controllare in modo efficace e con continuità le aziende di alcun territorio.
E’ necessario che siano rifinanziati e resi funzionanti ed efficaci i Servizi di Medicina Preventiva e Igiene del Lavoro delle ASL.
Si è volutamente ignorata l’esistenza del D.lgvo 81/08.
Questa scelta non porta da nessuna parte, il doppio binario “inventato” in emergenza per sterilizzare il D.lgvo 81/08 dal punto di vista sanzionatorio e penale non può durare nella cosiddetta 2° fase.
Anche il Sindacato deve prendere atto che il “Protocollo condiviso” utile nella prima fase dell’emergenza è uno strumento destinato alla dissolvenza.

Un ritorno alla “norma” con finanziamenti adeguati a tutto il sistema dei servizi territoriali delle ASL , dai Dipartimenti di Prevenzione ad una rinnovata organizzazione integrata della medicina di base e del sistema delle cure di base,  sarebbe il primo passo per un’inversione della pluriennale tendenza, con il definanziamento, a sguarnire il territorio e a renderlo così vulnerabile come abbiamo già visto nella pandemia Covid-19.

Gino Rubini, editor di Diario Prevenzione