FONTE INCHIESTAONLINE
Ci fu una volta… ma non c’è più.
Se continua la tendenza attuale, circa 5 miliardi di persone non avranno ancora accesso alla salute nel 2030, termine entro il quale (secondo l’Agenda 2030 dell’ONU) i dirigenti mondiali hanno fissato la realizzazione della copertura sanitaria mondiale. La stragrande maggioranza delle persone che non hanno accesso sono povere .
(OMS, Rapporto su monitoraggio dello stato della copertura sanitaria universale, settembre 2019).
L’allerta è grave perché per raggiungere l’obiettivo occorrerà raddoppiare la copertura attuale in soli dieci anni!
Per alcuni decenni dopo la Seconda guerra mondiale, in alcuni paesi “ricchi” del mondo (Paesi scandinavi, Germania, Olanda, Francia e, meno, Italia, niente negli Stati Uniti) grandi passi in avanti furono compiuti grazie alle politiche del welfare centrate sulla protezione e la sicurezza sociale. Inoltre, ai primi anni ’70 si registrò un inizio di riduzione del tasso di crescita delle grandi disuguaglianze di reddito tra Paesi “ricchi” e Paesi impoveriti
Tutto cambiò nel decennio ‘70 a seguito del crollo del sistema finanziario internazionale messo in piedi nel ‘45-‘48 dalle potenze occidentali. I gruppi sociali del Nord, principali detentori dei capitali mondiali iniziarono con successo a smantellare lo Stato del Welfare accusato di aver condotto alla crisi del sistema perché aveva incoraggiato nella ripartizione del reddito prodotto un aumento della parte dedicata ai redditi da lavoro e, relativamente, diminuito quella andata ai redditi da capitale. Da qui riuscirono in meno di vent’anni ad imporre le grandi ondate di mercificazione di ogni forma di vita (brevetti sul vivente e sull’intelligenza artificiale compresi) e di privatizzazione e finanziarizzazione dell’intera economia, inclusi i beni e i servizi pubblici.
Russia, India, Cina, chi più o meno con autonomia, si sono integrate nella nuova economia mondiale dominata dal neocapitalismo finanziario ad alta intensità tecnoscientifica e, soprattutto, tecnocratica. Le conseguenze per la vita della Terra sono state disastrose: devastazioni ambientali e climatiche, sconquasso economico, disastro sociale, guerre, militarizzazione della economia e della politica. È in questo contesto come mai convulso e violento che si è manifestata la crisi sanitaria mondiale da Coronavirus. Questa ha toccato finora soprattutto i Paesi “più ricchi” al mondo. Ed è probabilmente per questa ragione che, contrariamente alle precedenti pandemie, essa è diventata di gran lunga la grande questione del nostro tempo, per lottare contro la quale i potenti del mondo hanno adottato misure mai viste nel passato quali il confinamento di milioni e milioni di persone con conseguente arresto generale delle attività economiche, salvo quelle essenziali di prima necessità.
La risposta mondiale al Coronavirus
Se ci si attiene ai documenti ed alle dichiarazioni ufficiali è vero che si ha il sentimento che questa volta i grandi soggetti detentori del potere (ad esclusione dei vari Trump, Bolsonaro, Erdogan, Orban… e dell’ambiguo Putin) danno l’impressione di volerci mettere il pacchetto! Il 16 marzo, il G20 (che riunisce i capi di stato e di governo delle 20 economie più potenti al mondo) annuncia il lancio di una grande iniziativa comune di lotta al Coronavirus. Questa iniziativa è presentata e descritta il 24 aprile in un appello mondiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) redatto con l’assenso della maggioranza degli Stati del G20. L’iniziativa, si dice, deve mirare ad accelerare lo sviluppo di nuove tecnologie mediche (testi diagnostici, trattamenti e vaccini) essenziali contro il COVID-19 ed assicurare così, si afferma, a tutti, in tutto il mondo, l’accesso alle cure contro la pandemia.
Il tocco finale è dato il 28 aprile. La Commissione Europea ed i governi della Francia, Germania, Spagna, Italia, Regno Unito e Norvegia insieme a quelli dell’Arabia Saudita, del Canada rendono pubblica “La risposta mondiale al Coronavirus” (in breve, La risposta) con l’obiettivo di raccogliere entro il 4 maggio 7,5 miliardi di euro , come fondo iniziale, per il finanziamento di un programma mondiale di cooperazione di ricerca per la lotta contro il Coronavirus chiamato Access to COVID-19 Tools Accelerator (in breve, ACT). L’obiettivo finanziario è stato raggiunto rapidamente ancora prima del 4 maggio. “La risposta” è partita.
L’enfasi non manca. Secondo la dichiarazione alla stampa della Presidente della Commissione Europea:
È una sfida eccezionale e mondiale. Se riusciamo a sviluppare un vaccino prodotto dal mondo intero, avremo realizzato un beneficio mondiale unico nel XXI secolo.
In cosa consiste concretamente la risposta/ACT?
Si tratta di una piattaforma internazionale di collaborazione che ha come scopo di accelerare ed intensificare la ricerca, lo sviluppo, la disponibilità e la distribuzione equa d’un vaccino e di altri trattamenti terapeutici e diagnostici vitali. Essa costituisce la base di una vera alleanza internazionale per lottare contro il Coronavirus.
Per questo fanno parte dell’alleanza, in aggiunta ai governi, tre categorie di soggetti provenienti dal mondo:
a) della ricerca e sviluppo;
b) della produzione/manifattura;
c) della distribuzione.
I soggetti sono di natura pubblica, pubblica/privata e privata. Un numero importante, il che permette ai promotori di affermare che si tratta di uno dei maggiori tentativi realizzati finora di cooperazione mondiale nel campo della salute, in particolare dei vaccini, dei testi diagnostici e dei trattamenti. L’elenco dei principali partners è impressionante.
Citiamo in particolare – oltre l’UE, i governi e l’OMS – la GAVI (Global Alliance for Vaccines and Immunization), la CEPI (Coalition for Epidemic Preparadness Innovation), l’UNITAID (Innovation in Global Health Solution to Address Global Pandemia), la World Bank e il suo braccio destro il Global Fund (determinanti per l’ingegneria finanziaria); le fondazioni filantropiche private quali la Fondazione Gates, il Wellcome Trust e, tramite il potente World Economic Forum (WEF), la presenza istituzionalizzata in seno all’iniziativa del mondo del business e della finanza.
Perché parlare di mistificazione?
Come mai, di fronte a questa vasta e unica alleanza mondiale tra tutti gli attori chiave importanti della sanità, ufficialmente ispirata da buone intenzioni nell’interesse di tutti, si può affermare che “La risposta”/ACT rappresenta una grande mistificazione?
Quel che cercherò, qui di seguito, di validare in maniera rigorosa è che anzitutto non si tratta di una risposta mondiale. Le classi dirigenti politiche ed economiche (né quelle tecnoscientifiche) non sono state capaci di pensare e di agire mondialmente. Inoltre , e soprattutto, l’ACT è stata concepita e sarà realizzata secondo un modello largamente applicato e diffuso negli ultimi 30 anni detto di Partenariato Pubblico Privato che non mira (non può mirare) a concretizzare un diritto universale – quello del diritto alla salute, in quanto obbligo da garantire da parte dei poteri pubblici – attraverso un vaccino (e connessi) mondiale, comune, pubblico, ma a promuovere un accesso equo e a prezzo abbordabile di un prodotto e servizio medico di proprietà privata considerato un bene/merce industriale e commerciale negoziabile sul mercato. In questo senso, l’ACT è una piatta ripetizione su basi (quasi) mondiali e robuste di un modello d’intervento politico, sociale, economico e tecnoscientifico nel campo della salute, in particolare dei vaccini, che ha dimostrato importanti debolezze ed insufficienze strutturali ed ha causato profondi disfunzionamenti e conseguenze nel campo della politica della sanità, del ruolo dello Stato e dei poteri pubblici, dei diritti, dell’economia della sanità, della funzione della scienza e della tecnologia e delle università.
Non è mondiale
La pandemia, si proclama, è mondiale. Al di là di alcune specificità locali specie nei tempi e nelle reazioni dei governi e delle popolazioni, mondiali sono le cause, la virulenza e la diffusione. Mondiali le conseguenze a lungo termine. Ma la risposta non è mondiale. Ad essa non partecipano gli Stati Uniti. Anzi, il loro presidente ha deciso di sospendere il versamento annuale degli USA all’OMS accusandola di complicità con la Cina. Non v’è il Brasile. La Russia si è tenuta fuori. Lo stesso vale per la Cina.
Gli assenti non sono di poco conto. Il che significa – e questo è lampante nel caso degli Stati Uniti, ed anche se in misura minore nel caso della Cina – che la ricerca dei nuovi strumenti di lotta contro la pandemia (testi, trattamenti, vaccini) sarà dominata dalla competizione feroce par la corsa ai brevetti: la gara scientifica, tecnologica, economica e politica per vincere il mercato dell’anti-Coronavirus stimato a parecchi miliardi di euro, dominerà il teatro mondiale delle operazioni dei prossimi mesi (salvo, improbabile, capovolgimento della situazione).
Altro che risposta mondiale. Altro che favorire la solidarietà tra i popoli. Certo la disputa per sapere di chi è la colpa di tale situazione disastrosa continuerà per anni. Alle vittime importerà un fico secco di conoscere i responsabili!
Un aspetto, forse, positivo è costituito dal fatto che la risposta rappresenta uno dei rari atti di chiara “indipendenza” dell’UE nei confronti degli Stati Uniti nel campo della politica mondiale. Di fronte alle scelte irrazionali, irresponsabili del presidente Trump, l’UE dimostra di voler lavorare in una prospettiva mondiale contraria al sovranismo imperiale USA ed al primatismo bianco del presidente americano. La prospettiva resta nella cultura tradizionale dal multilateralismo intergovernativo internazionale, ma ciò non toglie che nella lettera di presentazione dell’ACT, la presidente della Commissione Europea non esita ad affermare che l’UE è pronta a prendere la leadership mondiale della risposta.
Nous nous engageons à travailler avec tous ceux qui partagent notre attachement à la collaboration internationale (…) Nous sommes prêts à diriger et à soutenir la réponse internationale.
Non mira alla salute di tutti ma a un accesso equo e a prezzo abbordabile
In nessun documento dell’OMS e dell’ACT né dichiarazione dei molteplici partners ufficiali, riferimento è fatto alla questione del brevetto. Non si tratta né di dimenticanza né di occultazione volontaria. Certo, si capisce che per i poteri forti è inutile suscitare subito una reazione contraria da parte delle forze sociali che nel mondo intero si battono contro il brevetto privato e a scopo di lucro sul vivente (e l’intelligenza artificiale) e di cui i brevetti sui vaccini rappresentano la parte più ambita in ragione del loro elevato livello di profitti. Ma, in realtà, è semplicemente perché è implicito, secondo loro, che si tratterà di brevetto/i sia per quanto riguarda i nuovi medicinali, i nuovi strumenti di diagnosi, che il/i vaccino/i anti Coronavirus. In questo caso, l’essenziale consiste nel mettere in piedi quei passaggi, strumenti e soggetti che permetteranno di facilitare l’acquisto dei brevetti da parte di istituzioni pubbliche e private (vedi fondazioni, Global Fund… programmi della Banca mondiale, interventi dell’OMS e dell’UNICEF come è stato il caso per i vaccini per i bambini) e, quindi, la loro diffusione e accessibilità “per tutti.” Questo sarà il ruolo specifico dell’UNITAID a livello dello sviluppo, della GAVI a livello della produzione e manifattura e della CEPI a livello di distribuzione.
È utile ricordare che la Banca mondiale è sempre stata fra i sostenitori della legittimità della brevettabilità sul vivente e sull’Intelligenza artificiale a titolo privato e a scopo di lucro E non ho notizie recenti che la BM abbia cambiato opinione al riguardo. Lo stesso mi pare valga per la Commissione Europea. La legislazione europea nel campo dei brevetti resta conforme ai principi e alle modalità approvate dalla Direttiva Quadro Europea in materia di diritto di proprietà intellettuale privata del 1998. La GAVI, la CEPI, l’UNITAID sono organizzazioni private “a finalità pubblica” specializzate nel campo della ricerca e della promozione dell’innovazione di cui fanno parte organismi pubblici ed imprese private. Esse sono totalmente immerse nel mondo della proprietà intellettuale regolato dall’OMPI (Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale), organismo delle imprese, indipendente dall’ONU. Le loro attività ed il loro ruolo, fondamentali nel sistema attuale, non sono conosciuti al grande pubblico. Appartengono a quella categoria di istituzioni specializzate su cui si basa la forza delle nostre società capitaliste autoproclamatesi liberali, aperte socialmente ma in realtà oligarchiche e tecnocratiche che tirano la loro legittimità dall’agire “in nome della scienza”. Il brevetto è la punta di diamante della politica della vita dei gruppi sociali dominanti.
La mistificazione nasce da questo sistema
Si fa credere che la cura contro la pandemia COVID-19 sarà il risultato di una stretta cooperazione internazionale tra poteri pubblici e poteri privati, tra Paesi “ricchi” e Paesi “poveri” nell’interesse della salute di tutti gli esseri umani. Quel che è vero è che sia il sistema pubblico di ricerca e di competenze che il sistema pubblico di risorse finanziarie sono messi al servizio della produzione, acquisto e commercializzazione di brevetti di proprietà privata la cui licenza di utilizzarli sarà venduta ai poteri pubblici. Alcuni partners auspicherebbero la messa a disposizione del vaccino via una cessione volontaria della licenza di utilizzo da parte delle imprese private detentrici del brevetto. Se quest’ultimo meccanismo dovesse essere adottato, sarebbe importante sapere fin d’ora a quali condizioni e a seguito di quali sussidi, sgravi e facilitazioni fiscali, contributi, ecc. le imprese che realizzeranno il brevetto saranno disposte a cedere la licenza “volontariamente”. L’esperienza del passato dimostra che raramente la cessione della licenza è stata frutto di filantropia a fondo perduto.
Ed è qui che entriamo nel cuore della mistificazione. Sia nell’appello dell’OMS che nel documento La risposta si afferma che l’obiettivo dell’iniziativa è di assicurare accesso a tutti alla cura contro la pandemia e che nessuno sarà lasciato indietro ma, si precisa, si tratta di un accesso equo e a prezzo abbordabile. Scrive l’OMS, nel documento sopra citato:
La nostra missione è non solo di accelerare lo sviluppo e la messa a disposizione di nuovi strumenti contro il COVID-19, ma anche di accelerare l’accesso equo in tutto il mondo a dei prodotti di diagnosi, di trattamento e di vaccini contro il COVID-19 che siano sicuri, di qualità, efficaci e a costo abbordabile. E così vigilare affinché nessuno sia lasciato da parte nella lotta contro il COVID-19.
Dal canto suo, la presidente della Commissione Europea afferma:
Nous devons développer un vaccin, le produire et le distribuer partout dans le monde. Et nous devons faire en sorte que son prix soit abordable.
Nessun dubbio. Il vaccino è un prodotto industriale, una merce commerciale.
Accesso equo e a costo /o prezzo abbordabile sono le due caratteristiche principali dell’obiettivo della risposta mondiale al Coronavirus. Non una sola volta si parla di garantire il diritto universale alla salute. Ebbene i due concetti sono gli elementi fondamentali che ricorrono sistematicamente sin dagli anni ’90 nella visione e nella strategia politica dei gruppi sociali dominanti.
Per accesso equo, nel campo della sanità, l’OMS designa:
L’assenza di differenze sistemiche e o potenzialmente rimediabili, rispetto a uno o più aspetti in seno alla popolazione definiti socialmente, economicamente, demograficamente o geograficamente.
L’obiettivo dell’equità non significa pertanto l’appiattamento delle differenze di salute tra gli individui, e tutte le inuguaglianze riscontrabili non sono viste necessariamente come ingiuste! Da qui, la differenza tra equità e giustizia. Questo spiega anche perché i poteri dominanti hanno sistematicamente aggiunto il concetto di “a prezzo abbordabile”, le inuguaglianze di reddito e potere d’acquisto non essendo messe in questione, ma si richiede che il prezzo non sia escludente (cosa che invece è successa e succede regolarmente. Come è noto, milioni e milioni di persone cessano di curarsi, si curano male o non si sono mai curati a causa del prezzo dei medicinali e dei servizi medici).
Per accesso a prezzo abbordabile, si intende che nessuno può accedere, in questo caso a trattamenti e vaccini contro la pandemia se non paga un prezzo definito, dopo negoziati con i poteri pubblici, dalle imprese detentrici del brevetto. Che il prezzo sia pagato dall’utilizzatore/cliente o, per lui, da altri soggetti (poteri pubblici, organismi assistenziali e caritatevoli) poco importa. Il prezzo “abbordabile” deve essere pagato. Beninteso il prezzo varia considerevolmente a seconda del livello di reddito pro-capite locale. Un vaccino può costare 600 dollari (esempio) negli Stati Uniti e in Germania o 60 in India o in Nigeria. Ricordiamo il famoso caso del conflitto tra la grande impresa farmaceutica mondiale Bayer ed il governo dell’India. Bayer aveva deciso d’imporre un prezzo attorno ai 600 $ al mese per l’accesso ad un nuovo farmaco efficace contro il cancro del fegato e dei reni. Il governo indiano rifiutò e impose un prezzo attorno ai 60 $. Bayer gridò al furto. L’importante viene ora: alla domanda di un giornalista del Financial Times che mirava a capire perché Bayer si ostinava al suo prezzo allorché centinaia di milioni di indiani vivevano con un reddito inferiore a 2 $ al giorno, il presidente della Bayer rispose: “Sa, in tutta onestà, devo dire che noi non abbiamo concepito e prodotto questo farmaco per le popolazioni d’Asia o d’Africa, ma per i pazienti dei Paesi sviluppati che possono pagarlo al prezzo da noi fissato”. Il presidente della Bayer fu immediatamente licenziato non perché fosse incorretto quanto aveva detto ma perché non avrebbe mai dovuto dirlo.
Avere sostituito il concetto di diritto alla salute e, quindi, l’obbligo pubblico di garantirlo a tutti universalmente, con il concetto di accesso equo e a prezzo abbordabile è stata una delle maggiori misure regressive sul piano sociale, economico e politico prese dalle grandi oligarchie che da 40 e più anni hanno conquistato il potere. Così facendo hanno spazzato via la cultura costituzionalista dei diritti e dello Stato di diritto per imporre una cultura della politica della salute, e della vita, ridotta ad una questione di gestione amministrativa/organizzativa delle differenze/inuguaglianze sociali e ad una gestione economica regolata dal prezzo di mercato (anche se largamente sovvenzionato dalla sfera pubblica).
La salute è uscita dal campo dei diritti, della comunità sociale, della giustizia e della democrazia per invischiarsi e diventare prigioniera delle catene del valore della produzione e della distribuzione dei farmaci, dei meccanismi aleatori del mercato, degli imperativi finanziari (ROI, fra tutti), delle strutture di decisione e di controllo oligarchiche e tecnocratiche (si pensi a come sta cambiando la regolazione della vita all’era dell’intelligenza artificiale e del Coronavirus).
Il ribaltamento di prospettiva è di portata storica e mondiale Il ribaltamento è generale, consensuale, come dimostra la stessa risoluzione adottata il 21 aprile dall’Assemblea generale dell’ONU con la quale 193 Stati tentano di andare un pochino oltre l’equità ma restano nell’alveo del ribaltamento chiedendo:
a) che “i mezzi disponibili garantiscano un accesso e una distribuzione giusta, trasparenti, equa ed efficace agli strumenti di prevenzione, ai test di laboratorio, alle medicine e ai futuri vaccini COVID-19″;
b) “di rinforzare la cooperazione scientifica internazionale e d’intensificare la coordinazione, con il settore privato compreso”.
Ribaltare il ribaltamento è indispensabile ma sarà particolarmente difficile. Le stesse agenzie dell’ONU, inclusa l’OMS, hanno dimostrato in tutti questi anni che la strategia dell’accesso equo e a prezzo abbordabile ha contribuito a certi progressi ma è stata incapace di garantire il diritto universale alla salute ed altri diritti di ed alla vita perché essa non permette di sradicare, e nemmeno di destabilizzare, le cause strutturali delle inuguaglianze tra gli esseri umani e dell’ingiustizia. Lo stato della copertura sanitaria mondiale – come quello dell’acqua potabile – è un indicatore chiaro dell’incapacità risolutiva della strategia dell’accesso. Non per nulla ho iniziato questo scritto citando l’allerta dell’OMS sui possibili 5 miliardi di persone senza copertura sanitaria nel 2030.
Conclusione
La soluzione non passa dall‘attuale risposta mondiale al Coronavirus. È una mistificazione. I suoi promotori sanno benissimo, che in 40 anni, dal 1980 allorché per la prima volta nella storia umana la Corte Suprema degli Stati Uniti ruppe il consenso esistente e autorizzò la brevettabilità del vivente a titolo privato e a scopo di lucro, sono stati rilasciati più di 50.000 brevetti sul vivente (OGM, inclusi). Il controllo di questi brevetti è in mano alle imprese private, soprattutto multinazionali, globali quali la Bayer e centinaia d’altre sue “sorelle”. I promotori sanno che la politica della vita non è più nelle mani dei cosiddetti Stati sovrani. I proprietari privati della vita mercificata, monetizzata e bancarizzata, sono i principali “signori della vita”, una realtà metabolizzata e consacrata dalla strategia dell’accesso equo e a prezzo abbordabile.
L’unica soluzione è eliminare i monopoli e gli oligopoli privati industriali, commerciali e finanziari sul vivente e sull’intelligenza artificiale. La soluzione sta nell’affermare che l’accesso alla vita – la salute, l’acqua – è un diritto universale integrale, indivisibile, non negoziabile e che pertanto il vivente è un bene comune sotto la responsabilità della comunità mondiale, dei poteri pubblici e in quanto tale non trasferibile, non delegabile.
Sono disposti i movimenti, ultimi fra i quali quelli del Friday Strikes for the Future, dell’Alleanza Internazionale dei Progressisti, dei 140 e più scienziati firmatari dell’Appello… ecc. ecc. a battersi insieme per eliminare i monopoli e gli oligopoli privati industriali, commerciali e finanziari sul vivente?
Noi dell’Agorà degli Abitanti della Terra siamo impegnati su questa strada con altri movimenti e associazioni di vari Paesi del mondo.
Post Scriptum
Il 14 maggio mattina è stato pubblicato l’appello firmato da decine di capi di Stato, di governo e ministri: World leaders unite in call for a people’s vaccine against COVID-19. L’appello costituisce un passo in avanti – rispetto alla “Risposta mondiale al Coronavirus“, criticata nell’articolo – perché non parla di accesso equo e a prezzo abbordabile al vaccino e agli altri strumenti di cura contro il COVID-19, ma chiede un accesso gratuito. Inoltre, pur restando nell’alveo del brevetto privato sui vaccini, l’appello del 14 maggio insiste molto sulla necessità di un accordo mondiale su una regolazione “pubblica” mondiale comune sulla produzione, distribuzione ed uso di futuri vaccini e trattamenti.
Bruxelles, 14 maggio 2020