Alcune riflessioni sull’alluvione in Romagna

foto wikipedia 

Condivido alcune riflessioni su quanto sta avvenendo in questa terra di Romagna dove risiedo per una certa parte dell’anno. Per una serie di contingenze fortunate Marina Romea, da dove scrivo, non è stata invasa dalle acque e dal fango come tanti altri comuni della Romagna. Stanno arrivando molte persone sfollate dalle loro case colpite dall’alluvione di Bagnacavallo, Solarolo, Faenza, Ravenna e altri comuni più piccoli. Alcuni hanno qui le loro residenze estive del mare, altri sono ospitati nelle case di amici. I racconti di questi uomini e donne sono impressionanti. L’aspetto che molte/i vogliono ricordare è stata la velocità con la quale le acque hanno invaso scantinati e appartamenti situati ai piani terra. In pochi minuti l’acqua ha sommerso cucine, tavoli, credenze, frigoriferi, divani. Gli oggetti della vita quotidiana sono stati avvolti da acqua e fango in un istante: solo la fuga rapida ai piani superiori ha permesso la salvezza.

Per molti l’allerta e l’allontanamento dalle abitazioni è avvenuto in modo preventivo grazie ad un efficace sistema d’intervento della protezione civile. Tuttavia in tutti i racconti si avverte la sofferenza della perdita di carte, foto, ricordi di un’intera esistenza. Il fatto che il luogo di vita più intimo, la casa e il comune dove si risiede siano stati travolti da un evento catastrofico rappresenta una perdita grave, la perdita del non sentirsi più al sicuro, di non avere più un luogo proprio… Per molte famiglie che non avevano problemi economici il danno procurato dall’alluvione – dalla perdita degli oggetti di base per la vita quotidiana, ai costi per ripristinare la casa, alla distruzione delle attività produttive – si apre una fase di preoccupazioni serie che non erano presenti prima dell’evento catastrofico. Una parte della popolazione romagnola ha subito uno sconvolgimento della propria vita ed è ancora sotto choc. Una persona di mezza età, un professionista abituato a prendere decisioni difficili nel suo ambito di lavoro mi confidava la sua difficoltà psicologica a riprogettare e prendere decisioni per uscire dall’emergenza ( casa alluvionata senza danni alle persone che compongono la sua famiglia).  Per chi si occupa di sanità pubblica si profila un periodo d’intenso lavoro per fare fronte agli effetti di un trauma vissuto da molte persone che hanno differenti capacità di farvi fronte.
La programmazione sanitaria dovrà, dunque, tenere conto anche degli effetti post traumatici di questo evento catastrofico: il patrimonio di salute fisica e mentale della popolazione ha subito un’aggressione, speriamo che le conseguenze, i danni, siano limitati.
Vi sono aspetti positivi come la capacità di mobilitarsi di centinaia di ragazze e ragazzi che con generosità stanno dando il loro apporto nelle attività di pulitura delle case, di assistenza alle persone in difficoltà. Altrettanto positiva è la sottolineatura del carattere robusto di una popolazione che non sta con le mani in mano ma reagisce, si dà da fare per uscire dalla crisi. La partecipazione diffusa alla ricostruzione è il compito che rinsalda i gruppi sociali e rafforza identità e autostima personali e collettive, un antidoto potente rispetto alla deriva verso la depressione ed una passività paralizzante. In questo contesto non vanno sottovalutati gli aspetti di comportamento più negativi e incivili rappresentati da coloro, leader populisti di basso profilo, che per guadagnare qualche misero consenso si apprestano a campagne rumorose di ricerca “dei colpevoli”, per individuare un “nemico” verso cui dirigere la rabbia, a frustrazione e il disagio della popolazione colpita dall’alluvione.
I fenomeni meteorologici sono di tale portata che travalicano il singolo episodio di negligenza manutentiva che in ogni caso non dovrà più essere tollerata.
Una classe dirigente illuminata, al di là degli orientamenti partitici, deve assumere il ruolo di fare chiarezza sulla natura epocale di questi fenomeni catastrofici. Una classe dirigente degna di tal nome deve spiegare come gli attuali sistemi di gestione del territorio, della difesa del suolo e degli ambienti di vita e di lavoro vanno riprogettati e adattati a questa fase di cambiamenti climatici. Saranno anni duri di lavoro per ridisegnare il territorio, saranno anni di lavori neghentropici tesi a limitare la deriva dei processi ambientali involutivi (frane, dissesti disastrosi del suolo, ecc) che stanno distruggendo la vita di interi paesi dell’Appennino .
Ancora una volta si deve trovare un equilibrio molto difficile tra le scelte dell’economia e quelle dell’ambiente inteso come habitat complesso non solo degli umani….
La sfida che la situazione propone è quello di un cambio di paradigma del nostro modo di pensare riguardo a come organizzare la nostra vita e i nostri consumi per non essere travolti dalle incombenti crisi ambientali. Nei prossimi giorni vedremo quali saranno le decisioni di questo governo.

Gino Rubini, editor di Diario Prevenzione