Senza regole né diritti. Un altro morto sul lavoro al porto di Taranto

Fonte Salute e Lavoro

Il 25 luglio scorso Antonio Bellanova, operaio di trentun anni, è morto mentre lavorava nella stiva di una nave battente bandiera panamense, schiacciato da un’ecoballa. L’incidente si è verificato durante le operazioni di scarico della nave, nell’area pubblica del quarto sporgente, nel porto di Taranto.

Si tratta dell’ennesimo incidente che avviene all’interno del porto pugliese. Da fonti di stampa si legge che Antonio Bellanova fosse un lavoratore somministrato con un contratto “multiservizi”, il che vuol dire che, secondo la legge portuale 84/94, in porto non avrebbe potuto lavorare. Inadeguato risulta l’atteggiamento dell’Autorità portuale di Taranto, e remissivo il comportamento del sindacato, che non batte ciglio di fronte all’evidente inadempienza da parte dell’Autorità.

Va ricordato che nei porti italiani la legge prescrive che tutti i lavoratori delle imprese operanti in porto vadano iscritti in appositi registri tenuti dall’Autorità Portuale ai fini dell’osservanza nei loro confronti proprio delle materie di sicurezza e igiene del lavoro, e che il fondamento giuridico della nozione di “registro dei lavoratori portuali” è contenuto in una convenzione sul lavoro portuale dell’ILO (International Labour Organization).

Nell’attesa che le indagini approfondiscano le dinamiche e le responsabilità dell’ennesimo incidente mortale in uno scalo italiano, pubblichiamo un reportage sul porto di Taranto apparso sul numero 7 (novembre 2021) de Lo stato delle città.

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