FONTE : WIRED.IT
AUTORE: SIMONE COSIMI
La pena corporale è ormai un evergreen della comunicazione politica leghista, e non solo: una retorica pericolosa, che fa del corpo del diverso un elemento sacrificale del consenso.
Sa di poterlo fare. Di colpire una minoranza fra le più devastate d’Europa. Ma il punto non è quello. Perché in questa Italia cattivista ciascuno di noi, a seconda delle proprie stagioni della vita, delle proprie fortune e sfortune o delle proprie scelte e condizioni, può trasformarsi in minoranza sotto attacco: donne, omosessuali, stranieri, avversari politici, disoccupati, meridionali, intellettuali, detenuti. Chiunque (con una certa prevalenza per gli obiettivi storicamente penalizzati).
Grazie a uscite come l’ultima, dedicata a una donna rom, Matteo Salvini – e con lui il tenore della comunicazione politica – ha spostato nel tempo il livello del dibattito sul piano punitivo corporale. “Questa maledetta ladra in carcere per trent’anni, messa in condizione di non avere più figli, e i suoi poveri bimbi dati in adozione a famiglie perbene. Punto” ha scritto lo scorso 18 giugno su Twitter rilanciando un articolo del Giornale che racconta la vicenda di Vasvija Husic, 33enne bosniaca e borseggiatrice seriale a quanto pare arrestata decine di volte, ma che finora ha evitato il carcere in virtù di una gravidanza in corso.>>>>
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