Berlin Photostreet – Moabiter Brucker – foto gierre 2012
In quasi tutto il mondo l’anno 2020 resterà memorabile per la Pandemia più preoccupante dall’inizio del secolo. Quasi sicuramente non sarà l’ultima e, forse, neanche la più grave, se non si pone mano alle cause prime delle zoonosi, che risiedono nel rapporto della specie umana con il resto del mondo vivente e non; in ogni caso, sarà un ricordo di prima categoria.
I berlinesi non faranno eccezione, ma potranno aggiungere qualche ricordo eccellente a quello catastrofico.
Non mi riferisco alla presidenza semestrale tedesca della Unione Europea, che non sarebbe così rilevante se non fosse che mai come quest’anno, in modalità corona, si aveva più che in altri tempi necessità di una mano autorevole sul timone e di quel tanto di ragionevolezza collettiva che può traguardare l’Europa oltre il minimo comun denominatore degli interessi nazionali.
I berlinesi che penseranno al 2020 non potranno non ricordarlo anche come l’anno delle “Inaugurazioni“, ovvero di eventi di valenza locale ma non troppo.
Si inaugura, dopo anni di ritardo, di infinite polemiche politiche, di brutte figure memorabili, di limiti tecnici incomprensibili e di costi lievitati oltre ogni previsione, l’Aereoporto unico berlinese: il BER. A me, che sono ospite di questa città, piace pensare che una delle critiche principali rivolte al BER, ovvero che “nasce già toppo piccolo“, non si rivelerà vera. Forse i critici collegano le future meraviglie della città all’aumento del volume dei trasporti aerei, ma la Pandemia suggerisce di immaginare altri modelli di sviluppo che potrebbero ridimensionare l’elefantiasi con la quale abbiamo pensato nei decenni scorsi alla infrastrutturazione della nostra vita futura.
Tra qualche giorno (15.12) si inaugurerà l’Humboldt Forum Berlin, un hub culturale per arti e scienze, di importanza europea. In 7 anni, sotto la direzione dell’Arch, Franco Stella si sono completati i lavori di ristrutturazione dei 30.000 mq del Palazzo Reale (Berliner Schloss), che dal 1443 al 1918 fu la residenza principale degli Hohenzollern). Ci sarebbe da scrivere un libro solo sulla storia di questo Forum dedicato ai fratelli Humboldt, alla genesi, ai promotori, alla scelta architettonica, ma ci vogliono altre penne che la mia.
Infine, per non smentire la caratteristica di Berlino come città in metamorfosi permanente, città che non è mai e che diventa sempre, che si realizza nel presente e nella sua continua trasformazione, ecco un’ opera inaugurata il 4 dicembre, dopo 8 anni di lavoro: il completamento della U-Bahn 5, che collega la periferia Est con il Centro della città, da Honow alla Hauptbahnhof. Ultimo tratto di 2,2 kilometri, che unisce quelli che per me sono i “cuori“ principali di Berlino, da Alexanderplatz passando per la Rotes Rathaus (Casa Rossa, come si chiama il palazzo del Comune, per il colore dei suoi mattoni che si intona anche con la direzione politica della città), per L’Isola dei Musei, per il Viale Unter den Linden (Sotto i tigli), toccando la Porta di Brandeburgo, il Bundestag, per arrivare infine alla Stazione Centrale. Questa linea, completamente priva di barriere, consentirà di percorrere 22 km in 41 minuti e di togliere dalle strade 3.500 automobili, riuscendo a trasportare 155.000 passeggeri al giorno. Finalmente, dopo aver spiato per anni, da veri e propri umarel, i grandi cantieri che ci impedivano di ammirare piazze e viali nella loro reale dimensione e bellezza, possiamo fare un giro di ricognizione. Vedo che la curiosità di scoprire cosa c’era sotto quei cantieri è di molti berlinesi che hanno utilizzato i giorni di festa per percorrere la linea e scendere ad ogni stazione ad ammirare le novità. Tutti con il naso all’insù, con i cellulari per fare foto e selfie, commentando a bassa voce, quasi si stesse visitando una chiesa, ammirati per il bello che a volte si accompagna al nuovo. incuriositi dai dettagli. Come bambini in un negozio di giocattoli, con la differenza che questo giocattolo per adulti si osserva dall’interno. Lo ammetto, non è solo l’idea di raggiungere in pochi minuti i luoghi a me più cari di Berlino e lasciarmi accogliere dal suo strano carattere, che mi rallegra. Non è nemmeno la soddisfazione di ammirare piazze e viali, finalmente liberi da manufatti e da gru, nella loro ampiezza e pienezza che mi soddisfa. E’ che mi sono affezionato senza sforzo a questa città e ogni cosa che la migliora mi fa felice. Banale ma vero.
Passeggiando nella piazza ormai deserta del Bundestag non posso non andare col pensiero al dibattito di questa mattina sul tema del Corona.
Da giorni ambienti della Calcelleria parlavano di una certa tensione, visto che il lockdown morbido non stava dando i risultati attesi. Merkel, che avrebbe desiderato adottare una linea più dura fin dall’ultimo vertice con i Presidenti delle Regioni, sta prendendo atto che il “blocco parziale“, invece di essere un modello speciale capace di ridurre le “curve“, sta mostrando dei limiti superiori a quelli previsti. I 590 morti in 24ore, segnalati da RKI, che sono il massimo registrato dall’inizio della pandemia, l’indice di contagiosità, che non solo non raggiunge l’obiettivo di 50 infezioni per 100.000 abitanti/settimana, ma cresce fino a 149,1, un tasso di riproduzione R= 1,02 nei 7 giorni e 4.257 ricoverati nelle terapie intensive dei 1289 ospedali tedeschi, fanno da sfondo ad un intervento al Bundestag visibilmente molto preoccupato che punta a costruire unità su una linea di maggiore determinazione, fin da prima di Natale. Linea sulla quale diversi presidenti di Regioni non concordano, dimostrando che il federalismo può funzionare ma non in modo indolore. La Cancelliera, è noto, tiene in grande considerazione le evidenze scientifiche e, in questo momento, ancora di più L’Accademia di ricerche scientifiche Leopoldina ha elaborato un documento di proposte che mi pare sposi uno dei modelli matematici in discussione, ovvero quello della chiusura totale per brevi periodi alternata a blocchi parziali, per arrivare all’estate col minor danno possibile in vista dei primi effetti della campagna di vaccinazione. Interpretazioni a parte, in sostanza propongono che a partire dal 14 dicembre, fino al 10 gennaio si realizzi un blocco totale, sospendendo anche le attività scolastiche e sportive, vacanze e viaggi. Linea sostenuta non solo da Christian Drosten, virologo eminente della Charitè, ma da Viola Priesemann, del Max Planck Institut e dal team del matematico Jan Fuhrmann, dell’Istituto di Ricerca Juelich che, rilevando l’inefficacia dell’approccio „frangiflutti“ fino ad ora adottato, ritengono che i contatti debbano ridursi almeno del 75% e che una scelta che preveda chiusure brevi ma rigorose possa mettere meglio al riparo da aumento delle infezioni e dallo stress delle strutture ospedaliere.
Scelte difficili, come ovunque in Europa, anche perché le chiusure “dure implicano costi per i “risarcimenti“ che non sono indifferenti, oltre al rinvio delle previsioni di ripresa economica.
Vedremo se prima di Natale la linea dura di Merkel e dei presidenti della Sassonia e della Baviera avrà spazio e se le valutazioni economiche prevarranno su quelle “scientifiche“, dice Droste.
Intanto si annuncia una manifestazione dei “Querdenken“ (pensiero trasversale) a Dresden per sabato prossimo e una ancora più grande a Berlino per il Capodanno. Un avvio d’anno che sarebbe stato migliore all’insegna dai fuochi di artificio e del falò del vecchione.
Franco Di Giangirolamo