Il Tabellone Comunale di Rischio

 

di Gianni Marchetto – ottobre 2019, in occasione della giornata dedicata alla sicurezza

Ai miei tempi (primi anni ‘60) si diceva: un morto ogni ora e un infortunio ogni minuto. Da allora parecchia acqua è passata sotto i ponti. Nel 1968 veniva edita dalla FIOM CGIL la Dispensa Ambiente di Lavoro, sposata anche dalla FIM CISL e dalla UILM UIL nel 1971. Nel 2006 veniva stampata anche dall’INAIL.

Il padre di questa impostazione fu Ivar Oddone(ex partigiano, medico e professore di Psicologia del Lavoro a Torino) che assieme a Gastone Marri (altro ex partigiano e direttore dell’INCA CGIL a Roma) ne fece occasione per un rinnovamento delle strategie sindacali allora tutte fiondate sulla monetizzazione del rischio (per 26 Lire/ora si vendeva la pelle dei lavoratori su una serie di sostanze nocive).

Da questa impostazione ne venne la parola d’ordine rivoluzionaria: la salute non si vende. Questa Dispensa divenne una sorta di “bibbia” per centinaia e migliaia di Delegati Sindacali, venne usata nei corsi di formazione per Delegati e nelle maggiori imprese italiane le quali furono investite da migliaia di richieste di bonifica ambientale che fu la maggiore spesa da queste sostenute. A tutt’oggi si sono perse le tracce a fronte del fatto che fu sul serio la prima mondializzazione fatta dal movimento operaio italiano: venne tradotta in quasi tutte le maggiori lingue del pianeta. E potrebbe benissimo essere riutilizzata come “modello operaio e sindacale” da mettere a confronto con i DVR (i Documenti di Valutazione dei Rischi) redatti dalle imprese.

La situazione attuale è in parte migliorata. Trattasi di oltre 500 morti ogni anno per infortunio, si tace invece sui morti per Malattia Professionali che sono 4 volte di più di quelli per infortunio. È ovvio che la morte per infortunio trova orecchie pronte, mentre quelle per le Malattie Professionali molto, molto di meno per via dei tempi di latenza di tali malattie.

Comunque siamo di fronte a troppi in rapporto al fatto delle innovazioni tecnologiche che ormai hanno investito la quasi totalità delle imprese manifatturiere. Occorre inoltre ricordare che ben il 20% di queste morti investono i “padroncini”, coloro i quali lavorano e operano accanto ai loro operai nelle “boite” con pochi addetti.

Che fare, quindi: il Tabellone Comunale di Rischio

Proposta: occorre andare alla sperimentazione almeno in 3 città per Regione (una piccola, una media e una grande) di un Tabellone Comunale di Rischio, da mettere a disposizione di tutti cittadini per aumentarne la loro “democrazia cognitiva” attraverso un uso del tutto proficuo della informatica e dell’elettronica (un tabellone elettronico in ogni spazio pubblico). Cosa dovrebbe contenere tale Tabellone: i dati riguardanti gli infortuni (per gravità e frequenza) e le malattie professionali a livello annuale. Chi li dovrebbe gestire: il Sindaco (che un decreto regio del 1927 lo fa responsabile della salute dei propri cittadini), infatti dipende da lui la firma delle “licenze di esercizio” (per ogni unità produttiva sita nel suo territorio), dipende da lui (e/o da un assessore incaricato) la disposizione delle vie a senso unico o a doppio senso, dipende da lui quante rotonde fare nel proprio comune, dipendono da lui i Vigili Urbani incaricati di fare delle ispezioni in tutte le macellerie e in tutti i negozi che vendono generi alimentari. Il tutto ovviamente per la difesa della salute dei propri cittadini.

Introdurre nell’ordinamento italiano l’obbligo della “patente per esercitare la professione di imprenditore”: se uno non sa niente sulla “sicurezza del lavoro” e su “Il diritto del lavoro” in Italia e nella UE, niente esercizio della professione. In pratica deve finire l’operazione per cui ad un semplice muratore basta che vada alla Camera di Commercio e oplà, pagati i bolli necessari può diventare un “imprenditore edile”. Ovvio che questa patente riguarderà innanzi tutto i padroncini.

1° Domanda: c’è qualcuno che sappia dire che un (UNO) Sindaco ha inchiodato un cantiere edile per inosservanza delle norme sulla sicurezza del lavoro???

2° Domanda: esiste in natura una esperienza di questo genere? SI, ESISTE. A Port de Boc e a Martiguy (sono due comuni di 30.000 abitanti ciascuno) in Francia vicino a Marsiglia vi è una esperienza di questo genere prodotta da una Mutuelle. Il produttore di questa esperienza risponde al nome di Ivar Oddone che la sperimentò negli anni ’80.

Se questa banalissima “riforma” (a costo zero) fosse contemplata dai Ministeri incaricati avremo un salto QUALITATIVO nella capacità di amministrare la cosa pubblica da parte dei Sindaci, i quali potrebbero benissimo (sulla base della concreta conoscenza degli accadimenti infortunistici e delle malattie professionali) chiedere alle parti sociali presenti sul territorio (Associazioni imprenditoriali e sindacati) di sedersi ogni anno attorno ad un tavolo per fare dei “bilanci di salute” e dei “piani di bonifica” individuando i settori e le imprese a maggior rischio. Ovvia anche la presenza degli Enti incaricati della gestione tecnico/operativa di tale questione: INAIL, ASL, ecc.

E ancora: perché avere una serie di strutture che si occupano tutte di una unica questione: la salute nei luoghi di lavoro? INAIL, ASL, ecc. non varrebbe la pena unificare almeno la parte riguardante la prevenzione.

Se non si fanno di queste cose siamo alla “coazione a ripetere” = un po’ più di ispettori, un po’ più di ispezioni, un po’ più di formazione (che servirà solo ai formatori che la faranno!) e intanto si continuerà ad infortunarsi (e a morire) e a contrarre Malattie Professionali (di cui le morti, ripeto, sono 4 volte di più di quelle dovute agli infortuni).

Amen..