Persone comuni e neoparnassianesimo

Fonte: mentepolitica

Francesco Domenico Capizzi * – 06.01.2021

A fronte della crescente diffusione di malattie cronico-degenerative, neoplastiche e virali, fino ad aver raggiunto dimensioni pandemiche, Scienza, Medicina e, di concerto, Politica ed Istituzioni avrebbero già dovuto disporsi alla ricerca delle loro origini, per evitarle mediante le prevenzioni primaria e secondaria ed infine contrastarle con azioni diagnostiche e terapeutiche precoci. Intanto viene conservata intatta la propensione a solidarietà ed assistenza, ma astenendosi dal porre in atto validi antidoti contro l’insorgenza delle grandi classi di malattie prima ancora che si radichino e siano da curare.

L’autonomia medica, ribadita in ogni sede, rimane ancorata alla tradizionale impostazione anatomo-clinica e diagnostico-terapeutica, di ascendenza positivista, che diagnostica e cura malattie in larga parte evitabili (80% secondo l’OMS). Dal suo canto la Politica, attraverso le Istituzioni, ribadisce la necessità di rilanciare i consumi, in generale, per assicurare il maggior numero di posti di lavoro e sostenere l’economia pubblica e privata, ma in assenza di scelte sostanziali che tendano ad allontanare la malattia, le cui origini si annidano in ogni piega dell’organizzazione sociale e della vita quotidiana.

In tal modo la realtà politico-istituzionale si avvia verso la conservazione dell’esistente: valga come paradigma l’orientamento di Enti pubblici ad acquisire autobus a metano e di proporre progetti di seppellimento della CO2 nel sottosuolo e sotto il mar tirreno (progetto ENI: CO2 Capture and Utilization) senza considerare che il metano, sebbene produca circa il 20% in meno di CO2 rispetto a benzina e gasolio, determina un effetto serra decine di volte più potente della CO2 e, pertanto, contribuisce fortemente a peggiorare gli effetti negativi sull’ecosistema, senza considerare l’aggiunta di rischi, ai rischi già esistenti, con la progettata cattura e interramento della CO2 (V. Balzani: http://www.energiaperlitalia.it/) .

Su questa via si configura il rischio di collocare il futuro in una sorta di parnassianesimo: un forte impegno nella costruzione di apparati che garantiscono sviluppi strutturali e non effettivi progressi sociali nel contrasto al radicamento delle incalzanti molteplici malattie pandemiche.

Indubbiamente, l’attuale pandemia virale ha elevato l’attività sanitaria ad azione estrema, addirittura eroica, contribuendo ad accelerare le esigenze di riorganizzazione strutturale territoriale-ospedaliera e di un maggiore impegno nella ricerca scientifica finalizzata alla scoperta di terapie e vaccini, in primo luogo. La creatività ha pervaso ogni settore della Società ponendo al centro la Politica, le Istituzioni e le annunciate scelte e mobilizzazioni di risorse. Ma, è necessario sottolineare che “le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste ne’ nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo…” (papa Francesco in “Patris corde”). Ed è proprio questo il punto centrale della nostra epoca: nessuno si salva da solo ed ognuno ha bisogno di ogni altro. In quest’ottica va smentito l’adagio secondo cui la malattia accomuna tutti, la cura distingue ed allontana. Ognuno non può badare soltanto a sé stesso perché la salute ed il suo opposto posseggono le caratteristiche della globalità e della interconnessione costante con e come l’economia, gli equilibri sociali, le produzioni, i consumi, l’ecosistema, le guerre, le migrazioni:

–          il mancato o ritardato contrasto alla pandemia virale permette sue espansioni esponenziali, le emissioni nocive nell’atmosfera producono effetti lenti ma certi sull’intera umanità, sebbene ambedue i fenomeni godano di un periodo d’inerzia che fa apprezzare le azioni di contrasto dopo un certo lasso di tempo: per la pandemia virale il periodo corrisponde all’incubazione e alla quantità di virus respirato; per il clima e l’ambiente alla quantità e al periodo di permanenza dell’anidride carbonica. Per queste ragioni dopo confinamento della popolazione sarà possibile apprezzare un risultato positivo nell’arco di due settimane, a seguito di una riduzione significativa di emissioni potremo constatare gli effetti positivi non prima di 2-3 decenni. In entrambi i casi, comunque, è indispensabile  agire consapevolmente quanto prima a beneficio di tutti, nessuno escluso (.IQVIA, 2020);

–          nel primo trimestre del 2020 sono stati rilevati, monitorando 107 aree italiane,  rapporti statisticamente significativi fra livelli di inquinanti atmosferici (Pm2.5, Pm10 e No2) e tassi di mortalità da Sars2-Covid-19 ( Fondazione Cmcc; Environmental, 2020);

–          a cominciare dal febbraio scorso il numero di italiani contagiati dal virus si aggira attorno ai 9 milioni appartenenti ad ogni fascia sociale, soprattutto giovanile. E’ chiaro che un numero ben differente dall’1.6 milioni di accertati ha rappresentato la base per la trasmissione e la diffusione occulta del virus in ogni fascia sociale (COVSTAT settembre 2020);

–          il Servizio Sanitario Nazionale deve anche fronteggiare quell’emergenza permanente con caratteristiche pandemiche ed ancor più gravi, tanto da essere definita per allusioni e cenni: i tumori nel 2020 in Italia hanno raggiunto i 377mila casi con un incremento dello 0.5% annuo negli ultimi 10 anni. Si stima che l’attuale emergenza abbia ritardato l’andamento di screening, iter diagnostici, cure specifiche e controlli clinici in misura del 15 % a causa di congestione dei presidi ospedalieri e ritrosia dei cittadini a recarsi in strutture sanitarie pubbliche e private (AIOM 2020). Nell’ambito dei trattamenti chirurgici delle neoplasie, per il realizzarsi di quest’insieme di fattori, si prevede un aumento degli exitus di oltre 2 mila persone (Società italiana di chirurgia, novembre 2020);

–          circa 700 mila malati cronici non hanno potuto avvalersi dell’assistenza ospedaliera (Fadoi, 2020) e sono rimasti in arretrato ben oltre 500 mila interventi chirurgici (SIC 2020);

–          esistono rapporti significativi fra diabete, livelli elevati d’ozono e insorgenza di polmonite interstiziale da virus Sars 2-Covid19: è accertato l’aumento della suscettibilità all’infiammazione e agli esiti permanenti infiammatorio-fibrotico-cicatriziali (Environmental Health Perspectives 2020).

–          il Sars 2-Covid 19 ha attraversato il nostro Paese mediante portatori inconsapevoli che hanno attinto dal chiuso di microfocolai  di luoghi di lavoro, famiglie, gruppi di frequentatori abituali, residenze sanitarie e comunità per trasmettere il contagio nelle innumerevoli occasioni della quotidianità. Tuttavia, l’efficacia vaccinale resta intatta ed è in grado di fronteggiare l’impatto epidemico se il vaccino verrà somministrato ad oltre il 60-65% della popolazione in tempi brevi  (MedRxiv, Lausanne 2020; 7: 277). Questi dati dimostrano ancora una volta che l’impegno consapevole non può che essere collettivo;

–          dal marzo scorso risultano peggiorate le condizioni economiche di oltre un terzo della popolazione tra i 18 e i 69 anni  e ancor più fra i 35 e i 49 anni con riverberi su ogni settore della Società (Iss 2020).

In sostanza, questa emergenza insegna la via dell’unità  all’intera Società, a Scienza e Medicina la via della sapienza critica per le tante battaglie perdute, non certo per deficienze deontologiche e  professionali o assenza di raffinate tecnologie e particolari farmaci, ma per la carenza di convincenti elementi decisivi offerti ad Istituzioni pubbliche e private per riformare la Società nel suo modo di essere, organizzarsi, produrre e consumare: Scienza e Medicina parlino, Politica ed istituzioni ascoltino ed agiscano presto!

* Già docente di Chirurgia presso l’Università di Bologna e direttore delle Chirurgie generali degli Ospedali Bellaria e Maggiore di Bologna