
Fonte: Antropocene che ringraziamo
Questa presentazione di Tecnofeudalesimo, il libro di Varoufakis pubblicato nel 2023, è realizzata attraverso ampie citazioni del volume che per comodità non sono riportate tra virgolette ma riorganizzate in modo da fornire un’esposizione sintetica della tesi dell’autore.
Nonostante le tensioni di lunga data fra U.S.A. e Cina a causa di Taiwan e degli interessi cinesi nel Mare Cinese meridionale, negli anni ’90 gli U.S.A. avevano fatto di tutto per far annettere la Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio e già nei primi anni del 2000 Apple e molte altre multinazionali americane avevano trasferito la loro produzione nel paese dei mandarini. In realtà, i rapporti tra Cina e gli U.S.A. sono da decenni regolati da un patto tacito: gli Stati Uniti hanno mantenuto alta la domanda di prodotti cinesi tramite il proprio deficit commerciale trasferendo parte della propria produzione nelle fabbriche cinesi, in cambio la Cina, come la Corea e il Giappone, ha investito i propri profitti nel settore finanziario, assicurativo e immobiliare americano (FIRE). Questo patto ha avuto sin dall’inizio come sottotesto lo sfruttamento dei lavoratori di entrambe le sponde: quelli americani, che perdevano il posto di lavoro a causa delle delocalizzazioni, quelli asiatici poiché super sfruttati.
E allora, come si spiega la politica dei dazi di Trump soprattutto ai danni della Cina?
Tutto parte dalla grande crisi finanziaria del 2008. Se essa aveva spinto gli Stati Uniti a stampare enormi quantità di denaro per salvare le banche indebitate, cosa che ha rimesso in moto la speculazione, ha avuto anche l’effetto di spingere la Cina a incrementare gli investimenti produttivi dal 30% a oltre il 50% del reddito nazionale, creando una domanda globale per i prodotti europei e americani e contribuendo così a salvare da se stesso il capitalismo messo in ginocchio dalla crisi finanziaria scoppiata negli Stati Uniti e dalla successiva austerity, rafforzando pertanto la posizione della Cina nel riciclo del surplus globale. Gli enormi profitti cinesi hanno continuato naturalmente a fluire verso Wall Street ma hanno contribuito anche a trasformare il Paese e a creare la nuova Via della Seta, con investimenti in Africa, Asia ed Europa.
Il 15 maggio 2019, durante il suo primo mandato, il presidente Trump con un decreto impedisce a Google di utilizzare il suo sistema operativo Android sugli smartphone prodotti dalla multinazionale cinese Huawei, invitando i governi europei a sospendere il loro piano per coinvolgere Huawei nelle installazioni delle reti mobili 5G in tutta Europa. Da parte sua, Biden nel 2022 emana ampie restrizioni sulla vendita alla Cina di semiconduttori e apparecchiature per la produzione di chip.
Pertanto, nonostante il tacito patto di cui sopra, è il “dopo 2008” a spiegare l’ulteriore irrigidimento dei rapporti USA-Cina: in particolare la guerra dei chip e lo sviluppo del cosiddetto “capitale cloud”.
Se si intuisce facilmente quale vantaggio può derivare dall’essere in possesso di una microelettronica più avanzata e più adeguata ai nuovi scenari dell’IA, non è intuitivo capire cosa si intenda per “capitale cloud”. Il neologismo creato da Yanis Varoufakis si riferisce a una nuova mutazione (si potrebbe meglio dire, involuzione) del capitalismo, che lo sta portando a mettere in discussione i suoi due principali pilastri, i profitti e il mercato, a favore della rendita. Due esempi: quando Apple crea l’iPhone, diventando una multinazionale da triliardi di dollari, presto si apre alla rendita del cloud. Steve Jobs permette a sviluppatori esterni all’azienda di utilizzare gratis il software Apple per creare delle app da mettere in vendita su Apple Store: un esercito di lavoratori non retribuiti e di vassalli capitalisti producono migliaia di app capaci di soddisfare le più diverse esigenze a cui si può accedere solo attraverso l’Apple Store e per questo pagano il 30% di rendita a lungo termine ad Apple. A sua volta, Google, invece di creare un cellulare in competizione con Apple, sviluppa un nuovo sistema operativo, Android, che può essere installato gratuitamente sugli smartphone di qualsiasi azienda; subito dopo crea Google Play, che attira come una calamita migliaia di sviluppatori di app dal cui lavoro gratuito ricavare delle rendite. Attraverso il suo e-commerce e il suo assistente digitale, Alexa, Amazon è un altro esempio di capitale cloud, e pertanto di “Tecnofeudalesimo”: apparentemente Alexa risponde alle nostre domande e ci fa ascoltare la musica che vogliamo, in realtà ci profila, aggiornandosi continuamente sulla base dei nostri desideri, per catturare la nostra attenzione e instradarla. Pertanto, Amazon, ricava una rendita (in certi casi fino al 30%) offrendo una vetrina alle vendite di milioni di aziende e, attraverso Alexa, ci profila catturando i nostri desideri.
Oggi la profilazione è massiccia: nessuno più si meraviglia se, dopo aver fatto una ricerca o aver sempli- cemente parlato di un argomento, subito dopo gli appare una pubblicità sul cellulare o sul computer…
Per rendersi conto fin dove si sta spingendo il capitale cloud nel ricavare parassitariamente rendite dalle attività altrui, basti considerare oltre i soliti eBay, Alibaba… altre aziende che sfruttano il precariato, come Uber, Lyft, Grubhub, Doordash, Instacart coi loro imitatori in Asia e Africa, i quali gestiscono autisti, addetti alle consegne, addetti alle pulizie, ristoranti, dog-sitter, riscuotendo da questi lavoratori non retribuiti e a cottimo una quota fissa dei loro guadagni.
O si pensi addirittura a Bukalapak, Jeff Bezos, Valar Ventures, Tencent che stanno sfruttando addirittura i warung indonesiani (negozietti che vendono notte e giorno cibo e bevande e beni di prima necessità) per ricavarne una rendita. Sempre più aziende per accedere ai loro clienti devono dipendere da feudi cloud, i quali hanno un potere immenso, perché con un semplice click possono fare scomparire le loro merci da internet.
In questo, il settore Bigh Tech cinese è andato più avanti, superando in poco tempo i colossi della Silicon Valley. Lo sviluppo di Alibaba, Tencent, Baidu, Ping An e Jd.com porta il capitale cloud a livelli più evoluti, anche perché collegato alle agenzie di governo che lo usano per regolare la vita urbana, mettere in contatto la popolazione con le strutture sanitarie, promuovere servizi finanziari, sorvegliare la popolazione attraverso il riconoscimento facciale, ecc. Il cloud cinese viene usato integrando comunicazione, e-commerce, investimenti esteri, controllo sociale, intrattenimento e servizi finanziari. Rimanendo in WeChat i suoi utenti possono ascoltare musica, inviare messaggi e addirittura fare contemporaneamente pagamenti, un aspetto che rappresenta un ulteriore passo avanti rispetto al capitale cloud statunitense. Canali del genere si prestano infatti ad affiancare e sostituire i pagamenti internazionali legati al circuito del dollaro, ancor più che il 14 agosto 2020 la Banca Popolare Cinese ha lanciato in forma sperimentale uno yuan digitale: è la prima volta che uno stato emette una valuta completamente digitale. Finora i pagamenti digitali erano veicolati attraverso le banche private; i pagamenti internazionali passavano attraverso un meccanismo macchinoso e inefficiente che prevedeva diversi passaggi, fonte di rendita per ciascun banchiere intermediario. Secondo i nuovi portafogli digitali offerti dalla Banca Popolare Cinese il trasferimento avviene subito e a costo zero. Queste innovazioni, e in particolare la finanza cloud cinese, ha iniziato ad affermarsi come una valida alternativa al sistema di pagamenti basato sul dollaro. Un esempio recente è legato alla guerra in Ucraina: dopo l’invasione dell’Ucraina, la Federal Reserve congela 300 miliardi di dollari appartenenti alla Banca Centrale Russa e la sfratta da tutti i sistemi di pagamento internazionali. L’alternativa viene dai cloudalisti cinesi grazie al loro sistema di pagamento globale alternativo, che aggira quello incentrato sulla valuta americana.
Pertanto ciò che oggi si prospetta è la divisione del mondo nei due blocchi di una nuova guerra fredda, fondata sul capitale cloud, che in Occidente come in Oriente comporterà un maggiore sfruttamento dei lavoratori, un calo dei profitti (erosi dal capitale cloud) come anche degli investimenti produttivi (approfondendo da noi una tendenza in atto da decenni). Se nel frattempo dovesse saltare definitivamente il sistema di pagamenti internazionali basato sul dollaro, finora convenuto a tutti, il mondo intero e in particolare il blocco occidentale riceverebbero contraccolpi fortissimi e forse letali.
Quella fin qui esposta è in sintesi la tesi elaborata da Varoufakis in questa sua recente opera del 2023. Rimandando al suo volume Un altro presente (2021), in cui aveva già trattato la questione in modo più approfondito, nella parte finale dell’opera, l’autore presenta in breve anche un suo modello alternativo al sistema capitalistico, che tra le sue finalità contemplerebbe anche rapporti economici in armonia con l’ambiente.
Tecnofeudalesimo. Cosa ha ucciso il capitalismo, Yanis Varoufakis, La nave di Teseo, Milano, 2023.
Alessandro Cocuzza