Fonte : Fondazione Sereno Regis
Autrice: Maria Elisa Sartor che ringraziamo
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Specchietti per le allodole
ovvero
Quando parlando di “pubblico” si va verso un’ulteriore privatizzazione del Sistema Sanitario Regionale della Lombardia
Sono giorni cruciali per il nostro Sistema Sanitario Regionale (SSR) lombardo e indirettamente anche per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano. Arrivano notizie preoccupanti anche sul fronte della prossima riconfigurazione organizzativa. Dico a me stessa: devo esprimere in modo chiaro quello che sto constatando.
Inaspettatamente e all’improvviso, è arrivato il tempo di non porsi più il problema di chi può o non può avere tutti gli elementi per capire. Sono costretta a fare appello alla sana intuizione di chi, pur non padroneggiando tutti i termini, pur non conoscendo tutte le articolate questioni della sanità e le forze che muovono i giochi, sa però – perché lo ha vissuto sulla propria pelle – che cosa significhi non essere al centro, come cittadino, delle attenzioni del SSR lombardo.
Molti hanno finalmente compreso che qualcosa d’altro sta pericolosamente al centro del sistema e ci sottrae davvero molto. Questa è la nuova consapevolezza che siamo stati in grado di raggiungere con le poche informazioni non manipolate a nostra disposizione, prima e durante la pandemia.
Il SSR della Lombardia è un “unicum” in Italia non per eccellenza, ma per il grado di privatizzazione e al tempo stesso per la quota di potere pubblico ceduta al privato profit.
Un sistema in cui la sanità privata, da semplice “portatore dei propri interessi”, è divenuta “partner paritario del pubblico” e poi “alter ego della Regione” (con appoggi anche da parte di una componente della “sinistra”!). La sanità privata sta premendo l’acceleratore per ottenere la realizzazione piena della sua vocazione: essere incontrastata, anzi ulteriormente facilitata, nei suoi propositi espansivi e possibilmente sempre più protagonista come fornitore di servizi sociosanitari. Si è presentata un’occasione: la verifica del funzionamento delle strutture base della LR 23/2015: le ATS, Agenzie di tutela della Salute e le ASST, Aziende Sociosanitarie Territoriali. L’ha colta. Si è spinta oltre. Ha trovato ancora una volta chi parla in suo nome.
Di questo “unicum” e dei suoi meccanismi di funzionamento la maggior parte dei cittadini lombardi non conosceva nulla o quasi prima del Covid-19, affidandosi ad un discorso politico insincero che ha nascosto i fatti pure ai cittadini della propria parte politica (soprattutto quelli delle province), manipolati al pari di tutti gli altri. È il motivo della solidarietà indistinta che sento. Della sanità in tempo di pandemia esiste una esperienza individuale, quotidiana, che non ha colore, la cui sostanza abbiamo cominciato a conoscere nel mentre chiedevamo un’assistenza che in molti casi non arrivava, sperimentavamo l’abbandono, aprivamo i portafogli, e cominciavamo a contare i morti. Poi la consapevolezza non ha fatto che crescere.
Ma ci sono altri che purtroppo, ancora in queste ore, stanno facendo appello alla nostra incapacità di distinguere la manipolazione dal parlare franco e diretto. Purtroppo contano sul fatto che ancora una volta ci basteranno le parole rassicuranti contenute nelle proposte di rinnovo del SSR: “serve rivedere il rapporto con il privato”, “rafforzare il territorio”, “la presa in carico del paziente”, “vanno ricostituiti i distretti” (lo dicono i partiti al governo della regione, dopo averli smantellati!) per convincere tutti noi che si sta andando nella direzione giusta, verso un sistema più pubblico, anche nella erogazione dei servizi. Quello che serve e che viene ora trasversalmente richiesto.
In questi giorni di proposte di riforma del SSR lombardo, il passaggio di cui siamo i testimoni è invece ancora verso la DERESPONSABILIZZAZIONE DELLA POLITICA e la PRIVATIZZAZIONE ULTERIORE DEL SISTEMA e non verso la sua pubblicizzazione. Cosa che cambierà definitivamente il profilo del nostro SSR. E non è un modo di dire, il mio.
Non è facile spiegarlo in poche parole, ma quello che viene proposto oggi ai cittadini è ben più proteso verso il privato di quello che sarebbe stato prevedibile a partire dalle leggi della regione Lombardia 31/1997 (governo Formigoni) e 23/2015 (governo Maroni). Perché quelle leggi sono state le tappe preliminari di ciò che oggi tocchiamo con mano e anche il presupposto di quello che oggi si prospetta come un passo ulteriore nella stessa direzione. Se si realizzerà, diremo addio di fatto al SSN. E, se non lo capiamo ora, amen.
Ecco il punto. Da un primo esame dei resoconti giornalistici1 (non avendo ancora a disposizione i documenti originari, che attendo) si può dire che le 3 proposte governative lombarde di riassetto – quella di Gianluigi Cajazzo, ex Direttore Welfare Lombardia, quella del “gruppo dei saggi” istituito dalla Regione (Gianluca Vago, Rosanna Tarricone, Giuseppe Remuzzi, Alberto Mantovani, Gianluigi Spata)2, e la proposta della Lega – come anche le proposte di una parte della opposizione (PD; Sindaco di Milano con PD) hanno tutte una medesima direzione, al di là di alcune indiscutibili differenze (vedi il ruolo attribuito alla medicina di base e territoriale e le strutture previste, il ruolo dei sindaci, il fondo di investimento immobiliare).
Per una parte – quella governativa – si tratta di mosse pensate e consapevoli che perseguono una linea che non devia rispetto al passato, per quanto essa sia mascherata da messaggi che si prestano ad essere fraintesi e che “accarezzano il pelo” del cittadino irritato. Da parte degli altri, che dovrebbero costituire “l’alternativa”, non è del tutto chiaro quanto siano consapevoli della direzione in cui si stanno in realtà muovendo. Va ricordato che i resoconti cui mi riferisco riguardano solo il PD e non il M5S, che pure è stato il primo a presentare formalmente due proposte di legge3. Pesi e misure diverse, anche da parte dei media, pare.
In generale, le proposte che circolano da qualche giorno sembrano non costruite con il necessario metodo, e prive di uno spessore attuativo credibile. Per la loro genericità, offrono – tutte – la sponda ad una privatizzazione ulteriore del sistema. Dove sono le analisi sullo stato attuale del sistema? Dove sono le valutazioni sui dati a disposizione e sulla loro qualità; su come si stabiliscono le norme in Regione; su come si regola il quasi-mercato della sanità e del sociosanitario; su che cosa è diventato il mercato diretto costruito dai governi di centro destra; su che cosa sono le ATS e le ASST nella pratica e quali sono le loro evidenti incongruenze; dove si colloca la sanità privata, che cosa è chiamata a fare dai contratti con il servizio pubblico e cosa decide di fare quasi in autonomia. Servono queste informazioni per arrivare a conoscere le criticità del sistema, su cui identificare le nuove finalità da tradurre in nuovi criteri organizzativi che superino tali criticità e, alla fine, portino alle proposte, coerenti con tutto quello che è stato già evidenziato. La buona notizia è che chi è in buona fede, e sono disposta a pensare che qualcuno lo sia, ha ancora l’opportunità di riconsiderare le sue scelte.
Provo a sviluppare i punti essenziali del mio ragionamento. In estrema sintesi:
- il “modello lombardo della sussidiarietà orizzontale” applicato alla sanità, a partire dalla metà degli anni ’90, ha rimodellato il SSR facendolo diventare un quasi-mercato sbilanciato sempre più verso la componente privata. Ha smontato e riattribuito le attività di servizio, che prima erano svolte in modo integrato dalle ASL (pubbliche), agli ospedali e ad altre organizzazioni pubbliche/private/ibride di servizio, secondo il principio di parità pubblico-privato, che nella pratica però si è rivelato un mero enunciato. Nell’applicare in modo distorto le norme sull’accreditamento disposte a livello nazionale, ha favorito i privati, anche consentendo loro di vendere servizi sanitari e sociosanitari senza alcun limite al di fuori del SSR.
Nelle proposte di riforma del SSR lombardo in cui mi sono imbattuta, a mio parere le differenze sono meno significative delle sorprendenti somiglianze. Ecco un primo commento sugli orientamenti comuni riscontrati nelle proposte:
- Vanno verso la DERESPONSABILIZZAZIONE DELLA POLITICA. Si intendono costituire “aziende o agenzie di governo del SSR centralizzate” al posto di strutture che rispondono direttamente all’assessorato e quindi a un soggetto politico che abbia la responsabilità delle scelte e che possa essere all’occorrenza cambiato. Anche se le giustificazioni addotte sono diverse. Eccone una: “gli assessori non hanno competenze tecniche sufficienti”. Sì, se sono avvocati o manager o funzionari generici della amministrazione pubblica, anziché professionisti del settore con un background che comporti la conoscenza della sanità nei suoi diversi sottosistemi. La politica, nel fornire i suoi candidati, dovrebbe alzare il livello del reclutamento e prevedere che, in caso di vittoria della sua parte, si potesse disporre di un candidato assessore all’altezza del ruolo.
- Fanno SPARIRE QUELLO CHE RESTA DELLE ASL (PUBBLICHE), cioè le ATS di oggi. Ricordo come il SSR del Veneto, che viene preso a modello in più di una proposta, mantenga le ASL (pubbliche) e privilegi il pubblico sul privato anche nella erogazione, quindi sia qualcosa di ben diverso.
- TUTTA LA GAMMA DEI SERVIZI SI CANDIDA ALLA PRIVATIZZAZIONE (cioè alla erogazione da parte dei privati). Della EPIDEMIOLOGIA chi se ne occuperà? Anche quei SERVIZI DI PREVENZIONE, che sono generalmente considerati appannaggio solo della sanità pubblica, vengono nelle proposte riattribuiti alle organizzazioni di erogazione in contatto con i cittadini, pubbliche e private. E LA PREVENZIONE PERDE quindi LA SUA NATURA PUBBLICA. Ci si rende conto di che cosa questo significhi? E poi è facile immaginare che il processo di de-potenziamento del pubblico e di sbilanciamento verso il privato non possa che continuare considerando le esplicite strategie di posizionamento di mercato del privato.
- Le novità sulla REMUNERAZIONE DEI SERVIZI stanno nelle proposte “come i cavoli a merenda”. Sono due: remunerazione “a pacchetto” o “bundled” (indicata dalla maggioranza regionale che copia altri sistemi privi di una vocazione pubblica) e in alternativa la “remunerazione in due passaggi, il secondo dei quali misurerebbe qualcosa di difficilmente misurabile: il “risultato dell’intero percorso di cura” (proposta di area PD). A che cosa servono queste proposte? A rispondere a questioni ora non sul tavolo. Pur diverse, sono entrambe inaccettabili in quanto prima di tutto non centrali per il cittadino in questo momento (e già questo basterebbe a non considerarle!). E allora a chi servono? In più sono riforme macchinose, costose e che comportano un’applicazione paradossale che richiederebbe un’ulteriore espansione dell’apparato amministrativo anziché sanitario. Per essere chiari fino in fondo: vanno nel senso di accentuare pratiche economicistiche che non terrebbero conto “in scienza e coscienza” delle necessità dell’utente. Le logiche di impresa e la pratica di imitare senza motivo sistemi più aziendalizzati e privatizzati del nostro evidentemente sono ancora in primo piano. Difficile inoltre in ogni caso credere che tutto ciò alla fine conduca ad un risparmio delle risorse pubbliche.
Un’ultima sottolineatura. La proposta della Lega di costituire un FONDO DI INVESTIMENTO IMMOBILIARE, che dovrebbe acquisire il patrimonio di tutte le strutture in mano pubblica, è particolarmente insidiosa e decisamente poco “pubblica”. Inutile dire che, data l’implicita separazione della gestione del patrimonio dall’erogazione dei servizi, questa proposta fa presupporre la possibilità di operazioni che sfociano nella vendita degli immobili pubblici, quindi delle sedi di erogazione del servizio in mano pubblica, di cui si avverte in questi tempi la grande carenza, che è a sua volta il frutto delle politiche espresse dalla coalizione al governo della regione. Un’enorme operazione di finanziarizzazione che allontana ogni possibilità di controllo.
Mi fermo qui. Alla prossima. L’appuntamento è a dopo la lettura attenta di tutti i progetti di legge.
Milano, 30 novembre 2020
Note
1Le proposte riferite della maggioranza regionale sono consultabili sul sito di Radio Lombardia, pezzo Redazionale: “Sanità lombarda, in arrivo l’Agenzia modello Zaia o…..Sala//Esclusivo”; vengono riportati i risultati dei tre gruppi di lavoro Cajazzo, Think tank di esperti, e Lega. www.radiolombardia.it; Corsera, 27 novembre 2020, Stefania Chiale, “Il dibattito nel centrodestra ‘Nuovi poliambulatori e revisione delle ATS per potenziare i servizi “ritocchi alla legge”. Una bozza a fine anno”’. Per quanto riguarda le proposte del PD, vedi La Repubblica 22 novembre 2020, di Piero Colaprico, ‘Beppe Sala: Dai medici di base ai rapporti con i privati qui è tutto da rifare’; Corsera 27 novembre 2020, Maurizio Giannattasio, ‘Super Agenzia tecnica per concorsi e appalti, mini-distretti sanitari e Consiglio dei sindaci; “Usiamo i fondi MES”’.Le proposte del PD Lombardia sono anche disponibili in formato diapositive.Per quanto riguarda l’intervento di Giuseppe Sala, sindaco di Milano, un suo messaggio video si trova su Facebook. E l’intervista di Repubblica del 22 viene ripresa anche dal sito www.linkiesta.it, ‘Dai medici ai privati. La sanità lombarda è tutta da rifare, dice Beppe Sala’.
2Gianluca Vago, medico, ex rettore della Università degli Studi di Milano, proposto dalla Lega come assessore alla salute; Giuseppe Remuzzi, Direttore IRCCS privato Mario Negri di Milano; Rosanna Taricone, Cergas- SDA Bocconi; Alberto Mantovani, direttore scientifico IRCCS privato Humanitas; Gianluigi Spata, presidente Ordine dei Medici e Odontoiatri Lombardia.
3Il Movimento 5 Stelle, fin dal 29 settembre del 2020 aveva ufficialmente presentato al Presidente del Consiglio Regionale il Progetto di legge – PDL n. 136 “Istituzione dell’Agenzia di Tutela della Salute della Lombardia (A.T.S. Lombardia); è del 26 novembre 2020 (a due mesi dal primo), il Progetto di legge M5S – PDL 147, “Istituzione delle Case della Comunità, modifica alla legge regionale 30 dicembre 2009, n.33, Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità”.