PASQUOVID 21 di Franco Di Giangirolamo

 

Sprea Berlin – foto gierre – 2014 

Cronache da Berlino di Franco Di Giangirolamo

Il prossimo Aprile si rivelerà piuttosto “cruciale“ almeno per la Germania e per l’Italia, se non per l’Europa. In Germania si dovrebbe capire meglio se tra Stato e Regioni saranno in grado di prendere in mano il governo della terza ondata pandemica e della campagna vaccinale o se si confermerà lo stato di relativa “anarchia“ verso la quale rischia di scivolare il modello federale in un paese che più che un mito, in questo momento sembra un campione mondiale di box che non riesce a smaltire un huppercut al mento.
Anche in Italia mi pare che i prossimi giorni dovranno chiarire se il fronte vaccinale riuscirà ad avanzare e se un più adeguato coordinamento Stato Regioni potrà favorire la discesa della curva epidemica e lasciar preconizzare una estate meno problematica ed un finale di anno scolastico con i ragazzi a scuola.
Se un giudizio complessivo sarà possibile solo alla fine di giugno, le tendenze dovrebbero delinearsi in Aprile.
Restando in Germania, il 3 marzo, ormai c’è consenso generale, si sono assunte decisioni sbagliate.

La Cancelliera ha preferito, malvolentieri, che prevalesse l’affermazione del modello federale sulla convinzione che si stava correndo un rischio eccessivo e ha lasciato fare alle regioni, salvo il vincolo del “freno di emergenza“. In tal modo il limite di 50 nell’incidenza delle infezioni, che era a portata di mano, dopo 20 giorni aveva superato il valore 100, con punte 5 volte maggiori in alcuni distretti. L’impressione che il made in Germany sia in panne dilaga, anche grazie al continuo (e un poco superficiale) confronto internazionale sul piano vaccinale.
I sondaggi di opinione registrano l’insoddisfazione dei cittadini sulla politica governativa, che sale al 65% e riguarda in misura diversa gli elettori di tutti i partiti cui lo stop and go permanente non pare piaccia troppo.
Dopo la prima ondata, gestita da primi della classe, sia sul fronte sanitario che economico, e una seconda ondata scappata di mano (o tenuta per la coda), causa variante inglese e ritardi nei lockdown di ottobre e gennaio, (che ha fatto registrare un numero di morti almeno 6 volte maggiore) nonchè diversi “inciampi“ negli interventi economici, il mito tedesco, o quanto ne rimane, ne viene fuori fortemente incrinato.
Lo mostrano, se non altro, le 13 ore di trattative svoltesi il 22 marzo all’interno del MPK, conferenza stato – regioni. Non è stata solo una drammatica sessione di trattative, che sarebbe un classico della negoziazione politica, che nell’immaginario collettivo è tanto più vera quanto più è frutto di una lotta notturna, con conclusioni all’alba, ma di un conflitto tanto acceso quanto inconcludente, La Cancelliera, che una volta aveva bisogno di un’ora per “convincere“, ha dovuto impegnarsi allo stremo per tenere duro sul “tirare il freno di emergenza“ anche durante il periodo di Pasqua, fino ad inventare soluzioni impraticabili che hanno scontentato troppi e per le quali ha ritenuto di dover chiedere signorilmente scusa al paese assumendosi la responsabilità di tutto quanto accaduto nel consesso nazionale. D’altra parte i convitati di pietra di quell’incontro erano diversi: le prossime scadenze elettorali regionali, il voto per il rinnovo del Bundestag in settembre, con i candidati ai quali la salute interessa solo se li favorisce nei sondaggi di opinione, nonché lo scandalo che ha travolto l’Unione con diversi onorevoli trovati con le mani nel sacco mentre perseguivano interessi pandemici privati. Se aggiungiamo le pressioni, sacrosante alcune, molto meno altre, delle lobbies economiche, il caravanserraglio è al completo.

Convinti di aver deliberato misure insufficienti fino al 18 aprile, si vara la nuova direttiva, con la credibilità del MPK minata, tra il dissenso di gran parte degli esperti, con la Merkel che assegna alla variante inglese la responsabilità della terza ondata e la battezza come “nuova Pandemia“, forse per esorcizzare le critiche che le arrivano più da destra che da sinistra per aver perso l’abilità di “signora delle crisi“.

La stampa tedesca è molto critica sulla campagna vaccinale tedesca e si perde nei confronti con il Regno Unito, gli USA, senza tenere conto che la scelta “europea“, con tutti i suoi limiti, consente a tutti i paesi membri di procedere con lo stesso passo nella vaccinazione e nella immunizzazione del continente. Infatti il tasso di vaccinazione tedesco è analogo a quello medio europeo. Molti titillano provocatoriamente il nazionalismo vaccinale puntando ad affermare l’idea che: “prima i tedeschi“, ovvero che sarebbe stato meglio che loro, i più forti, avessero scalciato indietro i più deboli per arrivare primi. Scelta che sarebbe stata molto peggiore nel continente europeo sia sotto il profilo etico morale che sotto quello sanitario. Gli USA hanno detto “prima i nord americani“, l’UK ha detto l’analogo, ma è quello l’esempio da seguire? Quella dell’egoismo nazionale e della discriminazione ideologica dei vaccini? Perchè non prendiamo esempio dal Cile, che è ricorso ad un vaccino cinese, o della Serbia, che ha a disposizione 6 vaccini, compresi quelli russo e cinese?
La scelta dei governi europei, compreso quello tedesco, è stata giusta e gli errori che si sono commessi sono di responsabilità collettiva e collettivamente vanno superati.

Anche coloro che dicono “la Germania non è più un modello“ credo abbiano ragione in linea generale. Tuttavia ciò era vero anche prima della pandemia, nel senso che non si possono fare politiche europee, tra stati diversi, in nessun campo, con un modello unico di riferimento, qualunque esso sia. Apprezzare questo o quel modello per la sua efficacia vuol dire avere un buon punto di riferimento da studiare, non scegliere idoli da adorare.
D’altra parte gli stessi tedeschi non ambiscono ad essere un modello, specialmente sul terreno della lotta alla pandemia. Questa debolezza l’abbiamo avuta in Italia quando facevamo i maestrini all’Europa sul modello da adottare nella lotta contro il virus, salvo accorgersi che i risultati delle nostre scelte erano catastrofici.
Nello specifico, visto che, al 22 marzo, a un anno dalla pandemia, la Germania aveva subito un numero di decessi complessivi pari a 910 per milione di abitanti, mentre l’Italia era a 1.787, il Regno Unito a 1.858 e gli USA a 1.691, si potrebbe dire che il Corona avrà spazzato via i miti ma non è detto che non ci sia più niente da imparare!!! In fin dei conti è la somma che fa il totale, diceva Totò!