25 Aprile 2025

In Italia continua la strage dei morti sul lavoro. Ad uccidere gli operai non è il caso o la sfortuna, ma un’organizzazione del lavoro criminale finalizzata a risparmiare tempo e danaro per aumentare i profitti

Loris Campetti

Fonte : Areaonline.ch 

Canta Francesco De Gregori, alla musica ha contribuito Lucio Dalla. E’ una canzone che racconta con parole dolci la guerra del lavoro, l’emigrazione in Svizzera, la morte nei cantieri. ”E il treno io l’ho preso e ho fatto bene/ Spago sulla mia valigia non ce n’era/ Solo un po’ d’amore la teneva insieme/ Solo un po’ di rancore la teneva insieme”. E continua: “Prima parlava strano e io non lo capivo/ Però il pane con lui lo dividevo/ E il padrone non sembrava poi cattivo… E se un giorno è caduto, è caduto per caso…”. Resta il fatto, terribile e incontrovertibile: hanno ammazzato Pablo.

22 anni, il giorno del suo compleanno, Daniel aveva iniziato il turno di notte raccogliendo simbolicamente il testimone da suo padre Elvin che aveva appena smontato il turno serale nella stessa ditta specializzata nello stampaggio a caldo di ingranaggi industriali, la Stm di Maniago in provincia di Pordenone. È stato trafitto a un polmone da una scheggia schizzata da un ingranaggio posto sotto la pressa: quando Daniel l’ha preso con le pinze, quell’ingranaggio incandescente s’è spezzato lanciando il dardo mortale che l’ha ucciso. Hanno ammazzato Daniel, come Pablo. E come Nicola, cinquant’anni e padre di due figli, agganciato a un braccio e alla testa dal nastro trasportatore dell’azienda SB Ecology di Sant’Antonio Abate nel Napoletano. E’ morto stritolato, mezz’ora dopo Daniel. E come Umberto, manutentore trentottenne, sposato e padre di una bambina: travolto da un tir sull’autostrada del Sole all’altezza di Orvieto mentre stava mettendo la segnaletica per indicare un restringimento della carreggiata. Umberto è morto sul colpo.

E’ la cronaca del 25 marzo, un giorno come tanti nella guerra del lavoro. Tre morti, non per caso, non per sfortuna. A ucciderli non è stato il destino cinico e baro ma il padrone e un’organizzazione del lavoro criminale finalizzata a risparmiare tempo e danaro per aumentare i profitti. Se fosse stata messa, come chiedevano inascoltati i sindacati, una griglia di quelle metalliche che scendono automaticamente per fare una barriera tra il pezzo da estrarre e l’operaio, Daniel sarebbe ancora vivo e potrebbe festeggiare il suo compleanno con la famiglia e gli amici. Ma quei cancelletti – così si chiamano – avrebbero rallentato la produzione di cinque secondi a pezzo stampato. Il padrone guadagna cinque secondi, l’operaio perde la vita.

Il 2024 ha fatto registrare il record di morti sul lavoro: 1.100 per l’Inail, 1481 secondo l’Osservatorio di Bologna che conteggia anche le vittime di aziende non iscritte all’Inail. Quest’anno gli affari per i becchini vanno ancora meglio: l’aumento dei morti sul lavoro e in itinere è addirittura del 33%. Le iniziative del governo Meloni – l’introduzione della patente a punti per le sole aziende edili, 830 mila su un totale di 5 milioni, e sulla base di criteri contestati dai sindacati – non hanno sortito effetti, cioè non hanno prodotto alcuna inversione di tendenza. I controlli sul rispetto delle norme di sicurezza hanno riguardato appena il 2% delle imprese.

Cosa c’è a monte di questa quotidiana strage di lavoratori? Salari bassissimi, precarietà legalizzata da governo e padroni che la chiamano flessibilità, povertà diffusa persino tra chi ha un lavoro stabile a tempo indeterminato, costringono chi ha bisogno di lavorare per vivere e far vivere la propria famiglia ad accettare condizioni inumane di sfruttamento in assenza di sicurezza. Scrive Marco Revelli, intellettuale torinese che da una vita si occupa di lavoro, diritti e conflitti: “Nel nuovo paradigma produttivo che si è imposto sul vecchio modello fordista, il lavoro, in particolare quello operaio, è scivolato sempre più ai margini, si è fatto via via meno socialmente visibile e riconosciuto, scalzato dall’altro protagonista pressoché assoluto, il Denaro, il vero dominus del nuovo secolo”. L’Italia è all’ultimo posto per dinamica salariale tra i paesi del G20, avendo perso negli ultimi 17 anni l’8,7% del potere d’acquisto. E il governo Meloni ha impedito persino la discussione di una proposta di legge sul salario minimo. E la diffusione del meccanismo criminale di appalti e subappalti a cascata indebolisce il lavoro di tutela sindacale, moltiplica le disuguaglianze, riduce i margini di sicurezza del lavoro. Come minimo andrebbe imposta la responsabilità d’impresa alle aziende che appaltano sempre più lavorazioni e funzioni per aumentare i profitti e sgravarsi dai costi legati alla sicurezza e al rispetto delle norme e dei diritti di chi lavora. Negli indotti e nei sub-indotti, in piccole aziende spesso non sindacalizzate, si verificano con maggiore intensità gli infortuni e i morti sul lavoro.

Nell’era del finanz-capitalismo di cui parlava il sociologo Luciano Gallino si è consumata la vendetta di classe dei padroni e della politica a essi asservita, tesa a cancellare le grandi conquiste realizzate dal movimento operaio negli anni Settanta del secolo scorso; è il rovesciamento del soggetto che grida “vogliamo tutto”, ieri i lavoratori, oggi i padroni protagonisti, come scrive ancora Revelli ricordando le analisi di Gallino, della “lotta di classe al contrario”. Qui, e nella svalorizzazione del lavoro a cui ha attivamente contribuito la sinistra, sta la ragione della strage quotidiana sul campo del lavoro trasformato in campo di guerra. Per mettere un argine al dilagare della precarietà foriera di miseria, subalternità, solitudine e morte, per cancellare il jobs act di Matteo Renzi che ha violentato lo Statuto dei lavoratori, per imporre la responsabilità d’impresa alle aziende appaltanti, la Cgil ha presentato quattro referendum su cui si voterà a giugno. La sfida più importante è il raggiungimento del quorum che richiede il voto del 50% più uno degli italiani e delle italiane. La vittoria non risolverebbe certo tutti i problemi legati alla sicurezza sul lavoro, ma potrebbe segnare una positiva inversione di tendenza.

Pubblicato il  28.03.2025 08:04 su areaonline.ch
Loris Campetti

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