Raccontava Clemente Riva, vescovo ausiliario di Roma, segretario della Conferenza Episcopale Italiana e fervente studioso di Rosmini, sul finire degli anni ‘80 a Bologna nel Convegno di Amnesty International sulla tortura nel Mondo, Italia compresa, che interrogato su “cosa avrebbe posto al centro della città ideale”, ospite quale era di un’assise romana di Architettura, “una basilica, un teatro, una fontana?” rispose “niente di tutto questo, al centro metterei l’Uomo con i suoi bisogni!”. Risposta perentoria, forse inaspettata da parte di un alto prelato di altri tempi, il quale aggiunse, rivoltosi al sottoscritto con tono da confessionale, ma con microfono evidentemente aperto: “c’è da chiedersi se le Istituzioni, comprese le ecclesiastiche, siano organizzate davvero su questa centralità”. Un’idea assai minoritaria in tutte le specie di Istituzioni: destrutturarle per porre al centro l’Uomo, “non la persona umana, ma lui, quest’uomo, molto semplicemente” (S. Weil: La persona e il sacro, a cura di M. Sala, G. Gaeta, Adelphi 2012). Un proposito oggi perseguito in particolare e significativamente dal magistero di Francesco: “chi sono io per giudicare? …la Chiesa non ha bisogno di tanti burocrati e funzionari, ma di missionari entusiasti … ”. (27.7.2013; 9.4.2018).
Se la domanda fosse oggi rivolta a medici e responsabili di Organizzazioni sanitarie, la risposta confermerebbe la centralità insita nel malato, non in “lui, quest’uomo, molto semplicemente”, ma “nel Diritto della persona all’assistenza sanitaria” come sancito da Costituzione e Carta dei Diritti fondamentali: sostanzialmente nella ricerca di soluzioni diagnostico-terapeutiche mentre, per quanto avanzate, queste non garantiscono verità scientifiche ma livelli di approssimazione senza potere evitare che le patologie neoplastiche, cronico-degenerative ed infettive assumano incalzanti caratteri pandemici con esiti spesso sconfortanti.
Nel Mondo in dieci anni i casi di tumori risultano aumentati del 42%: da 12,7 mln a 18,1 mln con relativi decessi passati da 7,6 mln a 9,6 mln che corrispondono a circa il 50% dei tumori accertati, pressoché come negli ultimi 50 anni; in Europa, pur possedendo il continente soltanto il 9% della popolazione mondiale, di tumori se ne sono registrati il 23,4% con un quinto dei decessi di tutto il globo (ISTAT, AIRTUM, OMS 2019). Da sottolineare che, come ormai è accertato e noto, la patologia neoplastica risulta in crescita costante in relazione alla diffusione di fattori ambientali nocivi e di stili di vita scorretti non contrastati da informazioni e misure adatte ad evitare la malattia (prevenzione primaria).
Non solo: in Europa i tumori in stadio avanzato risultano in significativa costante ascesa, tanto che negli ultimi 10 anni l’utilizzo di farmaci oncologici è quasi triplicato a partire dai 12,9 mld. In questo specifico aspetto l’Italia si trova al terzo posto, dopo Germania e Francia, con un andamento analogo ed una spesa che sfiora i 6 mld di euro per anno, in crescita costante.
Il problema che si pone per tutta l’Europa, stando a questi dati, a parte lo scarso e quasi inesistente impegno nella prevenzione primaria, risiede anche in inadeguati tassi di adesione agli screenings preventivi (prevenzione secondaria): ad esempio, la media europea di mammografia si attesta sul 60%, nel nostro Paese sul 55% (53.500 nuovi casi stimati in Italia nel 2019); il test per la ricerca del sangue occulto per la diagnosi precoce del cancro del colon-retto in Europa conta il 49.5% di adesioni, in Italia il 45.7% (49.000 casi nel 2019); soltanto il 41% delle donne europee, come le italiane, si sottopone al Pap-test per la diagnosi precoce del cancro della cervice uterina. Da notare che nel meridione italiano i test sono inesistenti oppure molto scarsamente frequentati.
E’ ovvio che un maggior numero di tumori in fase avanzata comporti un relativo peggioramento della prognosi. Infatti, le probabilità di guarigione sono direttamente proporzionali alla precocità della diagnosi e al grado di crescita neoplastica. Ogni giorno, in Italia, vengono diagnosticati oltre 1.000 nuovi tumori di cui il 40-60% complessivi in stadio avanzato.
Quanto accennato vale per tutte le classi di malattie cronico-degenerative: è urgente potenziare la prevenzione primaria perché molte, troppe persone continuano ad ammalarsi ed a perire nonostante l’impegno del personale sanitario ed amministrativo, quasi dei prestanome che non agiscono in solitudine, che apprendono dalle esperienze altrui e qualcosa trasmettono ad altri contribuendo a formare cultura e tradizioni. La responsabilità dell’esito finale ricade sui protagonisti, ma chiama in causa tutta la Medicina e tutte le Istituzioni politiche rappresentative, la loro storia, le loro scelte culturali e dottrinarie, organizzative e pedagogiche che informano e permeano, spesso nel solco del conformismo, l’intera Società. Il medico non è che un esile segmento nell’Ospedale. Il cittadino-persona, più che destinatario di Diritti che richiedono forza per esigerli, non è che propriamente lui “ quest’uomo, molto semplicemente”.
* Già docente di Chirurgia generale nell’Università di Bologna e direttore della Chirurgia generale degli Ospedali Bellaria e Maggiore di Bologna