Riprendiamo dal sito del sindacato francese CFDT il Report di una ricerca interdisciplinare svolta da un Comitato di esperti di scienze sociali. Riteniamo questa iniziativa molto interessante e al tempo stesso un riferimento per sviluppare iniziative analoghe nel nostro paese.
SAGGIO “UNA SOCIETÀ STANCA?”
A seguito della crisi causata dalla pandemia di Covid-19, CFDT e la Fondazione Jean-Jaurès hanno deciso di riunire, dal novembre 2021, un comitato di esperti di scienze sociali interdisciplinari e congiunti composto da Henri Bergeron, sociologo, Patrick Boucheron, storico, Pierre-Yves Geoffard, economista, Florence G’sell, professore di diritto, Serge Hefez, psichiatra, Emmanuel Hirsch, professore di etica medica, Jeanne Lazarus, sociologa, Isabelle Lespinet-Moret, storica, Hélène L’Heuillet, filosofa, Marie- Caroline Saglio-Yatzimirsky, antropologa, Claudia Senik, economista, e Frédéric Worms, filosofo.
La pandemia che ci sta attraversando dall’anno 2020 lascia un segno duraturo nelle nostre società. Impronta sulle persone di malattie e lutti, è ovvio; impronta economica, senza dubbio, anche se lo shock della crisi sembra assorbito, se non riassorbito, con molto credito. Ma forse il segno più profondo e paradossalmente meno visibile è nelle menti più che nei corpi, nella società più che nell’economia.
Un evento globalizzato e imprevedibile che ha materializzato una minaccia latente, la pandemia ha prima messo in discussione il nostro rapporto con la vita e la morte, messo in discussione i nostri stili di vita e i loro limiti. Al di là di questa prima introspezione collettiva, l’esercizio del confinamento ha profondamente influenzato il legame sociale, il rapporto con il lavoro, con la famiglia, con il quartiere, con gli amici, anche con lo spazio urbano. Anche la vaccinazione, conquista scientifica e soluzione inaspettata appena un anno fa, si sta rivelando paradossalmente anche fonte di tensioni interne, la sorda rabbia dei vaccinati sale man mano che si afferma la resistenza degli “antivax”, e che i focolai epidemici persistere.
Il sintomo più evidente di questa impronta della pandemia sugli animi e sull’intera società ci sembra essere questa fatica che molti esprimono e che ciascuno sente, latente o manifesta, in tutti gli ambiti della vita sociale, tanto e tanto sebbene appaia essere meno una fatica generalizzata che una fatica collettiva, uno stato tanto del corpo sociale quanto degli individui. Espressa in occasione della pandemia di Covid-19, questa stanchezza è senza dubbio anteriore ad essa. Il virus lo ha rivelato come uno sforzo in più rivela la stanchezza accumulata dal corpo. Comprendere questa fatica è il punto di partenza per un lavoro che dovrebbe consentirci di capire cosa sta succedendo, cosa si sta manifestando, cosa sta cambiando nelle nostre società durante la pandemia.
Abbiamo le risorse per condurre questo sondaggio, ma le mobilitiamo troppo poco. L’efficienza scientifica e industriale nella nostra risposta al virus è stata eguagliata solo dal sostegno dato all’economia. Ma contrasta profondamente con una certa riluttanza a ricorrere alle cosiddette scienze “sociali” per comprendere gli effetti psicologici e sociali di questa crisi. È come se l’azione pubblica si concentrasse sulle conseguenze materiali della pandemia e lasciasse il resto alla sfera privata o ai singoli. Questo allontanamento delle scienze sociali dal dibattito pubblico, e forse ancor più dall’azione pubblica, è ai nostri occhi più che una carenza, è un pericolo: ci priviamo così dei mezzi per comprendere meglio ciò che abbiamo vissuto individualmente e collettivamente dal 2020,
Mobilitare il contributo delle scienze sociali durante la pandemia, farle conoscere e ascoltare nel dibattito pubblico per trasformare il calvario in un’esperienza, questo è l’obiettivo e l’ambizione di questo comitato.
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