(In)sicurezza ferroviaria, come non si impara dagli errori di Maurizio Mazzetti

Autore : Maurizio Mazzetti  che ringraziamo 

Fonte : ilmanifestoinrete 

Qualche giorno fa, a poco più di un anno dalla strage di Brandizzo (5 lavoratori morti investiti da un treno durante lavori di manutenzione alla linea ferroviaria nell’agosto 2023, su cui rimando all’articolo del 18 settembre 2023 https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/09/18/infortuni-mortali-sul-lavoro,) un altro lavoratore impegnato in analoghe lavorazioni sulla linea ferroviaria Bologna Venezia è deceduto travolto  da un Intercity nella stazione di San Giorgio in Piano, vicino a Bologna, alle 4,30 del mattino. Si chiamava Attilio Franzini, 47 anni di età; a mezzora dalla fine del turno prevista per le 5, per motivi che si stanno indagando la vittima si allontana dai binari 3 e 4 dove si svolgevano i lavori e viene travolta sul primo binario dal treno in corsa.

Nonostante le consuete, più o meno vibrate e sincere, parole spese sull’inaccettabilità di tali morti, e i richiami o promesse di intervento, nulla è cambiato dallo scorso anno. Sono impressionanti le analogie tra i due eventi, per quanto presentino alcune piccole ma non decisive differenze:

  • I lavori si svolgevano di notte, ma la circolazione dei treni non era stata interrotta (interruzione che di per sé avrebbe impedito, sola, l’incidente);
  • le operazioni erano affidate da RFI (la società del gruppo FS che gestisce l’infrastruttura ferroviaria) in appalto all’esterno, in questo caso ad una grande (duemila dipendenti) e storica appaltatrice, la SALCEF con sede a Roma, di cui era dipendente la vittima. Al momento non si sa se fossero coinvolte altre ditte in subappalto, e/o se fosse presente nel cantiere un qualche soprastante della stessa RFI;
  • nonostante l’indubbia esperienza e la verosimile solida organizzazione della ditta appaltatrice, non esisteva alcun sistema umano o ancor meglio automatico  che bloccasse il treno in presenza di ostacoli sulla linea o almeno li segnalasse, o che impedisse al lavoratore di stare cola’ dove non doveva essere (sono tecnologie disponibili sulle automobili di serie …). E se pure esistevano, evidentemente non hanno funzionato. Ed è assolutamente ininfluente che il lavoratore si trovasse, per errore, dove non doveva essere: esistono infatti tutti gli strumenti normativi, organizzativi e tecnologici per evitare che comportamenti sbagliati – errori – abbiamo simili conseguenze, o almeno per diminuirne la gravità; strumenti qui però non efficaci o non adottati. E fa doppiamente specie perché la SALCEF è, come dicevamo sopra, non una piccola azienda in subappalto, ma una impresa grande, strutturata e specializzata, con consistenti attivi, per quanto peraltro già coinvolta in passato in indagini su infiltrazioni mafiose, ed oggi (a conferma della sua buona salute) oggetto di una OPA (Offerta Pubblica di Acquisto delle sue azioni, quella che atecnicamente viene chiamata sui media scalata) da parte da altre imprese riconducibili, al fondo delle consuete scatole cinesi che caratterizzano l’economia finanziarizzata, alla Morgan Stanley (grande banca d’affari statunitense, speculatrice globale, già nota alle cronache perché nel 2012 ottenne dal Tesoro italiano il pagamento di 3,5 miliardi di euro per un derivato sciaguratamente sottoscritto dal Tesoro nel 1994, con la Corte dei Conti che stimò un danno erariale di 4 miliardi di euro – per i curiosi, rinvio a pag. 207 del libro, che consiglio di Enrico Grazzini “Il fallimento della moneta”, Fazi editore 2023).
  • Se quindi c’è stato un errore (e sugli errori che provocano gli infortuni si dirà qualcosa in un prossimo articolo), non è corretto scaricarne tutta la responsabilità sulla vittima. E’ l’intera organizzazione aziendale e le regole interne ed esterne che non funzionano come dovrebbero, con connesse responsabilità anche penali.

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