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Cassazione Penale, Sez. 7, 16 ottobre 2017, n. 47470 – Non sussiste alcun comportamento abnorme del lavoratore infortunato quando manca un’adeguata formazione
“La Corte territoriale ha insindacabilmente escluso il carattere abnorme della condotta posta in essere dal lavoratore infortunato, in considerazione del fatto che il lavoratore non era stato adeguatamente formato. Oltre a ciò, il Collegio ha evidenziato che il dipendente, al fine di riparare il motore con urgenza, aveva inopinatamente utilizzato, come da prassi aziendale, un muletto elevatore assolutamente inadatto.”
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: MONTAGNI ANDREA Data Udienza: 13/09/2017
FattoDiritto
B.L. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Ascoli Piceno, sezione distaccata di San Benedetto del Tronto, in data 12.04.2013, in riferimento al reato di cui all’art. 590 cod. pen.
L’esponente, con il primo motivo, deduce il vizio motivazionale in riferimento all’affermazione di responsabilità. Osserva che l’infortunio si è verificato a causa della arbitraria decisione assunta dal dipendente infortunato.
Con il secondo motivo si duole del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile.
Soffermandosi sul primo motivo, si ricorda che la Corte regolatrice ha chiarito che nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento negligente del medesimo lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre comunque alla insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente. Sul punto, si è osservato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni, con le seguenti precisazioni: che, nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; che può escludersi l’esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento; che deve considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. Deve pure osservarsi che la giurisprudenza di legittimità ha più volte sottolineato che l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l’obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Sez. 4, sentenza n. 3580 del 14.12.1999, dep. il 20.03.2000, Rv. 215686); e ciò con specifico riferimento alle ipotesi in cui il comportamento del lavoratore rientri pienamente nelle attribuzioni specificamente attribuitegli (Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, dep. 9.03.2007, Rv. 236109).
E bene, deve a questo punto della trattazione rilevarsi che la Corte territoriale ha insindacabilmente escluso il carattere abnorme della condotta posta in essere dal lavoratore infortunato, in considerazione del fatto che il lavoratore non era stato adeguatamente formato. Oltre a ciò, il Collegio ha evidenziato che il dipendente, al fine di riparare il motore con urgenza, aveva inopinatamente utilizzato, come da prassi aziendale, un muletto elevatore assolutamente inadatto.
Il secondo motivo è del pari inammissibile.
Come noto, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. Ili 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298).
Si tratta di evenienza che non sussiste nel caso di specie.
La Corte di Appello ha infatti osservato che correttamente era stato negato il riconoscimento delle attenuanti generiche, tenuto conto del precedente specifico che si rinviene a carico dell’imputato e dell’elevato grado della colpa.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 13 settembre 2017.