Riflessioni a partire dalla tragedia del cantiere Esselunga di Firenze

 

Fonte  SNOP.IT 

 

Una piccola premessa. Forse conviene, anche a futura memoria, identificare meglio anche nominalmente quanto è successo a Firenze il 16 febbraio scorso, riferendosi non solo ad una indefinita “tragedia di Firenze”, ma piuttosto a quella “del cantiere Esselunga di Firenze”, così che anche il ricordo possa essere più immediato e preciso.
È trascorsa poco più di una settimana da quel gravissimo infortunio sul lavoro plurimo e il clamore della notizia e delle reazioni sta già, ovviamente, sfumando. Passato lo sgomento viene il momento di ricomporsi e ragionare veramente anche sulle molte cose dette, promesse, minacciate così come su quelle taciute, nascoste o negate.
Occorre, però, rimanere indignati, perché l’indignazione in questi casi è un potente stimolo a lavorare per cambiare. L’impegno deve essere quello di parlarne ancora e ancora, ben dopo l’onda dell’emozione (che rischia di essere cattiva consigliera) o dello sdegno diffuso (che spinge spesso a rincorrere le risposte mediaticamente e politicamente più accettabili nell’immediato), ma idealmente “prima” dei prossimi eventi.
Vorremmo cogliere maggiormente parole che escono da logiche di azione/reazione e quindi riprendere a parlare delle cose che davvero contano e servono per la salute di chi lavora.
Com’è nostra abitudine, preferiamo non parlare separatamente di infortuni e di danni alla salute, perché, a nostro parere, nascono dagli stessi meccanismi di fondo dentro il lavoro.
Né, d’altra parte, riteniamo che sia la gravità del singolo evento che, da sola, potrebbe giustificare interventi che non siano richiesti anche da innumerevoli più “piccoli” eventi. È vero, ci sono stati fatti che hanno scosso tutti e che hanno costituito l’occasione perché fossero messi in atto provvedimenti particolari (pensiamo a quelli della motonave Elisabetta Montanari di Ravenna, della ThyssenKrupp di Torino, della Lamina di Milano), ma sappiamo bene che quei provvedimenti sarebbero stati richiesti ben prima e a prescindere dal singolo caso e che potremmo vedere quegli atti come l’ammissione di un imperdonabile ritardo.
La rincorsa a proporre o a reclamare leggi, sanzioni, controlli, procure nazionali ed altro, rischia di produrre una semplificazione che, in sostanza, trascura, dimentica o preferisce non vedere le ragioni più profonde di questa cattiva gestione del lavoro, che rimangono quindi intatte quando non intoccabili.
Dopo il silenzio e il lutto con cui abbiamo voluto contrassegnare il nostro sito a seguito di quel tragico venerdì e al di fuori dell’emergenza, intendiamo mantenere viva una riflessione su questi temi, ritenendo necessario che ci sia un dibattito alla luce di questi eventi ma anche delle reazioni che ne seguono.
Vogliamo cominciare segnalando uno scritto di Paolo Pascucci (https://fuoricollana.it/morti-di-lavoro/ ) che – con la sua solita chiarezza concettuale ed espositiva – dice molte di quelle cose che a noi qui interessano, andando infine al cuore del problema (e lo chiama proprio così) collocato dentro la sfera dei diritti e dei rapporti di lavoro: “perché se non lo si fosse ancora compreso, l’insicurezza del lavoro (contratti precari e salari bassi) va di pari passo con l’insicurezza sul lavoro”. Ed ancora: “… più il lavoro sarà svalutato, tanto più a pagarne il fio sarà soprattutto la garanzia di quei diritti fondamentali – come la salute, la sicurezza, la libertà e la dignità – che connotano un individuo come persona.”

L’informalità maligna che uccide … Podcast di Diario Prevenzione – 26 maggio 2021 – Puntata n° 84

a cura di Gino Rubini. In questa puntata parliamo di

– Salute sicurezza nel lavoro ai tempi del Recovery Plan. Rimozione dei dispositivi di sicurezza: le analogie tra la tragica morte di Luana e il disastro della funivia, l’informalità maligna della elusione delle regole di sicurezza uccide…; la tenuta dei pilastri che dovrebbero sostenere salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

– CIIP invia nota al Governo sul tema della sicurezza sul lavoro
– La ripresa economica basata sugli appalti al massimo ribasso: una deriva verso un’economia nella quale  i lavoratori vengono considerati come “vuoti a perdere”…
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