Sindacati: servono più risorse per sostenere Servizio Sanitario Nazionale

(Regioni.it 3487 – 06/11/2018) “Il Servizio sanitario nazionale è interessato, ormai da diversi anni, da criticità che se non affrontate mettono a rischio la sua sostenibilità”. I sindacati chiedono pertanto al Governo di inserire più risorse per la sanità nella legge di bilancio. Secondo Cgil, Cisl e Uil, infatti, la manovra finanziaria conferma per il 2019 le stesse risorse programmate dal precedente Governo a favore del Sistema sanitario nazionale. Così gli annunci di incrementi sono finiti nel vuoto.
Solo per il 2020 e 2021, rilevano i sindacati, è previsto un aumento, ancora insufficiente, subordinato comunque alla firma del nuovo Patto per la Salute con le Regioni.
“Anche lo stanziamento di 50 milioni di euro, – evidenziano i sindacati confederali – per la riduzione delle liste di attesa, rischia di essere insufficiente, a fronte di mancanza di risorse aggiuntive per nuove assunzioni di personale e per il rinnovo del Ccnl. Inoltre, non c’è alcun riferimento al superamento del super ticket, una tassa iniqua che aggrava pesantemente i bilanci delle famiglie e in particolare di quelle meno abbienti”.
Sempre i sindacati sottolineano anche le “disuguaglianze di salute sul territorio nazionale” e gli stessi “nuovi Livelli essenziali di assistenza, in vigore ormai da quasi due anni”, non sono ancora oggi non garantiti: “le misure, in materia sanitaria, predisposte dal Governo non affrontano le fragilità del sistema sanitario”.
Cgil, Cisl e Uil esprimono quindi “una forte preoccupazione” e chiedono al governo di “aprire un confronto con le organizzazioni sindacali per definire i percorsi e gli interventi necessari per rafforzare e rilanciare il servizio sanitario pubblico che deve essere dotato di risorse adeguate per garantire il diritto di tutela della salute a tutti i cittadini con prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale”.

L’Italia per la sanità spende  il 30 per cento in meno  degli altri Paesi europei

Fonte Strisciarossa.it

La sanità italiana non ha un problema di sostenibilità quanto piuttosto di equità. Federico Spandonaro, professore di economia applicata all’università Tor Vergata di Roma e presidente di, Consorzio per la Ricerca Economica Applicata in Sanità, è chiaro: nonostante se ne parli spesso, quello della sostenibilità è un falso problema. In primo luogo perché l’Italia spende poco per la sanità, circa il 30% in meno di quello che spendono in media gli altri Paesi dell’Europa occidentale. Un divario che è aumentato negli ultimi anni portando l’Italia verso le quote di investimento dell’Europa orientale. Del resto, quando un Paese non cresce economicamente, la tendenza è quella di disinvestire sul welfare, esattamente come sta accadendo ai paesi dell’Europa orientale e all’Italia.

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Reddito di salute! Una proposta “indecente”?

Fonte SaluteInternazionale

Inserito da  on 19 settembre 2018 – 09:47Lascia un commento

Marco Geddes

Rapporto Rbm – Censis ci spiega che:  “…sulla base delle simulazioni condotte, la scelta di sottoscrivere una Polizza Sanitaria o di aderire ad un Fondo Integrativo risulta decisamente più conveniente per il cittadino rispetto al pagamento di tasca propria delle cure private”. Questo confronto fra spesa out of pocket e la sua benefica sostituzione con Polizze e Fondi sanitari si basa su tre presupposti, ovvero su tre affermazioni, completamente false.


 

dire, fare, commettere un’i., delle indecenze.
Frequente in frasi esclamative, come espressione di sdegno
davanti a fatti o situazioni sconvenienti, o
che per qualche motivo suscitino risentimento e riprovazione:
è un’i., una vera i.!; che i.!; che cos’è questa indecenza? (Treccani)

Ho letto in questa estate l’aggiornamento del VIII Rapporto Rbm – Censis, pensando che contenesse una eliminazione o quantomeno rettifica alla proposta di Reddito di salute[1]. Al contrario, tale esilarante ipotesi è stata nuovamente avanzata sul supplemento economico del Corriere della sera. “Si potrebbe introdurre un reddito di salute – spiega il CEO di Rbm –   magari come componente strutturale di quello di cittadinanza, oppure assegnare un voucher con cui finanziare un’assicurazione sociale integrativa [cioè, intende, quella che io presiedo…] per tutti coloro che ancora non dispongono di una polizza o di un fondo integrativo. Pagare le cure private di tasca propria, infatti, non solo non è equo, ma soprattutto non è mai conveniente per i cittadino. Al netto dei benefici fiscali, cioè la detrazione per le spese mediche, il costo aggiunto sostenuto da ogni cittadino per le cure private è pari in media a 530 euro. Una polizza o un fondo sanitario integrativo garantiscono un risparmio medio di quasi 245 euro, considerando il differenziale medio fra il costo, gli importi rimborsati e la deduzione media.”[2]

Tale ipotesi, o meglio proposta al nuovo Governo, nasce da un presupposto ampiamente illustrato nel Rapporto, sia a parole che con gli opportuni grafici e figure, che sono assai suggestivi e convincenti. L’illustrazione contenuta nel Rapporto mette infatti a confronto i benefici della sanità integrativa, ove venissero a sostituire la spesa privata out of pocket (OoP)[3] (vedi Figura 1).

La bilancia sulla destra evidenzia il costo medio della spesa out of pocket, che risulta di 654,89 €, entità che viene tuttavia ridotta, grazie ai benefici fiscali di cui si giova (124,43€), a 530, 46€.

Tale spesa, se invece fosse intermediata da Polizze sanitarie o dai Fondi integrativi, come proposto dal Rapporto e poi sviluppato in una serie di ipotesi finanziaria per il totale della popolazione, assommerebbe a 339,81 €  pro capite effettivamente pagati dall’assicurato e 113,27 € finanziati “indirettamente” dallo Stato in ragione della loro natura di oneri deducibili. Il rimborso medio che si ottiene è di 425,96  a cui poi, il Rapporto afferma, è necessario tener conto di un’ulteriore decurtazione di 96,52 €  derivante dal contenimento del costo delle cure private per effetto della negoziazione delle tariffe delle Strutture Sanitarie e/o dei medici convenzionati attuata dalla Compagnia Assicurativa o dal Third Party Administrator del Fondo Integrativo! Il vantaggio medio sarebbe quindi 243,13 €, come indicato anche nella recente dichiarazione al Corriere della sera?

Il Rapporto ci spiega, a commento di tale suggestiva immagine, che:  “… sulla base delle simulazioni condotte, la scelta di sottoscrivere una Polizza Sanitaria o di aderire ad un Fondo Integrativo risulta decisamente più conveniente per il cittadino rispetto al pagamento di tasca propria delle cure private”.

Questo confronto fra spesa out of pocket e sua benefica sostituzione con Polizze e Fondi sanitari si basa su tre presupposti, ovvero su tre affermazioni, completamente false.

  1. La prima affermazione è che nelle attuali Polizze assicurative e Fondi sanitari siano mediamente comprese le prestazioni che il cittadino si paga out of pocket. Ma scherziamo?
    La spesa privata, valutabile a 39.680 milioni di euro (escludendo 3.362 milioni che vengono “restituiti” dallo Stato sotto forma di detrazioni fiscale), ha questa composizione[4]:
  • 1.310 milioni sono relativi all’acquisto di farmaci di fascia A, virtualmente a carico del Ssn, ma che i cittadini acquistano in autonomia per loro volontà (3,3%)
  • 1.500 milioni sono destinati alla compartecipazione della spesa per i farmaci, ma di questi un miliardo viene sborsato per acquistare farmaci brand al posto degli equivalenti (3,8%)
  • 5.900 milioni sono destinati a prodotti omeopatici, erboristici, integratori, nutrizionali, parafarmaci, etc. (14,9%)
  • 5.215 milioni vengono spesi per farmaci di fascia C e di automedicazione, buona parte dei quali sono di efficacia non dimostrata (13,1%)
  • 11.000 milioni (che includono € 1.300 milioni di ticket) sono destinati a visite specialistiche ed esami diagnostici di laboratorio e strumentali, di cui una variabile percentuale del 30-50%, secondo stime internazionali, è inappropriata (27,7%)
  • 8.500 milioni vanno per le cure odontoiatriche (21,4%)
  • 2.255 milioni per l’assistenza ospedaliera (5,7%)
  • 3.000 milioni per la long-term-care ( 7,6%)
  • 1.000 milioni per protesi e ausili (2,5%).Ora voi leggete le offerte assicurative, le polizze, gli accordi che consentono a ormai molteplici categorie di dipendenti di usufruire di Fondi sanitari e spiegatemi da dove ci si può togliere dalla testa che questi “prodotti” sopra elencati, che compongono appunto la spesa out of pocket mostrata nella bilancia, siano offerti, mediamente, ai potenziali “neo mutuati”? I farmaci acquistati per loro volontà, compresi in fascia C? Integratori nutrizionali e omeopatici? La long-term care? Le cure odontoiatriche di qualsiasi tipo, anche la pulizia dei denti (compresa, ovviamente, nella spesa out of pocket)? 

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Il corpo dei lavoratori: per una svolta nella politica della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

Pubblichiamo questa nota di Mauro Valiani sullo stato dell’arte rispetto alle politiche in materia di salute e sicurezza nel lavoro.

Anche grazie agli interventi di una iniziativa organizzata da gruppi e partiti della sinistra organizzata a Calenzano (Fi) nel giugno 2018 (1), si cerca con questa nota di produrre una sintesi che possa essere di un qualche interesse per la prosecuzione della discussione e soprattutto per azioni politiche e sociali da sviluppare ai diversi livelli in cui il tema deve essere affrontato. Il testo attinge anche a numerosi contributi e stimoli emersi negli ultimi tempi.

IL CORPO DEI LAVORATORI
per una svolta nella politica della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

Una guida per misurare le disuguaglianze sociali in salute

FONTE AGENZIA SANITARIA E.R.
Online il rapporto “Analisi delle condizioni socio-economiche e salute in Emilia-Romagna attraverso l’uso integrato di dati”

Come misurare oggi le disuguaglianze sociali in salute in Emilia-Romagna?

Il rapporto “Analisi delle condizioni socio-economiche e salute in Emilia-Romagna attraverso l’uso integrato di dati” appena pubblicato offre una risposta nell’ambito dell’uso epidemiologico di dati già esistenti e fornisceindicazioni operative per valorizzare in modo efficiente l’uso integrato dei dati del Sistema informativo sanitario e quelli della Statistica ufficiale.

Grazie a una carrellata su alcune applicazioni sviluppate negli ultimi anni dall’Agenzia sanitaria e sociale, il documento illustra un sistema per monitorare gli effetti delle disuguaglianze sociali sulla salute, che può essere applicato a livello regionale e locale ed è coerente con le metodologie sperimentate in ambito italiano.

Il rapporto si rivolge agli operatori del Servizio sanitario regionale che possono utilizzare gli approcci delineati per effettuare analisi e/o svolgere attività di sorveglianza delle disuguaglianze in salute, tramite la valorizzazione dei dati su salute, uso dei Servizi e i loro determinanti sociali e demografici.

Un esempio di massima integrazione di dati per il monitoraggio delle disuguaglianze di salute descritto nel rapporto è rappresentato dallo Studio longitudinale emiliano (SLEm), che si colloca in una rete di analoghi studi italiani. Applicato a Bologna, Modena e Reggio Emilia, lo SLEm permette di seguire nel tempo coorti di residenti nei comuni in studio, analizzando gli esiti di salute in relazione a caratteristiche socio-demografiche tratte dal censimento. I dettagli sulla rete nazionale e le sue prime applicazioni sono riportati nell’articolo “Cohort profile: the Italian Network of Longitudinal Metropolitan Studies (IN-LiMeS), a multicentre cohort for socioeconomic inequalities in health monitoring” recentemente pubblicato sulla rivista BMJ Open. 

 

 

Se la Sinistra si fa Destra. Il caso Toscana

 Fonte:  Saluteinternazionale che ringraziamo

di Gavino Maciocco

La Toscana è diventata un laboratorio perfetto per affondare in poche mosse il servizio sanitario pubblico. 1. Promuovere lo sviluppo del “secondo pilastro” assicurativo. 2. Definanziare il servizio sanitario regionale. Renderlo inefficiente e caotico. 3. (Semi)privatizzare gli ospedali pubblici.


Lo scorso 4 marzo, il giorno delle elezioni politiche, diversi milioni di elettori di sinistra non si sono sentiti rappresentati dai tradizionali partiti di riferimento e gli hanno voltato le spalle, rivolgendosi ad altri o astenendosi dal voto.  Quei partiti di riferimento avevano cessato di rappresentare non solo i loro interessi materiali, ma anche quelli ideali, come i principi di eguaglianza e di giustizia sociale. Interessi e principi che sono stati accantonati (e in certi casi sbeffeggiati) per essere sostituiti con quelli tipici del mercato (e della Destra), come è successo nelle politiche del lavoro, dell’istruzione e della scuola, e del welfare – inclusa la sanità.

Al riguardo, in un recente post La salute sostenibile avevamo scritto:

Della sanità italiana, del destino del servizio sanitario nazionale, del diritto alla salute sempre più sotto scacco, è necessario parlare e discutere apertamente. Per un dovere d’informazione e di verità e per vincere quel senso di rassegnazione e d’impotenza che attanaglia gli abitanti della società liquida di Bauman dove “privazioni e sofferenze sono frammentate, disperse e diffuse; e così il dissenso che producono. La dispersione del dissenso, la difficoltà di concentrarlo e ancorarlo a una causa comune, per poi dirigerlo contro un colpevole comune, rende le pene ancora più aspre” (Vedì articolo La sanità liquida). Così oggi è disperso – per la mancanza di una rappresentanza politica o sindacale – il dissenso dei milioni di persone che  hanno enormi difficoltà ad accedere al Servizio sanitario nazionale e che alla fine rinunciano a curarsi per motivi economici, per gli infiniti tempi di attesa, per l’eccessiva distanza da un luogo di cura.

Privi di una rappresentanza dei loro bisogni e delle loro sofferenze, questi milioni di persone è più facile che si imbattano in qualcuno che gli spiega che la colpa è del “sistema”, un sistema ormai insostenibile: a causa dell’invecchiamento della popolazione, del costo crescente di farmaci e tecnologie, dell’aumento della spesa sanitaria non compatibile con la stabilità finanziaria. La spiegazione va oltre la definizione del problema e punta direttamente alla sua soluzione:  trovare altre fonti di finanziamento, un altro pilastro, attraverso un sistema assicurativo e i fondi sanitari integrativi. Se, chi può, in base al reddito, ricorre ad un sistema parallelo, alleggerisce il carico di prestazioni che il Ssn deve erogare, che si potrà così orientare verso chi non può permettersi un’assicurazione.

Su questa posizione tipicamente di Destra, che punta a liquidare il Servizio sanitario nazionale per sostituirlo con un sistema basato su mutue e assicurazioni private, si è accodata la Sinistra, anche quella che nell’immaginario collettivo appare la più Rossa di tutte, quella Toscana. Nell’immaginario, appunto, perché nella realtà la Toscana è diventata un laboratorio perfetto per affondare in poche mosse il servizio sanitario pubblico.

Prima mossa. Promuovere lo sviluppo del “secondo pilastro” assicurativo.

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Presentato il Rapporto Osservasalute 2017

FONTE REGIONI.IT

(Regioni.it 3368 – 20/04/2018) Piccoli passi avanti  sugli stili di vita, aumenta la pratica sportiva, ma aumentano anche gli obesi e non diminuiscono i fumatori. Sono questi alcuni dei dati che emergono dal  “Rapporto Osservasalute 2017”. 
In Italia si osservano livelli di cronicità e non autosufficienza tra gli anziani superiori alla media europea, a farne le spese sono soprattutto le donne. Non a caso l’Italia è addirittura 15esima tra i paesi dell’Unione Europea per speranza di vita alla nascita senza limitazioni fisiche. Persiste il divario Nord-Sud, con ricadute anche gravi sulla salute degli italiani lungo lo Stivale, come si vede anche dall’ampia disparità in Italia sulla capacità di prevenire e curare alcuni tipi di tumore. Tali criticità si registrano soprattutto in alcune regioni del Centro Sud.

[Osservatorio Nazionale sulla salute nelle Regioni Italiane] Rapporto Osservasalute 2017 – 19.04.2018

Salute:in Italia piu’ consumatori alcol;numero fumatori costante

Salute: cresce consumo antidepressivi; suicidi stabili

Salute: Iss, fallimento Ssn nel ridurre differenze spesa

Tumori: progressi ma piu’ donne con quello polmonare (+1,6%)

Salute: nel 2016 piu’ obesi ma leggero aumento di chi fa sport  

Salute: speranza vita senza limitazioni tra le piu’ basse in Ue

VACCINI. MODESTA MA PROGRESSIVA RIDUZIONE COPERTURA PER OBBLIGATORI

Fondazione Gimbe: come dare futuro al Servizio Sanitario Nazionale

Fonte Regioni.it

 

(Regioni.it 3335 – 02/03/2018) Nel corso della tredicesima conferenza nazionale della Fondazione Gimbe ‘Salute prima di tutto, sanità per tutti’, si è fatto il punto sul possibile ‘piano di salvataggio’ per il Servizio Sanitario Nazionale.
Secondo le stime della Fondazione GIMBE nel 2025 serviranno almeno 210 miliardi di euro per mantenere la qualità pubblica dei servizi offerti in sanità. E’ stata calcolata una spesa pro-capite di 3.500 euro, indicando questa come una stima prudente in quanto al di sotto della media OCSE del 2013.
Sono stati posto in evidenza i diversi problemi che affliggono ancora la sanità: dall definanziamento alle diseguaglianze territoriali, dalla mobilità territoriale alla spesa privata, dai ticket alle addizionali regionali.
Ecco i 12 punti del “piano di salvataggio” proposto dalla Fondazione GIMBE:

Travailleurs migrants et accès aux soins de santé : quelle est l’influence de l’admissibilité aux soins sur la trajectoire de la santé au travail ?

 

Pathways to Healthcare for Migrant Workers : How Can Health Entitlement Influence Occupational Health Trajectories ?
Rutas hacia la salud de los trabajadores migrantes : ¿cómo el derecho a los servicios de salud influencia en la salud ocupacional ?
Jill Hanley, Sylvie Gravel, Katherine Lippel et Jah-Hon Koo

RESUME’

Cet article présente les résultats d’une étude exploratoire sur l’accès aux services de santé des migrants à statut précaire. Une enquête a été menée auprès de 211 hommes et femmes migrants, et parmi ceux-ci, 31 ont été retenus pour un entretien en profondeur. Pour cet article, nous présentons les résultats concernant 78 travailleurs comprenant ceux recrutés en tant que travailleurs (travailleurs étrangers temporaires) ou qui n’ont pas d’accès au filet de sécurité sociale et doivent habituellement travailler (les sans-papiers). Une revue de la littérature est présentée, reliant le statut migratoire à l’accès aux soins de santé et aux problèmes de santé au travail. Nous présentons la méthodologie et ensuite les résultats qui décrivent les réseaux sociaux auxquels les travailleurs migrants ont recours pour répondre à leurs préoccupations en matière de santé, comprenant notamment les professionnels du Québec, et des ressources transnationales en santé. Ces résultats pourront être utiles aux professionnels de la SST pour comprendre certains obstacles auxquels font face les travailleurs migrants ayant subi un accident du travail ou une maladie professionnelle. Les difficultés d’accès aux soins de santé peuvent-elles compromettre le recours des travailleurs migrants victimes de lésions professionnelles ?

Quelle vulnérabilité des travailleurs européens face aux conditions de travail dégradées ?

 FONTE MIROIR SOCIAL 

JANV262018

Les mutations organisationnelles et technologiques engendrent des risques de dégradation des conditions de travail susceptibles d’affecter le bien-être et la santé des travailleurs. Le projet INGRID, financé dans le cadre du programme européen Horizon 2020 pour la recherche et l’innovation, développe de nouvelles méthodes pour mieux identifier les travailleurs qui font face à ces risques.

À partir de données recueillies entre 1995 et 2015 pour les quinze pays fondateurs de l’Union européenne, ces 4 pages dressent le portrait des travailleurs les plus vulnérables au cumul de conditions de travail dégradées et illustrent les différences entre pays européens.

Si, dans l’ensemble, ces pays se caractérisent par des niveaux de vulnérabilité stables, certains (dont la France et la Belgique) observent une hausse constante de la vulnérabilité. De plus, les CDD, le travail indépendant et les petites entreprises (1 à 9 salariés) sont associés à une plus grande vulnérabilité des travailleurs.

La salute

L’Istat ci informa che il 23,3 per cento della spesa sanitaria è ormai a carico delle famiglie. Risultato: secondo una stima, non contestata da nessuno, 12 milioni di italiani (soprattutto nelle fasce sociali più fragili e deboli) non si curano più. Perchè tra ticket e superticket, analisi a pagamento non sono in condizione di fare fronte alle spese relative. Sicché un diritto fondamentale, come quello alla salute, tende a dipendere sempre più dal possesso, o meno, di una carta di credito.

Pierre Carniti

Cosa può fare il medico per ridurre le disuguaglianze in sanità? La FNOMCeO presenta il Manifesto per l’Equità della Salute

FONTE DORS.IT

Nadia Coggiola, Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva, Università degli Studi di Torino

 

Lo scopo è quello di fornire linee guida per indirizzare l’operato del medico e dei sistemi sanitari verso l’eliminazione della disuguaglianza in sanità. Alcune riguardano la formazione, la partecipazione attiva nella condivisione di informazioni ed esperienze e la collaborazione con gli altri settori; ad esse si aggiungono suggerimenti specifici per gli operatori delle cure primarie. L’equità nell’accesso alle cure è principio fondante del nostro Servizio Sanitario Nazionale e informa tutto il Codice di Deontologia Medica. Per esempio, l’articolo 3 prescrive al medico di agire “senza discriminazione alcuna, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera”. L’articolo 5 è dedicato proprio alla Salute Globale, e raccomanda che “Il medico, nel considerare l’ambiente di vita e di lavoro e i livelli di istruzione e di equità sociale quali determinanti fondamentali della salute individuale e collettiva, collabora all’attuazione di idonee politiche educative, di prevenzione e di contrasto alle disuguaglianze alla salute e promuove l’adozione di stili di vita salubri, informando sui principali fattori di rischio”.

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AUMENTA LA POVERTA’

 

FONTE  BLOG-LAVOROESALUTE 

Aumento della povertà: in Italia i poveri sono 10,5 milioni. I dati italiani – Stando ai dati del 2016 i primi 7 miliardari italiani posseggono una ricchezza superiore a quella del 30% più povero dei nostri connazionali. L’1% più ricco del Belpaese può contare su oltre 30 volte le risorse del 30%più povero e 415 volte quella del 20% più povero della popolazione. Per quanto riguarda il reddito tra il 1988 e il 2011, il 10% più facoltoso ha accumulato un incremento di reddito superiore a quello della metà più povera degli italiani.

povertà1

Nel mese di dicembre 2017 l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea (Eurostat) ha comunicato i dati sulla povertà in Europa, confermando un dato che vediamo spesso anche a Niguarda e nel IX Municipio del Comune di Milano. Basta percorrere nel  pomeriggio le strade in cui si tengono i mercati del nostro quartiere per vedere persone che passano prima degli addetti dell’Amsa, con un coltellino in mano, a raccogliere e mondare parti di frutta e verdura scartata dai commercianti. Ancor più evidente è la povertà se si passa da Viale Monza (MM Villa San Giovanni) dove c’è l’Associazione Pane Quotidiano che ogni giorno offre, gratuitamente, cibo alle fasce più povere della popolazione, distribuendo generi alimentari e beni di conforto a chiunque si presenti presso le proprie sedi e versi in stato di bisogno e vulnerabilità, senza alcun tipo di distinzione, alla sede della Caritas o di altri enti.

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