“Morti e produttività, rovesciare il ragionamento”. Il domenicale di Controlacrisi, a cura di Federico Giusti

Fonte Controlacrisi.org

La mattanza continua, le statistiche degli infortuni e delle morti, delle malattie professionali contratte nei luoghi di lavoro andrebbero aggiornate di giorno in giorno. 1,67 morti al giorno, è questa la percentuale stando alle statistiche ufficiali che poi in fatto di salute e sicurezza sono sottostimate. Non si tratta di applicare normative di legge perchè queste normative sono facilmente aggirabili e chi dovrebbe vigilare (gli ispettori asl) sono in numero insufficiente da anni, anzi hanno organici cosi’ risibili da effettuare ormai solo controlli a campione.


La lotta contro il lavoro, e a solo vantaggio del capitale, è stata sostenuta con tenacia negli ultimi 30 anni, lustri nei quali ogni legge approvata, ogni accordo sindacale sottoscritto, è andato nella direzione auspicata dai padroni.
Il Jobs act, la revisione Fornero dell’art 18 , il voucher, il lavoro gratuito non hanno prodotto occupazione stabile anni i contratti a tempo determinato continuano a imperversare, cresce l’interinale e nel frattempo i morti e gli infortuni sui luoghi di lavoro continuano imperterriti, la notizia è relegata alla cronaca locale di qualche giornale per poi scomparire.
I processi poi sono cosi’ lunghi e tortuosi che in molti casi arriva la prescrizione invece della condanna a carico del datore di lavoro inadempiente. Ma spesso a essere condannati sono gli anelli deboli della filiera della sicurezza, i meri esecutori di ordini e non chi ha deciso gli appalti\lavori al ribasso e la inosservanza effettiva delle normative.
La precarietà contrattuale e salariale va allora di pari passo con gli infortuni, le malattie e le morti sul lavoro, non si combatte la mattanza se cediamo a logiche confindustriali come accaduto con l’accordo sulla rappresentanza (gennaio 2014), sui salari (2018) per non parlare poi del diritto di sciopero e dei contratti nazionali siglati negli ultimi due anni che scambiano aumenti salariali con i bonus e misure di previdenza e sanità integrativa.
Aborriamo l’ipocrita cordoglio istituzionale e le lacrime di coccodrillo ai funerali, non serve qualche sciopero rituale ma invertire la marcia giorno dopo giorno, ripristinare e rafforzare non solo le sanzioni ma le pene e i processi penali, le interdizioni, a carico dei veri responsabili delle morti e degli infortuni, evitiamo di abbassare i costi degli appalti perchè la salute e la sicurezza non sono optional o variabili dipendenti da sacrificare sull’altare della crisi. Chi ha inquinato per anni in Italia dovrebbe essere colpito con la requisizione e la nazionalizzazione delle sue proprietà, esistono decine di siti da anni inquinati a costituire una minaccia non solo per l’ambiente ma per la nostra salute e sicurezza(ci sentiamo minacciati dai problemi reali e non dalla presenza di migranti). Invece di pagare gli interessi del debito (ai quali viene indirizzata gran parte della ricchezza prodotta) dovremmo utilizzare i soldi per le bonifiche.
E a partire da queste elementari considerazioni (che tuttavia determinerebbero una catarsi sindacale all’insegna del conflitto) ci colleghiamo al mantra della produttività, luoghi comuni declinati ogni giorno come pietre miliari di una campagna martellante a solo vantaggio degli interessi capitalistici
Il tracollo finanziario del 2007-2008 è ancora oggi analizzato solo dal punto di vista del calo produttivo ed occupazionale tanto da far parlare di una seconda Grande Depressione dopo quella dell’ormai lontano 1929. Ma quella depressione venne documentata da intellettuali comunisti (e per questo partì contro di loro una feroce caccia alle streghe) che ne evidenziarono i disastri sociali, la crisi del 2007\8, eccezion fatta per poche e isolate voci, è stata riletta solo dal punto di vista capitalistico omettendo la devastazione sociale che ha colpito le classi meno abbienti, quanti sono stati ridotti sul lastrico, cacciati di casa, senza un lavoro o un reddito.

Il reddito nazionale raggiunse il suo apice nel 2006, tre anni dopo era inferiore del 5%, nell’arco di 4\5 anni ha recuperato il gap e ormai da anni ha superato la crisi . Al contrario, in Italia, sono serviti 10 anni per ritornare , e superare di poco, i livelli ante crisi.
Il capitalismo Usa ha superato in fretta le difficoltà quando nel 1929 furono necessari dieci anni e il ricorso neokeynesiano alla guerra .
Ma il parametro di confronto continua ad avvenire in termini errati, si intepreta l’economia solo dal punto di vista della produttività del lavoro dimenticando gli investimenti statali, la spesa sociale, la spesa sanitaria e per l’istruzione e il loro effetto benefico sulla crescita del Pil. E’ ormai consuetudine leggere i dati economici solo dal punto di vista del capitale o per favorire, in Italia come nel resto dei paesi, politiche fiscali a solo vantaggio delle imprese. Non a caso, sempre negli Usa, sotto accusa è la politica di Obama in ambito sanitario, quella legge destinata alle cure di quanti ormai erano cosi’ poveri da non potersi permettere una assicurazione sulla salute. La produttività del lavoro elevata a mantra determinerà scelte ancora piu’ radicali in ambito liberista, contrazione dei salari e delle pensioni, riduzione dello stato sociale e aumento degli infortuni e delle morti sul lavoro.

Se vogliamo tutelare la nostra salute mentale, proviamo almeno a leggere le dinamiche economiche e sociali in materia diametralmente opposta ai padroni e ai loro lacchè. Basta parlare di produttività, di morti bianche, ripristiniamo i termini giusti per descrivere la guerra del capitale contro i lavoratori