Ma come abbiamo fatto ?

Un altro giovane lavoratore precario ha perso la vita cadendo durante la riparazione di un tetto di un’azienda di Castelfiorentino.

Dolore infinito della famiglia e amici. Fa nuovamente pena leggere queste notizie. E fa riflettere. Un aspetto che molto colpisce e che dovrebbe veramente collocare appieno questo ‘evento’ nella ‘storia’ della zona empolese-valdelsa e della Toscana – pur terra di grandi e gloriose conquiste del lavoro nei decenni passati – è apprendere che è avvenuta una ripetizione dello stesso infortunio, nello stesso luogo, con la morte di un altro lavoratore, alcuni anni fa.

Non valgono nulla i protocolli d’intesa, non valgono nulla le discussioni politiche su chi fa il capo di che cosa, non valgono nulla le discussioni sullo sviluppo locale, non valgono nulla i dibattiti esoterici sull’industria 4.0, non valgono nulla le ‘magnificenze’ sull’alternanza scuola-lavoro.
Non valgono nulla se non denunciamo tutti i giorni il declino, il degrado complessivo delle condizioni di lavoro. Ma come abbiamo fatto a permettere che tanto lavoro diventasse in questi anni sempre più penoso, come, ad es., quando in molti luoghi di lavoro, a parità di mansione, ci sono differenti trattamenti di paga e diritti?

Troppi sono i lavoratori, soprattutto del mondo della microimpresa, che pur di avere un lavoro devono adattarsi ad ogni condizione.
Pezzi di ‘nuda vita’, individui che si arrangiano a tirare avanti, ai margini e spesso all’esterno di ogni contrattazione collettiva, lontanissimi da ogni rappresentanza e istituzione.

Pseudo micro-imprenditori, spesso anch’essi sull’orlo di una crisi, che vanno alla ricerca del minor costo di ogni servizio, senza altre preoccupazioni. Questa è tanta parte delle condizioni di lavoro oggi. Ci dicono che oggi è il tempo degli uomini guidati dagli algoritmi, ma è pur rimasto il bisogno di uomini che lavorano con le mani in luoghi infernali!

Un dato significativo è quello che riguarda gli incidenti con esito mortale (+10,1%, nel 2018, in Italia, rispetto all’anno precedente), soprattutto quando si utilizzano mezzi di trasporto per lavorare.
E non dimentichiamoci le malattie da lavoro e il relativo fenomeno, non conosciuto ma importante, dell’accorciamento del numero di anni di vita sana dei lavoratori. Le piccole imprese costituiscono una grossa fetta del tessuto produttivo italiano e la gran parte di quello toscano.

Qui il tasso d’incidenza infortunistico – come si rileva dai rapporti dell’INAIL – è più elevato.
Le famose flessibilità nel mercato del lavoro introdotte negli ultimi vent’anni non sembrano aver reso più competitivo il cosiddetto sistema-paese, quanto spinto la forza lavoro nei meandri dei bassi salari. Alberga ancora l’idea malsana che la sicurezza nei luoghi di lavoro sia un balzello che riduce i margini di competitività delle imprese: e in questo concetto si raccoglie, nella sua tensione di riduzione dei costi, un complesso di fattori che incidono più o meno direttamente sulla sicurezza dei lavoratori, sui quali nessuno dei recenti governi – compreso l’attuale – si è sognato di intervenire.
Sono stati capaci di fare leggi rischiogene come lo sblocca cantieri e, nell’ultima legge di bilancio, di ridurre il costo del lavoro con il taglio delle tariffe dei premi INAIL con effetti di riduzione su rendite e indennizzi per lavoratori infortunati e superstiti. Vergogna!
Anche la Toscana, con una storia di importanti esperienze istituzionali e sociali sul tema salute dei lavoratori, attraversa, come tutto il nostro paese, una fase di notevole criticità circa le condizioni lavoro. Inoltre, i servizi pubblici di controllo e prevenzione nei luoghi di lavoro (come anche quelli per l’inquinamento ambientale) non passano un felice momento, anche in Toscana.

Tra carenze di risorse e di operatori ed un’evoluzione ‘aziendale’ che ha rafforzato una burocrazia del ‘fare numeri’, gli operatori avrebbero bisogno di un rinnovato sostegno al loro impegno di ricerca delle priorità di rischio ed all’importanza del loro ruolo sociale e civile.

Non c’è totale corrispondenza  biunivoca tra “fare prevenzione” e “numero di Unità Locali controllate”.
Da un punto di vista delle condizioni di lavoro dobbiamo convincersi che la media e grande impresa c’entra poco con la microimpresa; ci sono ben diverse strutture organizzative, ruoli e dinamiche relazionali. Qualche hanno fa, nella nostra regione, qualcuno ha acceso un programma di azioni specifiche per la microimpresa, fatte non solo di controlli, ma anche di assistenza e informazione.
Perché non è andato avanti? E inoltre: non sarebbe il caso di superare i programmi di intervento ‘per i cinesi’ e passare ad una revisione e rafforzamento degli interventi di controllo e prevenzione nel complesso di ‘tutta’ la microimpresa?
Lo sappiamo, l’indignazione, da sola, non basta, specie se non riesce a mantenere alto il livello di attenzione. È indubbio che un sistema di controlli più efficace sia una forma necessaria di contrasto agli inadempimenti su prevenzione e protezione della sicurezza dei lavoratori; ma anche questo aspetto, da solo, non impedirà di morire sul lavoro, così come l’esercito nelle strade non ferma la criminalità organizzata.
Ciò che occorre mettere in discussione sono i modi di realizzazione del profitto in un sistema produttivo che compete sull’abbattimento del costo del lavoro, e l’egemonia degli interessi d’impresa, elevati a valori universali. Forse ci vorrebbe anche un altro, moderno, Engels, che, con la sua inchiesta sulla condizione dei lavoratori inglesi di metà ottocento, resta ancora il prototipo
di un grande studio che accende i riflettori e gli animi sulla vita lavorativa di milioni di uomini e donne.
Ce la faremo a cambiare? Se cambierà qualcosa sarà perché il conflitto riprende il suo posto nella dialettica politica del paese. Sarà perché la gente si incazza e il tappo della pentola salta per troppa pressione. Per fare poi politiche differenti, che potrebbero essere fatte per migliorare la vita delle persone comuni.
Torniamo ai rapporti di produzione! Torniamo ai rapporti di produzione!

Empoli, 2 agosto 2019
Mauro Valiani del coordinamento regionale Sinistra Italiana