Cosa non convince dell’inchiesta giudiziaria di Bergamo su Covid 19 ? (1)

In primo luogo non convince la motivazione che l’inchiesta servirà a “fare chiarezza” sugli errori avvenuti nella filiera di comando nella gestione della pandemia. Un’inchiesta giudiziaria non serve a individuare errori eventualmente avvenuti nel fare fronte ad un evento non conosciuto ma a ricercare reati. I reati non sono errori di valutazione quando ci si trova di fronte ad un evento sconosciuto ( la diffusione di un virus, Covid 19, di cui non si conoscevano le caratteristiche nosologiche) ma azioni deliberate di inosservanza di protocolli comportamentali consolidati per dolo o per negligenza, imperizia e imprudenza. Poiché è escluso che vi sia stato dolo in quelle ore drammatiche, gli errori o i dubbi che possono avere avuto i soggetti decisori in campo nell’esercitare il potere non possono essere attribuiti a negligenza, imperizia e imprudenza in quanto non esistevano protocolli certi e sperimentati per un evento sconosciuto come la pandemia Covid 19.

L’indagine giudiziaria chiesta a gran voce dai parenti delle vittime porterà a conoscenze utili ad evitare nel futuro gli errori che probabilmente vi sono stati ai vari livelli nella gestione della crisi pandemica ?

Qualora si arrivasse al dibattimento processuale è palese che la mediatizzazione dell’evento, le enfatizzazioni spettacolari e strumentali di aspetti del dibattito processuale invece di fare chiarezza porterebbero alla polarizzazione tra colpevolisti e innocentisti senza aggiungere un milligrammo in più di conoscenza sui determinanti degli eventuali errori che ci possano essere stati. Il percorso giudiziario, la ricerca e la conquista di una verità processuale, quale che essa sia, assai spesso non coincidono con la conquista di una conoscenza scientifica utile per il futuro per la elaborazione di nuovi protocolli comportamentali corretti dagli errori e dalle incertezze che possono avere caratterizzato ciò che avvenne all’inizio della pandemia.

La perizia del CTU, per quanto è dato conoscere dalla stampa, rappresenta solo un punto di vista e una “mappa” già messa in discussione nella comunità scientifica ove emergono altre rappresentazioni degli eventi. Ad esempio: la definizione all’unità del numero delle vite che potevano essere salvate derivata dall’uso di modelli matematici lascia molto perplessi. Fare riferimento a scenari derivanti da proiezioni di modelli matematici è legittimo purché si dichiari la natura e i limiti degli algoritmi utilizzati. In tutti i casi sarebbe prudente usare sempre il condizionale e la frase di rito “ è verosimile affermare che ….” . Nelle dichiarazioni pubbliche il CTU non utilizza queste prudenziali accortezze ma asserisce con certezza i numeri delle vite che potevano essere salvate con una dichiarazione di fede assoluta nei modelli matematici impiegati…. 1

Questi sono solo dettagli, ma una cosa è certa , in questo caso la perizia è il prodotto non di un gruppo pluridisciplinare di scienziati : virologi, epidemiologi, matematici, analisti dei sistemi organizzativi, ecc ma di una sola persona che, per quanto preparata, non può riassumere in sé tutte le conoscenze necessarie per elaborare una rappresentazione completa della complessità degli eventi accaduti.

Un gruppo interdisciplinare di ricerca incaricato di ricostruire con precisione scientifica un report sugli eventuali errori , sulle incongruenze organizzative, sulle pressioni esercitate da organizzazioni di rappresentanza di interessi economici senza il vincolo della ricerca dei reati ma dei determinanti che hanno generato errori e distonie avrebbe fatto un lavoro , verosimilmente, assai più utile per fare chiarezza.

Quali sono i potenziali rischi derivanti da un processo di questa natura ?

L’altra faccia della luna è rappresentata dal danno prodotto dalla trasformazione in vicenda giudiziaria di un dramma per il quale si dovrebbero trovare altri percorsi per analizzare in profondità ciò che è avvenuto, le criticità strutturali del sistema organizzativo, la mancanza di protocolli e regole adeguate cui fare riferimento nel momento della decisione.

Il paradigma della ricerca della “colpa” e della sua perseguibilità rispetto alla ricerca delle criticità che hanno messo in difficoltà il sistema altera sia la qualità della ricerca sia i risultati finali di tale percorso. Infatti quali saranno le conseguenze del percorso giudiziario ? Si incrementerà per certo un atteggiamento diffuso di rifiuto ad accettare ruoli pubblici di responsabilità ad elevato rischio di sanzioni penali per eventi catastrofici non gestibili con l’ordinaria amministrazione. Per esempio già sindaci, dal comune più piccolo alle città metropolitane vivono da tempo la sindrome dell’apporre la firma ad atti che possono portare , nel caso di eventi avversi, a sanzioni penali per lesioni e/o amministrative per danno erariale.

L’enorme mole di lavoro inquisitorio per la ricerca dei reati porterà, inoltre, all’interno del dibattito processuale una quantità di fonti, dalle chat alle mail ai documenti più disparati che riprodurranno un grande rumore fondo e rischieranno di non aiutare a fare chiarezza su quanto è accaduto.

Per studiare gli effetti delle catastrofi occorre sperimentare qualcosa di nuovo

E’ importante arrivare a comprendere che lo stato , nelle sue articolazioni, deve trovare la possibilità di indagare su eventi disastrosi complessi con strumenti d’indagine di elevata professionalità ai fini della conoscenza senza finire nella trappola del percorso giudiziario che per la sua natura rischia di alterare la rappresentazione delle dinamiche reali degli eventi. Il quesito corretto dovrebbe essere : “ perché è successa la tal cosa ? “ al posto dello stereotipato “ di chi è la responsabilità di quanto successo ? “

Occorre superare il limite dato dal fatto che per ogni evento in cui ci sono vittime e gravi danni economici sociali e ambientali l’unica ricerca legittima sia la ricerca delle responsabilità e dei reati mentre la ricerca sulle disfunzioni organizzative, sugli errori presenti nei protocolli operativi in uso con una ricognizione tesa ad eliminare le anomalie passa in secondo piano. Ci sarà molta strada ancora da percorrere per arrivare ad una Agenzia indipendente di Risk Assessment con autonomia funzionale ed operativa che sarebbe necessaria per ricostruire con competenza e precisione quanto è avvenuto e fornire indicazioni utili per correggere quei protocolli operativi che hanno fatto flop nella fase iniziale della pandemia. Seguiremo questa vicenda passo passo per capire meglio assieme ai lettori quale sarà il percorso che verrà scelto dalla magistratura e dal governo per rispondere in positivo al quesito : cosa fare dopo il Covid per non essere colti di sorpresa da una nuova zoonosi .

Gino Rubini, editor di Diario Prevenzione

 

1 Interessante in tal senso la visione della trasmissione condotta dalla giornalista Lucia Nunziata Mezz’ora in più del giorno 5 marzo 2023