Infortuni sul lavoro. Le relazioni del dottor Kafka

Fonte Volerelaluna  che ringraziamo 

 

Il dottor Kafka e i lavoratori è un imperdibile libricino edito da Stradebianche/Millelire in cui Vincenzo Cottinelli, già magistrato, impegnato negli anni ’70 e ’80 del Novecento nel settore della sicurezza sul lavoro, propone e commenta alcune sferzanti relazioni di Franz Kafka, in cui vengono descritte le condizioni di sfruttamento dei lavoratori all’inizio del secolo. Già, perché Kafka, il grande scrittore de La metamorfosiIl processo e Il castello, era, di mestiere, il rigoroso responsabile dell’Ufficio legale dell’Imperialregio Istituto delle Assicurazioni per gli infortuni sul lavoro del Regno di Boemia. Libricino attualissimo e prezioso che descrive e smaschera l’ignoranza e il cinismo degli imprenditori che rifiutano o rimuovono i dispositivi di sicurezza degli impianti e la complicità delle istituzioni che favoriscono le loro lobbies: un ritratto del padronato austroungarico che non si discosta di molto da quello attuale del nostro Paese (che vanta un triste primato in tema di omicidi bianchi). Ennesimo merito di Marcello Baraghini, editore eclettico e rivoluzionario, refrattario a ogni regola di mercato, che ha scelto – cosa unica nel panorama italiano – di immettere i suoi libri in rete «leggibili, scaricabili e diffondibili gratuitamente dal sito di Strade Bianche, per riproporsi poi su carta, 4 titoli alla volta, grazie alla complicità dei lettori per la diffusione militante e per la ricerca di nuovi testi provocanti». Il testo integrale del libro è scaricabile al link: http://www.stradebianchelibri.com/cottinelli-vincenzo—il-dottor-kafka-e-i-lavoratori.html

 

La sera del 29 settembre 1910 l’Hotel Geling della cittadina di Gablonz sul fiume Neisse è gremito di industriali e artigiani, dai più grossi produttori di cristallerie, ai fabbricanti di strass, ai carpentieri e carradori: parla il dottor Kafka, dell’Istituto per gli infortuni sul lavoro del Regno di Boemia, che ha sede a Praga, su invito della locale Associazione industriale. C’è tensione e aspettativa, perché da poco più di un anno il Ministero dell’Interno ha reso obbligatoria la tenuta dei libri paga e, come se non bastasse, l’Istituto assicurativo pretende anche di rivedere le categorie di rischio disponendo ispezioni nelle fabbriche (il dottor Kafka è qui proprio per questo); l’accertamento esatto di paghe e rischi può determinare un giro di vite contributivo.

Vediamo come il cronista racconta la serata nella prima pagina del Gablonzer Zeitung del 2 ottobre:

«Il dottor Kafka ha illustrato i vantaggi dell’assicurazione per gli infortuni in generale, ma in special modo per le fabbriche di strass, i cui rischi, forni e molatrici, esalazioni di piombo e polveri di silicio, sono ben noti. II relatore ha poi sottolineato la necessità della massima correttezza e precisione da parte delle aziende nella compilazione del questionario sui rischi, per evitare errori nella classificazione, d’altra parte sempre possibili per un istituto impegnato in una mole di lavoro enorme (già 37 mila aziende riclassificate) e perciò costretto ancora a basarsi, in parte, per l’individuazione dei rischi, sui pareri tecnici degli imperialregi ispettori del lavoro. Insomma, dice il relatore, occorre collaborazione, comprensione, dialogo fra gli assicurati e il loro Istituto, il quale non vuole tartassare nessuno».

Il giornalista riassume poi il dibattito che segue, una decina gli interventi, rivelatore dei veri umori della platea. Così riferisce le parole degli imprenditori:

«L’aumento dei contributi non è che un aspetto della insufficiente rappresentanza degli imprenditori in Parlamento, il quale è colpevole dell’emanazione di leggi che gravano pesantemente sulle imprese. […] Senza offesa: gli ispettori del lavoro, teoricamente ben preparati, in pratica lasciano ancora molto a desiderare. […] Gli ispettori prescrivono dispositivi di protezione delle macchine che ne impediscono il funzionamento e che spesso devono essere rimossi dagli operai durante il lavoro. […] Mente e occhi concentrati sul lavoro! Ecco la miglior protezione contro ogni infortunio. […] Ci preoccupano soprattutto i controlli a sorpresa degli ispettori del lavoro; gli imprenditori esigono che l’ispezione nei loro stabilimenti sia preannunciata».

(Sembra di sognare: sono le stesse cose, quasi alla lettera, che si sentono dire oggi in Italia in dibattiti e tavole rotonde, ma soprattutto nelle aule di giustizia, da parte degli imprenditori o dei loro rappresentanti, che lamentano fra l’altro i cosiddetti “blitz ispettivi” da parte di magistrati o ispettori).

Gli ultimi interventi, ammette il cronista, sono piuttosto violenti. La conferenza si chiude in fretta: il dottor Kafka promette di riferire alla Direzione dell’Istituto e se ne va, ringraziato dal presidente dell’Associazione degli Imprenditori.

Le risposte a questi attacchi egli le aveva in testa ben chiare, anzi le aveva già pubblicate più di un anno prima […] ma era inutile esprimerle in quella sede: gli industriali riottosi le avrebbero constatate nei fatti.

Le Relazioni di Franz Kafka, pubblicate nel 1988 da Einaudi nella nuova collana “Saggi brevi”, a cura di Michael Mueller, sono […] di grande interesse attuale, oltre che occasione di incontro con un Kafka “di ufficio” finora intravisto solo di scorcio in frammenti o annotazioni biografiche. Sono relazioni con cui Kafka riferisce sul proprio lavoro (elaborazione delle richieste di risarcimento degli infortunati, negoziazione con gli imprenditori sulla categoria di rischio, analisi delle statistiche degli infortuni). Ma data la sua bravura Kafka fu anche incaricato per molti anni di compilare la relazione ufficiale annuale dell’istituto assicurativo e fu messo a capo dell’ufficio legale. Come vede Kafka le condizioni dei lavoratori e in particolare gli infortuni sul lavoro? Leggendo sia queste Relazioni che altri suoi scritti sul tema, ci si imbatte in immagini anche letterariamente intensissime:

«Sapessi che cosa mi tocca fare! Nei quattro distretti di mia competenza… la gente cade come ubriaca dalle armature, precipita dentro alle macchine, tutte le travi si ribaltano, tutte le scarpate si sgretolano, tutte le scale scivolano, ciò che si manda in alto precipita, e si cade dietro a ciò che si fa scendere. E quelle ragazze che nelle fabbriche di porcellane si buttano continuamente sulle scale con pile di stoviglie ti fanno venire il mal di capo» (Lettera a Max Brod, estate 1909). Non è un’immagine comica […], ma semmai di forte satira, perché Kafka ben conosce (Relazioni, pp. 75, 80) le statistiche degli infortuni in Boemia e sa bene perché i lavoratori cadono dentro le macchine o precipitano dalle impalcature:

«I ponti usati nella costruzione di edifici spesso non sono costruiti secondo le norme previste. Le assi sono sovente troppo fragili; oppure due assi poco resistenti vengono inchiodate insieme, in luogo di un’asse robusta… le estremità delle assi oscillano sul vuoto prive di qualsiasi appoggio. Gravi irregolarità sono state riscontrate anche nel modo in cui vengono fissati i parapetti dei ponti… (ibidem, p. 117).

Né sfugge alla sua analisi acuta e moderna che il ritmo produttivo, quando è intensificato, costituisce una «fonte di accresciuti rischi» (ibidem p. 108). […]

Negli ultimi cinque anni, nel Regno di Boemia, 600 fra lavoratori del legno e colleghi del suo amico falegname hanno subito orrende mutilazioni alle mani, solo a causa di fresatrici e piallatrici meccaniche non protette. Kafka, poiché l’Istituto deve intervenire energicamente, si fa carico della questione. E lo fa con le due Relazioni degli anni 1909-1910, dense di dati tecnici, corredate di illustrazioni efficaci e raccapriccianti, sorrette da logica rigorosa. Su queste macchine, dice la Relazione del 1909

«Un operaio oltremodo prudente poteva certo fare attenzione affinché lavorando, ossia facendo scorrere il pezzo di legno… le falangi non sporgessero oltre il pezzo in lavorazione. II pericolo di fondo, tuttavia, si faceva beffe di ogni cautela. Anche la mano dell’operaio più prudente, non poteva non andare a finire nella fessura della lama se il legno scivolava o rimbalzava all’indietro. Un incidente del genere però non si verificava senza che diverse falangi, o anche intere dita, venissero amputate» (ibidem p. 62-63).

Signori imprenditori di Gablonz, vedete dunque che il pericolo è ineluttabile e i danni irreparabili, “mente e occhi” non servono a nulla, occorrono rimedi oggettivi. E i rimedi ci sono: gli alberi cilindrici e le protezioni, costruiti da ditte di Praga e di Dresda, esposti anche nel piccolo Museo della Prevenzione che i giovani dell’Istituto hanno organizzato in sede. E poi questi dispositivi di sicurezza rendono la macchina più silenziosa e consentono di produrre di più e meglio, cosicché la loro adozione «non deve neppure fare appello alla sensibilità sociale e politica degli imprenditori» (ibidem, p. 62). Ma, mentre in Germania pratica-mente non ci sono più fresatrici pericolose, in Boemia «regna ancora… una parsimonia del tutto fuori luogo» (ibidem, p. 76); alcuni imprenditori, per risparmiare, hanno adattato in qualche modo le macchine, ma ciò determina intasamenti e blocchi e l’operaio deve neutralizzare la protezione. Ma, avverte Kafka, (ibidem, p. 88) l’iniziativa sulle macchine per legno non è che un momento di una più vasta azione per la sicurezza in tutte le categorie industriali: nell’Impero Asburgico si è in grave ritardo perché la sicurezza del lavoro é lasciata alla facoltà degli imprenditori e ovviamente essi scelgono di non accollarsi spese per la prevenzione, ritenendo che basti assicurarsi per gli infortuni (ibidem, p. 89).

Questa, dunque, la verità sui dispositivi «impossibili» e sulle leggi «insopportabili». Quando poi il Governo muove i primi passi verso una legislazione vincolante, gli imprenditori non solo protestano (Gablonz) contro le ispezioni a sorpresa, ma agiscono illegalmente in concreto: per esempio impediscono agli ispettori del lavoro di controllare i ponteggi «facendo sparire prima dell’ispezione le scale che consentono l’accesso» (ibidem, p.117).

Alla concezione gretta e miope dei padroni, Kafka, per conto dell’Istituto, contrappone una visione della prevenzione dinamica e moderna. Lo fa con garbo e ironia, ma con assoluta precisione di analisi. La mobilità e la precarietà dei cantieri sono fattori aggiuntivi di rischio (ibidem, pp.41-42), come lo sono l’aumento dei ritmi di lavoro (ibidem, p. 108), il lavoro notturno, lo straordinario, la scarsa informazione dei lavoratori, l’applicazione di donne e adolescenti a macchine pericolose (ibidem, pp. 110-111), la scarsa manutenzione dei macchinari (ibidem p.112) e la carenza numerica o culturale dei quadri intermedi da cui dipendono informazione e vigilanza (ibidem, p. 113). D’altra parte non vale a giustificare l’aumento di infortuni agli occhi il fatto che i lavoratori siano renitenti all’uso di occhiali o che gli occhiali si impolverino: si deve infatti segregare con griglie la fonte di proiezione delle schegge (ibidem, p.112), si deve aspirare la polvere (ibidem, p.119) e comunque gli occhiali devono essere di tipo idoneo (ibidem, p.120).

Anche qui c’è da restare mestamente incantati: delle questioni esposte da Kafka alcune sono oggi oggetto di specifiche norme di prevenzione varate verso la metà del ‘900; molte rappresentano il frutto della più rigorosa giurisprudenza dei pretori e della Corte di cassazione degli anni Settanta e Ottanta; tutte sono ancora oggi oggetto di tenace elusione e contestazione da parte di molti imprenditori. Con l’aggravante che da noi, a differenza che nell’Impero Asburgico, la tutela della salute e della sicurezza rappresenta un dovere e non una facoltà, almeno fintanto che vige l’art. 41 della nostra Costituzione a far da barriera contro le permanenti tentazioni di deregulation.