SNOP. Nota su “Atto di indirizzo per l’individuazione delle priorità politiche per l’anno 2021” del Ministro della Salute

 

Condividiamo  dal sito della SNOP questa nota di commento al Documento “Atto di indirizzo per l’individuazione delle priorità politiche per l’anno 2021” proprio per sottolineare l’importanza della necessaria ripresa di un confronto sulle politiche di prevenzione.Riteniamo molto equilibrati e condivisibili sia gli apprezzamenti sia gli aspetti critici espressi nella nota al Documento. editor

“Atto di indirizzo per l’individuazione delle priorità politiche per l’anno 2021

a cura del comitato di redazione del sito della Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione  (SNOP)

Segnaliamo la pubblicazione avvenuta il 6 aprile del documento “Atto di indirizzo per l’individuazione delle priorità politiche per l’anno 2021”, firmato dal Ministro Speranza il 23 febbraio.

Il documento ripete e aggiorna quelli che in recenti anni i Ministri della Salute hanno emanato in merito alle attività strategiche del Ministero (per il 2018 la Ministra Lorenzin e per il 2019 la Ministra Grillo). Non è noto un corrispondente Atto per il 2020, quando l’emergenza pandemica ha evidentemente imposto altre priorità…

È comunque una buona notizia che in questa drammatica fase venga emanato un atto di indirizzo governativo in una materia politicamente molto rilevante e rispetto alla quale proprio l’emergenza pandemica ha evidenziato forti criticità.

Ma non è la sola notizia buona perché l’atto:

–          intende riportare al centro la salute, a causa della pandemia, ma anche oltre quella;

–          si occupa con attenzione del Sistema Sanitario, recependo il forte bisogno di prenderne in mano numerosi aspetti – travolti o perlomeno scompaginati dalla pandemia – e la necessità di ridare una strategia per il suo sviluppo;

–          sposa buona parte dei più avanzati obiettivi di salute globale e intende adottarne strumenti e metodi, citando One Health, di salute in tutte le politiche e via dicendo;

–          esprime un forte impegno per affrontare tutti i nodi della salute e della sanità, con la consapevolezza di quali siano le sfide fondamentali, attuali e future;

–          pone in grande rilievo la prevenzione e la promozione della salute, sovvertendo decenni di politica ospedalo-centrica e prestazionale;

–          esplicita un approccio che deve garantire una forte integrazione tra i diversi livelli istituzionali, tra i settori, le discipline, le professioni sanitarie;

–          inserisce, in maniera non disgiunta dalla pandemia, la lotta ai cambiamenti climatici e all’inquinamento tra i “pilastri della tutela della salute”;

–          indica alcune linee di sviluppo della sanità pubblica, che impongono un ripensamento sostanziale (ancorché poco esplicitato) delle risorse, dell’organizzazione, delle priorità.

È vero che su gran parte degli obiettivi si rimanda a iniziative, commissioni, sistemi, piani, tavoli ecc. che sono già in essere o che devono essere solo aggiornati, rinforzati o riavviati, ma la lista degli impegni che il Ministro enuncia appare decisamente estesa: contiamo davvero che si concretizzino e siamo pronti – pur non chiamati – a garantire il nostro contributo.

Alcuni cambiamenti importanti si possono cogliere in questo Atto rispetto ai documenti precedenti e non solo per effetto della pandemia, anche se i principali sono ovviamente dovuti proprio a questa.

Ad una prima lettura, rileviamo un’attenzione maggiore e più convinta verso alcuni determinanti di salute pubblica (gli agenti biologici, quelli chimici, l’inquinamento, la salute urbana, la salute e la sicurezza sul lavoro, la transizione demografica dovuta all’invecchiamento, le malattie croniche non trasmissibili ecc.) e di salute globale (i cambiamenti climatici, le migrazioni, le pandemie, …) che emergono ormai come centrali in qualsiasi ragionamento.

Non possiamo però nascondere diverse delusioni, piccole e grandi, su alcuni temi e approcci.

Alcuni esempi:

–          si sostiene che “nella difficoltà assoluta di una situazione al di fuori di ogni ordinarietà (“inedita e difficilissima”) il nostro SSN … ha dimostrato capacità di reazione” anche grazie ad alcune misure suppletive, ma non intravvediamo, negli indirizzi volti al suo rafforzamento, quegli elementi di revisione (riforma) che riteniamo necessari, ancor più dopo la pandemia;

–          Ci sorprende che non si colga la necessità delle (secondo noi profonde) correzioni da fare e che – pur rimanendo “uno dei primi (SSN) in Europa e nel mondo” (Atto di indirizzo 2018) – non ne siano riconosciuti anche i difetti politici, organizzativi, strutturali che l’emergenza pandemica ha acuito o resi più evidenti;

–          La tenuta del Sistema è attribuita al livello istituzionale e politico, forse dimenticando che gran parte di essa è stata, piuttosto, sostenuta a livello locale dall’impegno del personale (qui dimenticato) che anzi ha operato, specie in una prima fase, in carenza di un adeguato quadro organizzativo e di risorse (si pensi solo ai Dispositivi Medici, ai DPI, alle procedure di sicurezza mancanti o alle direttive assenti per i medici di medicina generale);

–          In un anno di pandemia abbiamo, tutti, parlato dei guai svelati della regionalizzazione del sistema sanitario, ma questo tema è qui ridotto al “cercare di superare la frammentazione nella governance del sistema stesso” e all’ottimizzare il coordinamento tra autorità centrali e regionali;

–          Anche le misure qui prospettate per far fronte alla fragilità del ruolo della medicina generale, apparso invece così importante anche per fronteggiare la pandemia, appartengono più all’ambito quantitativo delle risorse da dedicare (in buona parte per far fronte al turn-over previsto), delle tele-tecnologie e a quello formativo, che a quello delle strategie e dell’organizzazione necessario per costruire una – ormai indispensabile – nuova medicina di famiglia;

–          Il modo in cui sono trattati i flussi informativi lascia poco spazio alla necessità di garantire l’accesso alle informazioni fondamentali per una partecipazione reale dei cittadini, che ha, tra l’altro, portato la nostra associazione a sostenere con forza l’appello #datibenecomune:

–          La stessa impostazione sulla comunicazione, che oltretutto ha vissuto grandi difficoltà in quest’anno di pandemia, ci trova insoddisfatti, soprattutto in merito alla limitatezza delle finalità dichiarate;

–          Le buone notizie relative alla prospettata “riforma strutturale delle politiche, del corpus normativo e dell’assetto istituzionale e strutturale …  per rafforzare sostanzialmente la promozione e tutela della salute e la prevenzione, rispetto a determinanti ambientali e climatici”, sembrano peraltro prefigurare, in proposito, un ruolo solo riduttivo e ancillare della sanità;

–          Importante che l’Atto riconosca alla pianificazione urbana un ruolo decisivo per il nostro futuro anche in termini di salute: ci dispiace che in questo processo il ruolo degli operatori ASL venga confinato alle tradizionali prestazioni “di valutazione della rispondenza ai requisiti igienico- sanitari e di qualità dell’aria indoor degli edifici”;

–          Abbiamo, ovviamente, salutato con soddisfazione la comparsa nel documento di un capitolo relativo alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ma non nascondiamo di averne riportato, purtroppo, forti elementi di insoddisfazione. Condividiamo che la “sicurezza negli ambienti di lavoro [sia] una priorità del Paese” ma per il contributo che deve dare al benessere complessivo, alla tutela della salute dei lavoratori, della popolazione e allo sviluppo civile ed anche economico del Paese, e non unicamente “per la prevenzione di infortuni e malattie professionali”. Lo stesso Piano Nazionale della Prevenzione su questi aspetti e su quelli della programmazione è decisamente più avanzato. Fortunatamente, il PNP prospetta per i Servizi Pubblici di prevenzione ruoli e finalità più ampie rispetto a quelle di una generica vigilanza che, uniche, paiono qui interessare, oltretutto con qualche ambiguità e imprecisione nei riguardi dell’identificazione e dei ruoli delle diverse istituzioni coinvolte. Da ultimo, ci sfugge quali siano gli elementi derivanti dalla emergenza COVID19, che non fossero già evidenti e consolidati, che portano a sottolineare l’esigenza di integrazione a livello aziendale tra le figure datoriali e quelle preposte alla salute e sicurezza dei lavoratori e la necessità di formazione dei medici competenti sul “fronte sorveglianza”;

–          In questo capitolo si scontano la scarsa dimestichezza e i labili collegamenti delle Istituzioni centrali dello Stato con i Servizi territoriali delle ASL e le loro decennali esperienze (ad es. Piani di Comparto, Piani mirati di prevenzione, rapporti con il sistema preventivo di impresa, Protocolli di inchiesta, programmazione basata sui dati di infortuni, malattie professionali, rischi…).

Ci piacerebbe che sui contenuti del documento si potesse avviare un confronto tra i nostri soci e i nostri “lettori”, per contribuire a degli “indirizzi” ministeriali che incontrino effettivamente le esigenze e gli interessi di operatori e cittadini, anche in vista della stesura operativa dei PRP.

La “tempesta” SarsCov2, tra le tante disgrazie, ha almeno avuto il ruolo di evidenziare le tante criticità, che vengono da anni di incuria, ritardi, tagli di risorse, insufficienze pianificatrici, e da un sistema progressivamente sempre più disomogeneo e diseguale; al tempo stesso, si è verificata una certa “riscoperta” dell’importanza delle competenze e della necessità di un assetto sanitario meno frammentato pur se sempre vicino ai problemi delle persone…. insomma, una sanità che sappia funzionare localmente in una logica globale.

Il Presidente della Repubblica ha recentemente parlato di “tempo di costruttori”; noi pensiamo che, anche sul tema della salute e quindi del sistema della salute, ci sia molto da ri-costruire, alla luce delle esperienze non solo recenti, dopo alcuni decenni di ridottissima attenzione ad un diritto fondamentale di tutta la popolazione.

Riteniamo sia corretto parlare di quarta riforma, perché i 3 precedenti provvedimenti normativi, a partire dalla legge 833, riguardano anni lontani, un mondo ed una società profondamente diversi da quelli attuali.

Una riforma che non si sviluppi “lontano dalla gente”, ossia che derivi dall’attivazione di una discussione nazionale, diffusa, che riparta dagli obiettivi, dalla conoscenza delle esigenze vecchie e nuove di tutta la comunità e che non prescinda da una concreta partecipazione popolare all’edificazione di una nuova “casa” della salute di tutti.

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