Cronache da Berlino di Franco Di Giangirolamo – 11 aprile 2021

Street foto Berlin 2019 – foto gierre 

DI CHE PASTA SIAMO FATTI….

Lasciate alle spalle le feste di Pasqua, e lo strascico bizzarro di bufere di neve e sole estivo polare, peraltro unica sorpresa che Marzo ha regalato ad Aprile, Berlin riprende, dopo la monotonia della settimana santa, il suo ritmo lento, da normale “chiusura soffice”.

Pochissime persone con i trolley in mano alle stazioni, a testimoniare il livello quasi zero del turismo interno, un poco più di traffico in Aeroporto per i rientri dall’estero, con certificati di negatività, in gran parte, si sussurra, autentici, file lunghissime davanti ai pochi supermarket dove sono riusciti ad organizzare il servizio di test rapido obbligatorio che consente, se negativo, di accedere al rito sempreverde dello shopping.

Se non fosse per le manifestazioni dei Querdenken (Pensiero obliquo, o laterale, che dir si voglia), che animano, or qui or là, alcune città e per le telenovele sulle vaccinazioni, la monotonia sarebbe ancora più grande e l’unico elemento vitale andrebbe ricercato, nei fine settimana, lungo le rive dei fiumi e nei parchi, dove, anche senza affollarsi, si precipitano in massa cittadini di ogni età, ma soprattutto quei giovani che hanno vissuto con più difficoltà le limitazioni imposte.

Per la verità, non so se il tono triste con cui sto pennellando Berlino sia quello giusto. Non sono sicuro che la situazione che si è creata renda tutti più infelici e che si voglia tutti un ritorno alla vita “normale”. Penso solo al rallentamento delle attività, alla disponibilità di tempo, al fatto che non si vive stressati e “di corsa” e con l’occhio sempre all’orologio, al risparmio non solo di tempo ma di denaro, etc. Mi scuso se, da pensionato garantito nel reddito mensile e con bisogni decrescenti, assegno molta importanza a quei beni immateriali come l’assenza di traffico e di stress, la quiete e la lentezza. Capisco per per molti può sembrare una presa in giro; me ne scuso e ritorno alla dovuta cupezza pandemica.

Il dibattito sulla pandemia è sempre lo stesso: i partigiani dei blocchi totali, brevi ma risolutivi, adducono a sostegno della loro tesi sempre gli stessi argomenti, esattamente come i sostenitori delle aperture; per ogni studio di settore che arriva ad una conclusione ce n’è un altro che arriva a conclusioni esattamente opposte. Gli esperti non sono meno divisi dei politici e tutti vengono strattonati da ogni parte dalle più diverse lobbies, mentre l’opinione pubblica e chi la influenza, i media, chiedono a gran voce? una strategia nazionale unica e qualcuno perfino una centralizzazione delle decisioni e dei poteri in capo al Governo Federale.

Tant’è che il summit di Lunedì, che doveva ridefinire la strategia tedesca per arrivare all’estate, è stato rinviato in quanto i “lavori preparatori”, che avrebbero dovuto evitare le figure barbine dell’ultimo summit, con la Merkel che chiede scusa ai cittadini, non sono maturi. Che significa, in poche parole, che la Cancelleria e i Presidenti delle Regioni non sono stati in grado di mettersi preventivamente d’accordo su molti punti.

Alcuni commentatori teorizzano che la Pandemia ha creato una crisi politica che mina la fiducia tra governati e governanti (come emerge da diversi sondaggi di opinione), e mette in discussione l’assetto istituzionale, crsi pericolosa in una paese nel quale la sicurezza e la performance sono elementi costitutivi del carattere nazionale. Non è un caso se il Presidente della Repubblica Steinmeyer, nel messaggio augurale alla Nazione, appellandosi alla fiducia in se stessi e alla solidarietà, invita a non sentirsi né campioni, né falliti nella lotta contro la Pandemia ma ad impegnarsi per dimostrare “di che pasta siamo fatti!”.

Se non tutti i numeri, almeno un indicatore, quello dei decessi totali, gli da ragione.

In Europa c’è un solo paese che ha avuto un totale di decessi per COVID-19 inferiore a 1.000 per milione di abitanti, ed è la Germania. Al 10 aprile, secondo Worldometers, erano 937 mentre in Italia erano più del doppio, ovvero 1881, in UK 1.864 e in Francia 1.505, negli USA 1.729. Ciò nonostante sia confinante con paesi piuttosto problematici, come Ungheria, Polonia e Rep.Ceca, che hanno rispettivamente registrato la bellezza di 2.407, 1.538, 2.586 decessi per milione di abitanti.

E sul piano politico chi direbbe che la Germania è messa peggio della Francia, che è in affanno nella gestione della pandemia e che vede una crisi profonda della “monarchia repubblicana”, o dell’Italia dove si è dovuto ricorrere alle “riserve della repubblica” per scavallare difficoltà decisamente fuori della portata di governi “ordinari”?

Allora tutto a posto? Niente affatto, prima di tutto perchè accontentarsi del “meno peggio” prelude sempre al peggio, eppoi perchè i fattori che tolgono il sonno a Mutti non sono pochi:

  • l’indice di infezione nazionale è ancora a 120

  • la B.1.1.7, ovvero la variante inglese, è predominante (88% di tutte le nuove infezioni)

  • 4.500 pazienti in terapia intensiva, di cui metà con ventilazione obbligata sono troppi ( in alcune città non hanno letti per ricoverare in terapia intensiva infartuati e incidentati vari)

  • gli operatori sanitari sono insufficienti e allo stremo (la Charitè, la più grande clinica d’Europa ha dovuto rinviare molti interventi programmati). La carenza di personale infermieristico è grave

  • la vaccinazione non ha la rapidità che si desiderava e solo il 5,8% della popolazione è vaccinata con due dosi, mentre con una dose si è arrivati al 14,7%

  • la strategia dei test rapidi non ha ancora prodotto risultati degni di nota.

Sulla campagna vaccinale occorre dire che i tedeschi, dopo aver accettato (malgrèe bongrèe?) la logica europea negli approvvigionamenti, rinunciando meritoriamente al vantaggio relativo di cui avrebbero potuto godere avendo aziende produttrici nazionali, hanno commesso almeno un errore colossale, riprodotto acriticamente e colpevolmente anche dal nostro governo. Si tratta della sospensione della somministrazione di AZ per “motivi di precauzione”, come se non dovesse essere l’EMA a prendere per tutta la UE decisioni di tale rilievo, ma agenzie nazionali, per quanto qualificate, e singoli governi. Una decisione che è stata, non a caso, definita politica, e da cui non potevano che derivare un discredito generale nella campagna e nel sistema di vigilanza vaccinale, il sospetto di voler affossare un vaccino per favorirne altri (non una parola in un mese, sugli effetti collaterali di tutti gli altri vaccini, e ce ne sono!), il discredito sulle istituzioni deputate a garantire la nostra sicurezza fino alla diseducazione al rischio della quale non si sentiva il bisogno in questa fase.

Un esempio di confusione politica è quella offerta dall’orientamento di alcuni presidenti di regione in ordine allo Sputnik V la cui diffusione, come tutti sanno, è temuta da Biden e dalla UE non per motivi scientifici ma geopolitici, visto che perfino i suoi ambasciatori a Mosca si fanno vaccinare con il medesimo. Fatto sta che Markus Soeder, presidente della Baviera e probabile futuro candidato alla Cancelleria, ha siglato un contratto con la specifica agenzia russa per la fornitura di 2,5 milioni di dosi, che verranno consegnate non appena l’EMA lo autorizzerà. Non solo ma si impegna a favorire la produzione di altre 2,5 milioni di dosi negli stabilimenti di una azienda bavarese a Illertissen. Tattica elettorale? Ha visto Crozza che imita De Luca? In ogni caso, il Ministro della sanità del Mecklenburg-Pomerania ha contrattato 1 milione di dosi Sputnik V allo stesso modo, mentre in Bradeburgo, Renania-Palatinato, Turingia, ci si sta dando da fare per andare sulla stessa strada.

Concludendo, che si navighi a vista non è una impressione personale. La Fondazione Bertelsmann, in una indagine di opinione recentissima, rileva, tra l’altro, che il 30% degli intervistati ritiene che qualcosa stia andando storto, che i politici non agiscono correttamente e che non sono convinti di poter dare una risposta alla pandemia. La Fondazione conclude che la società tedesca è ad un bivio.

Personalmente, resto ottimista e condivido chi pensa che un virus ci può piagare, ma non piegare.

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