VARIANTE INGLESE. Cronache da Berlino – di Franco Di Giangirolamo 14 gennaio 2021

VARIANTE INGLESE.

Sì, proprio quella sequenziata nell’ottobre scorso da tre giovani ricercatori del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologia della UNIBO. Sì, proprio quella riscontrata nell’1% degli inglesi e che era già stata riconosciuta come molto più infettiva, anche se non più letale, del ceppo ormai familiare.

E’ forse questa la risposta alla domanda ineludibile che viene spontanea quando si osserva la sproporzione rilevante tra le misure adottate negli ultimi mesi e lo sviluppo apparentemente inarrestabile della pandemia. Perché il lockdown non produce effetti positivi?

Perché la Merkel è passata in pochi mesi dal dichiarare le misure adottate in Ottobre come necessarie, quelle di novembre prima come urgenti e poi come “insufficienti“ e quelle di dicembre come esiziali, fino ad arrivare alle ultime dichiarazioni di Gennaio “Ne avremo fino a Pasqua“?

Eppure le scuole sono chiuse dal 16 dicembre. Le norme AHA (acronimo per distanziamento, igiene e mascherine) sono applicate con sufficiente disciplina, la stagione invernale è stata finora la più calda del secolo e le attività commerciali e la ristorazione sono chiuse da mesi. E allora?

Ricordo che il 27 ottobre si registravano 10.098 decessi a livello nazionale (30 al giorno per 9 mesi) e 251 a Berlino (un morto in media al giorno su una popolazione di 3,7 milioni di abitanti). Con scuole aperte il 6 agosto e i negozi e ristoranti attivi.

Il confronto internazionale era impietoso: 121 decessi su un milione di abitanti contro i 620 dell’Italia, i 749 della Spagna e i 931 del Belgio.

Tutti in Europa si attendevano la “seconda ondata“, anche in ragione dell’arrivo della stagione fredda, ma se l’opinione pubblica in Germania non era molto preoccupata non c’era da meravigliarsi. Come si fa a pretendere che il cittadino si allarmi quando in una metropoli dove muoiono ogni anno più di 30.000 persone, si registra un morto al giorno per o da Covid-19? C’è da meravigliarsi che adottino e rispettino massivamente per mesi regole di prevenzione senza aver mai conosciuto un malato o un contagiato! Specialmente nelle regioni dell’ex DDR che registravano pochi casi di infezione. Si ipotizzava perfino che l’obbligo di vaccinarsi contro la TBC esistente fino alla 1989, riducesse del 20% il rischio di contagio? Chissà! Uno dei tanti misteri della pandemia.

Eppure il 26 ottobre le cliniche ospedaliere dichiaravano che le operazioni non urgenti sarebbero state rinviate, il Ministro della salute Spahn ripeteva da giorni che le infezioni erano aumentate in modo preoccupante e Il direttore dell’Istituto Koch (Wiener) ammoniva che la situazione poteva divenire incontrollabile. Dall’Italia arrivavano voci diverse e contrastanti anche se tutte autorevoli. Quella del Prof. Crisanti che prevedeva, in assenza di drastici provvedimenti di chiusura, la necessità del blocco totale per Natale si sarebbe rivelata, come spesso, la più profetica. Correggo: la più scientifica almeno nella situazione italiana.

I tedeschi, pure non inclini all’allarmismo, ascoltavano tuttavia attentamente Il virologo Drosten che a metà ottobre affermava “la Pandemia inizia ora“, quando i numeri assoluti erano sì confortanti ma su un piano inclinato. C’era da credergli perché ci azzecca sempre come Crisanti, ma soprattutto perché lo sviluppo pandemico lo sa misurare non con i numeri assoluti, ma con la loro variazione nel tempo. Come si dovrebbe fare visto che la pandemia si diffonde secondo le sue leggi. Poche infezioni in rapido aumento annunciano un disastro, così come molte infezioni in rapido decremento annunciano bel tempo.

Con qualche critica iniziale per eccesso di preoccupazione, la Merkel, che quella regola l’ha fatta sua e l’ha anche divulgata, impose il primo blocco il 2 novembre, dopo un lavoro lungo per realizzare l’“unità dei sovrani“, ovvero l’intesa Governo-Regioni. Verrà definito “parziale“ anche se tutta la ristorazione e il commercio ne farà le spese. Misure necessarie ma non sufficienti, dirà Merkel.

Tra fine ottobre e metà novembre il virologo Binder conferma  Droste nella sua valutazione dicendo che siamo nel bel mezzo di un periodo di apprendimento delle dinamiche del virus e che un incredibile numero di fattori è ancora incerto. Dubbi vengono anche ad alcuni esperti italiani: la dinamica del virus è troppo accelerata: “ci deve essere un fattore che sfugge“.

Abbiamo capito tutti che le epidemie sono “imprevedibili“ e anche io, nel mio superpiccolo, ho cominciato a pensare che tra i molti fattori ignoti ce ne doveva essere qualcuno che faceva saltare i modelli e che che non era ancora focalizzato. In novembre il numero dei morti a Berlino raddoppiava e a livello nazionale, dal 20 0ttobre al 9 dicembre , si registrava un raddoppio dei decessi. Troppi morti.

L’Accademia Leopoldina, l’Istituto Max Planck, associazioni di epidemiologi e matematici sostenevano che il “frangiflutti“ dei provvedimenti assunti non aveva funzionato. I numeri delle infezioni erano troppo alti e stabili e che occorreva accelerare con misure più dure. Il 12 dicembre la Cancelliera afferma, senza alcun contrasto politico, la sua linea favorevole al blocco “duro“, quello di Natale. Ancora troppi morti e indice di infettività molto elevato. Inoltre, mentre fino ad ottobre si registrava un terzo dei morti nelle case di riposo e di cura e per anziani, ormai la metà era composta da residenti di quelle strutture. Al 13 gennaio si registreranno 42,637 decessi contro i 9.789 del 20 ottobre, ovvero meno di tre mesi prima. Oltretutto, alcune regioni (Turingia e Sassonia, soprattutto) sono fuori controllo e il triage è una prospettiva realistica. Berlino non sta molto bene; raddoppio dei morti nel mese di novembre (da 253 a 539) e nuova triplicazione nelle successive 5 settimane (da 539 a 1711 decessi al 13 gennaio), con un indice di infezioni a 7 giorni di 199,2 su 100.000 abitanti.

La correlazione diretta tra misure sempre più dure e un numero sempre più elevato di infezioni e di morti delinea un tunnel nel quale perfino la flebile luce della vaccinazione diventa insignificante.

Il 5 gennaio la proroga dei provvedimenti al 31 gennaio è scontata e all’oggi è scontato anche il prolungamento ulteriore di un mese. Nel modello qualcosa non quadra.

L’8 gennaio si riscontra il primo caso di “variante inglese“ nel Baden – Württemberg,  un rientro dall’UK, paese che, insieme all’Irlanda, assunto fino a qualche mese fa come modello di successo anche in Germania, sono alla canna del gas. L’OMS comunica che 22 paesi hanno rilevato la presenza della variante inglese. Non si sa quale sia la diffusione della variante in Germania, perché, semplicemente, non è stata ricercata, Il Governo federale si affretta a stanziare 200 milioni di euro affinché i laboratori sequenzino i genoma del virus per verificarne la diffusione territoriale. In pochi giorni la variante inglese è diventata il convitato di pietra di tutte le discussioni sulla pandemia.

Forse sta lì la spiegazione della incontrollabilità della situazione. Con un R0 di molto superiore a quello del virus conosciuto il problema si farebbe gigantesco.

Intanto a Berlino, per restare nella materia, non ci facciamo mancare niente, neanche un cinghiale in zona verde urbana, a Spandau, morto di peste suina africana. Nel Brandeburgo, soprattutto vicino al confine con la Polonia, è da questa estate che si è in allarme per contrastarne la diffusione con tutti i mezzi. Il pericolo per gli allevamenti è alto, per l’uomo è zero perchè è una patologia che non si trasmette all’uomo. Ciononostante, dopo la storia dei visoni portatori di una variante del corona, dei gorilla dello zoo di San Diego risultati positivi e pensando che non sappiamo ancora molto sul passaggio del corona da animali a uomo (tanto è vero che l’OMS ha inviato una missione di esperti in Cina proprio per scoprirlo), non posso non aprire le orecchie ad ogni stormir di fronda nel mondo animale.

Dico la verità, mi passa anche la voglia delle mie solitarie passeggiate più che asettiche: sta a vedere che incrocio una variante aerea che si accanisce contro i camminatori del gruppo Viandanza e Resistenza ?!?!?

Franco Di Giangirolamo