Cronache da Berlino al tempo della “seconda ondata” di Franco Di Giangirolamo

Fotostreet in Berlin – foto gierre

17.11.2020

Fatalità? Appena alzato mi cade l’occhio su una pagina dell’AbendBlatt (giornaletto locale) che propaganda senza pudore una praxis per la consulenza testamentaria. Il tempismo prussiano non mi stupisce più ormai: sentita aria di peggioramento della situazione pandemica si sono allertati tutti i servizi collaterali. Il suggerimento non è superfluo nemmeno per coloro che, come me, non si sono preoccupati del testamento, non tanto perchè non temono la inevitabile „livella“, e neppure per scaramanzia, quanto perchè hanno insignificanti patrimoni e molti eredi. Grato del suggerimento mi accingerò tuttavia alla bisogna se non altro per dare uno stile alla suddivisione delle scarabattole che ho raccolto nel corso della vita. Scarabattole sì, ma senza sminuirne il valore. Ho avuto periodi nella mia vita, quando sembrava che l’inimicizia tra me e il denaro fosse inconciliabile, nei quali ho vissuto circondato da utilissime scarabattole, lasciatemi o ereditate dai miei amici, fortunatamente non tutti defunti, che debbo gratificare non solo per il valore d’uso, ma anche per il calore delle appartenenze condivise. Ovvero, per quel sentimento nostalgico che si prova quando un amico/a o un/a amante, o un parente, ci lascia e ci si ritrova a prendere un libro, un disco, un oggetto qualsiasi che evoca momenti della vita con lui/lei e ti accorgi che non lo stai afferrando ma accarezzando, come se l’altro/a potesse, con quel gesto, avvertire e condividere quel ricordo.

Vale la pena, soprattutto ora che la “zweite Welle“ (seconda ondata) ha messo governi, tecnici e cittadini con le spalle al muro. Un esempio? La conferenza tedesca Stato-Regioni, svoltasi ieri, di cui ho atteso la chiusura per scrivere qualche novità, è semplicemente “fallita“. Il Presidente della Baviera dice diplomaticamente: „non è stato un grande successo“, Mutti, sempre positiva, ha coniato una nuova provvisoria sintesi delle raccomandazioni: “qualsiasi contatto che non avviene va bene“. La sostanza è il rinvio al 25 novembre di ogni decisione. In poche parole le proposte che domenica sera la Cancelliera ha avanzato ai Presidenti di Regione sono state „attaccate“ da più fronti e con più argomenti, soprattutto in ordine alle proposte relative alla organizzazione della vita scolastica. La Cancelleria e i suoi esperti sono preoccupati della lentezza con la quale si riducono i contagi (che non si riesce a ridimensionare sotto i 50 nuovi contagi al giorno su 100.000 abitanti, definita soglia critica) e temono la crisi del sistema sanitario e il fallimento definitivo della strategia della sorveglianza attiva (tracciamento). Seppure forte di una opinione pubblica che al 54% sostiene la adeguatezza delle misure governative e di un 18% che addirittura le vorrebbe più energiche, il catalogo delle proposte non è stato condiviso. I Laender meno colpiti dalla diffusione del virus preferirebbero misure „differenziate“, quelli dove la pandemia ha colpito di più vorrebbero misure più dure, ma non riescono a fare bene i compiti, ovvero a gestire localmente i rischi specifici, altri si limitano a contestazioni formali (la risoluzione presentata il giorno prima, ovvero troppo tardi) per nascondere difficoltà locali, altri ancora chiedono più tempo per la verifica degli effetti delle misure deliberate due settimane fa.

Il mantra della scuola che deve restare aperta in effetti vaccilla: il distanziamento e la ventilazione non sono sufficienti per contenere la diffusione del contagio. Le proposte di: mascherina anche in classe per gli scolari, del dimezzamento delle classi, di maggiore distanzamento nelle aule, di apprendimento a distanza e maggiore offerta di trasporto scolastico non sono passate e la discussione è stata rinviata al mercoledì successivo dando per ora una riverniciata agli appelli per minori contatti, eliminazione viaggi inutili e così via.

L’impressione che la preoccupazione della Cancelleria sia sovradimensionata rispetto ai „numeri“ e che le ultime decisioni abbiano tenuto in scarsa considerazione le specificità locali, non riesco a cancellarla. D’altra parte l’allarme di chi sta al timone necessariamente si avvale di una visione logaritmica della diffusione pandemica, ma anche in questo caso non riesco a seguire il ragionamento. Per fare un esempio semplice su Berlino: dal 17 maggio al 17 settembre (4 mesi) il numero dei contagiati è raddoppiato e il numero dei decessi è passato da 182 a 227. Nel periodo dal 17 settembre al 17 novembre (2 mesi) il numero dei contagiati è più che quadruplicato e il numero dei morti è passato da 227 a 371. La tendenza è indubbiamente preoccupante e anche senza disporre di curve complicate si capisce la crescita più che proporzionale di tutti gli indicatori. Ciononostante i dati mi paiono relativamente rassicuranti, visto che all’oggi si parla di 100 decessi per milione di abitanti a Berlino, contro una media nazionale tedesca di 152 e contro valori europei che vanno dai 750 dell’Italia agli 875 della Spagna, passando per i 685 della Francia e i 1.250 del Belgio. Fortunatamente la „preoccupazione“ e i „conflitti“ stato-regione assumono il volto della Merkel, che è ancora molto rassicurante e protettiva e sono gestiti in un confronto politico abbastanza civile e democratico.

La caciara, invece, si mantiene attiva in strada: 15.000 persone che manifestano a Lipsia, altro migliaio a Francoforte e in altre città. Ha preso piede da tempo e si sviluppa la funzione di traino del movimento QAnon statunitense e lo specifico tedesco Querdenken (pensiero laterale) che fanno da sponda e una serie di movimenti particolari che si richiamano tutti al complottismo (sarebbe corretto parlare al plurale perchè ognuno ha il suo complottino fatto su misura – si sa, oggi come oggi, un complotto non si nega a nessuno!) contro il quale si muovono all’unisono partendo dal Governo, i poteri forti (parola magica che non vuol dire niente ma che pare dia buona prova di sè, perchè piace), la scienza, gli apparati dello Stato, Big Farma,e così via. Gli annunci veramente demenziali ed esclusivamente propagandistici sui vaccini (dove sono i risultati delle ricerche e le autorizzazioni delle autorità FDA ed EMA?) daranno ulteriori e alcuni disgraziatamente validi, argomenti ai NoVax per confermare le loro tesi, per cui ne vedremo delle belle. A parte il partito di destra AfD che cerca di dare a questi movimenti una patente di legittimi difensori delle libertà costituzionali, non si vede una grande capacità di controllo della situazione. La polizia viene usata più per reprimere i gruppi Antifa e i movimenti sociali che vogliono impedire manifestazioni similari, che per impedire le manifestazioni „per la libertà“ che sono capitanate (spesso) e infliltrate (sempre) da gruppi neonazi di ogni tipo. Non ci vuole uno studio particolare per capire che le forze dell’ordine in un paese democratico (e in questo paese soprattutto) dovrebbero scattare a molla, come i tori nell’arena, quando vedono stelle di Davide con la scritta Covid-2, non vaccinato, Sion, Mengele e tutto un arsenale antisemita che fa veramente paura, almeno a me. D’altra parte l’infiltrazione di ideologie nazi nei corpi di polizia e nell’esercito non è di oggi e non è problema ignoto, anche se pare, ma io mi fiderei tra il poco e il niente, che sia contenuto e controllato.

Intanto, nei piani bassi della nostra società globale, che restano territori male e poco illuminati, si cancellano i già pochi e deboli programmi sanitari ed economici degli organismi internazionali per tentare di ridurre la miseria e la fame di miliardi di persone. Nel dare priorità alla vita di fronte alla minaccia del virus, tentando di scardinare le gerarchie di valori imposte dal neoliberismo, ci siamo dimenticati un aggettivo decisivo: quello possessivo. Abbiamo parlato e ragionato sulle „nostre vite“, ci stiamo azzannando su dettagli della „nostra realtà“, stiamo pensando al valore della vita nel nostro ricco occidente, valore primario che non ha prezzo ma che, avendo un costo, gran parte del globo non si può permettere. Ormai è scomparsa dalle TV europee ogni altra notizia che non riguardi il nostro rapporto col Virus e per fortuna ci sono reti come AlJazeera per avere qualche informazione sul solerte embargo della UE imposto al Venezuela (cacchio che efficienza diplomatica!!!), sul silenzio in ordine alla invasione del territorio Saharawi da parte del Marocco (ma chi c. sono sti Sharawi?), alla morte senza terapia intensiva di migliaia di bambini bombardati nello Jemen con armi Made in Italy, o sulla sorte dei Palestinesi sottoposti da decenni alla feroce dittatura israeliana, solo per fare qualche esempio.

Ovviamente, niente di nuovo: il virus non ci aiuta ancora a ragionare di più e meglio, almeno su quel fronte.

E’ ora di pranzo: oggi vietnamita, da un chiosco gestito da una gentilissima persona, emigrata per mantenere con le rimesse i familiari rimasti a casa. Una delle tante e spesso identiche storie di emigrazione. Con il Covid ha dovuto togliere le panche esterne e chiudere il piccolissimo resort di cui disponeva e ora lavora solo take away, come tutti coloro che hanno deciso di non chiudere. I rimborsi statali sono adeguati ma lui non vuole perdere i clienti che sono in gran parte lavoratori del circondario e non manca mai, dice che va sempre tutto bene e sorride cortese, col sole e con la pioggia, come solo gli orientali sanno fare. Su come prendere la vita avrebbe tanto da insegnarmi ma per ora mi debbo accontentare del riso con verdure.

Un caro saluto a tutti

Franco di Giangirolamo