Le priorità di ricerca per mitigare/contrastare gli effetti della pandemia sulla salute mentale della popolazione: il Position Paper britannico

a cura di Rita Longo, Dors  che ringraziamo 

 

Introduzione

Il documento proposto è un POSITION PAPER, che individua le priorità per promuovere e proteggere la salute mentale della popolazione, in particolare dei gruppi più fragili, nel post covid19.

Le priorità strategiche derivano da ricerche documentali su studi empirici e revisioni sistematiche, da due survey sulla popolazione realizzate nelle prime settimane della pandemia in Gran Bretagna (marzo 2020), e dalle elaborazioni/analisi di un panel di esperti nazionale (provenienti dall’Accademia delle Scienze Mediche della Gran Bretagna e dell’ente di ricerca sulla salute mentale MQ – Tansforming Mental Health).

Viene proposta una tipologia di ricerca che sia caratterizzata da:

  • standard di elevata qualità
  • collaborazione internazionale e prospettiva globale
  • focus specifico sull’individuazione delle modalità di contrasto dell’impatto che la pandemia ha sulla salute mentale dei gruppi vulnerabili

L’auspicio degli autori è che la strategia delineata dal Position Paper possa essere adottata da ricercatori di vari Paesi, oltre alla stessa Gran Bretagna.

Le ricerche britanniche sugli effetti del covid19 a livello psicologico, sociale, neuroscientifico

La cornice proposta per individuare le priorità di ricerca suggerisce un’integrazione multidisciplinare: l’ambito è quello delle “scienze per la salute mentale”, quali psicologia, sociologia, neuroscienze, ma anche psichiatria, medicina clinica, scienze sociali e comportamentali, a cui si aggiunge il contributo delle competenze dei cosiddetti “esperti per esperienza”, cioè le persone che hanno esperienza diretta di problemi mentali o di contagio da covid19, attraverso il loro coinvolgimento e partecipazione attiva nella fase di impostazione/realizzazione delle ricerche e degli interventi.

In questo modo è possibile progettare ricerche “robuste”, dotate di protocolli rigorosi e scientifici, con un’attenzione agli aspetti etici, e una ricaduta anche a livello di politiche (poco utili perciò le ricerche frammentarie, su piccola scala e a livello locale).

In Gran Bretagna sono state effettuate due indagini on line (attraverso e-mail e social media) sul territorio nazionale, una sulla popolazione generale e una sulle persone affette da problemi psicologici e psichiatrici, che rilevavano le preoccupazioni rispetto allo stato mentale a causa del covid19, e le azioni/comportamenti percepiti come utili per mantenere uno stato di benessere.
La survey di popolazione è stata realizzata da Ipsos MORI,  che ha effettuato 1099 interviste con adulti dai 16 ai 75 anni di Inghilterra, Galles e Scozia, rilevando un aumento di emozioni e stati d’animo negativi, e di preoccupazioni concrete relative ad esempio a problemi finanziari: “colpisce il fatto che fossero più elevate le preoccupazioni inerenti il rischio di conseguenze psicologiche e sociali rispetto al rischio di conseguenze fisiche dovute al contagio” – si legge nel Report.
La survey sulle persone con esperienza di problemi mentali è stata realizzata dall’ASSOCIAZIONE MQ: Transforming Mental Health, e ha riguardato 2198 persone: sono emerse preoccupazioni inerenti l’isolamento sociale e l’aumento di stati ansiosi e depressivi, questi ultimi legati alla difficoltà/impossibilità di frequentare il servizio di salute mentale a causa della pandemia, e con riverberi sull’intero nucleo familiare, in particolare bambini e anziani.
I risultati di entrambe le survey sono reperibili on line (cfr. bibliografia/sitografia)
Naturalmente, queste survey andrebbero ripetute periodicamente durante le varie fasi dell’epidemia e del post epidemia.
I dati a disposizione sono stati integrati con la letteratura scientifica pubblicata, per poterne trarre le conclusioni qui di seguito riportate sotto forma di quesiti da approfondire e analizzare.

 

Fattori psicologici e individuali

1. Quali sono i fattori psicologi individuali (aspetti cognitivi, emotivi, comportamentali) su cui impatta la pandemia, e che influenzano la salute mentale delle persone?

Dalle survey emerge che la pandemia causi un aumento dell’isolamento sociale e del senso di solitudine, che a loro volta sono associati ad ansia, depressione, comportamenti autolesivi, e tentativi di suicidio in varie fasce di età. Questi dati sono confermate da studi e ricerche effettuate nei primi mesi dell’anno in Cina e in occasione di precedenti epidemie (Brooks SW, 2020).

L’identificazione tempestiva di questa condizione di isolamento/solitudine è necessaria per programmare interventi ad hoc : ridurre/mitigare i sentimenti di solitudine, promuovere il senso di appartenenza, ecc sono MECCANISMI che possono proteggere dal rischio di suicidio, auto-lesionismo, problemi di tipo emotivo.
Prioritario è perciò monitorare e registrare i tassi di ansia, depressione, auto-lesionismo, suicidio, ecc e capire i meccanismi sottostanti per poter realizzare interventi specifici, targetizzati per la popolazione, e per i gruppi vulnerabili (tra cui gli operatori sanitari).
Per essere veramente efficaci gli interventi devono infatti mirare ai fattori/determinanti causali (ad esempio il senso di solitudine e il senso di “blocco”) dei problemi di salute mentale di uno specifico gruppo o categoria di persone, con l’obiettivo di modificarli/incidervi: non serve una risposta unica e univoca per tutti, perché questa non tiene conto della grande variabilità tra i gruppi e le persone.

Nel lungo periodo sono necessari gli interventi erogati in modalità digitale che tengano conto, anch’essi, dei fattori causali e degli effetti mitiganti delle relazioni sociali durante gli eventi stressanti: dare informazioni, restare in contatto, effettuare l’intervista per il triage, interventi terapeutici in forma “blended” (mista) e automatici (ad es. APP e programmi on line), chiamate telefoniche per raggiungere le persone che non dispongono degli strumenti necessari (“povertà digitale”), valutazione del rischio suicidario, chat e forum on line, e altre tecnologie possono essere utilizzate per monitare i rischi, in modo attivo o passivo. Andando oltre gli interventi digitali (che non sono fruibili da tutti), è necessario indagare per identificare quali altri tipi di interventi psicologici (connessi a dei determinanti specifici) possono essere efficaci per proteggere la salute mentale, soprattutto per le categorie vulnerabili (es.operatori sanitari, persone con pregressi problemi di salute mentale e i loro caregiver), rispetto alle conseguenze a lungo termine.

2. In che modo gli individui “costruiscono” le strutture mentali che consentono loro di mantenersi “saldi” di fronte alla pandemia di covid 19 e alle conseguenze delle misure di distanziamento fisico?

E’ necessario “mappare” la struttura di coloro che riescono a mantenere un “equilibrio mentale” in situazioni estreme come quella determinata dal covid 19.
La struttura varia in funzione del contesto e delle caratteristiche individuali, ad esempio variazioni inerenti il sono/veglia e comportamenti/abitudini possono influenzare lo stato mentale e la risposta allo stress. E’ altrettanto importante capire le modalità di coping efficaci, che variano da individuo a individuo. Le risorse personali e sociali (ad es. poter ricevere il supporto familiare, dormire sufficientemente) sono fattori di resilienza importanti per mitigare i problemi mentali in circostanze particolarmente stressanti (Sehmi et al, 2019).
Sono necessarie ricerche approfondite per capire come sviluppare le risorse sociali, resilienti, e l’altruismo, in particolare per gli operatori sociali/sanitari e le loro famiglie:  lo sviluppo di risorse di coping può mitigare i sintomi dello stress e può facilitare l’implementazione di interventi preventivi per il futuro.
Approcci psicologici individualizzati possono essere un elemento utile nell’ambito di programmi complessi di prevenzione e promozione strategie di coping, che prendano in considerazione vari aspetti, tra cui ad esempio la correlazione tra disturbi del sonno e problemi mentali (in particolare il rischio suicidario).

A lungo termine è importante sviluppare ricerche sugli interventi innovativi di protezione della salute mentale che tendono a promuovere il comportamento prosociale e altruistico, in particolare quelli mirati alla modifica dei determinanti causali attraverso la creazione di opportunità di: supporto sociale, attività fisica, attività sociali, training di assertività e di mediazione dei conflitti, interventi di gruppo per favorire il sostegno tra pari. Le teorie sul comportamento prosociale e altruistico possono stimolare lo sviluppo di interventi di promozione del benessere psicosociale, per contrastare la perdita improvvisa di molte occasioni sociali che sono state interrotte a causa del covid19 (perdita del lavoro, telelavoro, distanziamento/isolamento fisico) e l’entrata imprevista in una vita “on line”.

 

Quali sono i fattori sociali e di popolazione che influenzano la salute mentale?

I fattori quali il distanziamento fisico e le altre misure necessarie vanno viste all’interno di un approccio globale o multidimensionale che incrocia aspetti demografici (ad esempio l’età), aspetti sociali (ad es, situazioni di disuguaglianza) e condizioni di salute (ad esempio malattie croniche, obesità), per giungere a una individuazione completa dei determinanti di salute.

Dagli studi su precedenti situazioni di epidemia (Lau, 2010) sappiamo che preoccupazione e incertezza sono tra le conseguenze più comuni nella popolazione sottoposte a lock down e isolamento fisico, ma per qualcuno possono esser causa di stress estremo e indebolimento del normale funzionamento sociale e lavorativo, dovuti al senso di perdita: perdita dei contatti sociali diretti, delle persone amate, del lavoro, delle opportunità educative, dei momenti liberi, ecc.
Alcuni studi ci dimostrano che le misure restrittive per arginare le epidemie contagiose hanno effetti enormi sulle persone più vulnerabili, in particolare:

  • le persone con pregressi problemi mentali o fisici
  • le persone ricoverate in strutture

La loro vulnerabilità può essere accentuata dalla impossibilità di accesso ai servizi di supporto / aiuto e di partecipazione alle attività organizzate, provocando un incremento di sentimenti di ansia e depressione all’arrivo della pandemia.

  • anche gli operatori sanitari sono una categoria a rischio di forte stress per l’esposizione ad eventi stressanti (in particolare il veder morire le persone).
  • la pandemia si interseca con l’insorgere di problemi mentali nei bambini e adolescenti. La chiusura delle scuole può avere effetti gravi per i ragazzi in situazione di disagio, vista la sua valenza di “leva terapeutica”: la scuola è spesso il solo luogo in cui i ragazzi in situazione di disagio riescono a chiedere aiuto e attenzioni, ed è il contesto elettivo di intervento per i bisogni educativi speciali, disturbi evolutivi, …

Altro target a rischio di problemi di salute mentale sono le persone anziane, a causa della probabile combinazione tra le misure di isolamento/lockdown con le limitazioni nello stile di vita, l’aggravarsi della solitudine, malattie pregresse (es. demenza), unitamente al senso di preoccupazione e ansia.

Quali sono le priorita’ di azione per il benessere della popolazione vulnerabile?

La priorità immediata della ricerca deve essere perciò ridurre il rischio di problemi mentali e promuovere il benessere in particolare dei gruppi vulnerabili.
E’ necessario un coordinamento per:

  • identificare gli interventi che funzionano e riproporli
  • identificare quelli da riprogettare per ridurre le criticità
  • valutare gli interventi erogati “in remoto”.

Per “intervento” si intende tutte quelle azioni che “fanno la differenza” in termini di miglioramento delle condizioni mentali: i programmi politici a livello di popolazione, linee guida per i setting di lavoro, interventi psicologici.

Bisogna raccogliere rapidamente dati di elevata qualità per analizzare gli effetti del lockdown e dell’isolamento sociale nel lungo periodo per i gruppi vulnerabili, attraverso:

  • l’intersezione di vari temi (es. le conseguenze della mancata frequenza di scuole e accesso agli ambulatori/ospedali)
  • l’individuazione di soluzioni innovative nell’organizzazione dei servizi (es. supporto gruppale on line e prestazioni ambulatoriali on line)
  • l’identificazione e la valutazione di soluzioni per supportare coloro che sono a rischio di abuso/maltrattamento all’interno dell’ambiente familiare (es programmi divulgativi on line)
  • l’erogazione di specifici interventi per proteggere il benessere degli operatori sanitari.

Tra le priorità a lungo termine (una sorta di “secondo livello”) c’è la necessità che i servizi sanitari si attrezzino per l’erogazione di attività di promozione della salute mentale “in remoto”, ad esempio i cosiddetti ambulatori digitali attività che siano affidabili, flessibili, efficaci. Ciò richiede sforzi coordinati con gli utenti dei servizi per definire i contenuti e le modalità più rilevanti dal loro punto di vista di “cliente/utilizzatore, per mappare e utilizzare piattaforme già esistenti, e prestare attenzione al cosiddetto “digital divide”.

Tra gli interventi digitali esistenti, ce ne sono molti di tipo universalistico che andrebbero adattati per specifici target per essere maggiormente efficaci: i programmi di promozione dell’esercizio fisico, i protocolli psicologici per la gestione di sintomi quali ansia e preoccupazione, tecniche per la gestione dello stress e per la regolazione del ritmo sonno-veglia, ecc. Necessario valutare anche l’efficacia degli interventi che fanno uso di tecniche artistiche, e di altre attività di tipo creativo che promuovono resilienza e strategie di coping a livello della comunità attraverso corsi outdoor, corsi scolastici per le life skills, ecc. (WHO, 2019).

 

Quali sono gli effetti dell’uso aumentato e ripetuto dei media durante la pandemia?

L’uso dei media può avere un effetto positivo e adattivo per la salute mentale perché consente di recuperare informazioni e orientarsi durante la pandemia. Ma ci sono dei rischi: l’uso di messaggi ce enfatizzano il rischio di contagio può aumentare i livelli di ansia sociale; alcune fonti possono fornire informazioni scorrette, alimentando la disinformazione; ecc. E’ perciò necessario capire il ruolo che l’utilizzo massiccio dei media può avere nell’aumentare stress e problemi mentali in specifici gruppi di popolazione, e capire se esistono modi “ottimali” di utilizzo che al contrario promuovono il benessere. Ad esempio strategie che aiutano le persone a individuare e consultare fonti autorevoli, strategie di prevenzione della sovraesposizione ai media, training sullo sviluppo di adeguate modalità di reazione/gestione delle immagini con contenuto traumatico.

E’ inoltre raccomandata una serie di azioni:

  • la creazione / adozione di linee guida per i media che raccontano la pandemia
  • la riduzione del rischio di esposizione alla disinformazione e di amplificazione dell’ansia (meno condivisioni dei contenuti)ù
  • la promozione di strategie per gestire le risonanze emotive e favorire un uso adattivo e positivo dei media tradizionali e social media (ad esempio attraverso gli influencers)

 

Modalita’ migliori per rinforzare l’adesione ai comportamenti anti covid

QUALI SONO LE MODALITA’ MIGLIORI PER RINFORZARE L’ADESIONE AI COMPORTAMENTI ANTI COVID PRESCRITTI, SALVGUARDANDO CONTEMPORANEAMENTE LA SALUTE MENTALE E RIDUCENDO LO STRESS?

Per promuovere iI cambiamento di comportamenti (come quelli richiesti per fronteggiare il covid, ad esempio il lavaggio frequente e disinfezione delle mani, l’uso di DPI quali le mascherine, …) è necessario che le persone sappiano cosa fare, siano motivate a farlo, abbiano le capacità e le opportunità per poterlo fare. Il messaggio è un elemento chiave in questo processo, ma spesso i messaggi di salute pubblica possono non funzionare. Più le persone sono preoccupate per la pandemia, più seguono i consigli/prescrizioni comportamentali: ma se la preoccupazione è troppo elevata, aumenta anche lo stress che influisce negativamente sulla messa in atto dei comportamenti prescritti (ad esempio sintomi di un disturbo ossessivo compulsivo possono esitare in un lavaggio compulsivo delle mani per paura del contagio). Aumentare la chiarezza del messaggio e la fiducia nelle capacità delle persone può favorire l’adesione ai comportamenti “sicuri” e aiutare le persone a gestire lo stress (Peters, 2013).
In previsione di una seconda ondata di covid, è necessario fare ricerca per capire come favorire l’adesione a comportamenti sicuri e ridurre le conseguenze negative sulla salute mentale, analizzando il format del contenuto dei messaggi e individuando modalità diversificate per target.

E’ indispensabile una risposta coordinata da parte dei governi per quel che riguarda i messaggi chiave: tale risposta dovrebbe contemplare:

  • i sistemi efficaci per raggiungere i gruppi maggiormente vulnerabili
  • le strategie più adatte a motivare le persone a prepararsi psicologicamente e pianificare azioni pratiche per i possibili scenari futuri
  • le modalità più funzionali per promuovere nelle persone l’attenzione agli altri, un senso di solidarietà collettivo e altruismo
  • le indicazioni per l’adattamento del messaggio ottimale (anche in formato digitale) ai differenti gruppi sociali, al fine di fornire le informazioni più adeguate rispetto alle risorse esistenti per la salute mentale.

 

Conclusioni

La “lezione” appresa dalla pandemia ha spinto gli autori a fornire insight immediati per orientare in maniera evidence-based la risposta alla crisi nell’ottica della promozione/protezione della salute mentale e del benessere delle persone, soprattutto in vista di un eventuale ritorno del virus o di nuove epidemie.
Come abbiamo visto, tale risposta si sostanzia nella messa in campo di ricerche coordinate a livello internazionale sugli effetti sociali, psicologici e neuroscientifici della pandemia, a breve e lungo termine, che siano: rigorose, utilizzino dati “di qualità” provenienti da tutte le fonti esistenti, approvate dal punto di vista etico, sottoposte a peer review, traducibili in interventi e azioni.

A livello di sorveglianza, priorità immediata è monitorare gli effetti di sars cov 2 sulla salute della popolazione, in termini di comportamenti di salute, sintomi psicologici, disturbi neuropsichiatrici, mortalità (suicidio incluso).

A tal proposito, bisogna coordinare le banche dati sulla salute già esistenti, creando protocolli condivisi, per identificare gli effetti su larga scala sulla salute: i sistemi di raccolta dati nazionali dovrebbero essere collegati ai servizi di salute mentale, servizi per l’emergenza, case per la salute ecc per identificare modelli e pattern clinici nella popolazione e in particolare negli individui con sospetto o conclamato contagio da covid19.

Le nuove survey, metodologicamente robuste, dovrebbero riguardare sia la popolazione generale sia  specifici gruppi (bambini e adolescenti, sopravvissuti alla forma acuta/grave di covid, operatori sanitari e sociali impegnati in prima linea), usando metodi che individuino lo status di contagiato covid, i sintomi, i comportamenti il più vicino/simile possibile al “tempo reale”, così da fornire un quadro dinamico del cambiamento dello stato di malattia, delle circostanze sociali, dei comportamenti (gli smartphone ad esempio possono veicolare in tempo reale domande su sintomi/segni di sofferenza mentale e stressor sociali legati al covid). Necessario/importante coinvolgere i pazienti e la popolazione nella ricerca: consultare e far collaborare i pazienti e le persone nello sviluppo di protocolli, nella realizzazione di studi, nell’interpretazione dei risultati.

Altra priorità sono gli studi di coorte per esiti a lungo termine e valutazione di interventi efficaci. Sono necessarie l’individuazione, valutazione e revisione di interventi specificamente orientati alla modifica dei fattori/meccanismi causali di tipo psicologico e sociale inerenti la situazione generata dalla pandemia, ad esempio gli interventi di supporto psicosociale per i gruppi più fragili, gli studi sperimentali sugli effetti potenzialmente neurotossici del virus a livello cerebrale, ecc.  Per far ciò servono impegno e collaborazione tra settori e governi, fondi e finanziamenti pubblici, e una visione complessiva e a lungo termine di tipo promozionale/salutogenica.

 

Bibliografia/Sitografia

Documento originario/fonte dell’articolo:
Holmes EA et al., Multidisciplinary research priorities for the COVID-19 pandemic: a call for action for mental health science – POSITION PAPER, The Lancet Psychiatry, vol. 7, June 2020.

 

Risultati delle survey britanniche, consultabili on line:

 

Altri riferimenti bibliografici

  • Brooks SW, Webster RK, Smith LE, et al. The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence. Lancet, 2020, 395: 912 – 20.
    LINK alla sintesi della Review, a cura di DoRS: https://www.dors.it/page.php?idarticolo=3380
  • Fancourt D, Finn S. What is the evidence on the role of the arts in improving health and well-being? A scoping review. Copenaghen: WHO Regional Office for Europe, 2019
    LINK alla sintesi del documento in italiano, a cura di SCT Center UniTo e DoRS: https://www.dors.it/documentazione/testo/202005/oms_arti_ita_sintesi.pdf
  • Lau JTF et al. Avoidance behaviours and negative psychological responses in the general population in the initial stage of the H1N1 pandemic in Hong Kong. BMC Infect Dis, 2010; 10: 139
  • Peters GJY, Ruiter RAC, Kok G. Threatening communication: a critical re-analysis and a revised meta-analytic text of fear appeal theory. Health Psychol Rev 2013, 7 (suppl. 1): S8 – 31
  • Sehmi R, et al. No man is an island: social resources, stress and mental health atm id-life. Br J Psychiatry 2019, 4: 1 – 7