Bruno Giorgini: Le 4 T antivirus

FONTE INCHIESTAONLINE

Per il contrasto dinamico dell’epidemia in corso d’opera propongo di espletare tre azioni successive in un unico quadro. Prima di tutto Testare, in secondo luogo Tracciare, il terzo passo: Trattare, nel quadro di una Trasparenza assoluta (quasi).*

É autoevidente che quanti più test (tamponi) vengono fatti ai singoli, tanto più la mappa dell’epidemia sarà definita con precisione. Diciamola in altro modo: quanto più le condizioni iniziali saranno estese su tutto lo spazio epidemico, tanto più potremo disegnare l’evoluzione della malattia. In altro modo ancora: quanto più saranno definite le condizioni al contorno (boundaries conditions) tanto più potremo tracciare le traiettorie diffusive del contagio.

Questi test ci permetteranno di fare una partizione realistica nell’insieme dei soggetti considerati, dividendoli in positivi con sintomi, positivi asintomatici, suscettibili negativi (al momento della misura), immuni e/o immunizzati, quiescenti.

Il secondo passo è il tracciamento delle singole particelle del sistema. E delle loro interazioni con altri componenti elementari (individui). E’ la parte forse più delicata della misura perchè rischia di indurre una più o meno marcata violazione della privacy e delle libertà, a cominciare dalla libertà di movimento che, come sappiamo almeno dai tempi di Aristotele, è la madre di ogni libertà.

Quando l’osservatore segue il soggetto lungo un arco di tempo, e ne disegna la traiettoria nonchè gli incontri, con chi dove quando e per quanto tempo, inviando un segnale nel caso in cui il nostro abbia incrociato un individuo positivo (ovvero portatore di un possibile contagio) è ovvio che la sua privacy non esiste più, è cancellata .Ma, seppure egli non avesse la ventura di una relazione “pericolosa” per la sua salute, il suo cammino e le sue interazioni sarebbero comunque state osservate e registrate da un “estraneo”. Qui si può fare la scelta di cancellare subito i dati, perdendo una gran parte dell’informazione, oppure di tenerli per studiarli assieme a tutti gli altri raccolti (perchè non soltanto le traiettorie “sporche” ma anche quelle “pulite” contribuiscono alla dinamica statistica dell’epidemia). Con un impegno, un patto d’onore tra “raccoglitori” e “raccolti”, che questa massa di informazioni verrà distrutta dopo un certo tempo. Importante in questa fase sarà la Trasparenza di ogni passo e azione, che va raccontata e spiegata al cittadini in modo chiaro e esaustivo, senza cedere alle tentazioni da talk show dei molti scienziati di cartone che hanno in queste settimane occupato i palcoscenici della società dello spettacolo. La peggiore essendo che di vite umane si discuteva.

É evidente che i dati, sia quelli globali nel caso in cui si decida di conservarli tutti, che quelli parziali ove si mantengano solo quelli che segnalano una o più relazioni “pericolose” tra i componenti il nostro insieme di partenza, dovranno essere custoditi da un garante singolo e/o collettivo, investito in questa funzione dal Presidente della Repubblica, e/o dal Presidente della Corte Costituzionale.

A mo d’esempio io penserei all’Università, una o più riunite in consorzio, sia per raccogliere i dati, che per analizzarli, e infine custodirli. Così a occhio mi vengono in mente la Statale di Milano, l’Alma Mater di Bologna, la Sapienza di Roma e la Federico II di Napoli.

L’Università Pubblica per alcuni motivi chiari e, a mio avviso, cogenti. Si tratta di una struttura per l’appunto pubblica, un Bene Pubblico non a fini di lucro (quando sento parlare di Google e/o Apple per la bisogna, aziende private in funzione del profitto che incamerano i dati sanitari e altri di mezzo popolo italiano, rabbrividisco). In secondo luogo sul piano scientifico tutte queste istituzioni di studio e ricerca hanno un know how ampio e d’avanguardia per la raccolta e lo studio dei Big Data, in alcuni casi come a Bologna di assoluta eccellenza mondiale nel campo. In terzo luogo un tale progetto potrebbe mobilitare energie anche giovani aprendo orizzonti sterminati di scienza, e last but not least darebbe all’Università Pubblica un ruolo sociale di primo piano riconosciuto dall’intera cittadinanza (finalmente!).

Una volta che i dati e i tracciati siano raccolti, arriva il momento del trattamento. In un duplice senso. Uno riguarda proprio ciò di cui abbiamo già parlato, cioè il trattamento e l’analisi dei dati (Big Data). Ma l’altro, sul piano sanitario diretto riguarda il trattamento per l’individuo che abbia incrociato un soggetto positivo. Testandolo, mettendolo in isolamento a casa, seguendolo dal punto di vista terapeutico dall’inizio dell’infezione, quando infezione ci sia. Il che probabilmente ridurrebbe il numero dei ricoverati in ospedale.

Certo per questo deve esistere una ramificata e efficace medicina territoriale in grado di visitare e seguire i pazienti a casa. Una rete di protezione i cui nodi dovrebbero essere in primis i medici di base (o di famiglia, come si preferisce) e quindi i poliambulatori laddove siano attivi.

*Le tre T sono anche state proposte da Fausto Tomei il quale quasi ogni giorno, spesso con Giorgio Parisi, è andato tracciando utili e chiarissimi grafici che hanno raccontato l’evoluzione dell’epidemia.