Fase 2: morti sommerse, “eccesso” di zelo? Matteo Villa

FONTE ISPI 

L’Oms denuncia: la metà dei decessi COVID-19 in Europa sono avvenuti in case di cura. “Una tragedia inimmaginabile”, sostiene l’organizzazione attraverso il direttore regionale Oms Europa. In parte anche una tragedia sommersa perché, come sappiamo dal caso italiano, è improbabile che a molte di queste persone sia stato fatto un tampone per accertarne la positività al nuovo coronavirus, ed è dunque altrettanto improbabile che siano conteggiate nelle statistiche ufficiali. Ma non ci sono solo le persone morte nelle case di riposo: ci sono anche tutte quelle morte nelle loro case, o persino in ospedale, per le quali non c’è stato tempo di fare il tampone.

La domanda sorge dunque spontanea: quante sono le morti “sommerse”? Saperlo è importante per prepararsi nella maniera migliore possibile alla Fase 2. Da un lato, serve a misurare quanti danni possa fare il virus quando riesce a diffondersi in luoghi popolati di persone anziane e vulnerabili, dentro o fuori le case di cura. Dall’altro, avere un’idea della dimensione effettiva dell’eccesso di mortalità associato all’epidemia di COVID-19 in ciascun paese è fondamentale per stimare la diffusione dell’infezione, a livello sia nazionale sia regionale. Dobbiamo infatti sempre ricordare che, in assenza di studi sierologici affidabili, uno dei pochi metodi attualmente disponibili per stimare la prevalenza dell’infezione è proprio quello di basarsi sul numero di decessi COVID-19 effettivamente avvenuti.

L’articolo prosegue alla fonte ISPI (ISTITUTO PER GLI STUDI DI POLITICA INTERNAZIONALE )