MUTTI HAT GESPROCHEN. Cronache da Berlino di Franco Di Giangirolamo (4)

 

Tra due settimane verificheremo, dati alla mano, se il suo ottimo discorso avrà indirizzato la vita quotidiana dei tedeschi verso l’obiettivo di massimizzare il contrasto alla diffusione dell’epidemia.
Per ora, non potendo scorrazzare per la città, come ho fatto fino ad una settimana fa, non posso fare altro che offrirvi piccole info, guardando l’evolversi della vita sociale dal „buco della serratura“ della mia clausura, e da qualche nota tratta dai giornali.
Intanto il traffico automobilistico non è che sia diminuito ma la circolazione delle persone mi pare molto scemato. La stazione di Ostbahnhof vuota all’ora di punta la vedevo solo di domenica. I metro passano più di rado e con meno passeggeri ben distanziati. Supermarket ancora abbastanza pieni fin dal mattino per gli ultimi approvvigionamenti che non sono accaparramento, se si eccettua la carta igienica, farina, patate, birra e acqua minerale. Chiusura rispettata per i negozi non autorizzati. In aumento, ma non troppo, le misure di protezione individuali e collettive. Disinfezioni più frequenti dei locali pubblici. Una cara amica mi segnala foto di parchi pieni di ragazzi ammassati che se la spassano tranquillamente. Con la quantità di verde che c’è in questa città sarà dura tenere a bada le persone e anche distanziarle, ma bisognerà insistere.
Infine: sceso del 70% il traffico aereo, 60 km di fila autostradale alla frontiera con la Polonia, 25 milioni di posti di lavoro in pericolo.
Sul fronte sanitario Berlino è a quota 519 contagiati (su 8.200 a livello nazionale) e 20 ricoverati).

Predisposto un piano di emergenza per raddoppiare la capacità ricettiva (1.000 letti di terapia intensiva sui 28.000 a livello nazionale), allestendo altre strutture (Halle, Hotels, Reha.klinik, etc.) e prevedendo almeno 1.000 posti letto nei locali della Fiera per ulteriori ricoveri. Tallone d’Achille del sistema sanitario tedesco, e in particolare berlinese, resta il personale di assistenza. La Fondazione Hans-Boeckler stima che nel 2019 la dotazione tedesca sia di 1 unità ogni 13 pazienti, mentre in Svizzera il rapporto è di 1 a 8 e in Olanda di 1 a 7. Il problema è vecchio e girando per gli ospedali è facile sentir parlare molte lingue, avendo importato molto personale dall’estero negli ultimi anni. Una parte del problema è anche il livello salariale perché, siccome siamo in una repubblica federale, le gabbie salariali esistono e le differenze di stipendio sono anche notevoli da regione a regione, esattamente come per gli insegnanti. Siccome Berlino è vero che è sexy ma anche Arm, ovvero più povera di altre regioni, e il livello basso degli stipendi non attrae.
Infine vi presento Christian Droste, l’uomo che non ride, consigliere, insieme a Wiener, direttore dell’Institut Robet-Koch, del Governo tedesco. 47 anni, virologo della Charitè, considerato di talento per la sua storia di ricercatore, la cui parola ha molto peso. Drosten sagt (dice) significa sentenza di Cassazione. Non si assume responsabilità politiche e, richiesto della prognosi, dice chiaro: il 60-70% della popolazione può contrarre il virus e non chiude gli occhi di fronte alla vera portata del problema. Il suo credo è la trasparenza e la partecipazione pubblica nella lotta alla epidemia. Abbiamo fatto una ripida curva di apprendimento, dice Drosten, e dovremo in qualche punto correggere le nostre decisioni perché nelle prossime settimane il tema diverrà molto, molto importante. Ci sono anche pareri discordanti, come quello del virologo bavarese Kekulè, che ritiene le decisioni assunte dalla cancelliera come un „fatale indugio“, dovuto allo scetticismo di Drosten sulla efficacia della chiusura delle scuole. Ma poteva non esserci qualche divergenza sul terreno delle decisioni politiche e tecniche? Impossibile
Perciò egli resta fermo su una ovvietà assoluta ma tutt’altro che insignificante: la decisione politica spetta al Governo.
Da Berlino, semiassolata ma non troppo, un saluto a tutt*