USA . “I lavoratori del Meatpacking intentano causa contro l’OSHA, accusando l’agenzia di non averli tenuti al sicuro”

Riassumiamo i contenuti di questo articolo apparso sul Washington Post

Nell’articolo si fa riferimento ai lavoratori di un’azienda della Pennsylvania che lavora e confeziona carni che hanno intentato una causa contro OSHA, l’Agenzia della Amministrazione Federale USA per la salute e la sicurezza sul lavoro. I lavoratori affermano di essere stati messi in pericolo a causa della inazione dell’Agenzia durante l’epidemia di Coronavirus. Questa causa fa parte di una offensiva sindacale che cerca di costringere OSHA e le stesse aziende ad agire con maggiore determinazione perchè siano adottate misure di sicurezza e protezione individuale nel corso della pandemia.La causa, intentata presso il tribunale distrettuale federale in Pennsylvania, si basa su una denuncia che gli avvocati che lavorano per conto dei lavoratori hanno presentato all’OSHA a maggio.
La denuncia ha accusato Maid-Rite di non aver fornito adeguati dispositivi di protezione o distanziamento sociale sulle linee di lavorazione per cui i lavoratori sono stati esposti senza adeguate protezioni al contagio.
Queste cause individuali o di piccolo gruppo servono a sollecitare l’iniziativa che l’Agenzia Osha dovrebbe intraprendere contro l’azienda di propria iniziativa. L’Agenzia OSHA, in ragione anche degli indirizzi del Presidente Trump, è apparsa inerte durate la fase acuta della epidemia di Coronavirus. Per ora, si afferma nell’articolo, i lavoratori non hanno ancora ottenuto risultati nè da OSHA nè dall’azienda.

Landini: agire subito contro gli incidenti sul lavoro

Fonte Collettiva
Presentazione del libro 'Lavorare è una parola' © Marco Merlini Roma, 21luglio 2020 Cgil nazionale Presentazione del libro di Altero Frigerio e Roberta Lisi 'Lavorare è una parola', un alfabeto corale a cinquant'anni dallo Statuto dei lavoratori Nella foto Maurizio Landini
Foto: Marco Merlini

Il segretario generale della Cgil interviene dopo l’ennesima tragedia: “Finito il lockdown si torna a morire nei cantieri. Ora basta: bisogna investire per evitare gli infortuni, intensificare i controlli, applicare le sanzioni”

Per combattere il dramma degli infortuni sul lavoro in Italia non basta più la solidarietà: bisogna agire subito perché non c’è tempo da perdere. A parlare è il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che interviene dopo le tragedie degli ultimi giorni: i due operai morti a Roma per la caduta dall’alto, l’artigiano che ha perso la vita a Bologna. L’ultimo caso proprio oggi, con la morte di un operaio di 56 anni a Favara (Caltanissetta) travolto da un escavatore.

“Il tempo del solo cordoglio è finito, bisogna agire e farlo subito – esordisce Landini -. Non è possibile che appena si riaprono i cantieri si torni a morire e che ci siano lavoratori usciti di casa senza farci più ritorno. Tutto ciò non era accettabile prima del ‘lockdown’, lo è ancor meno oggi”.

“La crisi sanitaria – prosegue il leader della Cgil – sta lasciando il posto a una vera e propria emergenza sicurezza. La ripresa delle attività non può e non deve mettere a rischio l’incolumità di chi lavora”. Sulla sicurezza in particolar “bisogna investire, proprio per evitare gli incidenti e salvaguardare la salute e l’incolumità di operai, trasportatori, edili. Al lavoro vanno garantiti diritti, sicurezza, tutele proprio perché il lavoro non è una merce qualsiasi”.

Per Landini “dovremmo invece essere capaci, tutti, di cogliere la sfida che il coronavirus ha posto”. Occorre dunque ricostruire “un diverso equilibrio e una gerarchia di valori. La vita umana, la centralità delle persone, il lavoro come dignità. È necessario ripartire da qui”. E allora, conclude, “bisogna intensificare i controlli nei luoghi di lavoro, introdurre la patente a punti sulla sicurezza per le aziende e applicare senza se e senza ma le sanzioni penali previste nel nostro ordinamento”.