Plastica: la crisi della salute umana

FONTE ETUI

21 febbraio 2019

 

Una coalizione di ONG guidate dal Centro per la Legge Ambientale Internazionale (CIEL) ha appena pubblicato un rapporto che rivela che la plastica è responsabile di una crisi sanitaria in agguato sotto i nostri occhi. Ad oggi, la ricerca sugli impatti della plastica sulla salute umana si è concentrata sul ciclo di vita della plastica, spesso su uno dei prodotti, processi o vie di esposizione. Questo approccio non tiene conto del fatto che gli impatti ampi, complessi e trasversali sulla salute umana si verificano in tutte le fasi del ciclo di vita della plastica: dall’estrazione di combustibili fossili all’utilizzo da parte dei consumatori, tra l’altro per eliminazione e oltre. Secondo il rapporto, Le incertezze e le lacune nella conoscenza spesso impediscono la regolamentazione e impediscono ai lavoratori, ai consumatori e ai responsabili delle decisioni di prendere decisioni informate. Tuttavia, gli impatti sulla salute durante tutto il ciclo di vita della plastica sono innegabili e giustificano un approccio precauzionale.

Secondo Tony Musu, Senior Researcher e Chemical Risk Expert di ETUI: ” Il rapporto del CIEL giustamente sottolinea che i lavoratori della plastica sono esposti a molti agenti cancerogeni e interferenti endocrini (EDC). utilizzato come solvente nei processi di produzione della plastica può causare leucemie e bisfenolo A (BPA), un materiale di partenza per la produzione di plastica può avere un impatto sui sistemi riproduttivo ed endocrino “.

In uno studio recente, l’ETUI ha stimato il peso economico dell’incidenza del cancro dall’esposizione professionale a determinati agenti cancerogeni (compreso il benzene) nell’UE-28. Questi costi sono enormi: tra 270 e 610 miliardi di euro all’anno.

fonte: https://www.ciel.org/plasticandhealth/ 

Il Modello Formigoni ha spalancato le porte ai privati

Fonte Pressenza.com 

25.02.2019 – Vittorio Agnoletto

Il Modello Formigoni ha spalancato le porte ai privati
(Foto di fr-Linkedin)

Il business è nella sanità, nella privatizzazione del Servizio sanitario. Affermare che c’è chi specula sulla nostra salute non è ideologia, ma la pura verità. Ieri, oggi e, se non saremo capaci di fermare chi tenta di distruggere il Servizio Sanitario Nazionale, sarà così anche domani.

Questa è la cruda conclusione che si può trarre dalla vicenda Formigoni, legata intrinsecamente alla storia della sanità lombarda, settore che costituisce circa il 75% di tutto il bilancio regionale.  Eletto nel 1995 presidente della Lombardia, Formigoni è il regista della legge regionale n.31 dell’11/7/1997 che rivoluziona la sanità lombarda e che ha come principio ispiratore la sussidiarietà solidale per assicurare l’erogazione uniforme  dell’assistenza sanitaria. Attraverso questo principio il privato entra prepotentemente nel Servizio Sanitario Regionale, formalmente per cooperare alla pari con le strutture pubbliche, nei fatti per essere supportato e foraggiato dal pubblico, riservando per sé i settori più remunerativi della sanità e dell’assistenza, quali ad esempio i reparti di alta specializzazione in cardiologia o le Residenze Socio Assistenziali lasciando al  pubblico la gestione dei settori meno redditizi quali ad es. i servizi di pronto soccorso e la psichiatria. In questa gara impari il pubblico si vedrà tagliare migliaia di posti letto sostituiti dalle strutture private accreditate.

La riforma inserisce la separazione in aziende differenti dei servizi sul territorio e degli ospedali, con un continuo impoverimento dei primi sia in risorse materiali che umane. Anche le assunzioni del personale vengono orientate in modo da potenziare alcuni reparti più remunerativi  e abbandonare ulteriormente a se stessi gli altri.

Sono  ridotti i controlli regionali sulle strutture accreditate e molti servizi vengono esternalizzati. Viene lasciata mano libera all’organizzazione dell’intramoenia, ossia all’esercizio della professione privata da parte dei medici dipendenti delle strutture pubbliche, che cresce fortemente e che diventa il modo più semplice per ovviare, da parte di chi può pagare, alle liste d’attesa che aumentano proprio sotto la gestione Formigoni.

In nome dell’eccellenza la regione si riserva di distribuire una parte delle risorse economiche destinate alla sanità secondo criteri soggettivi che non a caso hanno fatto la fortuna di più d’una struttura privata, che oggi, dopo la condanna definitiva, dovrebbero essere chiamate a restituire quanto ricevuto  indebitamente.

Contemporaneamente si è sviluppata l’occupazione dei posti strategici nella macchina sanitaria regionale da parte di uomini fidati del presidente, spesso contigui alla Compagnia delle Opere, anche attraverso la nomina a tappeto di direttori generali di ASL e di Aziende Ospedaliere fedeli al capo.

Queste scelte hanno avuto anche un retroterra ideologico che si è manifestato ad esempio nella distruzione della rete dei consultori pubblici e spesso nel totale isolamento dei medici non obiettori all’interruzione volontaria di gravidanza. Ideologia che si è materializzata anche in altri settori, ne è un esempio il massiccio finanziamento alle famiglie che sceglievano le scuole private.

Formigoni ha sempre potuto contare sulla non belligeranza di una gran parte del  centrosinistra che, convinto che vincere in Lombardia fosse impossibile, ha sempre ricercato forme di compartecipazione al potere attraverso accordi diretti o mediati da rappresentanze sociali sul territorio; senza ignorare la sponda e la libertà di azione  offerte a Formigoni dai governi di centro sinistra. Per citare un solo esempio possiamo ricordare il ministro della sanità Umberto Veronesi, non proprio indifferente al destino delle strutture sanitarie private in Lombardia.

La privatizzazione della sanità, proseguita da Maroni, ha raggiunto dei livelli talmente inaccettabili che Fontana, attuale presidente leghista della Lombardia, ha dovuto dichiarare che avrebbe apportato qualche cambiamento per rispondere all’esasperazione di milioni di persone, che devono ricorrere alla sanità a pagamento di fronte alle interminabili liste di attesa.  Considerato che ampie fette di ceti popolari da anni in Lombardia votano Lega è difficile per l’attuale presidente ignorare il malcontento crescente, in nome della tutela degli interessi dei tre/quattro gruppi economici che dominano la sanità lombarda. Ma ai buoni propositi tanto reclamizzati, non ha fatto seguito alcun atto concreto e la privatizzazione procede spedita.