Selezione di notizie, informazioni, documenti, strumenti per la promozione della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita. Diario Prevenzione è online dal 1996. Progetto e realizzazione a cura di Gino Rubini
N.B La traduzione è stata fatta con google translator. Per un uso professionale fare riferimento al testo originale in lingua inglese . editor
Si stima che circa 7,7 milioni di persone siano state uccise da agenti patogeni batterici nel 2019, secondo uno studio pubblicato su The Lancet questa settimana, rendendo questa la seconda causa di morte a livello globale nel 2019.
Circa 33 agenti patogeni batterici in 11 sindromi infettive sono stati collegati al 13,6% di tutti i decessi globali nel 2019, secondo lo studio, condotto dall’Institute of Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’Università di Washington
Quasi il 55% di queste morti batteriche proveniva da soli cinque agenti patogeni: Staphylococcus aureus, Escherichia coli, Streptococcus pneumoniae, Klebsiella pneumoniae e Pseudomonas aeruginosa.
È questa la terza istantanea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che sintetizza il lavoro svolto nell’ambito del webinar dal titolo “Protecting alcohol control policies from vested interests” (3 settembre 2021) che ha visto la partecipazione attiva dell’Istituto Superiore di Sanità. Questa istantanea descrive i conflitti di interesse che esistono tra i governi e l’industria produttrice di bevande alcoliche nello sviluppo di politiche di sanità pubblica. In particolare, mostra esempi di accordi e di governance e gli strumenti per la gestione dei conflitti di interesse utilizzati in alcuni Paesi per garantire gli obiettivi di salute e di benessere e intende facilitare una riflessione sui modi per rafforzare la governance globale delle politiche di controllo sull’alcol.
In molti paesi le persone con disturbi mentali continuano a risiedere in grandi manicomi o in istituti di assistenza sociale con condizioni di vita precarie, con assistenza clinica inadeguata e frequenti violazioni dei diritti umani.
A vent’anni dal World Health Report 2001, Mental Health: New Understanding, New Hope (1), il primo storico riferimento per l’azione in salute mentale che segnò l’inizio di una nuova fase nella storia della salute mentale globale, l’OMS ha ritenuto fosse giunto il momento di produrre un nuovo Rapporto Mondiale dedicato alla salute mentale (2). Senza dubbio l’OMS deve essere sinceramente congratulata per questo fondamentale documento che sarà un riferimento per i prossimi decenni. Non tanto perché la visione e le raccomandazioni del Rapporto 2001 avessero perso validità ma perché, negli ultimi 20 anni, molti aspetti delle nostre società sono cambiati: mutamenti nella scienza e nella tecnologia ma soprattutto nel riconoscimento della salute mentale come componente essenziale della salute e sanità pubbliche (3).
a cura di Rita Longo, Elena Barbera – Dors che ringraziamo
Il cambiamento climatico è responsabile di rischi gravi quali uragani, alluvioni e incendi, e di minacce a insorgenza lenta quali ad esempio le alterazioni dell’ecosistema, l’insicurezza alimentare e idrica, la perdita dello spazio abitativo e dei riferimenti culturali.
I numerosi studi sull’impatto dei cambiamenti climatici su individui e comunità hanno riguardato in gran parte la salute fisica, ma è ormai dimostrato che l’aggravamento clima-correlato dei molti fattori di rischio socio-ambientali influenza pesantemente – in maniera diretta e indiretta – la salute mentale e psicosociale, e ciò provoca stress e peggiora le condizioni di salute soprattutto per le persone più vulnerabili, tra cui persone con pregressi problemi mentali. Si tratta perciò di una emergenza in aumento, alla quale bisogna rispondere con azioni concrete, in particolare interventi di sostegno psicosociale e di protezione della salute mentale.
Il recentissimo Policy Brief dell’Organizzazione Mondiale della Sanità fa il punto sulle conoscenze attuali e invita all’azione suggerendo strategie precise, in particolare interventi di salute mentale e supporto psicosociale (MHPSS) dei quali è stata indagata l’efficacia nel contesto generale delle situazioni di emergenza.
DoRS ha deciso di presentare l’interessante documento attraverso una sintesi, corredata da alcune delle incisive immagini originali.
Riproduciamo da TheConversation su licenza Creative Commons questo articolo molto importante che fa un primo consuntivo sulla esperienza drammatica del Covid 19 . Per favorirne la lettura in coda postiamo una traduzione automatica effettuata con google translator: il testo di riferimento rimane l’originale in lingua inglese. editor
A global report released today highlights massive global failures in the response to COVID-19.
The report, which was convened by The Lancet journal and to which we contributed, highlights widespread global failures of prevention and basic public health.
This resulted in an estimated 17.7 million excess deaths due to COVID-19 (including those not reported) to September 15.
The report also highlights that the pandemic has reversed progress made towards the United Nations Sustainable Development Goals in many countries further impacting on health and wellbeing.
The report, from The Lancet COVID-19 Commission, found most governments were ill-prepared, too slow to act, paid too little attention to the most vulnerable in their societies, and were hampered by low public trust and an epidemic of misinformation.
However, countries of the Western Pacific – including East Asia, Australia and New Zealand – adopted more successful control strategies than most.
This had resulted in an estimated 300 deaths per million in the region
(around 558 per million in Australia and 382 per million in New Zealand to September 12). This is compared with more than 3,000 per million in the United States and the United Kingdom.
The report also sets out 11 key recommendations for ending the pandemic and preparing for the next one.
Co-operation lacking
The report is the result of two years’ work from global experts in public policy, health, economics, social sciences and finance. We contributed to the public health component.
One of the report’s major criticisms is the failure of global cooperation for the financing and distribution of vaccines, medicines and personal protective equipment for low-income countries.
The report highlighted the critical role of strong and equitable public health systems. These need to have: strong relationships with local communities; investment in behavioural and social science research to develop more effective interventions and health communication strategies; and continuously updated evidence.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato, in coincidenza con il solstizio d’estate, il lancio di una app che, ovunque ci si trovi, indica il livello di raggi UV e le misure da adottare per esporsi al sole in maniera sicura. La app, il cui nome è SunSmart Global UV, è disponibile gratuitamente sugli store Apple e Google ed è stata realizzata in collaborazione con la World Meteorological Organization, lo United Nations Environment Programme e l’International Labour Organization. “Le prove dimostrano che la sovraesposizione ai raggi UV è la principale causa di cancro della pelle. Quindi è fondamentale che le persone sappiano quando e come proteggersi”, ha affermato Maria Neira, direttrice del dipartimento per l’Ambiente, i cambiamenti climatici e la salute dell’Oms. “Incoraggiamo tutti a utilizzare l’applicazione per proteggere se stessi e i propri figli e per farne un’abitudine quotidiana”. Per indicare il livello di rischio l’app usa l’indice UV, che descrive il livello di radiazione solare ultravioletta sulla superficie terrestre ed è espresso in una scala da 1 (o “Basso”) a 11 e superiore (o “Estremo”). “Questa app combina competenze meteorologiche, ambientali e sanitarie per aiutare a proteggere le persone dal sole sia al lavoro sia nel tempo libero. È unica perché utilizza i dati delle stazioni di misurazione meteorologiche e UV a livello nazionale per fornire letture dell’indice UV accurate e specifiche per posizione“, ha affermato il segretario generale della World Meteorological Organization Petteri Tallas. “È un ottimo esempio di scienza al servizio della società”.
Cerca SunSmart Global UV sugli Store di Apple (IOS) E Android
Gli organismi delle Nazioni Unite responsabili per i diritti globali del lavoro e della salute hanno confutato le dichiarazioni della lobby dell’industria dell’amianto secondo cui “sostengono” l’uso continuato del crisotilo, l’ultima fibra di amianto commercializzata. Le risposte schiaccianti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sono arrivate dopo che l’International Chrysotile Association (ICA) ha affermato che le politiche dell’OMS e dell’ILO sono favorevoli all’amianto. L’OMS ha risposto: “L’Organizzazione Mondiale della Sanità ribadisce la sua politica, che rimane invariata, che il modo più efficace per eliminare le malattie legate all’amianto è interrompere l’uso di tutti i tipi di amianto”. L’ILO ha ribadito la sua politica di lunga data che “chiede l’eliminazione dell’uso futuro dell’amianto”. Posizione dell’OMS sull’amianto crisotilo . Sito web dell’ACI
Forced to breathe at times through oxygen tubes, the Rev. Kevin Goode nonetheless counts his blessings. Although his lungs are scarred from asbestos exposure and he has chronic obstructive pulmonary disease, he’s in better condition than other former employees of rubber factories in Akron, Ohio.
Goode, retired pastor of Church of the Harvest, worked 15 years for the Goodyear Tire & Rubber Co. For most of that time, he tested the characteristics of competitors’ tires in a lab while other employees built new tires below. He didn’t think much about the asbestos, chemicals and soot inside the building, or the black clouds billowing from smokestacks around the Rubber Capital of the World.
“The stuff was everywhere – in your pores, on your skin,” Goode recalled of the lamp black, also known as carbon black, which added sturdiness and color to the tires but can cause skin conditions, cancer, respiratory problems and cardiovascular disease. “You take a shower, you blow your nose or if you cough up phlegm, it was always black.”
The Rev. Kevin Goode developed chronic obstructive pulmonary disease, or COPD, after working in a rubber factory for 15 years. (Courtesy of Yanick Rice Lamb)
Goode, 64, started at the factory in 1975 when he was 17. “You’re young and you think you’re invincible, but you knew it had an impact,” he said of his exposures.
È inedito per l’umanità doversi misurare con la contestualità di una pandemia respiratoria, una guerra con minaccia di escalation nucleare e l’incombere di cambiamenti climatici di natura antropica.
Spesso nella storia epidemie e guerre si intrecciano. Alcune volte i destini delle seconde sono intimamente legati all’imprevisto di una pestilenza. Si narra in proposito che per secoli l’arma difensiva più potente in Europa per resistere a un’aggressione fosse il tifo, malattia che puntualmente falcidiava le potenze assedianti impedendo la conquista di una stabile egemonia nel Vecchio Continente (1). È abbastanza inedito, tuttavia, per l’umanità doversi misurare con la contestualità di una pandemia respiratoria, una guerra con minaccia di escalation nucleare e l’incombere di cambiamenti climatici di natura antropica. Una trama sofferta che merita, anzitutto, un lessico appropriato oltre che strumenti adeguati per comprendere e affrontare le sfide che ne derivano in termini di salute pubblica.
È lungo questi binari che va interpretato un breve, ma densissimo editoriale del British Medical Journal (BMJ) (2), a firma del suo editor-in-chief Kamran Abbasi, che ripercorrendo una lunga serie di articoli pubblicati dalla rivista negli ultimi due anni punta un faro sulle crisi incontrollate dei giorni nostri ovvero quella climatica, quella pandemica e la più recente frutto dell’invasione militare mossa dalla Russia contro l’Ucraina. Se ne ricava così un contesto di plurime emergenze o, come definito dal BMJ, di multicrisi, che vede da una parte l’incapacità di farvi fronte simultaneamente dall’altra, come naturale conseguenza, lo spettro di un rimbalzo incessante e privo di soluzioni efficaci da una crisi all’altra. L’attenzione delle istituzioni e dei governi, del resto, si direbbe venire catturata con maggiore facilità dalla crisi cronologicamente più recente, facendo sfumare la focalizzazione sulle altre. Deriva da questo modo di procedere la tentazione di parlare di missione compiuta o di crisi sotto controllo anche quando non appare vero, aggrappandosi a un magic bullet da presentare come chiave di volta per porre fine all’emergenza. Continua a leggere “Di fronte a una multicrisi fuori controllo”
GAR2022: «Entro il 2030, il mondo potrebbe annullare i progressi sociali ed economici e affrontare 1,5 disastri al giorno»
[27 Aprile 2022]
Secondo il “Global Assessment Report on Disaster Risk Reduction 2022” (GAR2022) appena pubblicato dall’United Nations office for disaster risk reduction (UNDRR), come anticipazione del prima della Global Platform for Disaster Risk Reduction di maggio, «L’attività e il comportamento umani stanno contribuendo a un numero crescente di disastri in tutto il mondo, mettendo in pericolo milioni di vite e ogni progresso sociale ed economico».
Infatti, il GAR2022 rivela che, negli ultimi 2 decenni, ogni anno si sono verificati tra i 350 e i 500 disastri di medie e grandi dimensioni e prevede che «Entro il 2030, il numero di eventi catastrofici raggiungerà i 560 all’anno, o 1,5 disastri al giorno». Il rapporto UNDRR imputa questi disastri a «Alla fine della percezione del rischio interrotta basata su “ottimismo, sottovalutazione e invincibilità”, che porta a decisioni politiche, finanziarie e di sviluppo che esacerbano le vulnerabilità esistenti e mettono le persone in pericolo».
GAR2022 è stato redatto da un gruppo multidisciplinare di esperti di tutto il mondo e riflette le diverse aree di competenza necessarie per comprendere e ridurre i rischi complessi. I risultati del rapporto confluiranno nella Midterm Review dell’implementazione del Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030, che include consultazioni nazionali e revisioni di come i Paesi di tutto il mondo si stanno comportando rispetto all’obiettivo, agli obiettivi e ai target d’azione del Sendai Framework.
Il rapporto rileva che «L’attuazione di strategie di riduzione del rischio di catastrofi, come richiesto nel Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030, nell’ultimo decennio aveva ridotto sia il numero di persone colpite e ucciso da disastri. Tuttavia, la portata e l’intensità dei disastri sono in aumento, con più persone uccise o colpite da disastri negli ultimi 5 anni rispetto ai 5 anni precedenti».
I disastri hanno un impatto sproporzionato sui Paesi in via di sviluppo, che perdono in media l’1% del PIL all’anno a causa di disastri, rispetto allo 0,1 – 0,3% nei Paesi sviluppati. Il costo più alto è sostenuto dalla regione Asia-Pacifico, che ogni anno perde in media l’1,6% del PIL a causa di disastri, mentre le persone più povere soffrono maggiormente anche all’interno dei Paesi in via di sviluppo.
All’impatto a lungo termine dei disastri si aggiunge la mancanza di assicurazioni che aiutino le iniziative di ripristino e ripresa per ricostruire meglio. Il GAR2022 evidenzia che «Dal 1980, solo il 40% dei danni causati da calamità è stato assicurato, mentre i tassi di copertura assicurativa nei Paesi in via di sviluppo erano spesso inferiori al 10% e talvolta vicini allo zero».
Un’area di rischio crescente riguarda gli eventi meteorologici sempre più estremi a causa del cambiamento climatico. Basandosi sugli appelli ad accelerare gli sforzi di adattamento fatti alla COP26 Unfccc di Glasgow, il GAR2022 mostra come i responsabili politici possono rendere lo sviluppo e gli investimenti a prova di clima e sottolinea che «Questo include la riforma della pianificazione del bilancio nazionale per tenere conto del rischio e dell’incertezza, e al contempo la riconfigurazione dei sistemi legali e finanziari per incentivare la riduzione del rischio». Il rapporto fornisce anche esempi di buone pratiche dalle quali i Paesi possono imparare, come l’innovativa carbon tax del Costa Rica sul carburante approvata nel 1997, che ha contribuito a invertire la deforestazione, uno dei principali fattori di rischio di catastrofi, a beneficio dell’economia. In Costa Rica nel 2018, il 98% dell’elettricità proveniva da fonti di energia rinnovabile.
Mami Mizutori, rappresentante speciale del Segretario generale dell’Onu per la riduzione del rischio di catastrofi e capo dell’UNDRR, ha concluso: «I disastri possono essere prevenuti, ma solo se i Paesi investono tempo e risorse per comprendere e ridurre i propri rischi. Ignorando deliberatamente il rischio e non integrandolo nel processo decisionale, il mondo sta in realtà finanziando la propria distruzione. I settori critici, dal governo allo sviluppo e ai servizi finanziari, devono ripensare urgentemente a come percepiscono e affrontano il rischio di catastrofi. Poiché è in corso la revisione intermedia del Sendai Framework, questo rapporto dovrebbe essere un campanello d’allarme che i Paesi devono accelerare l’azione attraverso le 4 priorità del Sendai Framework per fermare la spirale di disastri in aumento. La buona notizia è che le decisioni umane sono i maggiori fattori che contribuiscono al rischio di catastrofi, quindi abbiamo il potere di ridurre sostanzialmente le minacce poste all’umanità, e in particolare ai più vulnerabili tra noi».
-Quale prevenzione è possibile? Come proteggere salute e ambiente?–
Anche se la COVID-19 ci ha insegnato che occorre mettere la Salute al centro di qualsiasi “transizione” che punti alla sostenibilità sociale ed ecologica, occorre fare molta attenzione, perché esistono diversi gravi rischi. In primo luogo, perché si può confondere la Salute con la felicità e la bellezza, come sembra suggerire il bombardamento quotidiano della pubblicità. Poi, perché è assai comune pensare che la Salute sia un fatto personale.
In realtà, il “patrimonio” del nostro corpo ci permette la relazione con l’esterno (gli altri, la cultura e l’ambiente). Solo con questa consapevolezza si può organizzare una prevenzione niente affatto velleitaria e non rimandabile, anche e soprattutto per affrontare le sfide globali che purtroppo ci attendono.
GLI AUTORI
Giovanni S. Leonardi, medico di sanità pubblica formato in Italia, Paesi Bassi e Regno Unito, dirige il gruppo di epidemiologia ambientale presso l’agenzia di sanità pubblica del Regno Unito.
Paolo Lauriola, medico, epidemiologo già responsabile dell’Unità di Epidemiologia del Dipartimento di Prevenzione della USL di Modena e della Epidemiologia ambientale dell’ARPA Emilia-Romagna.
Simonetta Martorelli, medico di sanità pubblica, autore della monografia Guida ai Servizi d’Igiene Ambientale del 1981, e già direttore del Dipartimento Materno Infantile della ASL RM B a Roma per i servizi ospedalieri e territoriali.
Jan C. Semenza, epidemiologo medico, è stato il capo del programma sui determinanti della salute presso il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), dove ha diretto il lavoro sui determinanti ambientali e sociali delle malattie infettive.
Politicamente – Prospettive e valori del pensiero democratico
If the pandemic had happened ten years ago, what would it have looked like? Doubtless there would have been many differences, but probably the most striking would have been the relative lack of genomic sequencing. This is where the entire genetic code – or “genome” – of the coronavirus in a testing sample is quickly read and analysed.
At the beginning of the pandemic, sequencing informed researchers that they were dealing with a virus that hadn’t been seen before. The quick deciphering of the virus’s genetic code also allowed for vaccines to be developed straight away, and partly explains why they were available in record time.
Omicron is the new COVID kid on the block: five steps to avoid, ten to take immediately
What not to do: ban travel. Scenes at South Africa’s OR Tambo International airport after the first flight bans were announced. Phill Magakoe / AFP via Getty Images
The new variant – identified as B.1.1.529 has been declared a variant of concern by the World Health Organisation and assigned the name Omicron.
The mutations identified in Omicron provide theoretical concerns that the variant could be slightly more transmissible than the Delta variant and have reduced sensitivity to antibody activity induced by past infection or vaccines compared to how well the antibody neutralises ancestry virus.
As vaccines differ in the magnitude of neutralising antibody induced, the extent to which vaccines are compromised in preventing infections due to Omicron will likely differ, as was the case for the Beta variant.
È passato più di un anno da quando la malattia del Coronavirus (COVID-19) ha colpito l’Europa e molte delle misure di risposta necessarie per affrontare la pandemia, dal lavoro da casa al distanziamento sociale, fanno ora parte della nostra vita quotidiana. Nella primavera del 2020, la maggior parte dei cittadini, sebbene timorosa dei primi devastanti impatti del virus, non prevedeva che le loro vite sarebbero state colpite in modo così drammatico e che gli effetti economici, sociali e lavorativi della pandemia si sarebbero protratti così a lungo .
Il COVID-19 ha messo in luce quanto siano stati veramente fragili i progressi compiuti su questioni come l’uguaglianza di genere e la convergenza socioeconomica in Europa, con le donne, i giovani e gli emarginati economicamente e socialmente più colpiti. Quasi ogni aspetto della nostra vita lavorativa e familiare è cambiato e, allo stesso modo, tutte le aree di ricerca di Eurofound sono state contrassegnate da COVID-19. Non solo abbiamo lanciato tre round dell’ormai punto di riferimento del sondaggio online Living, working e COVID-19 in 12 mesi per analizzare il rapido cambiamento in corso, ma le analisi nei nostri sondaggi esistenti e nei rapporti di punta hanno esaminato specificamente gli impatti di la pandemia su tutta la linea. Continua a leggere “Eurofound. COVID-19 un anno dopo: un’Europa cambiata”
On July 19 2021, nearly all legal restrictions aimed at limiting the spread of COVID-19 were removed in England. A requirement to isolate at the request of NHS Track and Trace remains for people exposed to an infected person and who aren’t double vaccinated, but other control measures such as the closure of nightclubs and limits on the size of indoor social gatherings have been lifted.
This move marked the end of the “roadmap” for gradually easing restrictions, which had been announced back in February. A major point stressed by politicians was that progress towards opening up again would be “irreversible”.
Yet following the relaxation of restrictions in the summer of 2020, control measures were ultimately reintroduced the following winter with national lockdowns in November 2020 and January 2021. So a natural question now is, will 2021 be any different?
Le raccomandazioni del Technical Advisory Group (TAG) sugli impatti sulla salute mentale di COVID-19 nella regione europea dell’OMS rappresentano il lavoro del TAG tra febbraio e giugno 2021. Nella sua seconda riunione del 23 marzo 2021, il TAG ha concordato di inquadrare le raccomandazioni in tre aree chiave di impatto: popolazione generale e comunità; gruppi vulnerabili; servizi pubblici di salute mentale. Le bozze di raccomandazioni per ciascuna area tematica sono state oggetto di due cicli di discussione durante il terzo e il quarto incontro del TAG, tenuti rispettivamente il 23 aprile e il 28 maggio 2021. Le raccomandazioni sono approvate dal TAG in quanto rappresentano le migliori prove disponibili con la consulenza di esperti sugli impatti sulla salute mentale di COVID-19 e le relative opportunità di azione.
Riteniamo opportuna la diffusione e la conoscenza dei contenuti di questo Documento elaborato da un Panel indipendente del G20 per affrontare con una vision del futuro la complessità dei problemi nell’eta della pandemia. Il rilievo di questo elaborato è rappresentato dal fatto che vi è un approccio per scenari ed un richiamo alle autorità degli Stati ad assumere una visione strategica rispetto alla fuoriuscita dalla pandemia. Il documento è complesso e va studiato con meticolosità e precisione in particolare per quanto attiene i problemi della prevenzione. Editor
Puoi scaricare il documento cliccando il link che segue
Analysis: Mounting Pressure on China About Covid ‘Lab Leak’ Could Backfire
Arthur Allen
President Joe Biden has ordered U.S. intelligence agencies to determine whether the covid virus, or a near ancestor, emerged from a cave, a live-animal market, a farm — or a secretive Chinese laboratory.
But it’s doubtful this probe will yield definitive insights, and it could even backfire.
Some experts hypothesize that global pressure could prompt a Chinese scientific whistleblower to come forward with evidence of a lab leak. After all, it is unlikely such an accident could have occurred without dozens of people finding out about the leak, or an ensuing cover-up.
But the growing political pressure to discover Chinese malfeasance or a lab accident at the root of the pandemic could make a definitive answer less, rather than more, likely, according to virologists and experts on U.S.-China scientific exchanges.
“We have to reduce the political tension and let the scientists do the work, not the politicians,” said Dr. Jennifer Huang Bouey, a Chinese-born Rand Corp. researcher.
In questo articolo di Health Policy WatchElaine Ruth Fletcher descrive la complessità di una ricerca approfondita sull’origine del Coronavirus con particolare riferimento ai passaggi di spillover fino agli umani. I dubbi che il virus possa essere passato agli umani in un laboratorio di ricerca cinese per negligenze operative sono alla base delle ricerche in atto. L’autrice con interviste mette in chiaro l’elevato rischio di strumentalizzazioni politiche o meglio di natura geopolitica che possono alterare le modalità e i percorsi di questa ricerca della verità. Ancora una volta la scienza deve confrontarsi con molti fattori di confusione che possono mettere in discussione i risultati di questa ricerca.
Trascorreranno numerosi secoli – fino al 1789 in Francia, al 1861 in Russia – prima che una campana, ben grande e dal rintocco grave come quella dell’Arengo del Palazzo del podestà in piazza Maggiore a Bologna nell’agosto 1256, annunciasse la fine della “servitù della gleba” e, dunque, la restituzione della libertà, perduta da secoli, a 5.855 esseri umani destinati a rimanere, compresa la loro discendenza, nella condizione di autentica proprietà privata delle 400 abbienti famiglie bolognesi, alla medesima stregua di una proprietà terriera, come gli arbusti e gli impianti agricoli con annessi vari, bestiami cortilivi e armenti inclusi. L’onere del riscatto fu sostenuto dalle casse pubbliche del Libero Comune in ragione di 8 lire per ogni bambino e 10 lire per i maggiori di 14 anni (A. Antonelli, Il Liber Paradisus, Marsilio 2008).
India finds itself in the throes of a humanitarian disaster. Until March 2021, case numbers were low in most parts of the country, leading many to think that the worst was over. Much like in Brazil though, jingoism, overconfidence and false reassurance from the political elite negated hard-won progress.
Mass gatherings have acted as state-sanctioned super-spreader events. More infectious variants and a sluggish uptake of vaccines are also fuelling the current surge. These are the triggers, but there are more deep-rooted issues at the heart of the current crisis.
India is an inherently high-risk country for an epidemic. The country holds 1.4 billion people, living in crowded areas with extensive community networks and limited facilities for sanitation, isolation and healthcare.
Un contratto con clausole capestro firmato dal governo brasiliano con la ditta PFIZER per la fornitura del vaccino.
Clausole capestro per l’acquirente e nessun vincolo o impegno nei tempi e nelle quantità di consegna dei vaccini da parte di Pfizer.
Questa vicenda dimostra la debolezza dei singoli stati quando bussano alle porte di una multinazionale del farmaco in una fase di pandemia. La stessa Unione Europea , verosimilmente, ha firmato contratti capestro, per ora secretati, con le Big Pharma come Pfizer. Le istituzioni globali, i governi degli stati, dopo la fase acuta della pandemia, dovranno normare su scala mondiale i rapporti con Big Pharma per il futuro in modo che non si ripeta questa situazione. (editor)
The World Health Organization (WHO) overnight released its report into the origins of the coronavirus, a report I contributed to as a member of the recent mission to Wuhan, China.
The report outlines our now well-publicised findings: SARS-CoV-2, the virus that causes COVID-19, most likely arose in bats, and then spread to humans via an as-yet unidentified intermediary animal. The evidence we have so far indicates the virus was possibly circulating in China in mid-to-late November 2019. We considered viral escape from a laboratory extremely unlikely.
However, the release of the report prompted governments, including in the United States, United Kingdom and Australia, to share their concerns over whether investigators had access to all the data. The joint statement also called for greater transparency when investigating pandemics, now and in the future.
La temperatura del pianeta continua a crescere e le proiezioni dicono che è molto probabile che tra il 2030 e il 2040 arriveremo ad un riscaldamento globale medio di 1,5°C. L’impatto del cambiamento è sempre più evidente, con gli eventi estremi che diventano più intensi e frequenti e con ulteriori rischi per la salute a cominciare da quello di pandemie. Non si può far finta di niente! Occorre definire politiche basate sulle evidenze scientifiche e sostenere la partecipazione alle decisioni che condizioneranno la nostra vita quotidiana sulla terra. Occorre un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ci faccia uscire dalla catastrofe attuale, eviti quelle prevedibili per il futuro e punti sui co-benefici per il clima e la salute derivanti dalle azioni che riducono l’inquinamento.
Giulio Betti (meteorologo LAMMA-IBE/CNR), Fabrizio Bianchi (epidemiolgo CNR), Antonio Bonaldi (medico Slow medicine), Roberto Buizza (fisico Scuola Superiore Sant’Anna), Mario Carmelo Cirillo (ingegnere già ISPRA), Daniela D’alessandro (medico Sapienza UNI Roma), Gianluigi De Gennaro (chimico UNI BA), Aldo Di Benedetto (medico Ministero Salute), Francesco Forastiere (epidemiologo CNR), Paolo Lauriola (epidemiologo RIMSA), Carmine Ciro Lombardi (chimico e tecnologo farmacologo Tor vergata UNI Roma), Alberto Mantovani (tossicologo ISS), Vitalia Murgia (medico CESPER), Francesca Pacchierotti (biologa ENEA), Maria Grazia Petronio (medico UNI PI), Pietro Paris (ingegnere ISPRA), Paolo Pileri (docente PoliMI), Roberto Romizi (medico ISDE), Gianni Tamino (biologo già UNI PD), Raffaella Uccelli (biologa ENEA), Sandra Vernero (medico Choosing wisely Italy), Giovanni Viegi (pneumologo ed epidemiologo CNR), Paolo Vineis (epidemiologo Imperial College London).
Questo documento non esprime necessariamente la posizione delle istituzioni di provenienza degli autori.
Qualsiasi tentativo di rendere il nostro mondo più sicuro è destinato a fallire a meno che non si affrontino l’interfaccia critica tra persone e agenti patogeni e la minaccia esistenziale del cambiamento climatico, che sta rendendo la nostra Terra meno abitabile.
Ghebreyesus T.A., DG dell’OMS. Discorso alla 73a Assemblea mondiale della Sanità, 18 maggio 2020
Tutti gli organismi scientifici nazionali ed internazionali, governativi e non governativi concordano sulla gravità della crisi del clima che rappresenta già allo stato attuale una grande minaccia per la salute globale e nelle proiezioni future un rischio inaccettabilmente alto di eventi potenzialmente catastrofici.
Secondo l’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, future pandemie emergeranno più spesso, si diffonderanno più rapidamente, arrecheranno più danni all’economia mondiale e determineranno la morte di più persone rispetto a quelle uccise dal Covid-19, qualora non si cambi l’approccio al problema passando dalla reazione – agire dopo che il problema si è verificato – alla prevenzione. Questo soprattutto considerando che:
si stima esistano altri 1,7 milioni di virus ancora “non scoperti” nei mammiferi e negli uccelli di cui fino a 850.000 potrebbero avere la capacità di infettare le persone;
il contesto socio-ambientale (dall’inquinamento atmosferico, delle acque e dei suoli, alle diseguaglianze che si riflettono sui determinanti di salute come l’alimentazione e l’ambiente di vita e di lavoro) favorisce la vulnerabilità delle comunità, di fasce di popolazione e di singoli individui alle pandemie;
gli sforzi economici per la ripresa sono stimati essere 100 volte superiori a quelli per la prevenzione.
Riportiamo in forma sintetica i dati della pandemia su scala europea. I dati sono significativi, non sono necessari commenti. Per coloro che si lamentano per le restrizioni decretate dal governo italiano suggeriamo di leggere le prescrizioni del governo inglese. Editor
Intervista a David Quammen, autore di Spillover, per guardare con lui alla salute globale, all’Africa e al ruolo delle organizzazioni di cooperazione internazionale.
«Qualche Cassandra bene informata parla addirittura del Next big one, il prossimo grande evento, come di un fatto inevitabile. Sarà causato da un virus? Si manifesterà nella foresta pluviale o in un mercato cittadino della Cina meridionale? Farà trenta, quaranta milioni di vittime?»
Era il 2012 quando David Quammen scriveva queste parole nel suo saggio “Spillover. Animal Infections and the Next Human Pandemic”[1], un viaggio “dentro” le epidemie della storia, e a rileggerle oggi suonano come una profezia. Niente del genere, solo una riflessione o, meglio, una domanda critica, maturata attraverso studio e osservazione: gli spillover – i salti di specie – non sono certo una novità nella storia delle malattie infettive – si pensi a HIV, Ebola, Sars – ma vanno letti oggi in un contesto planetario dove le distanze, tra luoghi geografici, esseri umani, mondo animale e addirittura quelle con l’ambiente selvaggio, si sono accorciate. E le possibilità di queste “tracimazioni” da una specie animale all’uomo di conseguenza aumentano. Continua a leggere “Pandemie ed equilibri globali”
To date, over 32.7 million COVID-19 cases and 991 000 deaths have been reported to WHO. During the week of 21–27 September, there were more than 2 million new cases and 36 000 new deaths reported, which is similar to the numbers reported the previous week. Cumulative deaths are expected to exceed
one million in the coming week.
Se continua la tendenza attuale, circa 5 miliardi di persone non avranno ancora accesso alla salute nel 2030, termine entro il quale (secondo l’Agenda 2030 dell’ONU) i dirigenti mondiali hanno fissato la realizzazione della copertura sanitaria mondiale. La stragrande maggioranza delle persone che non hanno accesso sono povere .
(OMS, Rapporto su monitoraggio dello stato della copertura sanitaria universale, settembre 2019).
L’allerta è grave perché per raggiungere l’obiettivo occorrerà raddoppiare la copertura attuale in soli dieci anni!
Per alcuni decenni dopo la Seconda guerra mondiale, in alcuni paesi “ricchi” del mondo (Paesi scandinavi, Germania, Olanda, Francia e, meno, Italia, niente negli Stati Uniti) grandi passi in avanti furono compiuti grazie alle politiche del welfare centrate sulla protezione e la sicurezza sociale. Inoltre, ai primi anni ’70 si registrò un inizio di riduzione del tasso di crescita delle grandi disuguaglianze di reddito tra Paesi “ricchi” e Paesi impoveriti
Tutto cambiò nel decennio ‘70 a seguito del crollo del sistema finanziario internazionale messo in piedi nel ‘45-‘48 dalle potenze occidentali. I gruppi sociali del Nord, principali detentori dei capitali mondiali iniziarono con successo a smantellare lo Stato del Welfare accusato di aver condotto alla crisi del sistema perché aveva incoraggiato nella ripartizione del reddito prodotto un aumento della parte dedicata ai redditi da lavoro e, relativamente, diminuito quella andata ai redditi da capitale. Da qui riuscirono in meno di vent’anni ad imporre le grandi ondate di mercificazione di ogni forma di vita (brevetti sul vivente e sull’intelligenza artificiale compresi) e di privatizzazione e finanziarizzazione dell’intera economia, inclusi i beni e i servizi pubblici.
Russia, India, Cina, chi più o meno con autonomia, si sono integrate nella nuova economia mondiale dominata dal neocapitalismo finanziario ad alta intensità tecnoscientifica e, soprattutto, tecnocratica. Le conseguenze per la vita della Terra sono state disastrose: devastazioni ambientali e climatiche, sconquasso economico, disastro sociale, guerre, militarizzazione della economia e della politica. È in questo contesto come mai convulso e violento che si è manifestata la crisi sanitaria mondiale da Coronavirus. Questa ha toccato finora soprattutto i Paesi “più ricchi” al mondo. Ed è probabilmente per questa ragione che, contrariamente alle precedenti pandemie, essa è diventata di gran lunga la grande questione del nostro tempo, per lottare contro la quale i potenti del mondo hanno adottato misure mai viste nel passato quali il confinamento di milioni e milioni di persone con conseguente arresto generale delle attività economiche, salvo quelle essenziali di prima necessità. Continua a leggere “Riccardo Petrella: La risposta mondiale al Coronavirus. Che mistificazione!”
Il trauma psicologico è la prossima crisi per gli operatori sanitari del coronavirus Il culto degli eroi da solo non protegge i clinici in prima linea dall’angoscia
GB. I sindacati mettono in guardia contro la riapertura prematura delle scuole
I segretari generali di 10 sindacati degli insegnanti in tutto il Regno Unito e in Irlanda hanno scritto ai ministri dell’istruzione in tutte e 5 le giurisdizioni sollecitando “un’attenzione significativa in qualsiasi considerazione relativa alla riapertura delle scuole
========================= GERMANIA SINDACATO DELLA FUNZIONE PUBBLICA VER.DI Stress estremo per i dipendenti
In vista della diffusione del coronavirus, ver.di sottolinea l’elevato onere per gli operatori sanitari e chiede miglioramenti fondamentali
Comunicato stampa, Berlino, 12 marzo 2020.In vista della rapida diffusione del coronavirus (Covid-19) anche in Germania, il sindacato ver.di richiama l’attenzione sulle elevate esigenze del personale ospedaliero e chiede miglioramenti strutturali. “I dipendenti degli ospedali sono professionisti. In una situazione di crisi, fanno tutto il possibile per salvare vite umane e rallentare la diffusione del virus “, ha spiegato Sylvia Bühler, responsabile dell’assistenza sanitaria nel consiglio esecutivo federale ver.di. “Anche senza l’estremo onere dell’epidemia, troppo spesso i dipendenti vanno oltre i propri limiti perché si preoccupano del benessere e della sicurezza dei pazienti. Deve quindi finire che i proprietari della clinica e le persone politicamente responsabili traggano vantaggio da questo impegno. Tutti i responsabili devono ora impostare il segnale: Stiamo lavorando duramente per migliorare le condizioni di lavoro. Innanzitutto, ciò significa più personale “.
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United Workers Union, il sindacato dei lavoratori della sicurezza, afferma che gli appaltatori al servizio dei principali aeroporti australiani hanno respinto le richieste dei loro lavoratori di adottare misure di protezione contro il coronavirus, scegliendo di mettere i profitti in vantaggio della sicurezza dei lavoratori.
Il personale dell’aeroporto, compresi gli ufficiali di stanza ai punti di controllo di sicurezza e gli addetti alle strutture, potrebbe non avere altra scelta se non quella di interrompere il lavoro, dopo che gli è stato detto che non gli è permesso indossare indumenti protettivi perché ciò farà sentire i clienti a disagio. In alcuni casi, i lavoratori che hanno presentato una richiesta di indossare una maschera sono stati minacciati di azioni disciplinari.
L’accesso all’igiene di base, come il sapone, è stato anche identificato dagli addetti alla sicurezza all’aeroporto di Sydney come una delle principali preoccupazioni. Il sindacato afferma che l’appaltatore Certis Security Australia non ha finora affrontato la questione.
Il portavoce della United Workers Union per i servizi immobiliari, Damien Davie, ha dichiarato: “È spaventoso e pericoloso non dare la priorità alla sicurezza del personale aeroportuale perché i datori di lavoro sono preoccupati di allarmare i clienti. La sicurezza dei nostri membri e del pubblico deve sempre venire al primo posto.
“Il coronavirus è una malattia potenzialmente letale. L’Organizzazione mondiale della sanità l’ha dichiarata un’emergenza sanitaria globale. Minacciare un’azione disciplinare per una richiesta di indossare una maschera non è solo irresponsabile ma immorale.
“Il personale aeroportuale si sta mettendo a rischio per assicurarsi che i nostri aeroporti possano rimanere aperti. È noto al pubblico che un paziente coronavirus ha viaggiato su un volo interno in Australia. I datori di lavoro devono riconoscerlo fornendo a tutto il personale le attrezzature di protezione necessarie per svolgere il proprio lavoro con un rischio minimo per il proprio benessere.
“Se le esigenze di salute e sicurezza di questi lavoratori non vengono soddisfatte, la United Workers Union indirizzerà i membri a cessare il lavoro anche se ciò significa mettere a terra ogni volo nel paese. Non staremo a guardare mentre i nostri membri sono esposti a questo orribile virus a causa del contatto diretto con i passeggeri da parte degli operatori di sicurezza dell’aeroporto. ”