12 Febbraio 2025

 

 

Fonte: areaonline.ch 

Autore: Loris Campetti che ringraziamo 

Ecco i numeri spaventosi che testimoniano il fallimento delle misure adottate dal Governo, che anzi hanno aggravato la tendenza criminale

Per la prima volta negli ultimi 17 anni i morti sul posto di lavoro superano, e ampiamente, le mille unità: sono 1.055, a cui vanno aggiunti i lavoratori che hanno perso la vita in itinere, durante la prestazione lavorativa oppure nel trasferimento da casa al lavoro e viceversa. Secondo l’Osservatorio di Bologna, attivo dal 6 dicembre del 2006, giorno della strage alla ThissenKrupp di Torino in cui persero la vita tra le fiamme della fonderia 7 operai, nel 2024 in Italia si è realizzato il record di 1.482 morti. Anche l’ente ufficiale che certifica il decesso dei lavoratori, l’INAIL che non conteggia le vittime non assicurate all’istituto, è costretto ad ammetterne l’aumento: più di 1.000 nei primi 11 mesi dello scorso anno con un aumento del 3,3% sullo stesso periodo del 2023. In particolare, nel triste elenco dei caduti aumenta il numero delle donne (+1%), dei lavoratori extracomunitari (+4,8%), degli ultrasessantenni (+6,7%). Pur non essendo disponibile un calcolo sia pure approssimato delle morti provocate dalle malattie contratte nel corso della vita lavorativa, si sa che lo scorso anno sono state protocollate 81.671 malattie professionali con un aumento del 21,7% sul ’23 e addirittura del 46,5% sul 2022.

Sono numeri spaventosi, inaccettabili persino in una democrazia ormai illiberale come sta diventando quella italiana; testimoniano il fallimento dei provvedimenti presi dal governo negli ultimi due anni che non hanno invertito ma aggravato una tendenza criminale. Perché le morti sul lavoro non sono incidenti ma crimini, perché gli incidenti, gli infortuni, possono essere prevenuti; storia, cultura, scienza e tecnica potrebbero essere d’aiuto se davvero si volesse fare un’opera di bonifica, invece a dettare legge sono sempre e solo gli interessi delle aziende, cioè il profitto senza il rispetto delle condizioni lavorative, dunque della condizione umana.

Si lavora di più e si muore di più

Si muore più di ieri, tra l’altro, in conseguenza dell’allungamento dell’età lavorativa, con la pensione che slitta sempre più avanti nel tempo. Il 30% dei deceduti aveva più di sessant’anni e sono addirittura 157 gli ultrasettantenni morti sul lavoro nel corso del 2024. Le altre cause della strage sono quelle che denunciamo su queste pagine da anni, da ben prima dell’insediamento del governo fascio-liberista di Giorgia Meloni che ha sicuramente provocato un aggravamento della situazione: scarsità dei controllori e dei controlli sulla sicurezza (adesso gli enti ispettivi devono annunciare in largo anticipo le visite di controllo), precarizzazione crescente del lavoro, frantumazione della filiera con l’esplosione degli appalti e subappalti a pioggia.

Cresce l’ostilità nei confronti dei rappresentanti sindacali per la sicurezza, nonostante sia certificato da tutte le statistiche che le realtà lavorative in cui si muore di meno sono quelle più sindacalizzate. Si muore di più nell’agricoltura, nell’edilizia, nell’autotrasporto, nell’artigianato e nell’industria. E spesso sono i nuovi lavori quelli più a rischio. Come il lavoro dei rider che ci portano la pizza a casa in bici o in motorino: che piova, nevichi o splenda il sole poco importa. La nuova catena di montaggio, e la pizza, non si possono fermare, bisogna pedalare senza sosta, anche durante le alluvioni.

2 thoughts on “Nel 2024 record di morti sul lavoro in Italia

  1. I valori assoluti non dicono nulla, dal punto di vista di ‘miglioramento’ o ‘peggioramento’ della situazione. Se non si confrontano il numero di morti sul lavoro ogni 100000 occupati, ogni considerazione/affermazione non ha senso ed è fuorviante. Il colore del governo non centra nulla, perchè non influisce minimamente sul numero degli occupati in Italia. Tale numero è determinato da fattori esclusivamente economici, non politici.

  2. I valori assoluti sono importanti. In ogni caso il numero di infortuni mortali sul lavoro non vanno valutati solo sull’indicatore grezzo del 100.000 occupati generici ma sulla base delle ore lavorate nello specifico profilo di rischio del settore o comparto. Per una valutazione degli incidenti gravi o mortali va valutato , per esempio, sulle ore/anno lavorate in edilizia per gli incidenti mortali o gravi in edilizia. L’indicatore di incidenza dei 100000 occupati generici rischia di dirci poco o niente sul profilo di rischio di comparto. Del tutto fuorviante poi è il giudizio che le politiche governative non c’entrano con le dinamiche infortunistiche: le norme di liberalizzazione dei subappalti che registrano la esternalizzazione della responsabilita della valutazione e gestione dei rischi dalla stazione appaltante alle aziende dell’appalto e subappalto. Le norme in materia di appalti le ha proposte la maggioranza che governa. Il governo poi ha responsabilità presso la mancata copertura del numero necessario di ispettori per la sicurezza del lavoro, senza contare le norme che hanno depotenziato il ruolo degli ispettori. Come dire la materia è complessa e non è solo “tecnica”. I determinanti delle condizioni di lavoro in sicurezza sono plurimi, dipendono dalla capacità delle imprese di fare risk assessment e risk management, dalle norme che regolano il mercato del lavoro e degli appalti. Come dire , le affermazioni del Sig, Pane che i determinanti sarebbero solo di natura “economica” appare abbastanza riduttiva.

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