8 Dicembre 2024

 

 

Come finirà a Gaza, quando finirà, se finirà … quello che è certo è che, nel momento in cui sarà finita la situazione attuale ed il massacro in atto si comincerà a porre il problema del futuro di Gaza. Prescindendo dal futuro politico, sappiamo tutti come, tra le diverse drammatiche situazioni economiche e sociali che esploderanno, ci sia, con un peso enorme, quella sanitaria. Gli ospedali sono stati polverizzati, ci vorranno anni e molti fondi per ricostruirli e lo stesso vale per le attrezzature. Tra le vittime ci sono centinaia di medici e infermieri e ci vorranno molti anni per rimpiazzarli, e questo in tempi in cui si dovranno gestire centinaia o migliaia di amputati, di persone con altre lesioni invalidanti e deturpanti, di bambini (e non solo bambini) portatori di traumi psichici che non riusciamo nemmeno ad immaginare (e abbiamo paura ad usare la parola genocidio?).

Ma c’è un altro problema di cui ora quasi non di parla e che si porrà invece nei prossimi decenni come uno dei più critici: il problema dell’amianto. Le sue dimensioni sono incredibili (anche se va precisato che si tratta per ora di stime, però provenienti fa fonti qualificate).

Il 1° maggio 2024 sul sito SWISSinfo.ch compaiono i dati del servizio ONU per la lotta contro le mine e gli ordigni inesplosi (UNMAS), che fanno riferimento ai territori palestinesi di Gaza: in questa striscia di circa 40 km di lunghezza da nord a sud vi sono 37 milioni di tonnellate di macerie (più che su tutta la linea del fronte in Ucraina, lunga quasi 1.000 km). Secondo Charles Mungo Birch, capo del succitato servizio, ci vorranno non meno di 14 anni per rimuoverle. Questi dati sono ripresi anche da un articolo di Gilbert Achcar su “Le Monde diplomatique” del 18 giugno 2024.

Ma non è solo un problema di quantità, il problema è anche l’estrema pericolosità di queste macerie: sempre Birch afferma che “queste macerie sono probabilmente fortemente contaminate da munizioni inesplose, ma ripulirle sarà ulteriormente complicato da altri pericoli presenti”.

E tra i pericoli presenti, drammatico è quello correlato all’amianto: si stima che tra le macerie di Gaza ci siano oltre 800.000 tonnellate di amianto, sempre secondo il responsabile dell’UNMAS (e anche se fossero solo la metà … sarebbero sempre una quantità spaventosa).

Abbiamo quindi migliaia e migliaia di persone che vivranno in ambienti fortemente contaminati da amianto, che dovranno scavare e trasportare (dove?) tonnellate di macerie contenenti amianto, con un impatto sui livelli di rischio, sia ambientale che lavorativo, che non è al momento quantificabile ma che non si fatica ad immaginare terrificante, per persone debilitate nel corpo e nello spirito dalla guerra. Questo, in un contesto in cui le strutture sanitarie sono state rase a zero o quasi, e che comunque quando ripartiranno dovranno gestire le drammatiche urgenze quotidiane e potranno dedicare poche risorse a prevenire i danni futuri, come i mesoteliomi da amianto. Pensate a quanto se ne è parlato a proposito delle torri gemelle di New York e fate un confronto tra le diverse dimensioni quantitative del problema dell’amianto nelle macerie (nelle torri gemelle si stimò la presenza di 5.000 tonnellate di amianto …) e la diversa capacità di risposta dei servizi sanitari.

Tenendo conto che i tempi di latenza del mesotelioma pleurico, il principale tumore da amianto, oscillano tra i 20 e i 40 anni (ovvero il mesotelioma inizia a manifestarsi tra le persone esposte in genere non prima di 20 anni dall’inizio dell’esposizione e non oltre i 40 dall’inizio stesso), dalla prima metà degli anni ’40 del nostro secolo avremo i primi casi … e nessuno oggi può dire quando avremo gli ultimi : dipenderà da quanto tempo si protrarranno i lavori di rimozione della macerie e bonifica dell’amianto. Come pure credo che oggi sia impossibile prevedere con una sufficiente attendibilità quanti saranno i casi, anche se credo che ipotizzare numeri dell’ordine di diverse migliaia non sia una follia. E questa sarà una delle tante code della guerra di Gaza (vogliamo chiamarlo genocidio ritardato?).

Leopoldo Magelli  medico del lavoro, 

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