Solitudine e salute

Fonte: Saluteinternazionale che ringraziamo 

Autrice : Letizia Fattorini

La solitudine può contribuire ad una costellazione di disturbi psichici e/o fattori di rischio psicosociali, inclusa la sintomatologia depressiva: alcolismo, pensieri suicidi, impulsività e comportamenti aggressivi, ansia sociale. È anche un fattore di rischio per patologie cardiache e obesità  e sembra contribuire alla progressione della malattia di Alzheimer.

Sin dall’antichità, milioni di persone sono morte a causa di epidemie di peste, influenza, colera e altre infezioni (la recente da Covid-19) causate da batteri, virus o altri microrganismi. Grazie ai progressi della medicina, con i vaccini e gli antibiotici siamo riusciti a ridurre fortemente o addirittura eliminare questi assassini di massa.

Le società moderne stanno però affrontando un nuovo tipo di patologie contagiose e a rapida diffusione: le epidemie comportamentali. I tassi annuali di mortalità per suicidio e overdose da oppiacei sono aumentati negli ultimi due decenni e, ad oggi, sono responsabili del decesso di un americano ogni cinque minuti e mezzo. A contribuirvi non è un microbo patogeno, ma piuttosto una “tossina comportamentale”, difficile da rilevare e sempre più frequentemente letale: la solitudine (1). Più di un quinto degli adulti americani riferisce che spesso, o addirittura sempre, si sente solo o isolato dagli altri. La solitudine è una condizione soggettiva, in cui l’individuo si percepisce socialmente isolato anche quando si trova in mezzo ad altre persone (2): detta anche “isolamento sociale percepito”, essa è correlata, ma distinta dall’isolamento sociale, che è invece uno stato oggettivo, legato al numero di interazioni con gli altri individui.

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